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LA CIVILTA' EOLICA

greco







LA CIVILTA' EOLICA


Vissuta fra la fine del VII secolo e l'inizio del VI sulla grande isola di Lesbo, posta di fronte alle coste della Troade e popolata da genti di lingua eolica, ebbe vita una brillante e raffinata civiltà a noi rappresentata da due grandi esponenti della grecità arcaica: Saffo e Alceo.La loro produzione si può definire propriamente "melica", cioè poesia cantata (da melos canto) a differenza dei versi giambigrafi di quelli elegiaci recitati o declamati. Oltre ad Alceo e Saffo ci sono noti i nomi di altri poeti di Lesbo in epoca arcaica quali Terpandro e Arione; entrambi ebbero grande fama e prestigio anche oltre i confini dell'isola infatti operarono a Sparta e in vari luoghi del mondo greco. Dei loro componimenti quasi nulla ci è pervenuto: sembra però che componessero prevalentemente poesie corali, a differenza di Alceo e Saffo che componevano canti quasi esclusivamente per un solista accompagnato dalla lira. Lesbo fu sede di una tradizione poetica che utilizzava la lingua locale, ossia il dialetto eolico;a una tradizione eolica risale anche la metrica impiegata da Alceo e Saffo, ben distinta da quella di altre esperienze contemporanee. Alceo e Saffo appartenevano a un ambiente aristo 434d31e cratico, costituito per ambiti chiusi ed elitari , spesso in conflitto fra loro. La loro poesia nasce per rispondere alle esigenze di questi gruppi: il tiaso (la comunità femminile), l'eteria riunita a banchetto, la famiglia o il clan. La società di Lesbo intratteneva contatti sia economici sia politici con l'ambiente mediorientale: un fratello di Saffo fu commerciante in Egitto, uno di Alceo si arruolò come mercenario nell'esercito di Babilonia;secondo quanto si deduce dai frammenti dei due poeti i rapporti dell'aristocrazia di Lesbo si strinsero con il vicino regno di Lidia. La comunità di Lesbo quindi non era chiusa e provinciale ma rappresentava uno degli ambienti più evoluti e fervidi della Grecia arcaica, a dimostrazione di ciò la ricca produzione artistica locale. I due poeti cantavano la vita di questa società fervida e dinamica ma in modo diverso. Entrambi appartenenti alla classe aristocratica, pur essendo contemporanei cantavano temi nettamente diversi: Saffo poetessa d'amore e Alceo poeta politico e civile. Saffo, a differenza di Alceo, non parla mai del sua concittadino che invece le dedica versi colmi di rispettosa devozione. La spiegazione di ciò risiede nel fatto che i due poeti si rivolgono a gruppi fra loro non omogenei dal punto di vista sociale, espressione di culture diverse che pur convivono nella stessa società: quella maschile e quella femminile.










 

Saffo, la più famosa poetessa dell'antichità, qui ritratta in un affresco rinvenuto a Pompei ora conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Fu definita da Platone la decima Musa. Le sue liriche amorose sono espressione di un sentimento struggente di ricordo e rimpianto del passato. Da lei prese il nome la forma metrica dell'endecasillabo saffico, molto usata anche nella poesia latina e ripresa e adattata dal Carducci nelle Odi Barbare.






SAFFO


Saffo, poetessa greca, forse l'esponente di maggior rilievo della lirica monodica d'età arcaica. Di famiglia aristocratica, nacque a Ereso nell'isola di Lesbo probabilmente intorno al 640 a.C.,visse la maggior parte della sua vita a Mitilene.Suo padre si chiamava Scamandro o Scamandronimo, sua madre Cleide;ebbe tre fratelli uno dei quali fece il commerciante in Egitto e compare in alcuni frammenti che raccontano il suo amore con la cortigiana Doricae della successiva riconciliazione con la famiglia; sposa del mercante Cercila di Andro, ebbe una figlia - chiamata Cleide - cui accenna affettuosamente nei suoi componimenti; appartengono invece a una tradizione poco credibile sia l'amore per Saffo del poeta Alceo, suo conterraneo, che pure la conobbe e la cantò quale donna ".divina, chioma di viola.", sia il suicidio della stessa Saffo per l'amore non corrispostole dal giovane Faone, vicenda a cui si ispira la canzone L'ultimo canto di Saffo di Giacomo Leopardi. Le odi di Saffo furono raccolte in nove libri dagli editori alessandrini in base al metro utilizzato, purtroppo andarono perdute durante i primi secoli dell'epoca medievale.Rilevante fu il ruolo attivo di Saffo all'interno dei tiasi, comunità femminili associate al culto di Afrodite e dedicate alla formazione culturale delle abitanti dell'isola di Lesbo: il coinvolgimento della poetessa in esperienze amorose di tipo omosessuale con le ragazze del tiaso rientrava in una prospettiva del tutto normale per la morale greca del tempo e le sue implicazioni pedagogiche. La poesia di Saffo abbraccia ogni sfaccettatura del sentimento Amore , " dolceamara invincibile belva" ansia che " divora l'anima lieve", cantando i temi e i valori fondamentali per accompagnare i vari momenti della vita del gruppo: le feste, le danze, le preghiere, gli amori tra le giovinette, le gelosie, gli addii ma anche il rito nuziale espresso attraverso l'epitalamio e i canti che accompagnavano il matrimonio. La poetessa, inoltre si rivolge alla propria famiglia, infatti dedicò numerose composizioni sia ai fratelli che alla figlia Cleide.

LA PRODUZIONE LETTERARIA, LA TRADIZIONE, LA FORTUNA


Delle numerose composizioni poetiche di Saffo, che vennero raggruppate in nove libri dai grammatici alessandrini in base alla loro struttura metrica, resta piuttosto poco: perlopiù citazioni da altri autori antichi o frammenti di papiri. Ciò è sufficiente tuttavia per identificare la sua lingua nella variante eolica e il suo stile nel modello omerico; per capire generi letterari che le furono più congeniali, tra gli altri: ode, epitalamio, inno e i contenuti più frequentemente espressi nelle sue poesie. A questo proposito, spiccano l'amore in tutta la sua complessa fenomenologia, dall'innamoramento alla gelosia, gli affetti familiari, per il fratello e la figlia, l'amicizia, la bellezza della natura,celebri alcuni suoi "notturni", le invocazioni alla divinità, prima fra tutte Afrodite. In tutti i casi, però, ciò che caratterizza in senso innovativo Saffo rispetto alle precedenti esperienze della letteratura greca è la fortissima componente di soggettivismo e autobiografismo: la "cosa più bella" del mondo, come la stessa Saffo dice, non è infatti "né una schiera di fanti, né di cavalieri, né di navi" - cioè i valori "oggettivamente" guerrieri esaltati dalle generazioni precedenti - ma semplicemente "ciò che si ama". Evidente è il debito verso Saffo della poesia lirica d'ogni tempo, soprattutto quella d'argomento amoroso; per la letteratura greca si possono ricordare Anacreonte, lirico di una generazione successiva, e tutta la poesia erotica d'età ellenistica; per la letteratura latina, Catullo, che si cimentò addirittura nella traduzione di un'ode saffica, ma anche Orazio e tutta la successiva esperienza dell'elegia romana. Dell'eco avuta su Leopardi già si è detto; la celebre strofa saffica, che sarebbe stata inventata proprio da Saffo, fu inoltre tra le più imitate dalla metrica barbara di Giosue Carducci.

Con Saffo per la prima volta si prendono le distanze dai poemi omerici, che avevano sempre costituito modelli a cui tutti i lirici greci ricorrevano.

La poetessa introduce una grande innovazione, sottolineando l'importanza dei sentimenti e della memoria che stabilisce un rapporto tra passato e presente, accrescendo l'intensità degli affetti. Saffo si abbandona alla natura con un sentimento quasi religioso, ma mai trascendente, servendosene anche per descrivere il suo sentimento spesso doloroso ("sono più verde dell'erba"). Spesso questo suo sentimento la travolge e nelle sue odi prive di alcun giudizio morale ci racconta tutti i sintomi con una profondità tale da renderlo comprensibile a tutti, e con uno stile che coinvolge e trascina il lettore.

Saffo possiede una straordinaria capacità di trasformare i fenomeni della realtà in un'atmosfera musicale, grazie all'accurata scelta d'immagini, vocaboli e suoni. Ruolo fondamentale acquista il mondo della natura che diventa termine di paragone con le passioni e i sentimenti e crea un senso di armonia e bellezza.

Una magica luminosità, dalla luce dell'aurora al tramonto, alla notte di plenilunio, è caratteristica dello stile di Saffo e investe tutta la terra con i fiori e i frutti, che diventano termini di paragone.

La poetessa ci descrive graziose fanciulle, adolescenti nel fiore degli anni dalla dolce voce: in tutte le sue opere domina un senso di bellezza, che rimane però un valore soggettivo

L'ode ad Afrodite

La dea dell'amore ha origini orientali:la dea Ishtar che veniva venerata in Oriente e presiede al desiderio sessuale e alla fecondità, la dea che seduce ma è anche collegata con il mondo sotterraneo, perciò veniva collegata al ciclo della vegetazione che muore e risorge. Passata nella cultura greca riassorbiva le immagini legate al culto dell'amore e secondo il mito era nata dal sangue di Urano caduto in mare.

Nelle edizioni alessandrine L'ode ad Afrodite apriva il primo libro dell'opera di Saffo. A noi giunta grazie alla citazione di Dionisio d'Alicarnasso come esempio di composizione " elegante e fiorita".Il componimento assume la forma di un inno secondo i canoni tipici: l'invito alla divinità, l'invocazione, la preghiera. Il fulcro dell'opera però è rappresentato dalla stessa Saffo e il suo mondo affettivo e non la dea Afrodite, nell'opera si espongono le leggi dell'Amore di cui Afrodite è garante. L'ode viene cantata fra le fanciulle del Tiaso davanti alla statua della dea Afrodite che si anima per intervenire nelle pene d'amore della poetessa e recarle aiuto; cosi l'esperienza diventa collettiva in quanto sviluppata davanti all'intero tiaso e alla fanciulla che rifiuta l'amore di Saffo e che viene ammonita d'accoglierlo.

L'opera canta:

"Afrodite immortale, che siedi

sopra il trono intarsiato,

figlia di Zeus, tessitrice di inganni,

ti supplico: non domare il mio cuore

con ansie, tormenti, o divina,


vienimi accanto, come una volta

quando hai udito il mio grido da lontano

mi hai ascoltata: giungesti

lasciando la casa d'oro del padre

aggiogasti il tuo carro.


Sopra la terra bruna ti conducevano i passeri

Belli,veloci, battevano rapidi le ali

Nell'abisso del cielo.


In un attimo furono qui!E tu beata,

sorridendo nel volto immortale

hai chiesto perché ancora soffrivo

e perché ancora chiamavo


e che cosa voleva sopra ogni cosa il mio

cuore folle:"e chi ancora devo convincere

ad accettare il tuo amore?

Saffo chi ti fa torto?

Se ora fugge presto inseguirà


E se respinge i tuoi dono poi ne offrirà

E se non ti ama presto ti amerà

Pur se non vuole"


Vieni ancora, liberami dal penoso tormento,

e quello che il mio cuore desidera,

compilo:sii mia alleata!

Le strofe saffiche presentano uno sviluppo tipico di una storia d'amore e di corteggiamento. Afrodite aiuta le sue seguaci parzialmente e in modo capriccioso e ristabilisce una "giustizia d'amore" che è fatta di squilibri, nella quale uno dona e, al contrario, un altro rifiuta fuggendo.

La cosa più bella

La figura di Elena viene vista dal tiaso come modello dei valori femminili: quali la bellezza, la docilità e la forza e la volontà di seguire il proprio amore guidata da Afrodite. L'ode spiega che un amore non si dimentica ma continua a esser ricordato anche quando la giovinetta è costretta a lasciare il tiaso per il matrimonio. L'ode gioca sulla contrapposizione di memoria e oblio: Elena dimentica Menelao e sua figlia mentre Saffo ricorda la bella Anattoria anche quando questa le viene strappata dalle istituzioni del matrimonio. Saffo dice, non è "né una schiera di fanti, né di cavalieri, né di navi" - cioè i valori "oggettivamente" guerrieri esaltati dalle generazioni precedenti - ma semplicemente "ciò che si ama".


Un esercito di cavalieri, dicono alcuni,

altri di fanti, altri di navi,

sia sulla terra nera la cosa più bella:

io dico,ciò che si ama


È facile far comprendere questo ad ognuno.

Colei che in bellezza fu superiore

A tutti i mortali,Elena, abbandonò

Il marito


Più valoroso, e andò per mare a Troia:

e non si ricordò né della figlia né dei cari

genitori; ma Cipride la travolse

innamorata.





ora mi ha svegliato il ricordo di Anattoria

che non è qui;

e io vorrei vedere il suo amabile portamento,

lo splendore raggiante del suo viso

più che i carri dei Lidi e i fanti

che combattono in armi.


 Secondo Saffo "il bello è ciò che si ama": la poetessa nega quindi l'esistenza di una scala di valori stabilita in modo assoluto, rivalutando l'importanza della scelta del singolo individuo e affermando la superiorità dei sentimenti. Viene quindi giustificato il comportamento di Elena, che abbandonò la sua casa per seguire l'uomo che amava, perché l'amore, anche se tormentato, è sempre espressione della gioia di vivere.

 Si tratta però di un amore Platonico , ciò che suscita il desiderio di poter creare qualcosa di intellettuale anche tra due esseri dello stesso sesso.

 Nell'ambiente del tiaso le fanciulle andavano via all'inizio della vita matrimoniale: ciò era fonte di grande dolore, nostalgia, rimpianto, che potevano essere attenuati solo tramite il ricordo delle gioie trascorse. Per questo è di importanza fondamentale la memoria degli affetti, che lega il passato al presente e permette di sopraffare il desiderio di morire che nasce dal dolore. Quando le fanciulle vanno via, Saffo rimane a vederle partire, rievoca i loro gesti, le parole, i sentimenti, descrive la loro nuova vita e resta in una vana attesa.

 Non si tratta di bellezza fisica, ma intellettuale ciò che può elevare l'uomo sino a raggiungere l'armonia e la perfezione che la poesia può comunicare. La bellezza è il bene supremo, un valore che non è esterno all'uomo, ma intrinseco


L'ode alla gelosia

Conservato da un anonimo autore fu anche ripreso da Catullo,a seconda delle interpretazioni per alcuni è un epitalamio, deducendolo dalla presenza maschile che siede accanto all'oggetto del desiderio della poetessa, ma questo sparisce repentinamente facendo pensare a un corteggiamento. In strofe saffiche si delinea nitidamente l'emozione: nell'introduzione si assista a una scena nella quale un uomo e una donna son seduti vicini e parlano e ridono facendo scatenare improvvise reazioni nel cuore di spia con ansia. Successivamente i sintomi si estendono anche al corpo cosi che magnificamente ci viene descritta quella mancanza di parola, quei brividi, quell'ansia e quella sensazione di svenimento tipica della gelosia.


A me pare uguale agli dei

Chi a te vicino cosi dolce

Suono ascolta mentre tu parli

E ridi amorosamente.Subito a me

Il cuore si agita nel petto

Solo che appena ti veda,la voce


Si perde sulla lingua inerte.

Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,

e ho buio negli occhi e rombo

del sangue alle orecchie.


E tutta in sudore e tremante

Come erbe patita scoloro:

e morte non pare lontana

a me rapita di mente.


( UN'ALTRA TRADUZIONE)

Beato è, come un dio,

chi davanti ti siede e ti ode,

e tu dici dolci parole e dolce-

mente sorridi.

Subito mi sobbalza, appena

ti guardo, dentro nel petto il cuore,

e voce più non mi viene

e mi spezza

la lingua  e una fiamma  sottile

mi corre sotto la pelle

con gli occhi più niente vedo,

romba mi fanno

gli orecchi, sudore mi bagna

e tremore tutta mi prende,

e più verde dell'erba divento

e quasi mi sento,

o Agallide , vicina a morire.



 Nella parte iniziale della poesia, Saffo prova stupore e paragona quasi ad un dio l'uomo seduto accanto alla fanciulla; nei confronti di quest'ultima Saffo poi rivolge i suoi versi, descrivendo la dolcezza delle sue parole e del suo sorriso. Il tono poi cambia improvvisamente e diventa drammatico, si sommano elementi di sofferenza fisica fino al sentire vicina la morte.

 Parlando in prima persona di se stessa per descrivere i suoi sintomi utilizza una terminologia tipica dei testi medici: "con gli occhi nulla vedo e rimbombano le orecchie, e anche il sudore mi si spande, e un tremito tutta mi prende...." In questa descrizione Saffo dà il meglio di se, pare vederla dinanzi a noi che attentamente leggiamo, presa da tutte queste sensazioni che la lasciano senza fiato e la abbandonano immobile davanti al suo amore.

 Così Saffo deriva sempre la descrizione dei patimenti che s'accompagnano al delirio d'amore dell'osservazione della manifestazione che ad esso s'accompagnano e da quello che esso è in realtà.

 Proprio nel medesimo frammento la stessa Saffo tende a sottolineare l'atteggiamento di smarrimento dell'innamorata che dimostra come questo suo amore non passasse inosservato ai suoi occhi. Saffo quindi amava e si lasciava travolgere dal suo amore: "Ed Eros mi ha sconvolto la mente come un vento che si abbatte sul monte contro le querce


  •  Il tema della passione viene anche analizzato in un altro testo di cui a noi è arrivato soltanto un piccolo frammento:

q   Eros mi ha squassato il cuore, come vento che sul monte s'abbatte sulle querce.


  •  La forza dirompente dell'amore riesce persino a squassare le querce, una potenza che non ha limiti

Gli astri d'intorno alla leggiadra luna

nascondono l'immagine lucente,

quando piena più risplende, bianca

sopra la terra.


  •  Descrizione di un plenilunio: la luna viene paragonata alla bellezza di una bellezza di una fanciulla. Questo tema verrà in seguito ripreso dal famoso poeta ottocentesco: Giacomo Leopardi.

I canti della memoria


Nel tiaso si trova un tema sempre presente: il distacco. Nella vita di tutte le giovinette c'è la certezza che il loro rapporto conoscerà una fine perché ognuna adempia alle sue mansioni di donna adulta, come il matrimonio e la maternità; perciò nella poesia saffica non ritroviamo l'ideale di un amore eterno. Il distacco è vissuto coscenziosamente e contornato di un velo di malinconia. Per far si che i bei momenti vissuti non vadano persi la poetessa si affida al ricordo, come Omero canta la gloria delle armi Saffo imprime a un gesto il sentimento e il significato di una passione. Saffo dedica delle odi al commiato di alcune giovinette che abbandonano il tiaso iniziando con la sofferenza del distacco a raccontare quale intimità ne legasse il rapporto, tutto in sensuali e delicati versi lirici.


Vorrei davvero essere morta.

Lei mi lasciava piangendo,


e molte cose mi disse e poi questo:

"Ah, come terribilmente soffriamo,

Saffo, io contro mia voglia ti lascio!"

E io risposi:

"Addio, e serba memoria di me,

tu sai quanto ti amavo.


E se non sai io voglio

che tu rammenti.

.le belle cose che facemmo insieme:

molte ghirlande di viole,

e di rose e di croco

.ti ponevi sul capo al mio fianco

e molte corone intrecciate di fiori

cingevi attorno al tenero collo


e ti ungevi d'unguento odoroso

e di profumo regale, sopra un soffice letto

il desiderio."



Notturni


L'atmosfera notturna è particolarmente sentita dalla sensibilità della poesia saffica. I silenzi si sposano a perfezione con il sentimento della poesia; l'arcano splendido notturno è da ricollegare alla bellezza di una ragazza paragonata alla luna che fa sbiadire nel cielo tutte le stelle.Nella poesia saffica lo schermo notturno si fa ottimo scenario per riflessioni sulla fragilità dell'individuo e rimpianto della giovinezza ormai perduta. Tra le stelle, con metri saffici e lirici la poetessa canta i suoi lamenti attendendo l'arrivo dell'amata.


Le stelle intorno alla bella luna

nascondono il volto luminoso

quando, piena, molto sfavilla

sopra la terra.


E tramontata la luna

Insieme alle Pleiadi

La notte è al suo mezzo

Il tempo passa

Io dormo sola.


Caris

Il tiaso sviluppò un modello di cultura che si riflette in alcune parole cardine di questa comunità come raffinatezza e grazia, caris appunto. È uno stile di vita con caratteri molto femminili che si manifesta in dolci movimenti, eleganza e seduzione. La rivalità fra tiasi femminili si ritrova nelle lotte dei gruppi politici maschili. In questi frammenti in pentametri eolici, asclepiadei maggiori e metri lirici si rievocano vari episodi quali l'ingresso nel tiaso di alcune giovinette, biasimi a donne poco colte e rimproveri a un'allieva che ammira troppo la rivale Andromeda, direttrice di un tiaso rivale. La fama dei guerrieri, come gli eroi di Omero, è affidata alla loro gloria che tramanderà i loro nomi ai posteri, analogamente nella poesia saffica l'immortalità di una figura è data dal suo ricordo e quindi attraverso le citazioni nei versi.


Ero innamorata di te, un tempo, Attis


una fanciulla piccola sembravi, e acerba


L'amore

Nella poesia della poetessa Saffo l'amore è inteso come una forza superiore che coinvolge e sconvolge totalmente una persona ponendola in conflitto con se stessa. L'amore viene definito una " dolceamara invincibile belva" che " divora l'anima lieve", per tal motivo i versi dedicati all'amore sono drammatici, quasi disperati e non sereni versi di riflessione che caratterizzano altre composizioni della stessa poetessa.

Squassa Eros

L'animo mio, come il vento sui monti che investe le querce.


In questo frammento Eros è metaforicamente paragonato al vento che con forza si abbatte sulle querce.


Eros che scioglie le membra mi scuote

Nuovamente:

dolceamara invincibile belva


Attis, ora rifiuti

Di pensare a me

E voli via, da Andromeda.


In questo frammento, uno dei più noti di Saffo, la poetessa esprime il suo senso di gelosia nei confronti di Attis che invece è distratta da Andromeda, direttrice del tiaso avversario. Stupefacente è l'invenzione del raffinato ossimoro " dolceamaro" che sta ad indicare quella sensazione sia piacevole che struggente tipica dell'amore.


Sei giunta, ti bramavo,

hai dato ristoro alla mia anima

bruciante di desiderio.


Il frammento è un canto di sollievo alla comparsa dell'oggetto del desiderio espresso in prima persona.


Epitalami

Nell'edizione alessandrina gli epitalami erano stati inseriti nel nono libro, questi versi venivano composti dalla poetessa sotto committenza in occasione di cerimonie nuziali. Gli epitalami, cioè canti presso la stanza nuziale, venivano cantati da un coro di fanciulle durante la processione, davanti alla soglia della stanza e analogamente al risveglio dei due novelli sposi.In questo genere letterario venivano cantate le lodi agli sposi, augurata la fertilità con il simbologia del riso e della mela dimenticata sul ramo, l'arrivo dello sposo, la perdita della verginità intesa come stato sociale di donna non sposata, doppi sensi a sfondo erotico, gli scherzi al portinaio di guardia alla camera degli sposi e il canto di gioia per il matrimonio consumato. In esametri dattilici e metri lirici si canta la tristezza per lo stato di vita lasciato e la felicità per la nuova condizione di moglie e mamma che inizia.


Come una dolce mela rosseggia alta sul ramo

Alta sul ramo più alto: non l'hanno vista i coglitori-

-oh si, l'hanno vista, ma non hanno potuto raggiungerla.



Come i pastori sui monti calano sotto i piedi

il giacinto, e a terra cade il fiore di porpora.

















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