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Canto X, INFERNO - RIASSUNTO, PROSA

letteratura



Canto X, INFERNO


Luogo: sesto cerchio.

Peccatori e pena: eretici. Giacciono in arche arroventate dal fuoco.

Personaggi: Dante, Virgilio, Farinata degli Uberti, Cavalcante de' Cavalcanti, Federico II, Ottaviano degli Ubaldini.

Tempo: Dopo la mezzanotte del sabato santo del 9 aprile 1300.



RIASSUNTO

Mentre i due poeti si aggirano tra i sepolcri infuocati, Dante domanda se è possibile vedere qualcuno dei peccatori, dato che le tombe sono aperte. Virgilio risponde che quegli stessi torneranno definitivamente, con i loro corpi, nei loro luoghi di pena dopo il Giudizio universale; solo allora le arche saranno serrate per sempre. Improvvisamente uno di costoro si rivolge a Dante; lo ha riconosciuto infatti dalla parlata fiorentina. Virgilio gli indica Farinata degli Uberti, grande capo ghibellino che si erge maestoso nel sepolcro e che, interrogato Dante riguardo agli antenati, li riconosce quali suoi nemici politici. Ne nasce un primo vivace scambio di battute, interrotto temporaneamente da un terzo interlocutore, Cavalcante de' Cavalcanti, che chiede notiz 717i86h ie di suo figlio, il poeta Guido, amico di Dante. Credutolo morto, si lascia cadere di nuovo nel sepolcro. Farinata, ripresa la parola, fa un oscura profezia sull'esilio futuro di Dante e dichiara di aver sempre difeso Firenze, anche quando i suoi amici di partito avrebbero voluto distruggerla. Poi rivela come i dannati vedano il futuro ma non il presente. Dante rimane turbato ripensando alla predizione dolorosa che lo riguarda.




PROSA

Il mio maestro se ne va per uno stretto sentiero, tra le mura della città di Dite e le tombe, luoghi di martirio, e io dietro di lui. "O maestro sommamente virtuoso, che mi conduci per i cerchi infernali del male", cominciai a dire, "secondo la tua volontà, parlami e soddisfa i miei desideri. Si potrebbero vedere le anime che giacciono nei sepolcri? Tutti i sepolcri sono già sollevati, e nessun diavolo vi fa la guardia". E Virgilio mi rispose: "Tutti coperchi saranno chiusi quando i dannati torneranno qui dalla valle di Giosafat con i loro corpi che hanno lasciato sulla terra. In questa parte della città di Dite hanno il loro cimitero assieme a Epicuro tutti i suoi seguaci, che ritengono che l'anima muoia col corpo. Perciò in questa parte del cerchio sarà subito data soddisfazione alla domanda che mi hai fatto, e anche al desiderio che tu non mi manifesti a parole". E io: "Mia valente guida, non tengo nascosto a te il mio desiderio se non per parlare poco, e tu mi hai ammaestrato a tale riguardo non solo ora". "O toscano che te ne vai vivo attraverso la città di Dite parlando così dignitosamente, ti prego di soffermarti qui. La tua parlata rivela che sei nato in quella nobile patria alla quale forse fui troppo nemico". Improvvisamente questa voce uscì da una delle tombe; perciò mi avvicinai, per la paura, un poco di più alla mia guida. Ed egli mi disse: "Voltati! Che fai? Vedi là Farinata che si è drizzato: lo vedrai interamente dalla cintola in su". Io avevo già fissato il mio sguardo nel suo; ed egli si ergeva col petto e con la fronte come se disprezzasse grandemente l'inferno. E le mani sollecite e pronte della mia guida mi spinsero tra le sepolture verso di lui, dicendo: "Le tue parole siano convenienti". Non appena io giunsi ai piedi della sua tomba, mi guardò un poco, e poi, con un'ombra di superbia, mi domandò: "Chi furono i tuoi antenati?". Io che ero desideroso di ubbidire non glielo nascosi, ma glielo rivelai interamente; per cui egli levò le sopracciglia un po' in su; e poi disse: "I tuoi antenati furono fieri avversari miei, dei miei antenati e della mia fazione, cosicché per due volte li dispersi". "Se essi furono cacciati, essi tornarono da ogni luogo", risposi io a lui, "Entrambe le volte; ma i vostri non appresero bene l'arte di ritornare". Allora apparve fuori dall'apertura scoperchiata dell'arca un'ombra, accanto a Farinata, fino al mento: credo che si fosse alzata sulle ginocchia. Guardò intorno a me, come se avesse desiderio di vedere se c'era qualcun altro con me; e dopo che il dubbio fu completamente dissolto, disse piangendo: "Se vai attraverso questo buio carcere per i tuoi meriti intellettuali, mio figlio dov'è? E perché non è con te?". E io a lui: "Non vengo per mia volontà e con le mie sole forze: colui che attende là mi conduce attraverso questo luogo da colei, Beatrice, a cui il vostro Guido forse rifiutò di essere condotto". Le sue parole e il tipo di pena mi avevano già rivelato il nome di costui, cioè di Cavalcante; perciò la risposta fu così esauriente. Improvvisamente levatosi in piedi gridò: "Come? Hai detto - egli ebbe? - Egli non è ancora in vita? La dolce luce del sole non ferisce i suoi occhi?". Quando s'accorse che io indugiavo un poco nel rispondere, ricadde supino e non apparve più fuori. Ma l'altro magnanimo, cioè Farinata, a richiesta del quale mie ero fermato, non mutò aspetto, né mosse il collo, né piegò il  fianco; e continuando il discorso precedente disse: "Se essi hanno imparato male l'arte di ritornare in patria, ciò mi tormenta più di questa tomba. Ma la faccia della luna non si accenderà cinquanta volte, che tu saprai quanto quell'arte sia difficile. E così possa tu tornare nel dolce mondo terreno, dimmi: perché il popolo fiorentino è così spietato verso i miei famigliari in ogni sua legge?". Per cui io gli risposi: "La terribile strage di Montaperti che fece si che il fiume Arbia si colorasse di rosso, fa prendere in Firenze tali decisioni". Dopo che ebbe mosso il capo sospirando, disse: "Non fui io solo a compiere tale strage, né certamente mi sarei mosso con altri senza un motivo preciso. Ma fui io solo colui che difesi Firenze apertamente quando fu tollerato da ciascuno di distruggerla". "Possa così un giorno aver pace la vostra stirpe", io lo pregai, "scioglietemi il dubbio che qui ha annebbiato la mia mente. Sembra che voi vediate prima, se ho ben capito, il futuro, mentre riguardo al presente seguite una norma diversa". Rispose: "Noi vediamo, come colui che ha la vista difettosa, le cose che ci sono lontane; sol di tanto risplende per noi ancora la luce di Dio. Quando le cose si avvicinano o sono presenti, il nostro intelletto è del tutto inutile; e se qualche altro dannato arrivando non ci porta le notizie, non sappiamo nulla della vostra condizione umana. Perciò puoi comprendere che la nostra conoscenza sarà del tutto estinta dal momento in cui non ci sarà più futuro, cioè dopo il giudizio universale". Allora, come punto dal rimorso per la mia esitazione, dissi: "Ora direte dunque a Cavalcante che suo figlio è ancora vivo; e se io prima non fui pronto nel rispondere, fategli sapere che lo feci perché già riflettevo sul dubbio che mi avete risolto". E già il mio maestro mi richiamava; per cui io pregai lo spirito che mi dicesse più in fretta chi c'era con lui. Mi disse: "Giaccio qui con moltissimi altri; qua dentro c'è Federico II e il Cardinale; e tralascio gli altri". Quindi scomparve alla mia vista; e io mi diressi verso Virgilio, ripensando a quelle parole che mi sembravano sfavorevoli. Egli si mosse; e poi, mentre camminavamo, mi disse: "Perché sei così turbato?". E io risposi alla sua domanda. Quel saggio mi comandò: "La tua memoria conservi quello che hai udito a tuo sfavore; e ora fai attenzione a ciò che sto per dire", e alzò l'indice: "quando sarai davanti allo sguardo luminoso di Beatrice, il cui bell'occhio vede tutto in Dio, saprai da lei il corso della tua vita". Dopo si mosse verso sinistra: lasciammo le mura della città di Dite e andammo verso la parte centrale del cerchio per un sentiero che termina in valle, che faceva sentire con fastidio fin lassù il suo puzzo.





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