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Relazione sul: "DISCORSO SUL METODO Per ben condurre la propria ragione e cercare la verità nelle scienze"

filosofia



Relazione sul:

"DISCORSO SUL METODO

Per ben condurre la propria ragione e cercare

la verità nelle scienze"

Il Discorso sul metodo si prefigge come scopo la presentazione del metodo scoperto da Cartesio durante il suo percorso filosofico avvenuto negli anni tra il 1619, data che egli stesso ci indica inizio della sua riflessione, e il 1637, data in cui avvenne la redazione definitiva. Il Discorso, come lo stesso Cartesio ci dice, si divide in sei parti di lunghezza variabile, che affrontano ciascuna diversi temi relativi al metodo, dalle necessarie premesse, alle regole di questo, dalla metafisica basata sul suo metodo alle questioni di fisica, concludendo con un capitolo che serva da guida per chi voglia intraprendere la sua strada.

La prima parte è quella introduttiva di tutto il Discorso. Questo viene presentato come il racconto della vita di una persona in nulla diversa da tutti gli uomini, una persona normale che, con il suo buonsenso, caratteristica chi si presenta uguale in tutti gli uomini, e la giusta applicazione di questo attraverso determinati percorsi intrapresi fin da giovane, giunge a trovare un metodo che possa aiutarla ad aumentare la propria conoscenza . Lo scopo del Discorso tuttavia non è quello di presentare un metodo che debba essere per forza seguito in quanto vero e indiscutibile, bensì è quello di poter raccontare i le vie che si sono percorse per poi, attraverso eventuali critiche, riuscire ad avvicinarsi sempre di più verso quella della verità. Il racconto inizia con la descrizione della formazione letteraria, gli studi letterari, che Cartesio ha avuto da giovane, corso di studi con chiare funzioni formative, inutili poi sotto il punto di vista pratico. Ad esempio, la matematica, come ci dice l'autore, presenta sì certezza e evidenza, ma non ci sono in essa risultati rilevanti, che possano essere utili nella vita pratica. Cartesio quindi decide di abbandonare "lo studio delle lettere" e di cercare la verità attraverso l'esperienza, prima del mondo poi di se stesso. I viaggi che egli compie per lo studio del "libro del mondo" gli forniscono un'importante insegnamento, cioè quello di non considerare come assolutamente vero ciò che sia stato impartito dalle leggi e dai costumi, infatti ciò che per noi può sembrare stravagante o ridicolo, viene accettato e approvato da altri grandi popoli, il suo scopo sarà quindi quello di riuscire ad orientarsi nel mondo del reale attraverso un metodo che aiuti a scegliere le vie 252f51c da seguire, metodo che va ricercato all'interno di se stessi.



La seconda parte inizia con il tono autobiografico della prima, informandoci su come l'autore per meditare si sia ritirato in una stanzetta, in Germania, presso Ulma, all'inizio dell'inverno del 1619, per potersi intrattenere con i suoi pensieri. L'attenzione poi si focalizza sui pensieri e sulle riflessioni di Cartesio. L'autore riflette su come le opere compiute da un singolo siano superiori a quelle realizzate da molti, le quali mancano di perfezione: le città costruite da un solo architetto, ad esempio, presentano maggiore armonia, le leggi costituite allo stesso momento e da un unico legislatore sono più efficaci di quelle che nascono per necessità. Così la sua opera filosofica vuole, attraverso il solo ragionamento di un singolo, raggiungere maggiori risultati nel campo della verità rispetto a quelle che si fondano su opinioni diverse. Come l'architetto, però, che per ricostruire una città che sia migliore, deve buttare giù le case, così Cartesio dovrà liberarsi di tutti gli insegnamenti che aveva ricevuto per poter raggiungere il suo scopo, il conseguimento della verità. Prima di respingere le diverse opinioni che la filosofia propone, però, bisogna dotarsi di un metodo, che possa farci orientare nel labirinto delle scelte possibili. Il metodo non viene individuato da Cartesio in dottrine già esistenti che sarebbero potute essere a lui utili: la logica infatti non aiuta a cogliere la verità in quanto i sillogismi su cui si fonda servono solo per discutere su cose che già si sanno, la geometria invece risulta troppo vincolata alle figure e quindi all'immaginazione ed infine, l'algebra presenta troppe regole e variabili nomenclature che portano ad un'inevitabile confusione nello studio di questa. Cartesio quindi ricerca un altro metodo che presenti i vantaggi di queste tre scienze, ma non i difetti. I precetti di cui si compone il suo metodo sono solo quattro: il primo è quello di non considerare una cosa vera se non se ne è assolutamente certi e di prendere in esame solo le cose che si presentino in modo chiaro e distinto; il secondo ci dice di dividere le difficoltà. che man mano si affrontano. in sempre più piccole parti fin quanto fosse necessario per risolverle meglio; il terzo, di condurre con ordine i pensieri, seguendo una scala di importanza che vada dalle cose più semplici a quelle più complesse; il quarto, infine, di fare enumerazioni complete e rassegne generali tali da non omettere nulla. L'applicazione del metodo parte dalle matematiche pure, la geometria e l'algebra, scienze semplici e facili, grazie al rigore e alla chiarezza che i matematici hanno usato nelle loro dimostrazioni. Innanzi tutto Cartesio, studiando la matematica ha cercato di impararne le proposizioni in generale, ma in seguito, resosi conto di come a volte sia necessario conoscerle singolarmente, per poterle apprendere nel modo più semplice e chiaro possibile, decide sia di rappresentarle con delle linee in modo che fossero chiare all'immaginazione sia di esprimerle con dei numeri così da poter essere ricordate più facilmente. Alla chiarezza rappresentativa della geometria, quindi, Cartesio aggiunge la brevità del simbolismo algebrico, riuscendo così in breve tempo a risolvere questioni che erano rimaste sospese per secoli in quei campi, come ad esempio la duplicazione del cubo o la trisezione dell'angolo. Queste scoperte sono un risultato ottenuto dall'applicazione delle regole del metodo, che non vuole dare la soluzione per i problemi ma un modo per raggiungerla. Questa pratica del metodo nelle matematiche aiuta Cartesio a esercitarsi nel distinguere chiaramente gli oggetti della mente, cosa utile per l'autore che decide di estendere l'applicazione il metodo anche alle altre scienze, ed in particolare alla filosofia dalla quale derivano i principi di tutte le altre scienze.

Nella terza parte Cartesio espone la sua morale provvisoria composta di quattro massime, che, servirà a Cartesio per poter prendere decisioni in assenza di una filosofia stabile, così come quando si vuole ricostruire casa bisogna trovarne un'altra per poterci abitare nell'attesa. La prima è quella di obbedire alle leggi e ai costumi del proprio paese, alla religione, e, per quanto riguarda tutto il resto, di regolarsi secondo le opinioni più moderate, perché nel caso si allontanino dalla via della verità non lo farebbero di molto. Tra gli eccessi l'autore indica anche le promesse che limitano la libertà, in quanto non prevedono il diritto di poter cambiare idea, cosa fondamentale per Cartesio che individua nella ragione un organo indipendente e superiore al mondo sensibile, come dirà in seguito nella trattazione metafisica della quarta sezione. La seconda massima dice di rimanere fermi nei propri pensieri per poter raggiungere la verità; bisogna fare come colui che si perde nella foresta, cercare di seguire una direzione il più dritto possibile per poterne uscire. Se anche ci sono cose dubbie, si deve seguire quelle più probabili e considerarle come verissime e certissime. Grazie a questo Cartesio si libera di tutti i ripensamenti e pentimenti di chi si trova in uno stato di giudizio incerto. La terza massima afferma che bisogna considerare i propri desideri nei limiti delle proprie possibilità. Sapendo che la volontà desidera ciò che l'intelletto considera razionalmente possibile, bisogna esercitarsi, come gli stoici, a considerare impossibile tutto ciò che sta al di fuori di noi, possibili sono solo i pensieri, riuscendo in tal modo ad avere a disposizione tutto ciò che si vuole. L'ultima massima dice di cercare di esercitare nella vita la migliore occupazione, che dia maggiore appagamento, questa per Cartesio è il coltivare la ragione e il progredire nelle conoscenza della verità. In tale ricerca si può sbagliare, così le tre massime precedenti aiutano a seguire il percorso per la verità suggerendo regole di condotta prudenti, ferme, che circoscrivano i desideri. Questa morale provvisoria, unita ai precetti morali della religione, fu sperimentata da Cartesio per nove anni, dal 1619 al 1628, durante i quali viaggia in giro per l'Europa. In questi viaggi, inoltre, mette alla prova tra le opinioni quelle che riteneva poco fondate, distruggendole se ciò fosse stato necessario. Da questa analisi Cartesio acquisisce diverse esperienze, dalle quali trae nuove opinioni più certe e fondate, allo stesso modo in cui, quando si demolisce una casa si tengono da parte le macerie (l'esperienza delle opinioni infondate), che possono servire a edificare quella nuova. Esercitò in questi anni anche il metodo, soprattutto nelle questioni riguardanti i problemi scientifici. Ciò che spinge l'autore a iniziare a utilizzare il metodo per cercare i fondamenti della sua filosofia, fu il fatto che si era sparsa in Europa la voce che egli avesse già trovato una sua filosofia. Così, per essere degno della reputazione che aveva acquisito, Cartesio decide, nel 1628, di ritirarsi in Olanda, dove, non conoscendo nessuno, avrebbe potuto riflettere in tranquillità sulle basi della sua filosofia.

La quarta parte è quella più propriamente filosofica ed espone la metafisica che Cartesio elaborò. Innanzi tutto l'autore afferma di volersi dedicare alla ricerca della verità, respingendo ciò che contenga il minimo dubbio, per avere nella propria mente nient'altro se non cose che siano indubitabili. Il dubbio per Cartesio esiste nei dati sensoriali, in quanto i sensi ci ingannano, nei ragionamenti, poiché spesso anche per le più semplici argomentazioni, si sono compiuti paralogismi, ed infine, anche nei pensieri, perché quelli che si hanno da svegli possono avvenire anche quando dormiamo, momento in cui non sussistono pensieri necessariamente veri: i sensi, i ragionamenti e i pensieri vengono quindi esclusi dalla meditazione filosofica. Ma la condizione minima per cui può esserci il pensiero che tutto sia falso è che ci sia un essere, un io, che pensi quel pensiero, dal pensare, quindi, deriva l'essere: il cogito ergo sum viene considerato, dunque, il primo principio della filosofia cartesiana. Una considerazione deriva immediatamente da questo principio: nel pensare che il corpo, il mondo, ed infine lo spazio, non esistano, l'io persiste ancora. Se invece cessa l'atto del pensare, non esiste più l'io, da qui ne segue che la natura della sostanza-uomo è quella di pensare, natura del tutto indipendente dalle cose materiali, quindi anche dal corpo. Dal cogito ergo sum, proposizione indubbiamente vera, Cartesio deduce la regola generale perché un'affermazione possa essere considerata tale. Il cogito ergo sum garantisce la sua verità nell'essere chiara e distinta, perché si vede chiaramente che, per pensare, bisogna essere, le proposizioni, quindi, per essere vere devono avere queste due caratteristiche. Vi è un limite però nell'uomo, il dubbio che si ha nel distinguere chiaramente queste proposizioni da quelle false. Il conoscere che una proposizione sia vera è più perfetto del dubitare se la stessa lo sia, quindi l'uomo non possiede un essere del tutto perfetto. Cartesio da ciò decide di ricercare da dove avesse potuto apprendere quest'idea di perfezione. Guardando dentro di sé, scopre di avere due tipi di idee, quella delle cose fuori da sé e quella di un essere più perfetto. Le cose fuori di sé, sia quelle vere sia quelle false, derivano entrambe dall'io, secondo la dimostrazione effettuata in precedenza, ed in particolare, rispettivamente da quello perfetto e quello manchevole, ed è impossibile che un essere perfetto derivi dal meno perfetto, che la causa derivi dalle conseguenze. L'idea di perfezione è quindi stata messa nell'uomo da Dio, l'essere più perfetto in assoluto. A questo punto Cartesio prova a supporre di essere una persona del tutto sola e indipendente da chiunque altro, escludendo quindi l'esistenza di un essere superiore, infatti l'uomo è in grado di creare le cose fuori da sé attraverso il proprio pensare. Ma se l'uomo fosse stato l'unico essere esistente avrebbe avuto il potere di dare a sé stesso tutte le perfezioni delle quali ha conoscenza, che tuttavia non possiede, da qui ne segue l'inevitabile dipendenza dell'uomo da un essere superiore che gli concede solo una parte del suo essere perfetto. Le perfezioni, quindi, sono parte della natura di Dio e si possono individuare valutando le idee che si hanno: quelle perfette appartengono alla natura di Dio, quelle imperfette no. Tra queste vi è l'idea di corporeità, infatti il corpo distinto dall'anima, sede del pensiero razionale, presenta un difetto, la dipendenza, in quanto la composizione, che si presenta in un essere che abbia un corpo ed un anima, attesta dipendenza, perché ogni parte del composto dipende dalle altre, ed il tutto dipende dalle parti. Un'altra prova dell'esistenza di Dio viene data attraverso un procedimento propter quid, a priori. Cartesio parte dal considerare le dimostrazioni geometriche, vere per la loro evidenza, le quali però prescindono totalmente dall'esistenza dell'oggetto che vogliono dimostrare: il triangolo, ad esempio, è tale in quanto ha la somma degli angoli interni pari a 180°, ma questa affermazione non garantisce l'esistenza di esso nel mondo sensibile, il triangolo quindi sarebbe vero anche se al mondo non ci fossero triangoli. Così Dio, che ha in sé l'idea di esistenza, è o esiste, tanto quanto qualsiasi dimostrazione geometrica, cioè anche se nel mondo non ci fosse traccia della sua presenza. Proprio per questo alcuni uomini, gli scolastici in particolare, non sono in grado di affermare l'esistenza di Dio e dell'anima, perché essi sono troppo legati al mondo del sensibile, dove le idee di Dio e dell'anima non sono mai state. Ci sono, infine, persone che credono di essere più sicure nell'idea, ad esempio, di avere un corpo, piuttosto che quella dell'esistenza di un Dio o dell'anima. Che il corpo esista è evidente, ma dal punto di vista metafisico, nei sogni si può immaginare un altro corpo, che non ha nessun legame con il mondo reale; come si può affermare che il pensiero del corpo che si ha nei sogni e che non si distingue in nulla dal pensiero di un corpo che si ha quando si è svegli, in quanto non è né meno vivo né meno preciso, sia più falso di quest'ultimo? Bisogna presupporre l'esistenza di Dio. Infatti le idee chiare e distinte si possono avere sia nei sogni, sia quando siamo svegli. Ma le idee che la ragione considera vere sono quelle che Dio ha posto in quanto non prive di fondamento, ma fondate sulla realtà: la ragione quindi porterà ciascuno a notare che i pensieri che sono veri devono infallibilmente riscontrarsi nella realtà.

La quinta parte del Discorso presenta un breve riassunto di una sua opera precedente, Il mondo o trattato della luce, che descrive la concezione della fisica cartesiana. La decisione di scrivere il riassunto viene presa da Cartesio per non scontrarsi né con i "dotti", gli scolastici, né con la Chiesa, come dirà in seguito, nella sesta parte, che proprio in quegli anni aveva condannato Galileo, che aveva sostenuta la teoria copernicana del movimento della terra e quindi dell'eliocentrismo, teoria molto probabilmente sostenuta da Cartesio nella sua descrizione del mondo fisico nel Mondo. Cartesio per non confrontarsi in modo diretto con la fisica scolastica decide di "parlare di quel che succederebbe in un mondo nuovo, se Dio creasse ora da qualche parte, negli spazi immaginari, materia sufficiente a comporlo. Inizia con il descrivere la materia e lo stato di caos in cui essa si trovava in principio, poi descrive le leggi universali che la ordinano . La materia così ordinata va a comporre una terra, i pianeti, un sole e le stelle fisse. Da questo argomento prende spunto per parlare della luce, che proviene dal sole e dalle stelle fisse, viene trasmessa dai cieli, si riflette sui pianeti, sulle comete e sulla terra. Descrizione più approfondita viene data sulla terra, riguardo alle maree, ai venti, alle qualità del fuoco e via dicendo. Al termine di questo viene sfiorata l'obiezione posta dai teologi, secondo cui la terra, secondo il racconto della Genesi, è stata creata direttamente da Dio, Cartesio ribatte dicendo che la sua spiegazione del mondo non elimina né "il miracolo della creazione" né si distacca dalla concezione secondo la quale a Dio viene attribuita la stessa potenza sia per creare il mondo, sia per conservarlo, perché, l'intervento di Dio in principio si ha nella creazione della materia e delle leggi, e per mantenere il mondo lo stesso Dio interviene a conservare la materia e le sue leggi. Dalla descrizione dei corpi inanimati passa a quella dei corpi animati, ed in particolare a quella dell'uomo, del quale, come egli stesso afferma, non è in grado di individuare le cause che lo hanno prodotto, presupponendo quindi che l'uomo sia stato creato (questa concezione però è da considerarsi una lacuna, che prima o poi verrà colmata). Dapprima descrive le sue caratteristiche fisiche, che sono pari a quelle degli altri esseri animati, poi quelle che lo rendono diverso dagli altri animali. L'uomo fisicamente viene descritto come una macchina, composta solo di materia che si muove grazie al calore del cuore. Da qui parte una lunga digressione in cui viene descritta la funzione del cuore secondo Cartesio. Il cuore funziona secondo un principio di scambio termico; egli parte dalla considerazione che nel cuore ci sia più calore rispetto a tutte le altre parti del corpo, tale calore scalda il sangue che entra nel cuore fino a portarlo ad una sorta di ebollizione, in conseguenza della quale il sangue si dilata e si espande. Tale espansione fa gonfiare il cuore, che fa così defluire il sangue nelle arterie, e si prepara, in quanto sgonfio, all'immissione, grazie alla riapertura delle valvole, di altro sangue. Questo modello però non spiega come possa il sangue nelle vene non esaurirsi, "fluendo così continuamente nel cuore", e come le arterie non siano mai troppo gonfie. Cartesio trova risposta di questa nella concezione di William Harvey, un medico inglese contemporaneo, della circolazione: il sangue non si esaurisce e le arterie non sono troppo riempite perché c'è circolazione dal cuore nei vasi sanguigni e viceversa. Questo modello di macchina mossa grazie al lavoro del cuore, è presente in Cartesio in tutti gli esseri viventi. Ci sono, però, due modi per distinguere l'uomo da, ad esempio, una macchina che lo imitasse, il linguaggio e l'uso della ragione, funzioni specifiche dell'uomo per la loro versatilità e adattabilità in tutte le circostanze che la vita presenta: la macchina infatti anche se fosse dotata in qualche modo di parola o di capacità di comportamento, le reazioni che essa avrebbe sono tutte vincolate non dalla conoscenza, bensì dalle prefigurazioni limitate che un costruttore possa imporgli. Non è pensabile neanche che gli animali possano possedere la ragione, infatti anche se si prendono i casi limite dell'uomo più imperfetto e dell'animale più perfetto, l'uomo, per quanto ebete, stupido, o folle che sia sarà sempre in grado di comporre un discorso con cui far intendere il loro pensiero. Gli animali questo non sono in grado di farlo, questo è evidente anche dal fatto che, nonostante gli animali presentino organi di senso simili ai nostri, non hanno un proprio modo di comunicare, perché in tal caso potrebbero cercare di esprimere il proprio pensiero attraverso gesti, cosa che avviene tra gli esseri umani, quando non c'è omogeneità linguistica. Infine Cartesio descrive brevemente la sua concezione dell'anima razionale, che non alloggia solo nel corpo, come un pilota sulla sua nave, bensì e totalmente congiunta e unita, a prova di ciò dice che l'anima prova sentimenti e desideri simili ai nostri. L'anima dell'uomo, a differenza di quella degli altri animali, ha una natura indipendente dal corpo, da quanto si comprende dalla metafisica, ed è immortale.

La sesta ed ultima parte inizia con la spiegazione dei motivi che lo hanno portato a decidere di non pubblicare il  Mondo. Venuto a conoscenza della condanna di Galileo, Cartesio si rende conto di come le ragioni che lo avevano portato ad aderire alle considerazioni copernicane, potevano essere sostituite da altre del tutto contrarie, più vere e che inoltre non fossero pregiudizievoli nei confronti della religione e dello stato. Inizia poi a spiegare quali siano i motivi della sua filosofia: sin da quando scopre il metodo, Cartesio si prefigge di trovare una filosofia che, al contrario di quella scolastica, avesse un'utilità pratica, riconosciuta nel cercare di migliorare la qualità della vita, sia risolvendo piccoli problemi pratici relativi alla vita quotidiana, sia occupandosi della salute, che è il fondamento di tutti i beni della vita. Il suo metodo vuole aiutare la medicina nel progresso che conduca alla scoperta di come guarire sempre più malattie possibili e di come prolungare la vita di ciascuno. I problemi che si pongono nel raggiungimento di questo scopo, però, sono due: la brevità della vita, che pone la necessità di scrivere libri per poter divulgare le proprie conoscenze, in modo che esse non vadano perdute, e la quantità di esperimenti da effettuare, che necessita la presenta di aiutanti. Cartesio inizia con l'affrontare il problema relativo agli esperimenti. Il suo metodo l'ha portato a trovare dapprima i principi o le cause generali che derivano direttamente da Dio, principi già individuati da Cartesio nella sua metafisica. La seconda strada che intraprende è quella di considerare le cose più particolari. Attraverso gli esperimenti però scopre che molto spesso non poteva essere dedotta immediatamente la causa generale da cui esse derivano, vanno quindi effettuati diversi esperimenti per poter comprendere la causa generale che spieghi tutti i dati sperimentali così ottenuti. Da questa considerazione, si ripromette di mostrare a chi desidera il bene degli uomini, attraverso un trattato, ciò che era stato compiuto e quello che era ancora da compiere, per poter così ricevere aiuto. Ma ciò per cui decide di abbandonare l'idea di una pubblicazione è la riflessione di come questa avrebbe potuto fargli perdere tempo utile a causa delle obiezioni, che come sa bene, grazie all'esperienza, erano per lo più dettate dal malanimo o dall'invidia, e di come l'utilità di questa sarebbe stata minore rispetto ad una pubblicazione postuma, che avrebbe contenuto tutti i risultati da lui finora ottenuti. Cartesio a questo punto prendendo spunto dalla considerazione di come molto spesso, quando aveva spiegato qualche sua opinione, molto spesso si era reso conto di essere stato frainteso, coglie l'occasione per fare un appello ai posteri, prega loro affinché non credano a cose che non siano state divulgate dall'autore in persona, volendo scongiurare il rischio che qualcuno gli possa attribuire pensieri che possano contraddire il suo pensiero e rovinare la sua reputazione nei secoli futuri. Cartesio fa diverse considerazioni sui motivi che lo avevano convito a non pubblicare il testo, dall'inutilità della divulgazione del metodo per i saggi, che avrebbero tratto un maggior giovamento nel trovarlo da soli attraverso la propria esperienza, all'evidenza di come gli esperimenti compiuti da altri servissero di meno in quanto fatti in modo superfluo o con poco interesse, ma alla fine pone le due argomentazioni che gli fecero cambiare idea: la prima era legata alla sua reputazione, non pubblicare il testo significava deludere l'aspettativa che si era creata in Europa intorno ai suoi lavori, la seconda era la constatazione di come ci fosse un'impossibilità di progredire nelle scienze a causa di un'infinità di esperimenti necessari al completamento, dal punto di vista sperimentale della sua fisica. Nella pubblicazione del Metodo Cartesio sceglie degli argomenti che non siano soggetti a controversie, e che, non dichiarando principi di tale metodo più del dovuto, dimostrassero ciò che poteva o non poteva nelle scienze. Le scoperte sono comunicate e diffuse anche attraverso i saggi allegati, La diottrica, Le meteore e La geometria, in termini tali che la paternità di queste scoperte sia riconosciuta, ma in maniera non particolarmente esaustiva, impedendone la completa decifrazione, per evitare che qualcun altro si presenti come concorrente dell'autore nell'attribuzione del merito della scoperta. Infine Cartesio ci tiene a ribadire come lo scopo della sua vita rimanente sia quello di indagare così a fondo nella natura, da poter trarre vantaggi per la medicina, scienza che si occupa della salute, condizione necessaria per la vita umana.




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