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SOCIOLOGIA LIBRO
CAPITOLO 4
CRISI E TRASFORMAZIONE DEL MODELLO FORDISTA
Nel corso del 900 si è affermato un modello di organizzazione economica definito FORDISTA o FORDISTA TAYLORISTA, che ha raggiunto l'apice del suo sviluppo soprattutto nel ventennio successivo alla seconda guerra mondiale.
Si sviluppa in USA tra 800 e 900, perché in quegli anni comincia a diffondersi l'elettricità e le comunicazioni.
Dopo la seconda guerra mondiale le potenze vincitrici si pongono il problema di creare istituzioni che impediscano il riprodursi di crisi. Nascono i grandi organi internazionali, come l'ONU.
Tale modello si basa su grandi imprese le cui caratteristiche principali si possono sintetizzare:
le imprese sono VERTICALMENTE INTEGRATE, cioè includono al loro interno diverse fasi produttive che prima erano svolte da azioni distinte.
le imprese sono impegnate nella PRODUZIONE DI MASSA, cioè nella produzione di beni standardizzati prodotti in grande quantità con macchine specializzate; il che permette dia abbassare i costi sfruttando le eco di scala e i vantaggi delle nuove tecnologie: elevati volumi di produzione fanno scendere i costi unitari
la produzione è realizzata con 828b15i manodopera scarsamente qualificata e con un'ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO TAYLORISTICA, cioè fortemente parcellizzata.
Il lavoro è diviso in compiti semplici e ripetitivi che limitano l'autonomia degli operai.
C'è separazione tra la proprietà dell'impresa e la gestione dell'attività, che è affidata a dirigenti specializzati.
Questo nuovo modello di organizzazione produttiva si è rafforzato grazie alla diffusione dell'elettricità come fonte di energia a basso costo facilmente distribuibile e il miglioramento dei mezzi di trasporto e di comunicazione.
Nasce lo STATO SOCIALE KEYNESIANO, legato a un forte intervento delle istituzioni politiche per sostenere l'occupazione, favorire investimenti e consumi.
L'impiego delle tecnologie necessarie è moto costoso e richiede investimenti in macchinari vincolati alla produzione di determinati prodotti.
Solo se le possibilità di smercio di tali beni sono stabili e consistenti si possono sfruttare adeguatamente le eco di scala e si aprono opportunità di profitto adeguate a incoraggiare gli elevati investimenti di capitale.
Ci sono diversi tipi di produzione in cui ciò non è possibile. Anzitutto persiste una quota di DOMANDA DI BENI NON STANDARDIZZATI.
Anche la domanda di beni di consumo di elevata qualità non può essere soddisfatta dal modello fordista.
Un'ulteriore variante è legata alla presenza di imprese minori, che vengono utilizzare da quelle grandi per coprire una fascia di domanda PIU INSTABILE, dovuta a variazioni cicliche.
Si sviluppa così una forma di decentramento di capacità attraverso rapporti di subfornitura, e beni prodotti vengono commercializzati dalle grandi aziende.
Il grande sviluppo economico si accompagnava una forte carenza di manodopera specializzata.
Ciò rendeva le imprese favorevoli all'introduzione di metodi di produzione come quello fordista-taylorista, che consentiva l'impiego rapido di manodopera immigrata a bassa qualificazione, con conseguenti risparmi di costo.
Il fordismo arriverà più tardi e in forme più limitate in Europa, dove persisteranno forme di produzione legate a imprese di piccole dimensioni, spesso concentrate territorialmente e tra loro integrate nei DISTRETTI INDUSTRIALI.
Forme di questo tipo erano presenti in molti paesi europei
Il fordismo presenta nei diversi paesi tratti simili, che si riflettono nell'organizzazione di processi produttivi e negli aspetti relativi alle relazioni industriali e al ruolo dello stato.
Dopo gli anni 30 le esigenze di stabilizzazione del modello di produzione portano a estendere la contrattazione collettiva e a istituzionalizzare le relazioni industriali, in modo da attenuare i conflitti e garantire la collaborazione di un'omogenea classe operaia nelle fabbriche.
Si sviluppa un intervento dello stato di regolazione ella domanda; in tal modo le relazioni industriali e l'intervento pubblico stabilizzano il mkt, creando le condizioni favorevoli per il pieno sviluppo della produzione di massa che si determina nel periodo post-bellico.
La SATURAZIONE DEL MKT DEI BENI DI MASSA riduce lo stimolo alla crescita del fordismo. L'accresciuta concorrenza dei paesi di NUOVA INDUSTRIALIZZAZIONE, con un costo del lavoro più basso nelle produzioni più semplici e di minore qualità, fa aumetnare la concorrenza.
L'impennata dei PREZZI DEL PETROLIO e delle materie prime determina un rapido cambiamento di quelle condizioni di bassi costi degli input che avevano anch'essi favorito la GRANDE CRESCITA.
Inoltre il venir meno del REGIME DI CAMBI FISSI e la maggiore instabilità che ne consegue sul mkt internazionale, non aiutano la riproduzione del vecchio modello produttivo.
Tutti questi fattori concorrono a far venir meno quelle condizioni di stabilità nel controllo del lavoro e nel mkt dei beni che sono necessari per gli elevati investimenti specializzati richiesti dal modello produttivo.
Con gli anni la situazione del mondo operaio diventa impossibile, perché la catena di monatgigo porta all'alienazione e ripetitività.
Matura una situazione generale di insoddisfazione e disagio. Nel 1971 fu istituito lo STATUTO DEI LAVORATORI.
La saturazione dei mkt per i beni di massa è alimentato dall'aumento dei redditi, e dal formarsi di nuovi gruppi sociali istruiti che sviluppano nuovi STILI DI VITA e MODELLI DI CONSUMO.
Si aprono nuove possibilità per le imprese nel capo della diversificazione e dell'offerta di beni più personalizzati e di qualità.
L'introduzione delle NUOVE TECNOLOGIE ELETTRONICHE da la possibilità di utilizzare i calcolatori nel processo produttivo. È ora possibile programmare il macchinario in modo da poterlo utilizzare per compiti e prodotti anche diversi.
Le nuove tecnologie permettono una riprogrammazione per mezzo del cambiamento del SW; ciò consente un abbassamento ei costi della produzione flessibile: è possibile produrre beni non standardizzati di elevata qualità, in serie limitate, a costi più bassi.
Sia i cambiamenti del mkt che quelli della tecnologia pongono le condizioni per una reazione delle imprese alla nuova situazione che può giocare sulla flessibilità, diversificazione dei modelli e la qualità.
Ciò consente di sfuggire alla concorrenza dei paesi a più basso costo del lavoro in produzioni di massa, più semplici e di bassa qualità.
Accanto a strategie che puntano verso una produzione flessibile e di qualità, ve ne sono altre che cercano di ridefinire il modello fordista e di occupare gli spazi che rimangono per la produzione di mass, sia nei paesi più sviluppati, sia in quelli in via di sviluppo.
Sono da prendere in considerazione 2 tendenze che possono combinarsi tra loro:
l'uso delle nuove tecnologie per riadattare il modello fordista
la spinta alla MULTINAZIONALIZZAZIONE: le imprese decentrano unità produttive o fasi spostandole nei paesi del 3 mondo, dove il costo del lavoro è più basso e ci sono meno vincoli.
quanto al primo aspetto, ci possono essere delle strategie di adattamento NEOFORDISTE definite anche come PRODUZIONE FLESSIBILE DI MASSA, il cui obiettivo è cambiare il modo di sfruttare le tecnologie per garantire una maggiore diversificazione dei prodotti, senza abbandonare il modello fordista.
Vi è un risparmio di lavoro, ma una riqualificazione e un coinvolgimento più limiti della manodopera. Si parla di forme di NEOTAYLORISMO INFORMATIZZATO.
A partire dagli anni 70 si è assistito ad un processo di diversificazione e pluralizzazione ei modelli produttivi. Su tale fenomeno influisce il contesto istituzionale nel quale le imprese operano.
MODELLI PRODUTTIVI FLESSIBILI E CONTESTO ISTITUZIONALE
PICCOLE IMPRESE E DISTRETTI INDUSTRIALI
Il fenomeno dei DISTRETTI DI PICCOLE E MEDIE IMPRESE è stato riscontrato in diversi paesi.
Iniziano a diventare vincenti i distretti che già avevano convissuto con il modello delal grande impresa.
La struttura è nata in Italia e si è creata nei primi decenni del 900 nelle zone in cui si è sviluppato il capitalismo.
In qualche caso si trattava di aree già caratterizzate da strutture produttive di questo tipo, che vengono coinvolte in una fase di forte dinamismo, in altri emergono delle nuove concentrazioni di aziende e specializzazione produttive.
I settori possono essere di tipo TRADIZIONALE o di tipo MODERNO.
Ci sono però 2 requisiti essenziali:
è necessario che il processo produttivo sia divisibile in fasi diverse, separabili, in modo da consentire la specializzazione delle piccole imprese per fasi o componenti
si tratta di produzioni soggette a elevata variabilità quantitativa e qualitativa della domanda, che richiede forma di organizzazione flessibile.
I DISTRETTI INDUSTRIALI IN ITALIA
Nel corso degli anni 70 si nota una forte crescita delle piccole imprese, concentrata nelle regioni del centro e nord-est,dove c'erano i liberi comuni, definita come TERZA ITALIA, per distinguerla dal nord-ovest, cioè le zone della prima industrializzazione e delle grandi imprese, e dal sud dove il processo di industrializzazione era rimasto fortemente limitato.
Le piccole imprese sono concentrate in sistemi locali, cioè i aree urbane di dimensioni ridotte, fatte di uno o più comuni vicini. In questi sistemi locali c'è un mkt del lavoro integrato e una certo grado di specializzazione dei settori: i settori più presenti sono quelli tradizionali (tessile, abbigliamento, ceramica.) ma non mancano quelli più moderni, soprattutto la meccanica e la produzione di macchinari.
Quando la specializzazione settoriale e l'integrazione tra le piccole imprese sono molto elevate, si formano dei veri e propri DISTRETTI INDUSTRIALI, un concetto che viene ripreso da Marshall, che li definisce come concentrazione su base territoriale di piccole imprese tra loro integrate.
In un distretto sono localizzate molte imprese di piccola dimensione, ciascuna delle quali si specializza in una particolare fase o nella produzione di una particolare componente del processo produttivo.
Questi distretti attingono a un elevato bacino di lavoro nero, essendo piccole imprese legate al territorio.
La capacità di rispondere in modo flessibile ai cambiamenti del mkt si basa non solo sull'uso delle nuove tecnologie da parte delle singole aziende, ma soprattutto sui RAPPORTI DI COOPERAZIONE
La capacità di innovale e migliorare la qualità dei beni prodotti è sostenuta dall'esistenza di economie esterne alle singole aziende ma interne all'area in cui esse sono localizzate.
Si tratta della disponibilità di collaboratori specializzati di una manodopera specializzata di servizi e infrastrutture collettive, ma in larga misura si tratta di fattori immateriali che influiscono sulla produttività.
Marshall si riferiva a questi aspetti parlando in un'ATMOSFERA INDUSTRIALE che si caratterizza per la circolazione e diffusione rapida di conoscenze e info e per lo sviluppo dei continue innovazioni incrementali.
La cooperazione all'interno delle aziende e tra le diverse imprese per seguire il modello della specializzazione flessibile, presuppone dei fattori di natura culturale e istituzionale che la sostengano.
3 fattori istituzionali appaiono cruciali per lo sviluppo dell'economia diffusa e dei distretti.
Si riscontrano in forma tipica nelle regione del centro-nordest (Bagnasco). Anzitutto una RETE DI PICCOLI E MEDI CENTRI nei quali vi erano tradizioni artigianali e commerciali diffuse e non erose dalla prima industrializzazione.
Un secondo fattore istituzionale di rilievo riguarda i RAPPORTI DI PRODUZIONE IN AGRICOLTURA prima dell'industrializzazione, che ha sostenuto la formazione originaria di un'offerta di lavoro flessibile, a costi ridotti e con conseguenze congruenti con lo sviluppo di piccola impresa.
La produzione richiede un elevato grado di cooperazione tra le imprese e tra imprenditori e lavoratori all'interno delle unità produttive.
Per ciò che riguarda la subfornitura, esiste un'elevata CONCORRENZIALITA all'interno delle singole fasi produttive.
La ridotta dimensione delle aziende fa si che non sia possibile sviluppare all'interno una serie di servizi che sono necessari per l'innovazione e dal crescita della produttività; dalla formazione professionale alla diffusione di info sui mkt e le tecnologie, dalla promozione delle expo al problema dello smaltimento dei rifiuti industriale.
L'attività dei distretti è dipendente dalla capacità di produrre BENI COLLETTIVI che ciascuna unità produttiva non è in grado di realizzare da sola, ma dai quali dipende lo sviluppo complessivo.
Anche per quello che riguarda il mkt del lavoro sono all'opera forme di cooperazione.
DISTRETTI E ISTITUZIONI
Il caso italiano ha avuto un ruolo di particolare rilievo sullo sviluppo delle piccole imprese e distretti
A partire dagli anni 70 e nel decennio successivo, il fenomeno è stato già segnalato e descritto anche in contesti diversi: in vari paesi europei, negli USA, in Giappone.
Il distretto si può sviluppare se alla base c'è una struttura sociale di fiducia reciproca che rende meno incerto l'ambiente . si fonda su RISORSE NORMATIVE E RISORSE COGNITIVE.
Le RISORSE NORMATIVE hanno a che fare con:
esistenza di una ree di piccoli e medi centri con tradizioni artigianali
rapporti di PRODUZIONE IN AGRICOLTURA che hanno favorito un intersambio tra agricoltura e industria
sub-culture politiche legate alle caratteristiche del territorio.
Le RISORSE COGNITIVE si formano con il tempo; fanno perte dell'interscambio della vita quotidiana.
Per ciò che riguarda gli aspetti cognitivi, vi sono 2 ordini di fattori che influiscono sulle conoscenze e sulla formazione dell'imprenditorialità. In molti casi sino importanti TRADIZIONI ARTIGIANALI precedenti, alimentate da buone scuole tecniche e dal altre istituzione formative.
La variabilità delle diverse esperienze è ancora maggiore per ciò che riguarda la dimensione normativa. La capacità di cooperazione e la disponibilità di un tessuto fiduciario sono risorse cruciali e sono influenzate da identità locali distinte che si riproducono nel tempo.
le risorse cognitive e normative non sono solo importanti perle origini dello sviluppo di tipo distrettuale, ma anche per la sua riproduzione nel tempo.
Occorre guardare all'esistenza di ISTITUZIONI e SERVIZI che svolgano questo ruolo nelle diverse situazioni locali adeguando le eco esterne e le forme di cooperazione ai nuovi problemi che si pongono.
La flessibilità richiede un'elevata capacità di cooperazione e un coinvolgimento crescente per mogkiorare la qualità da parte dei lavoratori.
Da un lato, vi sono realtà di scarsa presenza delle relazioni industriali. In queste situazioni condizioni salariali e di lavoro possono essere anche sfavorevoli si accompagnano a elevate possibilità di METTERSI IN PROPRIO da parte dei lavoratori dipendenti.
L'altra soluzione è quella di RELAZIONI INDUSTRIALI più istituzionalizzare ma a carattere cooperativo, che spingono verso forme di flessibilità più contrattata e compensata.
LA TRASFORMAZIONE DELLE GRANDI IMPRESE.
Dopo la scoperta dei distretti industriali, l'indagine si è estesa anche alla TRASFORMAZIONE DELLE GRANDI IMPRESE, che hanno cominciato anch'esse a sperimentare modelli di produzione flessibile; c'è flessibilità nel modello organizzativo e produttivo; le imprese cercano di diversificare i prodotti puntando sull'automazione.
L'esperienza dei paesi come la Germania e il Giappone è importante perché la sperimentazione di forme di produzione flessibile è stata più diffusa e più anticipata.
Per le grandi imprese che vogliono competere con successo si fa strada la necessità di ridurre la separazione tra concezione ed esecuzione di prodotti che era atipica del fordismo per una maggiore partecipazione dei dipendenti nell'obiettivo di migliorare la qualità.
Questa separazione rende l'introduzione dei nuovi prodotti molto lenta. Per ovviare a questi problemi si sperimentano forme di DECENTRAMENTO DELL'AUTORITA, in modo da avvicinare le unità operative agli stimoli del mkt.
Le strutture centrali diventano più snelle e si occupano solo delle decisioni strategiche.
I laboratori di ricerca e sviluppo vengono ridimensionati e vengono create strutture simili a livello delle unità operative. Le unità operative diventano come delle aziende semiautonome.
Cambia l'organizzazione interna, e in particolare l'organizzazione del lavoro e vengono rimessi in discussioni i modelli tayloristi.
La possibilità di produrre beni differenziati in serie brevi porta alla necessità di eliminare risorse ridondanti; questo è un principio sperimentato nel contesto giapponese con la pratica del JUST IN TIME.
Bisogna ridurre gli scarti, i tempo morti. Ciò richiede un'elevata COLLABORAZIONE DELLA MANODOPERA.
L'impiego di macchinari meno specializzati, utilizzabili per produzioni diverse, rende necessaria una maggiore QUALIFICAZIONE DEL LAVORO.
Gli operai devono acquisire una qualificazione più polivalente e devono essere pronti a intervenire per evitare difetti produttivi contribuendo alla qualità della produzione.
La grande impresa si apre maggiormente all'esterno, potenziando la COLLABORAZIONE CON SUBFORNITORI che sono spesso localizzati in aree di specializzazione produttiva.
Le grandi multifunzionali tendono a concentrarsi di più sullo sviluppo di alcune tecnologie chiave.
Le parti complementari vengono prodotte in collaborazione con una rete di subfornitori, che tendono a loro volta a decentrare le componenti o le fasi più semplici ad altri subfornitori di secondo livello.
Anche per le grandi imprese che si avviano per la strada della specializzazione flessibile assume particolare rilievo il ruolo dei FATTORI CULTURALI E ISTITUZIONALI.
L'impresa è molto più condizionata dai cambiamenti e deve quindi interagire con l'ambiente.
Questo nuovo modo di organizzare lavoro e produzione è favorito in quelle aree in cui c'è uan tradizione di cooperazioni (in Germania si è affermato n modello sindacale a DOPPIO BINARIO; ci sono forti organizzazioni sindacali a livello centrale, che definiscono le grandi linee della politica del lavoro ed esistono fomre di rappresentazione che definiscono altri aspetti legati all'organizzazione).
Il potenziamento della CAPACITà DI APPRENDIMENTO attraverso una più intensa cooperazione tra le varie strutture e i vari soggetti che lavorano nell'ambito dell'impresa sembra favorito in quei contesti in cui il ruolo della gerarchia e la dequalificazione del lavoro sono stati mitigati rispetto al modello fordista tradizionali.
In Germania le relazioni industriali sono molto istituzionalizzate in azienda anche se con sindacati più integrati a livello di settore
Un altro aspetto importante della strategia di potenziamento delle risorse cognitive per l'innovazione è costituito dall'apertura maggiore alle COLLABORAZIONI ESTERNE.
Ciò spinge le grandi imprese a cercare contatti con reti di subfornitore specializzati, che sono di solito di piccole dimensioni, e sono localizzati in aree di specializzazione produttiva, o in veri e propri distretti.
I distretti possono essere visti come RETI DI PICCOLE E MEDIE IMPRESE che tendono a formalizzarsi maggiormente nel tempo, mentre la grande azienda si trasforma in IMPRESA-RETE.
Le reti funzionano come SISTEMI DI APPRENDIMENTO, cioè come insiemi di relazioni formali e informali che potenziano la capacità di rapido aggiustamento rispetto al mkt.
Non è più l'impresa come gerarchia a decidere i propri obiettivi produttivi e a imporli al mkt, ma è il mkt diventato frammentato e instabile, che impone processi di aggiustamento più rapidi e costosi.
ECONOMIA INFORMALE
Una definizione più specifica dell'ECONOMIA INFORMALE si può basare di 3 dimensioni:
le modalità di produzione di beni e servizi, che possono esser legati o meno
il tipo di beni e servizi prodotti, che possono essere leciti o meno
l'orientamento al mkt della produzione.
L'eco formale è costituita dalla produzione destinata al mkt di beni e servizi leciti, realizzato secondo modalità eh non violano la legge.
Per contro, l'eco informale è caratterizzata dalla mancanza di uno o più di questi requisiti.
In particolare:
la produzione secondo modalità che violano la legge di beni e servizi anch'essi legali viene a configurare la componente informale che si può definire come ECONOMIA CRIMINALE.
La produzione di beni e servizi leciti, realizzata però con modalità che violano in tutto o in parte la legge costituisce la componente dell'ECONOMIA NASCOSTA
La produzione di beni e servizi leciti, realizzata secondo modalità che non violano la legge, non orientata al mkt ma all'autoconsumo familiare, o al consumo di gruppo sociale, di una comunità di qualche tipo, individua l'ECONOMIA DOMESTICA o COMUNITARIA.
A partire dalla seconda metà degli anni 70 l'attenzione della sociologia economica è andata alla diffusione dell'economia informale, i particolar modo a quella domestica e comunitaria e a quella nascosta.
Da un lato, è cambiato il modo di guardare all'elevata diffusione di tali attività nelle regioni e nei paesi meno sviluppati.
In assenza di info e misurazioni precise è difficile dire con precisione se e in che misura le attività dell'economia informale siano cresciute negli ultimi decenni.
L'inversione di tendenza si sarebbe manifestata in relazione a entrambe le dimensioni e deve essere collegata sia alle DIFFICOLTÀ DEL FORDISMO E DELLA PRODUZIONE DI MASSA che alle DIFFICOLTÀ DEI SISTEMI DI PROTEZIONE SOCIALE PUBBLICI.
Quanto al primo aspetto, l'ipotesi è che i problemi e le trasformazioni della produzione di massa alimentino l'eco informale, in particolare nelle forme di quella nascosta o sommersa.
Ciò avviene direttamente, come forma di ADATTAMENTO DEI LAVORATORI alle accresciute difficoltà occupazionali e di reazione delle imprese alla ricerca di risparmi sui costi, cioè come espressione di una spinta alla DEREGOLAZIOEN di rapporti di lavoro.
Per qual che riguarda le DIFFICOLTÀ DEI SISTEMI DI WELFARE, anche in questo caso è possibile distinguere tra influenze dirette e più mediate.
Tra le prime vi è la spinta a incrementare l'autoproduzione familiare o comunitaria di beni e servizi come conseguenza di una minore copertura pubblica a fronte i bisogni emergenti, tra cui lo stato di disoccupazione.
Alcuni autori hanno attirato l'attenzione su altri fattori che si aggiungono alle difficoltà occupazionali e al ridimensionamento dei sistemi di protezione sociale pubblici. Essi mettono in evidenza l'elevato COSTO DEI SERVIZI FINALI offerti sul mkt, in particolare nel campo della manutenzione.
ECONOMIA NASCOSTA o SOMMERSA.
Il contesto istituzionale riguarda le RISORSE COGNITIVE. Dove esistono conoscenze e una saper fare legato a tradizioni artigianali e commerciali autoctone e alle presenza di piccole imprese e di lavoro autonomo. Emerge un'imprenditorialità che crea a fa funzionare attività informali.
Il contesto istituzionale influenza anche le risorse NORMATIVE. Si può distinguere tra norme che ostacolano la domanda di attività informali e fattori che invece incoraggiano l'offerta.
Per ciò che riguarda i fattori che possono poi incoraggiare l'offerta di imprenditorialità e di lavoro nell'economia nascosta, va considerato il ruolo cruciale di variabili che hanno a che fare con RELAZIONI FIDUCIARIE e con legami condivisi da un lato, e con motivazione a impegni di lavoro gravosi dall'altro.
Le reti di relazioni sono essenziali anzitutto perché i rapporti delle imprese con gli acquirenti finali presuppongono un elevato grado di fiducia.
Il RADICAMENTO TERRITORIALE è un aspetto essenziale di queste forme di economia. È nel territorio che si possono sviluppare meglio le reti di relazioni e conoscenze che permettono la mobilitazione elle risorse. Questo spiega perché forme di eco nascosta sono diffuse in quartieri di grandi metropoli moderne.
LA VIA ALTA E LA VIA BASSA
Si intravede una VIA ALTA alla flessibilità, capace di dinamismo, innovazione e condizioni di lavoro più favorevoli in produzioni diversificate e di qualità.
Essa può essere centrata su reti di imprese o su imprese-rete.
I paesi più sviluppati non possono competere solo su fattori di prezzo e sul costo del lavoro, in produzioni standardizzare e semplici dove i vantaggi dei paese arretrati sono evidenti.
Vi è poi la VIA BASSA alla flessibilità, che gioca molto su condizioni di impiego e di costo del lavoro per rafforzare la competitività di prezzo in produzioni di minore qualità.
Le istituzioni devono compensare i vincoli con maggiori opportunità in termini di produzione di beni collettivi che aumentano la capacità di innovare nel medio e lungo termine e consentono migliori condizioni di lavoro.
Questa azione ha successo quando si creano delle RIGIDITÀ FLESSIBILI.
Se i vincoli sono tropo deboli è difficile uscire dalla via bassa, se prevale la rigidità il modello flessibile è destinato a declinare rapidamente.
CAPITOLO 5
IL NEOISTITUZIONALISMO ECONOMICO
A partire dal di anni 70 si sviluppa "un'economia istituzionale" che mette in discussione l'idea dell'impresa come funzione di produzione, cioè come un'entità produttiva in cui confini sono sostanzialmente definiti dalla tecnologia.
Il nuovo approccio vede nel mercato, nell'impresa, o nelle forme di collaborazione tra aziende, delle istituzioni economiche che possono essere spiegate come "reti di contratti" tra soggetti volti a massimizzare il proprio interesse.
A differenza che nel modello neoclassico tradizionale, si ipotizza però l'esistenza di "costi di transazione" variabili, dovuti a condizioni di incertezza e a carenza di informazioni, che possono creare spazi più o meno grandi per comportamenti opportunistici.
L'ANALISI DEI COSTI DI TRANSAZIONE
La natura contrattuale delle istituzioni è l'elemento principale che accomuna gli studi riconducibili al neoistituzionalismo economico.
Williamson sostiene che per comprendere i costi di transazione non è sufficiente riferirsi ai "fattori ambientali", ed in particolare ai caratteri del mercato, ma occorre prendere in considerazione anche i "fattori umani".
Williamson individua nel concetto di "razionalità limitata" lo strumento essenziale per caratterizzare in forma più realistica le decisioni dei soggetti economici.
Si manifestano dei "costi di transazione", determinati dalla difficoltà di definire anteriormente, e di eseguire successivamente, un contatto per una specifica transazione
Quanto ai fattori ambientali, l'attenzione si concentra ora sulla "specificità delle risorse", cioè sul grado di specializzazione degli investimenti che caratterizzano una determinata transazione
Quanto più le risorse coinvolte sono specializzate, tanto più la relazione si trasforma in un rapporto bilaterale tra i contraenti con rischi di sfruttamento opportunistico più o meno reciproco.
LA NUOVA SOCIOLOGIA ECONOMICA
La nuova sociologia economica tende dunque a sviluppare una teoria dell'azione più costruttivista.
L'approccio strutturale sottolinea maggiormente la collocazione dei soggetti nelle reti sociali, il neoistituzionalismo da invece più peso alle componenti cognitive e normative della cultura che si producono i riproducono nell'interazione sociale.
L'APPROCCIO STRUTTURALE
Per gli autori riconducibili all'approccio strutturale l'azione è sempre socialmente orientata e non può essere spiegata soltanto sulla base di motivazioni individuali.
Il radicamento sociale è visto in termini strutturale perché si assume che l'azione sia fondamentalmente influenzata dalla collocazione dei singoli soggetti nelle reti di relazioni sociali in cui sono coinvolti.
L'inserimento dei soggetti in reti stabili di relazioni personali permette di diffondere le informazioni e di tenere sotto controllo il comportamento, generando fiducia e isolando rapidamente coloro che non la meritano
Le reti di relazione impediscono comportamenti scorretti, ma possono anche facilitarli, come, per esempio, nel caso di forme di economia criminale, o nell'insider trading (cioè lo sfruttamento di informazioni riservate da parte di operatori economici a scopo speculativo).
Un altro filone che ha avuto una certa diffusione, specie gli Stati Uniti, riguarda il tentativo delle imprese di aggirare o tenere sotto controllo la concorrenza sviluppando reti di relazioni tra loro.
IL CAPITALE SOCIALE
L'uso esplicito del concetto di capitale sociale si manifesta a partire dagli anni 60. Le origini di questo concetto possono essere fatte risalire a Weber: egli, pur non parlando di capitale sociale, utilizza di fatto l'idea dei reticoli sociali come strumento che può influire sulla formazione dell'imprenditorialità, e quindi favorire lo sviluppo economico di una determinata area.
L'impatto dei reticoli sociali sulle attività economiche può essere anche diverso.
Il capitale sociale si può allora considerare come l'insieme delle relazioni sociali di cui un soggetti individuale (per esempio un imprenditore od un lavoratore) o un soggetto collettivo (privato o pubblico) dispone in un determinato momento.
Attraverso il capitale di relazioni si rendono disponibili risorse cognitive, come le informazioni, o normative, come la fiducia, che permettono gli attori di realizzare obiettivi che non sarebbero altrimenti raggiungibili, o lo sarebbero a costi molto più alti.
Il capitale sociale ha poi le caratteristiche di un bene collettivo.
Appartiene all'insieme dei soggetti coinvolti nelle reti di relazioni: in altre parole, esso non è divisibile i suoi vantaggi non sono appropriabili individualmente, ma vanno a tutti coloro che partecipano alla rete.
Le reti sono anche uno strumento attraverso il quale informazioni e fiducia circolanti tra i soggetti coinvolti aumentano il loro potere rispetto ad altri attori esterni.
L'identità culturale ha un ruolo rilevante nell'orientare i comportamenti che si sviluppano attraverso le reti che essa alimenta, ed è quindi una condizione da non trascurare nel valutare le possibilità di impiego delle reti in campo economico.
Una seconda condizione importante per la valorizzazione delle reti sociali per lo sviluppo locale è il mercato.
Una volta avviato un principio di sviluppo locale, la pressione della concorrenza di mercato limita continuamente le possibili conseguenze negative del particolarismo, muovendosi su due fronti. Anzitutto tende a sanzionare comportamenti poco efficienti, in secondo luogo il mercato manda dei segnali che sollecitano ad aggiornare e ridefinire il capitale sociale.
Il rapporto tra capitale sociale e sviluppo locale è complesso e mutevole nel tempo, e non è riducibile all'impatto positivo di una cultura favorevole alla cooperazione.
Cruciale è il ruolo della politica nel mediare il rapporto tra reti e mercato. L'idea del bilanciamento tra elementi moderni e reti di relazioni sociali tradizionali come chiave per lo sviluppo economico può anche aiutarci a leggere meglio le esperienze di sviluppo regionale degli ultimi decenni.
IL NEOISTITUZIONALISMO SOCIOLOGICO
Nell'approccio strutturale la collocazione nella struttura delle relazioni sociali prevale sulle motivazioni dei soggetti; si guarda alla posiziond che gli individui occupano in un sistema sociale strutturato in un determinato modo.
La struttura sociale viene vista come insieme di relazioni all'interno dei quali ogni individuo è al centro di una rete di rapporti ceh condizionano i suoi comportamenti.
La posizione dei neoistituzionalisti, nell'ambito della nuova sociologia economica, si differenzia da quella degli strutturalisti perché essi pongono l'attenzione sui condizionamenti culturali degli individui, su come l'appartenenza a un contesto caratterizzato da certi orientamenti culturali influisce sul comportamento degli individui.
viene dato più rilievo alle regole "costitutive" rispetto a quelle "regolative".
I neoistituzionalisti si occupano dei consumi, dei comportamenti di consumo, che viene analizzato perché nelle scelte di consumo ci sono dei significati che vanno al di la delal soddisfazione immediata di un bisogno materiale.
Di fronte alla carenza di informazioni e ai rischi delle transazioni, non è possibile seguire una rigorosa scelta razionale delle soluzioni più efficienti.
I soggetti individuali e collettivi si affidano allora non solo alle reti, ma alle soluzioni che sono considerate più appropriate legittime nell'ambiente nel quale si collocano le loro interazioni sociali. Questo porta la persistenza di standard di comportamento ritenuti appropriati.
Una buona esemplificazione delle conseguenze sul piano applicativo dell'approccio dei neoistituzionalisti è costituito dal contributo di Powell e DiMaggio sull'"isoformismo", che cerca di spiegare l'omogeneità dei modelli all'interno di un determinato "campo organizzativo", costituito dal insieme gli attori rilevanti in un certo campo di attività.
La prima forma, e più ovvia, di "isoformismo istituzionale" è quella "coercitiva". La regolamentazione pubblica (dall'antitrust, alle norme sul lavoro e la sicurezza) può comportare dei vincoli cogenti ad assumere modelli simili; ma anche le relazioni industriali possono agire in questa direzione.
"L' isoformismo normativo" è invece legato al ruolo delle Università e delle scuole specialistiche nella formazione dei managers, o anche delle agenzie di consulenza.
Infine, di grande rilievo è "l'isoformismo nel mimetico". In questo caso per ridurre l'incertezza vengono seguiti i modelli che appaiono più appropriati e sono quindi più legittimati nel campo organizzativo.
MODELLI A CONFRONTO
I neoistituzionalisti si contrappongono all'economia istituzionale sottolineando il ruolo dei fattori culturali e politici in una visione più ampia di quella degli strutturalisti, che si concentrano prevalentemente sulle reti personali.
La tendenza comune è quella di sottolineare il radicamento sociale e culturale dell'azione.
La nuova sociologia economica è più orientata alla comparazione e alla messa a punto di modelli locali che possono rendere meglio conto della variabilità dei contesti.
Per l'approccio della sociologia economica ci sono dei possibili svantaggi
1-il "rischio di scivolare lungo e viscido rinvio che conduce allo storicismo" (Granovetter);
2-confondere argomentazioni teoriche volte a sottolineare il radicamento sociale dell'azione economica con la spiegazione empirica dei fenomeni.
CULTURA E CONSUMI
Fino agli anni 70 e uniche riflessioni sui consumi erano quelli di VEBLEN, autore americano che è vissuto tra fine 800 e inizio 900.
Veblen ha rilevato come nei comportamenti di consumo si possono individuare dei significati che hanno a che fare con simboli socialmente condivisi: nei beni si condensano considerazioni legate all'uso del bene e al modo con cui gli altri mi giudicano a partire dal fatto che io posseggo un bene.
Polemizza con MARX perché dice che i problemi del capitalismo maturo on porteranno alla rivoluzione della classe operaia perché ci sono dei meccanismi che impediscono alla classe operaia di svolgere un ruolo rivoluzionario.
Questi meccanismi utilizzano il consumo come elemento di compensazione: gli operai sono sfruttati non diventa protesta perché gli operai in cambio hanno livelli salariali maggiori rispetto al passato e le frustrazioni vengono compensate dal consumo.
Il consumo diventa un elemento di compensazione della frustrazione della classe operaia.
VEBLEN analizzo quindi il consumo e nota che gli individui nelle scelte di consumo sono mossi da considerazioni che riguardano 2 aspetti:
funzione MANIFESTO DEL BENE: quello per cui il ben nasce (auto per spostarsi.)
funzione LATENTE che è quasi sottointesa, non è manifesta (scelta tra mercedes e un'altra auto)
il significato che un soggetto attribuisce al bene è legato ai simboli che la società da al bene.
Secondo VEBLEN la vita degli individui è caratterizzata da una continua competizione.
Il giudizio che una persona ha su un altro è legata a elementi che riguardano l'apparenza, a caratteristiche esteriori della persona.
il consumo di alcuni beni è motivato da condizioni di status, di ostentare l'acquisto.
Il comportamento del consumatore diventa importante dal punto di vista sociologico poiché emergono bisogni diversi che occorre studiare.
Si evidenziano 2 correnti:
corrente NEO DIFFERENZIAZIONISTA: fa riferimento a 2 autori francesi BOUDRILLARD e BOURDIEU.
corrente NEO- ISTITUZIONALISTA cui fanno capo DOUGLAS, ISHERWOOD
CORRENTE NEO-DIFFERENZIAZIONISTA
Si collega a VEBLEN. Il consumo è un modo per differenziarsi dal gruppo
un esempio significativo e quello costituito da lavori di Baudrillard. Egli sottolinea il ruolo della competizione per lo status nei comportamenti di consumo.
i singoli individui si identificano socialmente per mezzo di oggetti di consumo e sono costantemente impegnati in un'attività di manipolazione di tali oggetti come segni, cioè portatori di un valore simbolico in termini di adesione modelli culturali determinati con i quali possono distinguersi.
I consumatori hanno l'illusione di scegliere liberamente tra questi modelli, ma in realtà sono fortemente condizionati dal sistema dei media che li impone.
Per Boudrillard i meccanismi di competizione per lo status nelle società contemporanee sono più diffusi che in passato perché la collocazione dei soggetti nelle diverse posizioni della stratificazione sociale sono determinati sempre meno da criteri ASCRITTIVI e sempre più da criteri ACQUISITIVI.
I criteri ascrittivi sono quelli dati per nascita, non si possono scegliere (nascendo in un certo contesto geografico, in una certa famiglia, mi trovo collocato in un certo stile di vita.)
I criteri acquisitivi si conquistano invece con le proprie scelte, e oggi tendono a farsi strada per la collocazione dei soggetti in una categoria sociale.
Si imitano certi modelli per differenziarsi, ma siccome tutti imitano questi modelli, si crea una massificazione: questo è un paradosso della differenziazione.
L'approccio di Bourdieu è in parte diverso. Ad esso non interessa il ruolo dei mass media, ma i condizionamenti esercitati sugli individui sulla loro collocazione in certe posizioni della stratificazione sociale (se appartengo alla classe bassa, cercherò di arrivare alla classe media copiando anche i comportamenti di acquisto).
Bourdieu riflette su come si definisce la collocazione sociale degli individui.
Ogni individuo dispone di un capitale che assume 3 forme diverse:
capitale ECONOMICO
capitale CULTURALE
capitale SOCIALE
le risorse a disposizione di ogni individuo per vincere la competizione di status sono riconducibili al modo con cui si combinano queste 3 forme di capitale.
Questo mix di risorse crea un contesto definito HABITUS, per mettere in luce il fatto che questo insieme diverso di risorse creano delle situazioni di vita in cui ci sono delle caratteristiche culturali molto specifiche e sono tipici di ogni combinazione.
L'HABITUS è un insieme di condizioni che hanno a che fare con le risorse economiche disponibili, con interessi culturali e con gli orientamenti dello specifico gruppo a cui appartengo.
Con l'approccio NEO-ISTITUZIONALISTA si guardano i consumi dando meno peso alla competizione per lo status e più attenzione sulle dinamiche comunicative, sul tipo di comunicazione che passa attraverso i consumatori.
Attraverso i consumi comunichiamo uno stile di identità; comunichiamo agli altri chi vogliamo essere.
Ci sono logiche legate al tentativo di comunicare qualche cosa agli altri.
Il consumatore viene visto in modo più attivo nella ricerca del consumo, perché ci si mette di persona in cerca del messaggio che si vuole far passare.
Un0altra linea di ricerca è quella aperta da MILLER, che ha studiato le strategie messe in atto dai consumatori per opporsi ai condizionamenti dei consumi di massa.
Ha studiato i MOVIMENTI CONSUMERESTI.
Il consumerismo è legato alla nascita delle associazioni a tutela dei consumatori.
CAPITOLO 6
LE COMPONENTI DELLA GLOBALIZZAZIONE
Le componenti della globalizzazione economica sono:
COMMERCIO INTERNAZIONALE
IDE
INTEGRAZIONE DEI MKT FINANZIARI.
COMMERCIO INTERNAZIONALE
Dal 1975 al 1995 c'è stato nel mondo occidentale un periodo di bassi tassi di crescita economica a fronte dei quali vi è stato un aumento del commercio internazionale, che ha comportato un aumento della concorrenza e ha cambiato la geografia della produzione mondiale.
Indipendentemente dei tassi di crescita economica all'interno di singole aree del mondo, c'è stato un aumento generalizzato del commercio internazionale.
La globalizzazione ha favorito la tendenza delle imprese a cercare la localizzazione più favorevole per le proprie attività (delocalizzazione)
IDE
Un secondo indicatore della crescente integrazione internazionale dell'economia riguarda gli investimenti diretti all'estero, anch'essi in aumento.
Nel corso degli anni '80 gli investimenti diretti all'estero sono quadruplicati.
INTEGRAZIONE DEI MKT FINANZIARI
il terzo aspetto che segna misura ancor più marcata l'interdipendenza tra le diverse economie è costituito dall'integrazione dei mercati finanziari, che è stata favorita dalla rottura del sistema di Bretton Woods; ha accelerato il movimento di capitale.
Anche i progressi nelle tecnologie dell'info hanno favorito l'integrazione delle piazze finanziarie mondiali, consentendo di abbassare i costi di transazione.
LE CONDIZIONI ISTITUZIONALI DELLA COMPETITIVITA
All'inizio degli anni 70 i modelli principali di capitalismo sono:
- ECO COORDINATE DI MKT: si sono sviluppate su una base di modello di capitalismo più europeo, in cui lo Stato entra nell'organizzazione della sfera economica
il coordinamento è garantito tra una continua interazione tra il mondo el lavoro, le istituzioni e il mondo della produzione. I paesi che si avvicinano a questo modello sono Germania , Austria e Giappone.
ECO NON COORDINATE DI MKT: coincidono con il capitalismo di livello anglosassone; il ruolo di regolazione del mkt è più ampio di quello dello Stato.
Il coordinamento è assicurato dallo Stato nella definizione delle strategie.
Avviene a volte servendosi del DECRETO, cioè un intervento regolativi dello Stato, deciso unilateralmente dal potere politico senza un preventivo preaccordo con le parti sociale.
La modalità prevalente è al CONCERTAZIONE, che implica che esistano delle forti organizzazioni di rappresentanza degli interesse a livello nazionale (sindacati, associazioni datoriali) e che siano fortemente organizzativi.
Con la concertazione, su alcune questioni chiave che riguardano la vita economica, c'è una negoziazione tra 3 parti:
governo
rappresentazione dei lavoratori
rappresentazione degli imprenditori.
La concertazione tiene sotto controllo la spinta salariale senza creare scontento e tensione con i lavoratori perché questo controllo è stato effettuato offrendo in cambio dei provvedimenti in termini di qualità.
La presenza del governo è importante; l'accordo tra governo e istituzioni funziona negli anni 70 quando il problema principale era l'inflazione.
Attraverso il coordinamento dello Stato si creano situazioni in cui l''inflazione rimane invariata.
Il modello di economia non coordinata ha maggiore difficoltà negli anni 80. lascia la regolazione a tutti i problemi al libero gioco del mkt.
Dagli anni 80 il modello più adeguato pare quello dell'eco coordinata.
Dopo la situazione cambia, perché la capacità di reggere la concorrenza sulla base dell'innovazione tecnologica diventa una sfida.
In questo nuovo quadro, il modello che garantisce meglio lo sviluppo tecnologico è quello coordinato, o modello RENANO-NIPPONICO. (tipico di germania), più adeguato a garantire lo sviluppo.
LA CAPACITA DI INNOVAZIONE DELLE IMPRESE
Nel 1989 SOSKICE si chiede quali sono i fattori che favoriscono l'innovazione nelle imprese.
L'innovazione è favorita da 5 condizioni che consentono di spostarsi su un modello flessibile di qualità, in modo da evitare la competizione di prezzo:
1-GESTIONE MANAGERIALE ORIENTATA A LUNGO TERMINE : l'innovazione tecnologica richiede massicce innovazioni e tempi lunghi. Il management deve esser in condizioni di fare progetti
2- ELEVATE COMPETENZE PROFESSIONALI DELLA MANAGEMENT E DELLA MANODOPERA
3-CAPACITA DI COOPERAZIONE FRA MANEGEMENT E LAVORATORI
4-ELEVATA CAPACITA DI COOPERAZIONE ALL'IMPRESA CON CLIENTI E SUB-FORNITORI : cambia il quadro dei mkt internazionali perché i clienti non si accontentano più di produzioni standardizzate.
5-CONTENIMENTO SALARIALE: la competizione si gioca su prezzo e qualità.
Esistono diversi modi in cui i 2 modelli favoriscono o meno l'innovazione.
Rispetto alla gestione manageriale orientata a lungo termine, è molto importante guardare all'assetto proprietario delle imprese e al modo in cui si ottengono i finanziamenti.
Nella tradizione renano-nipponica, i finanziamenti riguardano i prestiti bancari, mentre nel modello anglosassone i finanziamenti sono legati al mkt azionario.
Con i prestiti bancari c'è la possibilità di reperire fondi a m-l termine, che favoriscono la ricerca per l'innovazione.
Nelle eco coordinate di mkt ci sono tradizioni di finanziamento delle imprese che favorisce l'orientamento a lungo termine del management.
ELEVATE COMPETENZE PROFESSIONALI
L'area della formazione nasce come settore di competenza dello Stato, mentre nei paesi anglosassoni c'è anche una componente privata (lo Stato interviene parzialmente).
Sotto il profilo della formazione professionale, nell'economia coordinata c'è più possibilità di fornire una formazione adeguata.
Nelle eco non coordinate l'addestramento viene affidato a imprese più specifiche, mentre la professionalità che il singolo lavoratore offre sul mkt è legato all'investimento che egli è in grado di fare.
CAPACITA DI COOPERAZIONE TRA MANAGEMENT E LAVORATORI.
Il fatto che esista un sistema di relazioni industriali che è basato su una negoziazione continua tra i rappresentanti e il fatto che alcuni Paesi come la Germania, la rappresentazione degli interessi sia organizzata sia a livello centrale che a livello di impresa, fa si che si riescano a instaurare cooperazioni stabili.
Inoltre c'è un sistema giuridico che interviene più pesantemente nel regolare i rapporti di lavoro, a differenza del modello anglosassone.
GIDDENS
Per Giddens la globalizzazione è la modificazione che si verifica nelle coordinate di spazio e tempo della diffusione delle tecnologie e della facilità dei trasporti per beni e persone.
L'elemento essenziale è il DISEMBEDDING, che spiega come, a seguito della diffusione della tecnologia, sia possibile cominciare da una parte all'altra del globo in tempo reale.
Quando non c'erano queste opportunità, l'agire sociale si svolgeva entro i limiti fisici del territorio.
Il disembedding riguarda l'agire sociale che si sradica dai vincoli dello spazio e può svilupparsi in qualsiasi parte del globo.
La componente negativa è che il poter godere di una rete di relazioni stabili è qualcosa che da un forte sostegno agli individui, mentre il ventaglio delle relazioni si allarga e le persone devono organizzare la propria vita, creando situazioni di incertezza.
CASTELLS
Sociologo spagnolo che ha studiato il diverso modo con cui si organizzano le attività economiche a partire dai cambiamenti nello spazio, come la tecnologia.
Con l'utilizzo quotidiano delle tecnologie si è creato lo spazio dei FLUSSI DI COMUNICAZIONE (spazio virtuale in cui passano le info telematiche), in cui passano molti rapporti che danno vita a una rete di comunicazione.
È una nuova forma spaziale non territoriale (spaziale) dell'economia e della società.
Nella rete le attività si organizzano a partire dall'esistenza di alcuni NODI legato tra loro che danno vita a un nuovo modo di intendere il concetto di periferia e centro.
L'organizzazione può diventare reticolare, con nodi legati tra loro da diverse modalità di comunicazione che si basano su rapporti informatici.
I nodi sono i centri e la periferia diventano zone intermedie.
Con le tecnologie si sviluppa uno spazio ulteriore rispetto al quello fisico.
BECK
Considera i cambiamenti spazi-temporali e dice che quotidianamente buona parte delel attività tende a superare i confini degli stati.
Si crea uno spazio sociale TRANSNAZIONALE, che prescinde dai confini di Stato.
Fino a poco tempo fa le attività della vita quotidiana erano chiuse nello spazio dello Stato.
Quando queste attività scavalcano i confini dello stato, questo ha difficoltà nel controllarle.
Non potendo più esercitare la forma di tassazione, lo stato ha meno risorse per far interventi tipici del welfare; perde quindi sovranità.
L'elemento che cambia il quadro è il fatto che le frontiere dello stato vengono scavalcate.
Il punto in comune delle 3 th è che il cambiamento che si verifica grazie alle innovazioni tecnologiche e la facilità dei trasporti.
In questo contesto, all'esperienza dell'individuo, una riflessione è quella di PRIVITERA, sull'incertezza e l'individualizzazione.
SAGGI
PRIVITERA
INDIVIDUALIZZAZIONE: oggi viviamo in un contesto in cui i soggetti sono più liberi rispetto al passato di costruire autonomamente le proprie scelte di vita.
All'individualizzazione si associa il concetto di CRESCITA DELL'INCERTEZZA.
La PRIMA MODERNITA caratterizza la cultura della società formatesi a partire dal pensiero illuminista (società industriale).
Può essere definita come il periodo di più efficace neutralizzazione dell'incertezza: in essa lo sviluppo tecnico-scientifico è tale da consentire un controllo pressoché totale della natura.
Non si è più costretti a subire la furia degli elementi; non esistono più serie fonti di disagio al di fuori dell'uomo; le incertezze derivanti dal conflittuale assetto sociale sembrano poter essere ridotte al minimo grazie all'estensione di una nuova modalità di produzione di certezze che potremmo definire post-tradizionale.
La th della prima modernità è una th di TRANSIZIONE alla modernità.
In questa fase le società assumono una forma che è fortemente influenzata dalla fiducia nella razionalità scientifica e dalla fede nel progresso trainato dalle competenze della scienza.
La fede nella scienza era fondamentale in questo tempo, perché si era sempre vissuti in una situazione di incertezza e la natura veniva vista come qualcosa di imprevedibile, prima dello sviluppo della medicina, della vita moderna.
La sopravvivenza degli individui era messa a rischio dal fatto che le istituzioni politiche erano primitive, in cui governava al legge del più forte.
I cittadini erano esposti al libero arbitrio del signore.
Questa è una situazione di incertezza ORIGINARIA, legate all'impossibilità di controllare la natura.
Con l'illuminismo questa incertezza incomincia ad essere dominata; si comincia a pensare di poter dominare la natura, a superare l'incertezza.
Si stabiliscono delle regole di prassi politiche che sottraggono la legge politica alla legge del più forte, sulla basi di principi di equità, rispetto. Si razionalizza la vita politica e si elimina l'incertezza.
Privitera vede il passaggio dalle società tradizionali alla società della prima modernità.
Grazie alla scienza si riesce a superare l'incertezza.
La società della prima modernizzazione è una società tesa alla costruzione di certezze, a rendere prevedibile ogni aspetto della vita.
Es l'organizzazione scientifica del lavoro in fabbrica, dove si cerca di rendere prevedibile il lavoro umano.
Verso la fine degli anni 60 l'insofferenza della società matura e nasce la protesta.
Nasceva rivendicazione di qualche spazio di autonomia, di poter fare scelte diverse.
L'incertezza torna nella prospettiva della società, sotto forma di rivendicazioni di libertà rispetto a norme di comportamento troppo rigide; torna sotto forma di VALORE, cioè diventa il punto in torno al quale si sviluppa il desiderio di trasgredire della giovane generazione.
Vi è il passaggio dalla prima alla SECONDA MODERNITA, segnata dagli effetti della globalizzazione.
Nelle società contemporanee un elemento importante è la modifica dello spazio.
Gli ambiti di identificazione degli individui si allargano di più; a questa maggiore libertà fa da contrasto un aumento dell'incertezza, perché i dubbi sulle singole scelte sono maggiori rispetto al passato, poiché prima non c'era scelta, mentre oggi ci sono molte più scelte.
Riemerge un tipo di incertezza nella società moderna che non è originaria, ma che riguarda fenomeni che mettono a repentaglio la sopravvivenza stessa della vita sulla terra.
L'uomo ha sempre depredato la natura e piano piano le risorse naturali si esauriranno; se si continua lo sfruttamento delle risorse come in passato, avverrà una catastrofe ambientale.
La società della seconda modernità è una società che si sta organizzando in modo diverso; questa modernità è ancora in atto. Con la seconda modernità l'incertezza diventa un FATTO legato al cambiamento, alle maggiore opportunità degli uomini.
La riduzione dell'incertezza si lega all'importanza della responsabilità, che diventa centrale perché nella misura in cui i soggetti sono più liberi di scegliere il proprio percorso di vita, è necessario che i singoli maturino un gradi di RIFLESSIONE e RESPONSABILITÀ molto più elevato che in passato, mentre in passato le appartenenze forti ci davano dei modelli più confezionati, dove non c'erano molte scelte.
l'individuo è posto più frequentemente a situazioni di riflessione e di scelta, e ci vuole più responsabilità, perché la scelta avrà delle ricadute non solo sulla vita del soggetto, ma anche della società.
Non ci si può sottrarre alla conseguenza delle proprie scelte.
DE SANDRE
Guarda la modo in cui l'appartenenza a gruppi sociali può influire sul tripodi responsabilità del soggetto, sulle sue scelte, sui suoi comportamenti.
Un individuo può condividere con il gruppo le proprie scelte.
Il gruppo dei pari fornisce la condivisione delle esperienze; ogni gruppo sviluppa propri modi di essere.
Avere gruppi di appartenenza aiuta a sostenere l'incertezza, perché nel gruppo si condividono le esperienze e ci si sente sostenuti dal gruppo nelle proprie scelte; in cambio ci si deve adattare allo stile del gruppo, alle regole del gruppo.
La RESPONSABILITÀ riguarda il fatto di dover scegliere e di dover rispondere di ciò che si è scelto: doversi decidere per un'azione e farsi carico dei costi e degli effetti delle proprie azioni.
Ogni rtipo di responsabilità si attiva in un un contesto di forze entro il quale si giocano tutte le esperienze e le azioni: essa assume senso e si proporziona in un orizzonte di RECIPROCITA.
Responsabilità e reciprocità sono legittimate dalla consapevolezza del RICONOSCIMENTO di rilevanza, dignità e rispetto che ciascuno riceve dagli altri: si tratta di altri che egli considera come se stesso e che costituiscono il noi.
questi 3 elementi (RICONOSCIMENTO, RESPONSABILITÀ e RESPONSABILITÀ) fanno parte della MATRICE DI SOLIDARIETÀ.
La solidarietà dal punti di vista sociologico è un legame che cementa i normali rapporti di un contesto sociale, che tiene insieme un contesto sociale.
De sandre analizza la situazione in Italia e guardala situazione politica e sociale del Paese.
Alla fine della seconda guerra mondiale, quando viene ricostruito lo stato su basi democratiche, c'è stato una forte solidarietà per dar vita alle nuove istituzioni democratiche.
Sul fronte dell'antifascismo c'erano però basi diverse, c'era una differenziazione tra cattolici e comunisti che in un primo momento non ha creato problemi.
Appena nato lo stato democratico c'è sotto una spaccatura tra queste 2 aree.
L'unificazione dei queste 2 anime è avvenuta ai tempi delle BR, per far fronte comune e per avviare il sistema del Welfare state.
Intorno agli anni 90 c'è stato una crisi dei modelli politici tradizionali e il ruolo giocato dalle 2 etiche che avevano sostenuto queste 2 anime viene meno.
Un primo concetto è quello di FLESSIBILITÀ, che assume significato diverso per ciascuno di questi gruppo; il cittadino fa sempre più fatica a fare una scelta.
MANDICH
Lo spazio è la base sulla quale si collocano e si organizzano le attività degli uomini; al suo interno si trovano degli elementi che rappresentano dei referenti certi, stabili, visibili, a cui agganciare il senso di ciò che facciamo
soprattutto lo spazio è stato a lungo studiato perché nello spazio si depositano dei segni stabili per la nostra memoria individuale e collettiva.
Es il fatto di vivere in una città con un fiume; questa è un forte elemento di identità per i cittadini, è un segno che ricorda che c'è stato qualcuno prima di noi; noi siamo gli eredi.
Avere un posto in cui ognuno si costruisce il proprio ambiente; lo spazio, come estensione in cui si organizzano le attività, che diventa uno spazio di memoria.
Lo spazio è una delle coordinate insieme al tempo in base alle quali si organizza la vita sociale e individuale dei soggetti.
Mentre lo spazio è sempre stato considerato come elemento di certezza, il tempo è qualcosa di più incerto, di più astratto e più legato alla percezione soggettiva.
Mandich parte dalla considerazione di
MATERIALITA dello spazio, che è una dimensione esterna a noi, è dotato di una sua oggettività
Lo spazio si caratterizza per la sua relativa STATICITA, mentre il tempo è dinamico, perché passa.
Lo spazio ha costituito spesso un ancoraggio anche per il tempo, cioè è irreversibile (non si può tornare indietro).
Legare il tempo allo spazio ha consentito agli uomini di avere maggiori certezze. Es il tempo storico è qualcosa che noi costruiamo.
Mandich si chiede se è vero che anche lo spazio sta diventano un elemento di incertezza.
Ricostruisce il modo con cui le società hanno organizzato e si sono riferite allo spazio.
In epoca pre-moderna lo spazio era un catalizzatore delle forme sociali, grazie all'immediatezza della corporeità, cioè le cose che ci sono nello spazio.
La caratteristica che organizza queste cose è la FISSAZIONE.
Il significato del modo con cui si organizza la vita sociale era racchiuso in elementi fissati nello spazio (es le piramidi erano fissate nello spazio, elemento importante perchè erano segno del potere del faraone).
Successivamente la capacità dello spazio di rendere visibili le relazioni sociali si fonda sul modo con cui viene organizzato lo spazio.
Nasce una concezione astratta dello spazio, in cui si concepisce la pianificazione dallo spazio (piani urbanistici).
Ciò che sena il rapporto tra relazioni sociali e spazio è la geometria, che riguarda una concezione astratta.
Intorno al modo di organizzare lo spazio c'è il POTERE, cioè che ha la capacità di definire come deve essere organizzata lo spazio e il ruolo che gli individui devono avere in questo spazio.
Lo spazio è un simbolo di come è distribuito il potere.
Nella fase della prima modernità al criterio di fissazione si sostituisce il criterio della DELIMITAZIONE, cioè le certezze vengono dal fatto di sapere che entro un ceto perimetro c'è una determinata vita sociale.
Gli individui possono continuamente uscire dai confini, dai vincoli, e riconoscersi in altri sazi, lo spazio perde la sua importanza assoluta.
Secondo mandich i fenomeni che stanno accadendo oggi non tolgono allo spazio la possibilità di dare certezze.
C'è maggiore libertà nel pensare la propria collocazione, nel cercare di appartenenza spazi diversi.
Lo spazio non perde le sue caratteristiche di stabilità, ma cambia il modo conci gli individui fanno le loro scelte di vita.
RAMPAZI
Il tempo interessa la società perche è una delle 2 coordinate entro cui si organizza la vita sociale; contribuisce a definire cosa è possibile fare o meno.
Uno degli aspetti più evocati nel dibattito sui mutamenti della seconda modernità è l'accorciarsi della prospettiva temporale. Sembra scomparire il TEMPO LUNGO al quale si ancoravano le identità individuali e collettive della prima modernità.
Con esso scompare l'idea stesa di DURATA, cioè il senso del presente che dura.
Una prima ragione consiste nel DESEMBEDDING, messo a tema da Giddens, secondo cui, con l'avvento delle tecnologie sia possibile comunicare da un globo all'altro in tempo reale, con il conseguente STIRAMENTO DEI RAPPORTI SOCIALI NELLO SPAZIO.
Le nuove modalità comunicative favorite dalle tecnologie dell'info, si reggono su criteri di rapidità e istantaneità. L'affermarsi di una nuova concezione di tempo è accelerato dall'applicazione delle tecnologie dell'info al mondo della produzione: la riorganizzazione del lavoro si svolge con la massima flessibilità.
Lo spazio cambia perché i luoghi perdono significato, vengono meno le forme tradizionali di radicamento locale.
Il tempo ha 3 livelli:
LIVELLO STORICO: Nel 700-800 c'erano gli orologi meccanici, ma venivano usati poco perché era una società agricola, dove il tempo era scandito dalle campane; chi aveva il potere poteva definire le scansioni temporali.
Con la rivoluzione industriale si stabilisce in modo razionale il tempo.
Tutta la vita è segnata dal modo con cui possiamo organizzare la dimensione temporale delle nostre azioni.
il TEMPO BIOGRAFICO: la vita ha un inizio e una fine, quindi l'uomo cerca di organizzare la vita, le varie tappe secondo un significato di ciò che si fa.
Nella prima modernità la società stabilisce che gli eventi segnavano il passaggio da uno status all'altro (passaggio dalle superiori al lavoro). Con il pensionamento si entrava nella fase di vita non attiva e a questa fase la società associa l'idea di qualcosa di non più utile alla società.
Il pensionamento oggi è un qualcosa di diverso dal passato, perché la vita media si è allungata e gli individui stanno anche meglio fisicamente; dopo la pensione in passato si avevano pochi anni davanti, mentre oggi se ne hanno di più.
Quando riflettiamo sul corso di vita delle persone, vediamo che rispetto al passato le scelte sono più varie; non si sa più quali sono gli standard; ci sono dei percorsi REVERSIBILI (per es chi finisce di studiare e lavora , può decidere di tornare a studiare).
Nella società del passato i percorsi erano più disegnati dalle società; ciò era un vincolo, ma anche un vantaggio, poichè definiva già il tipo di carriera dell'individuo.
- c'è poi il livello della VITA QUOTIDIANA; il quotidiano è sempre stato considerato il luogo tipico della routine, in cui l'imprevisto è un caso molto raro.
Ogni giorno, in ogni istante c'è qualche novità. L'imprevisto comincia ad entrare nella vita quotidiana.
Ci troviamo di fonte a giovani oggi che hanno difficoltà crescente a progettare, la cui biografia è sempre più staccata dalla memoria collettiva.
Nella costruzione delle biografie si cerca un aggancio tra il percorso singolo di vita e quello della società.
L'elemento che caratterizza i giovani oggi è una progressiva restrizione della prospettiva temporale, nel senso che le loro scelte sono proiettate al presente, sono orientate al breve termine, perché non ci sono modelli di riferimento; si accorcia la prospettiva temporale anche perché l'aggancio alla biografia sociale viene meno.
In passato i punti di aggancio erano nel lavoro e nella vita politica;
Le biografie sono sempre più singole, perché non ci sono più punti di riferimento; costruzione del senso della DURATA, che è stata definita come il presente che dura, cioè riuscire ad avere la fiducia nel fatto di quello che facciamo oggi.
C'è una crisi della partecipazione tradizionale che rende difficile l'aggancio con la società.
NERESINI
Affronta il tema del rapporto tra tecnologia, incertezza e responsabilità.
Ci sono 2 modi per analizzare il rapporto tra incertezza e responsabilità rispetto alla tecnologia nella vita quotidiana:
livello MACROSOCIALE
livello MICROSOCIALE
per quanto riguarda il livello macrosociale, la tecnologia entra a far parte della vita quotidiana in tanti modi; è parte della vita degli individui sotto forma di ROUTINE INVISIBILI; viviamo in un contesto tecnologico di cui non ci accorgiamo.
Ce ne accorgiamo quando la tecnologia si inceppa e ci rendiamo conto di quanto ne siamo dipendenti.
Il nostro destino dipende dal fatto che siamo utenti del macro sistema (es quando c'è stato il blackout la nostra vita è stata sconvolta); Ci rendiamo conto di quanto sia forte l'esigenza della tecnologia.
La tecnologia da un lato ci da il potere di fare molte cose, ma ci rende anche molto fragili, perché si bloccano tutte le attività sulle quali abbiamo costruito e incentrato la nostra vita.
La nostra relazione con i sistemi ESPERTI, cioè sistemi tecnologici odierni, è ambivalente perché è qualcosa che dipende da u equilibrio difficile tra sicurezza e incertezza, tra fiducia e sospetto.
Il nostro modo di usare le tecnologie e di affidare a sistemi esperti è un ruolo non responsabile, perché non ci si pongono problemi sulle conseguenze.
Per quanto riguarda il livello microsociale, la tecnologia entra in modo più pervasivo.
Es il ruolo degli elettrodomestici; mentre a livello macro la tecnologia è un insieme di sistemi esperti, a livello micro è più pervaso.
Neresini fa l'esempio di 2 approcci in cui c'è la prospettiva di passività:
approccio dell'IMPATTO SOCIALE, che presuppone un idea di DETERMINISMO; la scienza produce autonomamente conoscenze, che si traducono in innovazioni tecnologiche.
Ciò produce mutamenti nella società con il determinismo.
I singoli si adeguano a queste nuove scoperte.
- DETERMINISMO SOCIOLOGICO, dove ci sono interessi che spingono alla ricerca per poi utilizzare le scoperte per certe applicazioni che poi possono utilizzare i cittadini.
Il singolo utente ha un ruolo, una responsabilità; c'è un insieme di interessi che determinano la strada da prendere.
La capacità di cogliere il ruolo dell'utente può essere messo in luce con l'approccio della COSTRUZIONE SOCIALE, che cerca di guardare diversi fenomeni ricostruendo il modo con cui da un primo momento non si capisce quale sia il ruolo dei soggetti; si cerca di capire come si siano differenziati i ruoli.
FACCHINI
Si occupa di come cambiano i ruoli all'interno delle famiglie, che si sono disegnati a partire dai RAPPORTI DI GENERE e di GENERAZIONE.
Si chiede se questi rapporti stanno cambiano.
I compiti all'interno delle famiglie erano suddivisi a partire dal genere: gli uomini procuravano le risorse economiche per il menage familiare, tipico compito da BREADWINNER(colui che procura il pane); le donne avevano la funzione di gestire il menage familiare.si disegnavano i CONTRATTI DI GENERE e di GENERAZIONE, cioè contratti impliciti nella definizione di ruolo.
Implicavano che la donna non chiedesse aiuto all'uomo, non faceva parte del contratto di genere chiedere aiuto.
Anche la gestione di rapporti con le istituzioni era affidata all'uomo.
Questa definizione dei compiti passava attraverso le generazioni; oggi questo modello è cambiato, sulla spinta di una serie di fenomeni, tra cui il fatto che le donne hanno fatto il loro ingresso nel mondo del lavoro attorno agli ani 70.
Le donne rivendicano il loro diritto all'ingresso nel mondo del lavoro, per ottenere visibilità sociale.
Questo scombina ciò su cui si erano costruiti i contratti.
La divisione dei compiti di CURA all'interno della famiglia è un fatto che è entrato nei contratti di genere delle famiglie più giovani e con uno status culturale elevato.
Si condividono quindi i compiti della cura
A volte, nelle famiglie di status medio alto, buona parte dei redditi vengono impiegati per delegare i compiti di cura a persone pagate.
Un altro aspetto è che non solo c'è una maggiore tendenza a delegare i compiti, ma c'è anche una maggiore propensione a fare affidamento alla famiglia ALLARGATA: per alcuni compiti (es bambini, malati) si ricorre a membri della famiglia di origine, che è al rete di protezione più importante.
Nelle famiglie di status medio basso permane il modello di compiti tradizionali.
Il cambiamento più interessante riguarda i contratti di GENERAZIONE; in passato i ruoli passavano attraverso il genere (da nonna a madre a figlia). Oggi si ridefiniscono i contratti tra genere, nel senso che i figli rimangono più a lungo in una situazione di dipendenza.
I maschi entrano più tardi nel mkt del lavoro, mentre le donne escono di casa per studiare e quindi non aiutano.
Questi cambiamenti comportano una ridefinizione dei contratti in cui il genere conta sempre.
Il risultato fa si che si crei una situazione in cui gradatamente i compiti legati al reperimento delle risorse e alla cura domestica, finisca per concentrarsi nelle mani della famiglia e quindi i giovani rimangono deresponsabilizzati più a lungo rispetto al passato; le responsabilità pesano quindi nelle mani genitoriali.
Oggi si parla di FAMIGLIA LUNGA, perché i figli rimangono in famiglia più a lungo; si sta configurando un modello di ruolo familiare che tende a spostare il ruolo della responsabilità verso i genitori.
I motivi di tensione familiare si spostano, assumono caratteristiche diverse; prima le tensioni erano fa generi, oggi tra generazioni, poiché i genitori si sentono appesantiti da questa situazione di responsabilità.
Un altro elemento è un'ipotesi: nella misura in cui i giovani sono più alleggeriti dalle responsabilità, il fatto di diventare a loro volta genitori, con un assunzione massiccia di responsabilità potrebbe essere più problematico che in passato, poiché il salto è elevato.
PALIDDA
Si basa su un'indagine in diversi comuni della Sicilia, zone di devianza in cui ci sono giovani deprivati di alcune risorse di cui godono altri coetanei.
L'obiettivo di Palidda è polemizzare con un modo tradizionale di valutare e misurare il rischio povertà dei soggetti.
Oggi dall'età facciamo fatica a risalire alla situazione che esiste dietro.
Palidda polemizza con quanti utilizzano ancora le variabili tradizionali associate all'idea di povertà per dedurre la dimensione del rischio devianza..
Parte dai cambiamenti introdotti dall'individualizzazione.
Nel considerare il processo di individualizzazione, polemizza con chi pensa che l'individualizzazione sia solo un fattore di libertà.
Chi non ha risorse, si trova più disorientato. Nell'analizzare le storie di vita di questi giovani che vivono in aree a rischio, Palidda dice che se si vuole intervenire efficacemente per prevenire il disagio, bisogna evitare di generalizzare troppo l'analisi.
Si definiscono le relazioni dei soggetti con l'ambiente e dal modo con cui i singoli percepiscono la loro situazione.
Svantaggio ed esclusione non riguardano solo condizioni oggettive, materiali, ma hanno anche a che fare con aspetti culturali e relazionali.
Palidda considera 3 aspetti:
il ruolo della SCUOLA: la scuola ha spesso un influenza tragica
se un individuo inizia la propria carriera scolastica senza essere in possesso di quello richiesto dallo standard minimo richiesto dalla scuola, si innesca la condizione di non essere adeguati agli studi; si innesca una carriera DEVIANTE.
La scuola non si è ancora attivata per cambiera questa situazione.
Se il soggetto disincentivato vive in un gruppo deviante, sarà più probabile che viva il limite dell'illegalità.
Se però il soggetto viene sostenuto, è più probabile che cerchi di costruirsi un'esistenza degna.
il ruolo della FAMIGLIA
il ruolo del MKT DEL LAVORO: influisce, poiché se un soggetto ha di fronte a sé un lavoro che alimenta aspettative di carriera e status professionale, c'è un forte incentivo a non seguire un percorso deviante
il problema è la prevenzione, come devono esser pensati i servizi a sostegno.
Bisogna intervenire prima e le azioni a sostegno della famiglia devono essere effettuate prima. Solo se si riesce a garantire una basi di partenza dignitosa, sii può costruire un percorso non deviante;Individualizzazione in questo contesto significa che i soggetto sono allo sbando.
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