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La figura dell'Innominato
La versione universalmente accettata identifica Francesco Bernardino Visconti nella figura dell'Innominato. Giulio Scotti nel suo libro storico del 1923 "Chi era l'Innominato?" sostiene che non si parli di Francesco ma del fratello Galeazzo. Nessuno ha mai approvato né confermato questa tesi, in quanto il suo personaggio è circondato dal mistero, quanto al nome e al cognome, sia per il romanzo che per gli storici.
Dal suo castellaccio, probabilmente posto al confine tra il Milanese e il Veneto, il terribile uomo superava la fama di tutti i tiranni.Fin da piccolo, quando sentiva parlare delle prepotenze i suoi sentimenti erano un misto di sdegno e invidia. Così crescendo divenne una figura circondata 242i85c da un alone sinistro e leggendario, e soprattutto circondato da un clima di odio, in quanto ricercava nel male la realizzazione, attraverso la volontà di potenza che superava tutti i suoi sentimenti di tiranno. E' un personaggio conforme al paesaggio che lo ospita, cupo, scarno, come il luogo in cui s'innalza il suo castellaccio. Tutto intorno annuncia quanto egli sia terribile. Al suo cospetto tutti sono ombre: come Don Rodrigo e i suoi bravi, come il Nibbio e la vecchia.
Ma come uomo presenta anche molte debolezze nella sua rappresentazione cattiva: paura della solitudine, in quanto totalmente escluso, o quasi, dalla società.Sentimenti che riaffiorano sempre più spesso quando è vicina la conversione.
LA CONVERSIONE
Come Ludovico si era mutato in Padre Cristoforo, così l'Innominato rinasce in una nuova persona. La debolezza era presente ormai da tempo. Per questo egli, dopo la proposta di rapimento di Lucia, accetta immediatamente, così da non voler mancare agli impegni presi, prima che con Don Rodrigo, con se stesso.
La sua coscienza è un peso scomodo, a cui si sente sempre più sottomesso. Ciò lo porta ad avere momenti di abbattimento senza alcun motivo: si sente immerso in una solitudine muta ed oscura, senza famiglia, senza amici, con troppo passato dietro di se e troppo poco futuro davanti. Momenti così gli erano già capitati, ma si erano dileguati nello stesso modo in cui erano giunti. Questa volta era diverso, si sente agitato, così agitato da non poter dormire. Le famose parole di Lucia, "Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia", risuonano nella sua mente come il ticchettio di un orologio, la sua anima ne era rimasta profondamente turbata, tanto da non riuscire più a sciogliere i nodi della sua coscienza.
Egli capisce che la situazione non potrà più tornare come prima, perché egli è cambiato, per lui si prospetta un futuro diverso.Ed è il futuro che lo spaventa a tal punto da impugnare una pistola, cercando il suicidio, ma immediatamente capisce come la morte non risolverebbe i dubbi e i problemi.
La sua persona, provata dal dubbio, dall'angoscia e dal rimorso non è ancora pronta alla preghiera e all'umiliazione, ma è disposta a combattere per trovare un certo equilibrio e una certa pace interiore.
La mutazione della sua personalità comincia già durante quella notte, passata insonne come un bimbo impaurito.
Il mattino seguente decide di andare a visitare il Cardinale, per lo più "portato per forza da una smania inesplicabile, piuttosto che condotto da un determinato disegno".
I sentimenti di stizza e di vergogna che provava sarebbero stati gli ultimi ribollimenti delle antiche passioni. Il Cardinale Borromeo, figura autoritaria e maestosa, lo accetta dimostrando di sapere assai bene come doversi comportare in una così delicata situazione. Durante il colloquio l'Innominato scoppia in un pianto dirotto, dimostrazione che la conversione è compiuta. Egli trova nel Cardinale la massima comprensione, il giusto atteggiamento di spiritualità, migliori condizioni per un momento così importante.
Dopo il colloquio l'Innominato viene accompagnato da Don Abbondio, per cominciare a intraprendere quella via che avrebbe significato l'inizio della vera metamorfosi.Egli si dimostra cortese e umile, prima cede il passo a Don Abbondio, poi con lo sguardo atterrito e confuso chiede perdono a Lucia, con una gentilezza quasi timida.Ma non si ha una radicale trasformazione del suo carattere. Egli utilizza i lati del suo carattere in funzione degli altri invece che in funzione di se stesso. Molto dell'uomo antico persiste in lui, il discorsetto che la sera stessa fa ai Bravi dimostra proprio questo. In virtù delle stesse energie che di lui hanno fatto un demonio, egli diventa un santo. Molti elementi sono mutati: la forza rimane tale, però non è più violenza. Si ha la vittoria del bene attraverso cui il potente signore non perde il suo fascino.
Egli infatti domina ancora su tutti, nei gesti e nei pensieri, ma anche con i discorsi e con il comportamento.
Infatti si può concludere con una frase del Manzoni: "Era quell'uomo che nessuno aveva potuto umiliare e che s'era umiliato da se"
Bibliografie:
GUIDO BALDI
Conoscere i Promessi sposi
GIORGIO VITI
Il Manzoni e noi
UGO PALANZA
Struttura e personaggi dei Promessi Sposi
E.N.GIRARDI
Guida allo studio dei Promessi Sposi
G.BASILONE
Guida alla lettura dei Promessi Sposi
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