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IL SETTECENTO
Si forma un ceto intellettuale che comincia ad avere prestigio in forma autonoma. Questo ceto in ambito europeo cambia a seconda dei paesi.
C'è un rapporto d'integrazione fra il ceto intellettuale ed il ceto emergente (la borghesia). Il ceto intellettuale collabora all'evolversi del ceto emergente: tra i due c'è un rapporto di scambio continuo. Un esempio è "Robinson Crusoe" di Defoe, che è l'espressione letteraria della mentalità borghese.
C'è una divaricazione fra gli intellettuali e gli 222f51c stati tradizionali e politici della società. La società italiana e francese sono conservatrici, e gli intellettuali si oppongono a queste posizioni che ritengono arretrate.
Si assiste ad un processo di LAICIZZAZIONE della cultura con differenze regionali.
Si sviluppa un grande interesse per le culture PRIMITIVE o ESOTICHE.
Cambiano i LUOGHI nei quali è prodotta e comincia a diffondersi la cultura:
Oltre ad una maggior articolazione di luoghi, ci sono MODI d'aggregazione diversi:
Cambiano anche i tipi d'intellettuali, con l'affermazione di nuove figure.
L'ARCADIA
Nel momento in cui Muratori propone la costituzione di un'accademia nazionale, la "Repubblica dei letterati", che unisca e coordini gli sforzi innovativi degli intellettuali italiani, ha ben presente l'esperienza avviata nel 1690 con la fondazione dell'Accademia d'Arcadia.
L'Accademia d'Arcadia nacque il 5 ottobre 1690 a Roma, in occasione dell'incontro di quattordici letterati uniti dalla comune appartenenza al circolo letterario della regina Cristina di Svezia. Il nome prescelto per il sodalizio rinvia al mondo fittizio della poesia pastorale, o bucolica, evocato nel famoso romanzo in versi del napoletano Iacopo Sannazzaro. Il carattere d'evasione attribuito dall'Accademia all'attività poetica non potrebbe essere più chiaro e costituirà titolo d'infamia per i letterati più accesamente innovatori del secondo Settecento, in cui l'esigenza del Rinnovamento assume toni sempre più perentori e suggerisce la scelta di temi di attualità e portata civile; né è tenuto nascosto il carattere ufficiale e filoclericale dell'organizzazione.
L'abitudine seicentesca al "travestimento" degli intellettuali fa sì che ciascun accademico assuma il nome di un pastore della letteratura bucolica greco - latina. Tutto ciò indica la volontà di "separatezza" e di autonomia "professionale" di questi letterati. Li accomuna l'adesione a un programma ideologico minimo:
la restaurazione del buon gusto,
la messa al bando del disordine secentista, degli eccessi personali e del cattivo gusto barocco.
Programma più negativo che positivo, e vago. La natura ideologica della proposta moralizzatrice, grazie alla vaghezza della soluzione, suscitò immediati e vasti consensi all'iniziativa in tutta la penisola e l'Accademia d'Arcadia raccolse l'adesione di tutti i più significativi poeti del tempo. A dieci anni dalla fondazione l'Accademia si era già irradiata in nove delle principali città del Centro Italia.
L'attenzione in con cui il primo "custode" vigila sull'ortodossia ideologica dei membri, costringe Gian Vincenzo Gravina, estensore delle "leggi" dell'Accademia e sostenitore di una poesia modellata sull'esempio di Omero e Dante, ad abbandonare il consorzio poetico dei pastori d'Arcadia. Da questo momento l'Accademia diviene uno strumento funzionale al raggiungimento dell'obiettivo di politica culturale perseguito dalla Curia romana: controllare le aspirazioni al nuovo che animano la cultura letteraria italiana mediante un modello operativo tale da offrire una parvenza di innovazione bloccando ogni sviluppo dell'esigenza di rinnovamento morale e politico che percorre il mondo dei letterati italiani. Non è un caso che l'Accademia d'Arcadia si segnali nella storia della nostra cultura del primo Settecento come uno degli elementi positivi d'innovazione del clima culturale italiano, per due ordini di fattori: il primo di natura sociologica, il secondo di carattere ideologico - letterario.
Costituendo un'organizzazione di estensione nazionale, Giovanni Maria Crescimbeni attiva un circuito di scambio e di corrispondenza tra i letterati italiani interessati in qualche misura all'innovazione, che resta aperto nel tempo al confronto e al dibattito sul valore e sul significato dell'attività creativa ed intellettuale e rappresenta il canale attraverso cui si diffonderà in tutta Italia il pensiero più radicale dell'illuminismo. La stessa vaghezza dei presupposti ideologici permette l'ingresso e la compresenza in Arcadia di posizioni diverse. L'importanza attribuita alla creazione di un'organizzazione in qualche misura autonoma dei poeti li sottrae al circuito di corte. La circolazione di opere che mirano a creare uno standard poetico comune crea poi un pubblico omogeneo, superando le tendenze centrifughe della poesia del Seicento. La creazione di una convenzione comune offre alla generazione successiva, impegnata in ben più decise battaglie culturali, una lingua poetica neutra. Si tratta di una convenzione adatta a trasmettere in un circuito ampio di letterati i nuovi contenuti politici e sociali e nuove forme di sensibilità. L'accentuazione della tendenza a semplificare il lessico e la metrica della tradizione porta il linguaggio dell'Arcadia ad un passo dalla sensibilità sentimentale del primo Ottocento con l'opera di Iacopo Vittorelli, che pone in piena evidenza le potenzialità sentimentali della convenzione arcadica. Crescimbeni contribuisce a creare una lingua poetica dignitosa e aperta alle più varie sollecitazioni culturali.
Il linguaggio e il repertorio immaginario dell'Arcadia arriverà ancora a Leopardi come ultimo segno di un mondo in cui immaginazione e fantasia nascono da una condizione di "distacco", di libertà del letterato dal coinvolgimento diretto con la realtà immediata; che è la condizione psicologica indispensabile per ogni autentica creazione artistica.
LE DISCUSSIONI LETTERARIE ED ESTETICHE NELL'ETA' DELL'ARCADIA
La funzione civilizzatrice, o la risonanza culturale dell'operazione poetica, è concetto che emerge con forza degli scritti che non a caso i grandi letterati dell'età dell'Arcadia e del Rinascimento dedicano all'argomento. Giambattista Vico pone al centro della propria attenzione di storico l'evoluzione dei "segni" della cultura: lingua, pensiero e creazione letteraria diventano specchio ed espressione della mentalità di un'epoca intera. Vico dedica amplissimo spazio alo studio dell'opera di Omero e Dante, considerate come massima espressione della cultura umana in due epoche nodali della storia della civiltà.
Se in Vico lo sviluppo della letteratura offre la traccia più utile per ricostruire e comprendere la linea di tendenza seguita dallo sviluppo generale delle facoltà umane, in Ludovico Antonio Muratori il "vero" umano può essere colto soltanto attraverso l'abilità percettiva, conoscitiva e creativa del poeta, nell'opera del quale si rispecchia la sensibilità umana del suo tempo. I saggi su Petrarca si configurano come studi sulle caratteristiche della poesia di ogni tempo e come primi abbozzi di una storia della cultura nazionale.
È Crescimbeni, il custode d'Arcadia, a lasciarci il primo autentico tentativo di storia sistematica della letteratura italiana nella sua "Istoria della volgar poesia". È questo il segno più sicuro della maturazione dei tempi, della nascita di un concetto che tanta importanza avrà nell'orientare coscientemente in senso civile tutta la letteratura italiana del Settecento e dei secoli a venire.
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