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LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE

psicologia



LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE.

I.    Mente, cultura e società.

gli esseri umani sanno parlare

gli esseri umani sanno di saper parlare


il fenomeno linguistico deve la sua radice enigmatica:

alla sua ambivalenza: il parlare è una condotta che unifica e insieme separa; infatti, se nei suoi aspetti più generali è una caratteristica che identifica tutta, e soltanto!, la specie Homo Sapiens; nei suoi aspetti particolari, invece, il parlare traccia divisioni tra aree geoculturali, ceti socio-professionali, generazioni, ..



alla sua complessità: nel parlare si intrecciano processi di varia natura e a diversi livelli di pertinenza scientifico-disciplinare


è utile organizzare l'indagine attorno a 3 nodi problematici di grande interesse psicologico:

linguaggio e mente

lingua e cultura

discorso e società



II.  L'uomo vive anche di segni.

il linguaggio verbale è una potenzialità specifica della mente che consente agli uomini di conoscere il mondo e di comunicare fra loro; il filosofo Cassirer ha argomentato che l'uomo è un animale simbolico ed è soprattutto il parlare a proiettare gli esseri umani nella semiosfera, cioè in un mondo di relazioni costituito da vari sistemi di segni e da diverse procedure di costruzione di senso; ma la specie umana non dispone soltanto del linguaggio verbale " i segni operano secondo diversi principi, che ci consentono anche di raggrupparli in grandi classi:

i segnali enfatizzano la capacità dei segni di attrarre l'attenzione dei destinatari (es: è tale il sistema di segni che regola la circolazione stradale)

i sintomi enfatizzano la capacità dei segni di manifestare stati interni all'emittente, come le intenzioni o le emozioni (es: parlare a voce alta e tremare sono un sintomo di collera)

i simboli fanno risaltare la capacità dei segni di rappresentare la realtà, simulandola e insieme modellandola


III.    Comunicazione verbale e non verbale.

pur essendo una manifestazione unica di capacità cognitiva e interazionale, il linguaggio non è un sistema di segni isolato, bensì si intreccia a molte altre condotte non verbali, che supportano, commentano, contestualizzano ciò che le persone dicono; i principali sistemi di segni non verbali sono stati esplorati da alcune subdiscipline della semiotica, cioè della scienza che indaga sui modi in cui è possibile comunicare mediante segni:

la prossemica mostra che la stessa disposizione dei corpi ne 121d38b llo spazio fisico può avere valore comunicativo

la cinesica indaga la mimica e la gestualità (gesti classificabili in rituali, emblemi, gesti illustratori, gesti espressivi di stati emotivi, gesti regolatori, gesti adattivi o manipolatori del sé)

la paralinguistica indaga il potenziale comunicativo della voce, cioè gli aspetti prosodici che definiscono il modo di parlare proprio di ognuno.


IV.    La matrice biopsicologica del linguaggio.

se si osserva la forma e la disposizione del canale vocale nell'uomo si rilevano numerose caratteristiche funzionali alla condotta verbale; il motore del linguaggio è collocato a livello cerebrale: l'aumento del rapporto ponderale cervello-corpo umano, avvenuto nel corso dell'evoluzione, ha messo a disposizione della specie umana ampie zone di corteccia cerebrale per il controllo dell'attività cognitiva e la gestione di un repertorio molto variegato di relazioni socio-comunicative; alcune prove empiriche sembrano validare l'ipotesi di un bioprogramma per l'attivazione del linguaggio:

una delle più convincenti è la lateralizzazione della corteccia cerebrale, per cui l'emisfero sinistro ha delle aree specializzate per il controllo della parola sia nei destrimani che nei mancini tale processo sembra concludersi con la pubertà, che in base a molti indizi può considerarsi la fase del ciclo di vita che chiude il periodo critico per lo sviluppo ottimale della competenza linguistica:

una prima prova è fornita dall'esperienza dell'apprendimento delle lingue straniere

un secondo indizio è costituito dal diverso esito delle microlesioni cerebrali: se prima della pubertà, possono progressivamente ridursi fino a scomparire del tutto, se dopo la pubertà, i disturbi linguistici risulteranno non più recuperabili autonomamente e richiederanno il supporto di una logoterapia permanente (che talvolta può risultare insufficiente)

l'indizio più avvincente proviene dall'esperienza dei cosiddetti bambini selvaggi

una seconda prova è sostenuta da Bickerton con l'argomento che i bambini allevati in un pidgin lo trasformano in un creolo: le lingue pidgin sono delle forme espressive che si generano quando gruppi linguistici differenti entrano in contatto per dare corso a delle transazioni economiche; il pidgin è una varietà linguistica caratterizzata da:

composizione mista tra lessico della lingua dell'altro e schemi grammaticali della propria, con esiti di estrema povertà sintattica

assenza di una comunità che la parli come propria lingua madre

quando vengono meno queste 2 caratteristiche, il pidgin diventa un creolo, cioè una varietà linguistica ibrida, riconosciuta da una comunità come ambiente primario della propria socializzazione e identificabile per specifiche regolarità grammaticali l'esistenza del periodo critico per il linguaggio parrebbe confermata dal fatto che gli adulti restarono bloccati nel loro pidgin impoverito e non riuscirono mai ad assimilare la speciale grammatica del creolo hawaiano inventata dai loro figli




I TRATTI DISTINTIVI DEL LINGUAGGIO

 



gli animali ricorrono a qualche sistema di segnali (visivi, uditivi, olfattivi) sia per comunicare all'interno della propria specie, che per regolare i loro rapporti con le altre specie; si tratta per lo più di un ristretto numero di interazioni geneticamente determinate, che riguardano specifici segmenti dell'esperienza di vita; la natura fissa e meccanica dei comportamenti animali situa tali sistemi di comunicazione nell'ambito degli istinti


la prospettiva evoluzionistica adottata anche in psicologia del linguaggio obbliga a verificare se, e fino a che punto, la capacità linguistica sia un complesso affinamento dei sistemi di comunicazione animale: le ipotesi avanzate fanno oscillare il dibattito tra le opposte ipotesi della continuità e della discontinuità:

per la teoria della selezione naturale, il linguaggio non è altro che il semplice risultato dell'evoluzione dei sistemi di comunicazione animale, ma ciò non toglie che esso sia divenuto qualcosa di unico, un modulo distintivo del funzionamento mentale dell'uomo

per molti importanti aspetti, le parole non sono affatto assimilabili ai gridi di allarme che le scimmie emettono per segnalare la presenza di predatori dell'ambiente circostante

analisi delle proprietà che caratterizzano la condotta linguistica degli uomini: si è proposto un elenco di caratteristiche distintive, volte a definire il linguaggio umano (ovviamente, alcune proprietà sono più rilevanti di altre nel definire l'unicità del linguaggio; alcuni di questi tratti sono presenti anche nella comunicazione animale; soltanto nel linguaggio umano vi è la compresenza di tutti questi tratti e ciò genera l'ulteriore proprietà della onniformatività: tutto ciò che può essere significato può trovare una qualche espressione nel linguaggio umano):


Tratti distintivi

Sintesi esplicativa

canale vocale-uditivo

la sostanza primaria del linguaggio è la catena sonora

trasmissione a distanza e recezione direzionale

i suoni prodotti sono percepibili entro un certo spazio e chi li riceve è in grado di localizzarne la provenienza

transitorietà

le onde sonore del segnale non lasciano tracce

intercambiabilità

gli individui sono sia emittenti che riceventi

feedback totale

chi parla può ascoltarsi, così da controllare il segnale

specializzazione

nel parlare non si espleta un'altra funzione fisiologica

semanticità

i segnali sonori sono strumenti per significare qualcosa

arbitrarietà

il rapporto significante-significato è convenzionale

carattere discreto

la catena sonora si articola in unità distinte (foni)

distanziamento

nel parlare ci si può riferire a contesti non esperiti

apertura

il sistema della lingua è produttivo di novità (creatività)

trasmissione culturale

le lingue vivono nelle forme della cultura, non nei geni

dualità di strutturazione

gli elementi minimi sono di 2 tipi: fonemi e morfemi

prevaricazione

nel parlare si può mentire

riflessività

la lingua consente di parlare della lingua (livello "meta")

apprendibilità

è possibile imparare più di una lingua

POTREMO PARLARE CON LE SCIMMIE??

 



soprattutto a metà 900 si è cercato di rispondere a questa domanda con numerose ricerche; la questione della possibilità di insegnare a parlare agli animali si scontra con 2 difficoltà:

limiti inerenti al canale fonatorio

limiti che scaturiscono dalla natura del linguaggio, che non è soltanto un modo di comunicare, ma anche un sistema di modellazione primaria della realtà, cioè una pratica di costruzione di senso


le competenze comunicative delle scimmie sono comunque molto diverse dall'uso che i bambini fanno del linguaggio:

anzitutto balza agli occhi la brevità delle frasi

in secondo luogo, le frasi prodotte sono relative ad un ambito di esperienza molto ristretto


2 risultati sembrano comunque certi:

per quanto sorprendente si sia rivelato finora l'accostarsi di alcuni animali al linguaggio umano, il loro linguaggio rimane talmente primitivo da risultare incomparabile con ciò che riesce a fare un bambino

per quanto siano sviluppate, al punto da potersi avvicinare (pur con i dovuti sostegni) alle forme più elementari del linguaggio umano, le capacità comunicative degli animali appaiono slegate e arretrate rispetto alle loro capacità generali di intelligenza


negli ultimi tempi la questione delle scimmie parlanti ha perso parte del suo interesse, giacché non può dimostrare quella condizione di co-costruzione tra più persone del significato che è decisiva per l'intenzionalità del linguaggio umano: la capacità di capire il mondo (fisico e sociale) attraverso il linguaggio sembra destinata a rimanere una caratteristica specifica dell'uomo


V.  I bambini crescono nella lingua.



un ambito importante di ricerche psicolinguistiche riguarda il modo in cui i bambini imparano a parlare; la facilità con cui i bambini di tutto il mondo fronteggiano un'impresa così complessa come imparare a parlare ha indotto a pensare che si tratti di un comportamento biologicamente innescato, ma non è possibile sottovalutare l'influenza dell'ambiente relazionale e sociale; i bambini padroneggiano la loro lingua materna in poco tempo; in tale impresa prodigiosa sono sorretti non solo da un bioprogramma, ma anche dal fatto di avere dei tutor linguistici che in genere si prodigano per agevolare il loro percorso: infatti, gli adulti tendono ad adottare una varietà di lingua (detta motherese), caratterizzata da frasi brevi, semplici e ripetute, che vengono prodotte molto lentamente, accentuando il profilo intonazionale e dilatando le pause tra le singole parole quasi a isolarle; essi ricorrono anche al baby talk, cioè sfruttano le risorse coniate dai loro bambini per creare una speciale sintonia interazionale ed emotiva


Mesi

Tappe raggiunte


il bambino dà segni di risposta ai suoni


sorride se stimolato; suoni vocalici, gutturali


lallazione: borbottii e gorgoglii


balbettio


modelli intonazionali


giochi gestuali (cucù)


la prima vera parola (usata come nome)


enunciati monotematici


pronunzia dalle 4 alle 6 parole


enunciati diramatici (lunghezza media dell'enunciato)


ha un vocabolario di circa 50 parole


comincia l'interiorizzazione sistematica della grammatica


interrogazioni, negazioni


usa i pronomi in modo appropriato


usa circa 250 parole; forma frasi di 3 parole


costruzioni rare e complesse


linguaggio maturo


poiché tutti i bambini inseriscono il loro originale percorso di acquisizione all'interno di tale scansione di fasi, è lecito ritenere che il processo risponda a precisi vincoli inerenti al modo di funzionare della mente umana:

balbettio: suoni composti dall'unione ripetuta di una consonante e una vocale; per ogni singolo bambino sono privi di significato; lo stesso non può dirsi per i genitori, i quali li interpretano come densi di progettualità comunicativa

al primo anno, i bambini sono nella fase degli enunciati monotematici o olofrasi: si esprimono per singole parole che per loro manifestano una precisa intenzione comunicativa; protorichieste e protoasserzioni; il significato delle prime parole non ha un riferimento concettuale univoco, per cui non individuano un oggetto in modo chiaro e distinto, come è per l'adulto; le prime parole evocano un complesso, poiché il bambino collega ad un certo suono qualche caratteristica percettiva e funzionale che gli consente di identificare tutta una serie di entità; tale generalizzazione semantica mette a durissima prova le strategie interpretative degli adulti

verso i 18 mesi i bambini cominciano ad unire le parole a 2 a 2 (enunciato dirematico), abbozzando cioè una prima struttura sintagmatica e realizzando una più ricca gamma di intenzioni comunicative; è una prima manifestazione della grammatica universale, empiricamente riscontrabile in molte lingue diverse; essa è detta a perno perché una delle 2 parole ha una posizione fissa, con funzione di cardine dell'enunciato, mentre l'altra è variabile; il linguaggio dei bambini si caratterizza per il suo stile telegrafico, cioè ridotto all'essenziale di morfemi lessicali accentati, privi di morfemi flessivi e funzionali

l'evoluzione del linguaggio infantile non esibisce soltanto un progressivo arricchimento strutturale, ma anche un potenziamento funzionale " Halliday individua negli enunciati dei bambini un ramificarsi del loro potenziale di significato secondo:

la funzione strumentale (ciò che dicono serve ad ottenere qualcosa)

regolatrice (serve a controllare il comportamento altrui)

interazionale (serve a stabilire relazioni interpersonali)

personale (serve ad abbozzare la loro identità)

euristica (vale come richiesta di spiegazioni: "dimmi perché!")

immaginativa (consente loro di fantasticare mondi possibili)

informativa (vale come resoconto di come stanno le cose)

ACQUISIZIONE O APPRENDIMENTO??

 




a prima vista l'acquisizione della lingua materna può essere assimilata ai processi di apprendimento innescati dall'imitazione e dal modellamento (punto di vista adottato da Skinner)

E

se lo sviluppo della competenza linguistica viene impostato in questi termini riduttivi e meccanici, si finisce con l'oscurare gli aspetti più creativi dell'impresa compiuta da ogni bambino (critica del famoso linguista Chomsky) " la mente umana è marcata da una predisposizione a trattare informazione linguistica: già alla nascita il bambino attiva un Dispositivo per l'Acquisizione della Lingua (LAD) che, di fase in fase, lo guida nell'individuare le espressioni linguistiche ben formate si spiega con il fenomeno dell'ipercorrettivismo (o sovrageneralizzazione della regola): in tutte le lingue si registrano enunciati di bambini che applicano le regole della lingua anche nei casi in cui sono previste eccezioni


la polemica tra Skinner e Chomsky ha dato slancio all'approccio cognitivista in psicolinguistica, ma anche la tesi innatista di Chomsky ha alimentato molteplici discussioni " le principali critiche sono prodotte su 2 fronti:

da una parte c'è chi sottolinea che non è necessario ipotizzare un dispositivo specifico per l'acquisizione linguistica, perché il modo in cui i bambini progrediscono nella loro competenza linguistica è controllato da procedure più generali che si applicano anche ad altre abilità cognitive

dall'altra, c'è chi fa notare che non è sufficiente fare appello all'innesco biologico del LAD, perché l'acquisizione ssa natura del linguaggio a legittimare come avviene la sua genesi. a tesi della genesi che spiega la natura); dadi tale competenza avviene anche grazie ad un Sistema di Supporto per l'Acquisizione del Linguaggio (LASS) per Bruner, sono i formati delle interazioni tra il bambino e colui che lo accudisce a sostenere l'attribuzione di significato a ciò che si dice


un altro momento cruciale di discussione sul linguaggio infantile aveva già coinvolto 2 giganti della psicologia nei primi decenni del 900: Piaget distingue nel linguaggio del bambino prescolare una forma egocentrica (dimostra che il bambino non è in grado di cogliere la differenza tra il suo punto di vista e quello degli altri) e una forma socializzata

E

Vygotskij

critica anzitutto l'impostazione teorica data da Piaget allo sviluppo psichico del bambino, che muoverebbe dall'individuale al socializzato: questo modo di vedere considera primario il supporto biologico e secondaria la sfera delle relazioni sociali

per quanto riguarda la questione specifica del linguaggio egocentrico, Vygotskij dissente nell'interpretazione della sua funzione e del suo destino: per Piaget, il linguaggio egocentrico si limita ad accompagnare ciò che i bambini fanno e scompare all'età in cui di solito vanno a scuola; per Vygotskij, invece, il linguaggio egocentrico è uno stadio intermedio nel passaggio dal linguaggio esteriore (sonorizzato) al linguaggio interiore (per sé), per cui spesso ha per il bambino la funzione cognitiva di fronteggiare una situazione di difficoltà o di aiutarlo a prendere coscienza dei problemi (funzione che permane nell'adulto)


VI.    Le strutture della lingua.

ogni lingua è un sistema che governa un lessico (un numero indefinito di parole) secondo una grammatica (un numero imprecisato di regole); la teoria di Chomsky sottolinea la distinzione tra:

competenza (come dev'essere attrezzata la mente per fronteggiare il fenomeno complesso della lingua)

esecuzione (ciò che di fatto avviene nell'uso della lingua)


conoscere una lingua vuol dire anzitutto saper identificare quali suoni sono potenzialmente significativi per essa; nella ricca molteplicità delle serie possibili di suoni ogni lingua ne estrae alcuni (da 20 a 40 circa) che considera come atomi di senso " fonemi: suoni che di per sé non hanno significato, ma operano da tratti sonori minimi in grado di differenziare significati (l'individuazione dei fonemi di una lingua può avvenire mediante la prova di commutazione); non tutte le lingue danno valore agli stessi fonemi


alfabeto: tentativo di riprodurre tali suoni fondamentali in segni grafici (grafemi), secondo una corrispondenza biunivoca, con alcune eccezioni

per ogni lingua vi sono regole precise che stabiliscono diverse possibilità di composizione tra i fonemi (combinazioni fonologiche) " mettendo insieme i fonemi, si passa ad un livello superiore di organizzazione linguistica: i morfemi (composti fonetici dotati di un significato minimo); l'unità lessicale minima è la parola, che si configura come una sequenza di fonemi accettabile e dotata di significato in una determinata lingua; essa può essere composta da più morfemi; sono le regole morfologiche a garantire che una certa sequenza di suoni potrebbe costituire una parola dotata di senso in quella lingua; una parola è formata essenzialmente dal morfema radice e dal morfema flessivo; le regole morfologiche controllano il principale meccanismo di produzione delle parole soprattutto attraverso i morfemi derivazionali, che in italiano possono essere prefissi, quando vengono inseriti prima del morfema radice, e affissi, quando vengono posti dopo


VII.    La competenza sintattica.

quando le persone parlano dispongono le parole in precise totalità strutturate: le frasi; la sintassi descrive il tipo di regole che mettono in grado il parlante-ascoltatore ideale di una lingua di distinguere le frasi accettabili (perché ben formate) in quella determinata lingua da quelle inaccettabili; la possibilità di costruire frasi sintatticamente ben formate, ma prive di senso chiarisce l'autonomia del componente sintattico sostenuto da Chomsky; la competenza sintattica abilita i parlanti a muoversi dalla struttura superficiale alla struttura profonda delle frasi (e viceversa); fin dalla nascita, la mente umana è equipaggiata con un analizzatore sintattico, che induce a seguire 2 tipi di regole:

regole della struttura sintagmatica, in base alle quali noi sappiamo come passare dal livello più astratto, rappresentato dal simbolo F (frase), al livello più concreto, che prevede l'inserimento lessicale

regole trasformazionali, che specificano il tipo di organizzazione da assegnare passando dalla struttura profonda alla struttura superficiale; viene considerata psicologicamente primitiva, al livello della struttura profonda, la forma attiva; al livello della struttura superficiale possono manifestarsi la forma attiva, o le forme negative e interrogative, prodotte secondo precise regole di trasformazione dalla forma attiva




VIII.  Il significato.

conoscere il lessico di una lingua vuol dire averne memorizzato le regole semantiche, cioè sapere in quali condizioni le parole realizzano il loro potenziale di significato e, quindi, si possono usare:

la prima differenza è interna alla logica del segno e consiste nel non appiattire il significato delle parole sulla loro possibilità di riferimento

una seconda differenza consiste nel fatto che le parole hanno un doppio profilo di significato, poiché hanno una denotazione (nocciolo concettuale di ciò che viene comunemente inteso con esse) e una connotazione (una serie di valenze aggiuntive che evocano le varie sfumature emotive, sociali e personali legate al loro uso effettivo) " una nota tecnica d'indagine usata dagli psicologi per misurare il significato connotativo delle parole è il differenziale semantico

la questione del significato può essere affrontata anche dal punto di vista delle relazioni tra le unità lessicali: tra 2 parole ci può essere un rapporto di sinonimia, di antonimia, di iponimia e iperonimia, di omonimia-omofonia (quest'ultima proprietà non va confusa con la polisemia)

ogni singola parola non rispecchia soltanto il modo di conoscere la realtà a cui le persone si riferiscono, ma il suo significato rende anche conto del tipo di articolazione che presenta l'area semantica a cui appartiene

vi sono parole che, per essere comprese nel loro significato completo, hanno bisogno di una conoscenza extralinguistica: sono le espressioni deittiche (es: qui, là, oggi, ieri, domani, l'anno prossimo, io, tu, ..)

le parole a valenza presupposizionale sono ancora più subdole sotto il profilo semantico, perché è come se avessero un significato a doppio fondo: gioco tra il fuoco enunciativo e lo sfondo di ciò che è dato per scontato; queste parole incorporano nel significato lessicale il meccanismo basilare dell'organizzazione del discorso, formulabile come una continua negoziazione tra il noto, o dato, e il nuovo

un altro aspetto rilevante della questione semantica è dato dal fonosimbolismo, o iconismo linguistico; il principio costitutivo del segno linguistico è l'arbitrarietà: i suoni delle parole (significanti) si collegano a certi concetti (significati) soltanto per convenzioni accettate per lo più in modo inconsapevole e passivo dalla massa parlante; tuttavia, dovendo essere percepiti, i significati linguistici possono conservare un loro potere marginale di evocazione del significato, come sembra avvenire in quelle parole che definiamo onomatopeiche (tali forme sonore restano pur sempre delle interpretazioni e non delle imitazioni di una presunta realtà oggettiva, altrimenti dovrebbero essere le stesse nelle varie lingue); le parole delineano un profilo sonoro che può essere assimilato a dei contorni figurativi, anche quando non possiamo far valere la traccia di alcun significato per esse

a rendere ulteriormente complicata la questione del significato è anche la relazione, non sempre trasparente, tra le parole selezionate (significato dell'enunciato) e l'intenzione con cui possono essere pronunciate dal parlante (significato dell'enunciatore)

IL DIFFERENZIALE SEMANTICO

 


consiste in una serie di scale a 7 punti costruite da aggettivi antonimi; alla persona si richiede di valutare ciò che una certa parola evoca in lei mediante l'attribuzione di un punteggio in ognuna delle scale; i giudizi rilevati con tali scale strutturano il significato connotativo delle parole, il quale appare correlato con molte variabili importanti dell'indagine psicologica, quali l'età, il genere, la personalità, l'identità sociale


IX.    Linguaggio e pensiero.

l'intreccio tra pensiero e linguaggio è intricatissimo e può essere esplorato in molteplici modi, a cominciare dal modo in cui le persone hanno accesso al loro lessico mentale; la mente accede al lessico in 2 modalità differenti, a seconda che si sia nel ruolo di parlante o in quello di ascoltatore " il Modello Logogen proposto da Morton descrive una procedura di accesso automatico al lessico mentale, che passa attraverso l'analisi delle semplici caratteristiche fisiche delle parole; ogni scatto del dispositivo Logogen rende più bassa, e quindi più agevole da superare, la soglia necessaria a riconoscere la parola; il formato cognitivo della parola è il concetto, cioè lo schema che organizza la conoscenza del mondo evocata da una certa parola; concetti concreti sono più facili da acquisire dei concetti astratti; la più piccola unità cognitiva che possa valere come asserzione sul mondo non è la parola, bensì la proposizione, che si manifesta come frase " pensare implica mettere in relazione un concetto con almeno un altro: ciò di cui si dice qualcosa e ciò che se ne dice: argomento (o soggetto, o tema) e predicato (o rema) sono i termini che individuano i 2 poli indispensabili alla relazione del pensare-parlare; le proposizioni si organizzano in reti a formare modelli mentali che contengono la nostra comprensione di come stanno le cose nel mondo fisico e sociale e guidano le nostre interazioni

IL PRIMING

 




il priming (letteralmente: azione di innesco) consiste nell'esecuzione agevolata di operazioni cognitive concernenti materiale verbale, dovuta alla percezione subliminale di una parola anche se non adeguatamente percepita, quella parola opera da preattivatore di attenzione, per cui seleziona il relativo schema categoriale (tale fenomeno non conferma i timori di una persuasione subliminale, che spesso viene ascritta tra le armi della pubblicità)


X.  Lingua e cultura.

la lingua è strettamente intrecciata alla cultura sotto molti aspetti, perché attraversa le complesse procedure con cui le varie comunità umane organizzano la loro esperienza del mondo

le lingue umane esprimono la natura delle cose o si reggono su convenzioni storico-sociali??


gli antropologi Sapir e Whorf hanno elaborato la teoria della Relatività Linguistico-Culturale (ipotesi Sapir-Whorf), secondo cui la lingua pone forti vincoli sul modo in cui ogni comunità culturale può concepire il mondo: la ricchezza lessicale e l'organizzazione grammaticale di una determinata lingua disegnano l'orizzonte entro cui la realtà potrà essere concettualizzata dalla cultura della comunità che la parla; Whorf si spinge fino a sostenere che la lingua determina direttamente la rappresentazione del mondo sottoposta a diverse critiche concettuali e a numerosi controlli empirici:

nella sua versione radicale, secondo cui la lingua determina la rappresentazione della realtà, tale ipotesi risulta non soltanto infalsificabile, quindi arbitraria, ma comporta che ogni comunità linguistico-culturale sia chiusa all'interno del suo universo simbolico e che la traduzione interlinguistica sia una pratica pressoché illusoria (si è dimostrato che la capacità di percepire i colori non dipende dal numero di parole messe a disposizione dal lessico)

nella sua versione moderata, i sistemi linguistici mettono a disposizione delle persone (e delle comunità culturali) i modelli interpretativi che le orientano nella costruzione della loro realtà di riferimento; MA la lingua non è una camicia di forza imposta alle persone dal loro vivere in una determinata comunità sociale, ma piuttosto una serie di lenti necessarie a sostenere la nera scatola mentale " le parole non sono semplici etichette, ma modelli interpretativi e potenziali argomentativi


XI.    Funzioni e varietà della lingua.

a che serve parlare??

funzione espressiva: rendere noti i propri pensieri, manifestare ciò che si prova, rendere percepibile all'esterno il proprio vissuto privato

appellativa: rivolgersi ad altri, tentando di modificarne la mente o il comportamento

rappresentativa: descrivere un mondo di riferimento, cioè costruire un modello della realtà da cui ci si sentone impegnati

fatica: parlarsi per il semplice piacere di farlo e di rinsaldare la propria relazione

poetica: attribuire valore estetico a certi risultati della propria produzione verbale

metalinguistica: riflettere sulla lingua che si usa


le principali forme di variazione della lingua sono dovute:

all'evoluzione temporale (per cui si possono distinguere locuzioni antiquate, correnti o appena coniate)

alla distribuzione dei parlanti sul territorio (per cui si possono riconoscere forme dialettali o parlate locali)

alla differenziazione delle situazioni e dei tipi di relazioni che si stabiliscono tra i parlanti " quest'ultima variazione è regolata dalla definizione dei registri, per cui distinguiamo modi di espressione informale (conversazioni tra amici) e modi di espressione formale

un ulteriore livello di variazione sostanziale è rappresentato dalle lingue settoriali o speciali, nelle quali è raccolta l'esperienza del mondo che le persone fanno in base alla loro professione (ogni lingua settoriale rende operativo un principio di differenziazione psicologica dei gruppi in noi verso loro)


XII.    Il farsi del discorso nella conversazione.

la conversazione è l'evento prototipico delle interazioni comunicative con cui gli uomini gestiscono il progetto di dare senso al mondo e a loro stessi; il discorso è un'attività di enunciazione di senso ancorata ad un orizzonte culturale di attese condivise e specificate di volta in volta da un determinato contesto; le componenti della lingua (lessico e grammatica) sono dei potenziali di senso; per trasformarli in atti comunicativi, le persone che interagiscono fanno riferimento ad una situazione enunciativa, o contesto; le principali coordinate del contesto sono di natura spazio-temporale; tuttavia, il contesto situazionale non è solo un ambiente fisico condiviso, ma anche un ambiente socio-relazionale-culturale; pertanto, poiché deve radicarsi in un contesto, anche se si realizza come pratica individuale, la logica del discorso è sociale; molto rilevanti sono le riflessioni relative al meccanismo della turnazione, cioè alle regole che le persone hanno interiorizzato per controllare reciprocamente il modo in cui alternarsi nel parlare (permette alle persone di partecipare in modo abbastanza ordinato alla conversazione); il modo di conversare dipende anche dal formato interazionale che vincola le persone ad adottare obiettivi almeno parzialmente e temporaneamente condivisi; aspetti costanti ed universali della conversazione:

fenomeno della sequenza complementare (o coppia adiacente): questa si ha quando ciò che uno dice ha un'alta rilevanza condizionale per ciò che dirà l'altro; il mancato rispetto delle aspettative sollevate dalla sequenza complementare è caricato di senso

la conversazione è possibile perché i partecipanti si attengono ad un principio di cooperazione (regola della quantità, della qualità, della relazione, del modo)

le interazioni comunicative rispettano tale impianto anche quando si ha una conversazione aggressiva; la forza di tale impianto è tale da dare un senso anche alla violazione evidente di uno di queste massime, come accade nelle implicature conversazionali: molte tattiche interazionali, come la metafora o l'ironia, funzionano grazie alla capacità delle persone di capire ciò che non viene detto, leggendo le intenzioni del parlante; la frequenza con cui ognuno interviene in una conversazione e l'ampiezza temporale che riesce a dare ai propri contributi sono indicatori dell'immagine di sé che vuole offrire agli altri

ATTI LINGUISTICI


 




la nozione di atto linguistico è assunta come preliminare da ogni indagine interessata a far luce sulla dinamica delle reali intenzioni verbali in cui le persone sono coinvolte nella vita quotidiana " la teoria standard distingue 3 aspetti, o modalità, di realizzazione dell'atto linguistico, che si configura come:

atto locutorio: l'atto di dire qualcosa

atto illocutorio: è ciò che si fa nel dire qualcosa (un chiaro indicatore è l'intonazione)

atto perlocutorio: è ciò che si fa con il dire qualcosa (non avrebbe molto senso parlare se non si mirasse anche a produrre degli effetti sugli altri) (persuadere)


nella sua totalità, l'atto linguistico può realizzarsi in 2 modalità:

diretta: quando c'è congruenza tra il significato delle parole e lo scopo per cui sono prodotte

indiretta: quando non c'è corrispondenza immediata tra le parole dette e la meta intenzionale che le sorregge, ma il parlante confida nelle capacità inferenziali del suo interlocutore


la griglia concettuale dell'atto linguistico non è esente da critiche, poiché la nozione cardine di forza illocutoria non è definita chiaramente e comunque non basta a far trasparire l'intenzione del parlante: spesso solo il riferimento al contesto consente di chiarire che cosa sta facendo il parlante nel dire certe parole


XIII.  Accordi e conflitti.

di solito si tende a considerare la relazione di coppia (uomo-donna, genitore-figlio, ..) come prototipo degli eventi comunicativi " alcuni disturbi riscontrabili nella relazione di coppia (blocchi emotivi, ostilità, rotture) sono l'esito di routine comunicative minate da paradossi pragmatici, cioè da richieste sostanzialmente impraticabili; alcune disfunzioni derivano dal fatto che le persone possono non concordare sul modo di attivare i principi della comunicazione, cioè gli schemi interpretativi degli eventi comunicativi quotidiani:

non si può non comunicare

ogni evento comunicativo è bifacciale, in quanto veicola contenuti e registra relazioni, cioè fornisce delle notizie e ne stabilisce il valore per le persone, dà informazioni e chiavi per interpretarle

l'evento comunicativo in cui sono coinvolte 2 persone può essere segmentato in fasi diverse, non sempre coincidenti (punteggiatura)

le persone possono comunicare mediante sistemi di segni retti da logiche differenti e con potenzialità diverse



ogni evento comunicativo posiziona i partecipanti nella dimensione del potere interpersonale, che ha i suoi estremi nell'aspirazione all'uguaglianza fra diritti e doveri (relazione simmetrica) e nel riconoscimento della disparità (relazione complementare)

ogni evento di comunicazione interpersonale ha carattere sistemico, per cui gli effetti di certe posizioni retroagiscono sulle loro cause in una relazione circolare

il significato di ciò che avviene in un incontro interpersonale è dialogico, perché è il risultato di una costruzione congiunta; di per sé il conversare richiede un impegno a cooperare che è precedente alla distinzione del rapporto con l'altro in termini positivi o negativi (amore/odio); anche per litigare bisogna essere (almeno) in 2 a parlarsi con intenti lesivi: se in un diverbio l'altro non capisce come ingiuriosa una mia espressione, cioè se non collabora a darle l'intenzione offensiva con cui è stata enunciata, ciò che dico non ha senso; alcune forme di conflitto possono favorire una crescita di conoscenza e di adattamento reciproco, ma quelle più frequenti si manifestano con veri e propri attacchi al proprio interlocutore, al fino di metterlo in difficoltà


XIV.  Capire per capirsi.

per comprendere un discorso, occorre attivare contemporaneamente molte procedure; la competenza ricettiva della lingua è più ampia e precoce di quella produttiva; per capire, occorre che la persona sia vigile, abbia accesso non solo al lessico mentale, ma anche ad uno sfondo di conoscenze sul mondo fisico e sociale che costituiscono la sua enciclopedia; l'intero processo ha carattere inferenziale, cioè si regge sulla capacità di individuare informazioni implicite nel discorso e di anticiparne le conclusioni; anche la comprensione del discorso è guidata dal principio di cooperazione, che impegna le persone a collaborare per rendere sensato ciò che dicono (di solito le persone fanno in modo che ciò che dicono sia chiaro, perché hanno tutto l'interesse di essere capite; altrimenti fenomeni di fraintendimento e, quindi, di fallimento comunicativo); tuttavia, vi sono circostanze in cui il principio di cooperazione operante nelle massime che regolano la conversazione viene messo in mora e ciò può avvenire sia in forma nascosta che palese:

a volte la violazione delle regole comunicative dev'essere occultata, come nelle menzogne e nelle seduzioni, nei raggiri e negli inganni, che sono tutte situazioni in cui il vero intento del parlante non dev'essere capito

altre volte, invece, il parlante mette in chiara evidenza la sua volontà di non rispettare questa o quella massima conversazionale, perché reputa che in tal modo l'interlocutore può capire meglio ciò che intende dire

un mero evidente aggiramento del principio di cooperazione si verifica allorquando il parlante è costretto a ricorrere a forme di comunicazione equivoca, cioè quando non soddisfa l'attesa del suo interlocutore di essere chiaro

POTREMO PARLARE CON I COMPUTER??

 




la comprensione del significato di un enunciato o di un testo rimane un traguardo piuttosto lontano per le potenzialità dei computer; le maggiori difficoltà si incontrano nel riprodurre l'uso flessibile che la mente sa fare della conoscenza del mondo e nel rendere di volta in volta disponibile il quadro contestuale pertinente


XV.  Dire per spiegarsi.

se capire i discorsi è un'attività così complessa, farli non lo è da meno; l'attività del parlare può essere descritta nei suoi elementi costitutivi, cioè gli atti linguistici, poiché per certi scopi può essere utile rintracciare gli indizi intenzionali legati alle proposizioni; ma per altri scopi può essere utile indicare le forme globali che essa assume, cioè i vincoli derivanti dal suo rientrare in un certo genere discorsivo " le principali procedure psicologiche che consentono la composizione degli atti linguistici nelle strutture di un genere discorsivo sono il narrare e l'argomentare (qualsiasi attività linguistica rappresenta un equilibrio tra i 2 principali moduli espressivi del narrare e dell'argomentare) " il parlare corrisponde a 2 modi di funzionare della mente:

il testo argomentativo rivela un modo di pensare-parlare che consiste fondamentalmente nel fornire dei dati a sostegno di una conclusione

il testo narrativo rivela un modo di pensare-parlare che impegna le persone a rispettare la consequenzialità della vita e dell'azione


BOX n. 8. IL MODELLO ORATORIO DELLA MENTE

 



per gli psicologi cognitivisti la mente è come un computer, poiché non fa altro che immagazzinare informazioni, codificarle e rievocarle quando servono D gli psicologi contestualisti ritengono riduttiva tale analogia, perché la mente non si limita a registrare eventi, ma tenta di trovarne un senso


l'attività umana del pensare è un dibattimento tra un determinato argomento e il suo contrario " aderire alla metafora dibattimentale/oratoria del pensiero vuol dire che la spiegazione di ciò che noi facciamo in quanto soggetti di attività psichica non è racchiusa unicamente nei principi di funzionamento delle reti neurali, ma risponde anche ai vincoli e alle strategie della negoziazione del significato in un contesto storico-culturale dato; tutto ciò che io intendo è sempre l'esito di un confronto argomentativo


XVI.  Esito, dunque esisto.

quando le persone parlano, il flusso dei suoni non è sempre stabile e uniforme; la mente del parlante è impegnata in una serie di procedure tra loro connesse; di solito tutti questi processi si svolgono in modalità sincrona con il farsi del discorso, ma talvolta comportano un tale accumulo di informazione da elaborare, che il computer mentale va momentaneamente in pausa o sfrigola in farfugli esitativi " possono verificarsi vari tipi di pause:

quando le interruzioni della catena sonora sono percepibili come silenzio, abbiamo delle pause vuote

le pause piene, invece, sono delle brevi interruzioni nella catena fonematica, che vengono coperte da vocalizzi (mhm) o da segregati vocali come sbadigli, risatine, grugniti

le pause di giuntura, infine, sono quegli attimi di silenzio che si verificano quando il parlante deve articolare insieme i sintagmi di una frase o le frasi all'interno di un più vasto segmento testuale

alcuni parlanti e alcuni contesti sono maggiormente esposti ai fenomeni di esitazione; quando un individuo esita nel parlare, sta implicitamente dichiarando di essere impegnato a pensare come dire meglio


altri riscontri sui processi cognitivi del parlare sono forniti dalla possibilità di incorrere in errori; Freud inserì i lapsus languae tra i possibili modi di manifestarsi dell'inconscio; ipotesi degli psicologi cognitivisti: se osserviamo la varia tipologia di errori che normalmente di commettono nel parlare (anticipazioni, posticipazioni, permutazioni, fusioni) risulta che il lapsus rivela l'incepparsi della corrispondenza tra pianificazione ed esecuzione del discorso; i fenomeni di esitazione non raggiungono il livello della consapevolezza perché le risorse attentive della persona sono impegnate a fronteggiare il sovraccarico cognitivo o emotivo sperimentato nel parlare; tuttavia, c'è una situazione in cui la persona è costretta a prendere consapevolezza del fatto di esitare, cioè quando non riesce a dire una certa parola, proprio quella che gli serve in quel momento lì e che per giunta ammette di avere sulla punta della lingua: quando una persona è in tale condizione, dispone in effetti di molte informazioni su quella parola

I DISTURBI DEL LINGUAGGIO

 




un primo criterio distingue tali disturbi in evolutivi e duraturi: alcune difficoltà di comunicazione verbale sono legate ad una particolare fase del ciclo di vita, per cui possono scomparire col tempo; altre manifestazioni di anomalia tendono a persistere D un altro criterio differenzia i disturbi in periferici e centrali: alcuni deficit sono dovuti a qualche imperfezione nella forma o nella funzionalità dell'apparato vocale-uditivo, altri deficit nell'organizzazione del linguaggio derivano da lesioni di alcune aree della corteccia cerebrale, dovute a patologie neurologiche o vascolari e a traumi cranici

le patologie del linguaggio più note sono:

sordità: la perdita, parziale o totale, dell'udito comporta una difficoltà o l'impossibilità di articolare suoni (è molto utile insegnare loro una forma gestuale di comunicazione)

balbuzie: è un incepparsi continuo del meccanismo fonoarticolatorio, per cui risulta alterato il ritmo dell'eloquio

dislessia: difficoltà, più o meno grave, a riconoscere la possibile traduzione grafica dei suoni e, quindi, a tradurre i fonemi in grafemi

afasie: disturbi specifici nella comprensione e produzione del linguaggio causati da lesioni ad aree corticali specifiche (lo studio di tali disturbi ha consentito di individuare le aree della corteccia cerebrale che sono interessate al controllo della parola)


Sindrome

Sintomi

Natura del deficit

Area danneggiata

Afasia di Broca

discorso non fluente; agrammatismo (sono omesse spesso le parole funzionali, che rendono scorrevole il discorso, come articoli, ausiliari, morfemi flessivi, coniugazione dei verbi)

la persona capisce, ma si esprime molto lentamente, a grande fatica e in modo confuso, poiché sono alterate la pianificazione e la produzione del discorso

parte posteriore del lobo frontale inferiore

Afasia di Wernicke

la persona si esprime facilmente e in fretta, ma la comprensione uditiva è povera

ancorché fluente, il discorso non è coerente; alterati i modelli fonetici delle parole

metà posteriore dell'area temporale

Afasia di conduzione

difficoltà nel reperire le parole

non c'è connessione tra i modelli fonetici e l'area di produzione

fascicolo arcuato (fascio di fibre che connette il loro temporale a quello frontale)

Afasia globale

sono disturbate tutte le funzioni del linguaggio

sono danneggiati tutti i componenti dell'elaborazione linguistica

larga parte dei lobi frontale e temporale


XVII.    Oralità, scrittura, multimedialità.

ciò che gli uomini sanno del loro linguaggio dipende in gran parte dalla loro appartenenza a società alfabetiche; per le società a cultura orale i discorsi sono eventi o modi dell'agire e come tali sono intrisi di potere; per la cultura scritta, invece, i testi sono strumenti per rappresentare una certa conoscenza del mondo e di sé; leggere e scrivere sono le pratiche prototipiche organizzate dalle società alfabetiche in contesti formali di insegnamento-apprendimento della lingua, gestiti dall'istituzione scolastica; imparare a leggere e a scrivere comporta una trasformazione complessiva delle operazioni mentali; il modello standard proposto per spiegare i processi attivati nella lettura mette a disposizione delle persone 2 possibili strategie:

via lessicale: comporta che, nel riconoscere una parola, il lettore sappia anche come si pronuncia; è praticata per leggere le parole irregolari

via fonologica: impegna il lettore a combinare i risultati di una verifica nel sistema di conversione grafema-morfema; è praticata per leggere le parole non disponibili nel lessico mentale o le non parole

leggere e scrivere istituiscono abilità che generano una nuova forma di soggettività, in quanto l'individuo può sperimentare un maggiore controllo sui meccanismi sociocognitivi di questo nuovo modo di comunicare; le abilità di lettura e scrittura favoriscono anche il consolidarsi di una consapevolezza metalinguistica, che sono ulteriormente favoriti dalla multimedialità che caratterizza la maggior parte delle pratiche comunicative attuali


XVIII.    La costruzione sociale del senso.

le scelte linguistiche costruiscono l'identità personale e sociale degli individui, in quanto rendono più o meno trasparente come essi si collocano nella rete dei resoconti che la società mette a disposizione per spiegare gli eventi; anzitutto la pratica sociale del parlare genera gli schemi cognitivi con cui le persone danno un assetto ordinato (e spesso gerarchico) alla loro esperienza del mondo; le varie forme del parlare consentono agli individui di vivere in un universo consensuale, nel quale tutti sanno di potersi avvalere di memoria, atteggiamenti, valori ed emozioni comuni, che stabiliscono appunto il senso comune; i discorsi rendono operative le rappresentazioni sociali, cioè quelle specifiche modalità conoscitive con cui gli individui e i gruppi negoziano il significato da dare alla realtà; i discorsi di tutti i giorni collegano le persone alla struttura sociale, per cui sono veicoli di ideologie; l'ideologia penetra nei discorsi quotidiani soprattutto attraverso gli stereotipi, cioè delle generalizzazioni eccessive che esprimono una valorizzazione (positiva o negativa) di un oggetto socialmente rilevante, sia esso un'etnica, un gruppo, una professione o una situazione; di solito gli stereotipi alimentano i pregiudizi, cioè delle interpretazioni ingiustificate adottate dagli individui e dai gruppi per proteggersi dalla paura degli altri (la forma più pericolosa del pregiudizio riguarda l'appartenenza etnica)




alcune ricerche hanno evidenziato una tendenza sistematica delle persone ad esprimere in un certo modo il favoritismo verso il proprio gruppo di appartenenza; se si è costretti a dare una valorizzazione negativa di un certo evento, allora il proprio posizionamento, cioè il tipo di relazione che si ha rispetto ai 2 gruppi coinvolti, comporta anche delle tendenze a formulare in un certo modo la spiegazione di ciò che è avvenuto; ogni scelta linguistica adotta un particolare repertorio interpretativo che contiene giudizi di valore e indicazioni circa la condotta da seguire; nel loro parlare, le persone esercitano una forma di potere simbolico; Bernstein ha ipotizzato che la stratificazione sociale comporti anche un diverso potenziale espressivo e che l'insuccesso scolastico cui sono esposti i bambini provenienti da strati sociali più poveri sia dovuto essenzialmente alle condizioni di svantaggio comunicativo in cui avviene la loro crescita D tale teoria del deficit linguistico fu contrastata da Labov, il quale propose una teoria della differenza, secondo cui ogni strato sociale ha il proprio potenziale comunicativo, adeguato alle sue specifiche condizioni di vita: il potere di cui ognuno si rivela dotato nel parlare non è una qualità stabile, ma si lega ad un'immagine di sé che dev'essere sempre confermata dagli altri e quindi è esposta a critiche, revisioni, contestazioni







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