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I SICILIANI
L'«INTELLIGENZIA» E IL SONETTO DELLO «SPARVIERO»
L'INTELLIGENZIA, poema allegorico, pieno d'imitazioni e di contraffazioni, ha una perfezione di lingua e di stile, che mostra nell'ignoto autore un'anima delicata, innamorata, aperta alle bellezze della natura, e fa presumere a quale eccel 323h71d lenza di forma era giunto il volgare. C'è una descrizione della primavera, non nuova di concetti, ma piena di espressione e di soavità, come di chi ne ha il sentimento. E continua così:
Ed io stando presso a una fiumana
In un verziere, all'ombra d'un bel pino,
Aveavi d'acqua viva una fontana
Intorneata di fior gelsomino.
Sentia l'aire soave a tramontana.
Udia cantar gli augelli in lor latino;
Allor sentio venir dal fino Amore
Un raggio che passò dentro dal core,
Come la luce appare sul mattino.
E descrive così la sua donna:
Guardai le sue fattezze dilicate,
Ché, nella fronte par la stella Diana,
Tant'è d'oltremirabile biltate,
E ne l'aspetto si dolce ed umana!
Bianca e vermiglia di maggior clartate
Che color di cristallo o fior di grana:
La bocca picciolella ed aulorosa,
La gola fresca e bianca più che rosa,
La parlatura sua soave e piana.
Le bionde trecce e i begli occhi amorosi,
Che stanno in si salutevole loco,
Quando li volge, son si dilettosi,
che 'l cor mi strugge come cera foco.
Quando spande li sguardi gaudiosi,
Par che il mondo s'allegri e faccia gioco...
Qui ci è un vero entusiasmo lirico, il sentimento della natura e della bellezza: ond'è nata una mollezza e dolcezza di forma, che con poche correzioni potresti dir di oggi, così è giovine e fresca.
E se il sonetto dello sparviero è della Nina, se è lavoro di quel tempo come non pare inverosimile, è un altro esempio della eccellenza a cui era venuto il volgare, maneggiato da un'anima piena di tenerezza e di immaginazione:
Tapina me che amava uno sparviero
Amaval tanto, ch'io me ne moria;
A lo richiamo ben m'era maniero,
Ed unque troppo pascer nol dovia.
Or è montato e salito sì altero,
Assai più altero che far non solia;
Ed è assiso dentro a un verziero,
E un'altra donna l'averà in balìa.
Isparvier mio, ch'io t'avea nodrito;
Sonaglio d'oro ti facea portare,
Perché nell'uccellar fossi più ardito;
Or sei salito siccome lo mare,
Ed hai rotti li geti e sei fuggito
Quando eri fermo nel tuo uccellare.
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