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PARMENIDE (515-450 circa a.C.)
La negazione del divenire: la ragione, non l'occhio, vede il vero
"Ma tu da questa via di ricerca allontana il pensiero / né l'abitudine, nata da numerose esperienze, su questa via ti forzi / a muover l'occhio che non vede, l'orecchio che rimbomba e la lingua, ma con la ragione giu 212b15c dica la prova molto discussa / che da me ti è stata fornita. / Resta solo da pronunciarsi sulla via / che dice ciò che è." (Parmenide, Sulla Natura).
Parmenide fu il
primo a sostenere la superiorità della interpretazione razionale della realtà a
scapito dell'interpretazione soggettiva dei sensi, i quali falsano
l'oggettivita del giudizio. In particolare, entrò in polemica con il pensiero
di Eraclito e il concetto di divenire. Parmenide impone di giudicare secondo
ragione: la ragione, e non l'occhio (i sensi) vedono il vero.
Sostenendo il continuo mutare delle cose da un stato all'altro, da uno stato di
essere qualcosa a uno stato di non-essere più un qualcosa,
Eraclito entrava in una contraddizione logica, in quanto se l'essere è, il
non-essere non è. Secondo Parmenide, la realtà intesa in senso eracliteo
era falsa, in quanto si lasciava ingannare dai sensi, l'unica entità
esistente è l'essere, aldilà di ogni percezione soggettiva.
Mentre l'opposizione di Eraclito fa riferimento agli enti sensibili, Parmenide giunge da subito a contrapporre l'essere assoluto al non-essere assoluto: per Parmenide era chiaro che il nulla assoluto non esiste affatto, essendo, per l'appunto, nulla. Ecco che dalla contrapposizione suprema scaturisce la verità incontrovertibile dell'esistenza del Tutto: tutto esiste, ed è impossibilitato a non esistere, in quanto il nulla non esiste per sua stessa definizione.
In sostanza, il divenire eracliteo comportava il passaggio da uno stato di essere qualcosa a uno stato di non essere più qualcosa: ciò è impossibile, in quanto il non essere non esiste. Inoltre nulla può mutare da uno stato all'altro se alle loro spalle non ci fosse qualcosa di indubbiamente esistente.
Le qualità dell'essere
Tutte le parole che indicano una condizione di non-essere sono false. Il silenzio (il non-essere suono), il buio (il non-essere luce) sono parole inammissibili secondo logica: non possiamo vedere il buio e non possiamo sentire il silenzio.
L'essere non può che venire rappresentato da Parmenide come uno Sfero, la figura geometrica perfetta, in quanto il centro è sempre alla stessa distanza rispetto alla circonferenza e i lati che la compongono sono infiniti.
La negazione del molteplice: il mondo sensibile è 'doxa'
Il molteplice, dominio del divenire, è l'insieme delle cose tra loro differenti e distinte. Ma se l'essere è sempre identico a se stesso, come può esistere qualcosa che è diverso dall'essere?
Parmenide afferma che il molteplice non esiste, il molteplice non è la verità. Il mondo sensibile, nel quale l'uomo si muove e percepisce il divenire come reale, non può essere l'essere stesso, che non muta mai, il mondo sensibile è allora doxa (opinione), mentre la verità (aletheia) è soltanto l'essere, del quale la realtà è una determinazione, ovvero un modo in cui l'essere si manifesta. Il molteplice è solo apparenza, l'essere, immutabile ed eterno, è in realtà la sola cosa che esiste. E' in base a questo ragionamento che per Parmenide i concetti del buio (non-luce) e del silenzio (non-suono) sono impossibili da esprimere, assurdità: nessuno può dire di vedere il buio o sentire il silenzio (si veda il punto 5 delle qualità dell'essere).
"Il
divenire dell'essere, che sembra incessantemente attestato dalle trasformazioni
del cosmo, è quindi un'opinione senza verità, un'apparenza illusoria di cui si
convincono i "mortali" allorché invece di prestare ascolto alla
Verità, seguono il percorso della non-Verità, ove ci si persuade che l'essere
possa non essere". (Severino,
Parmenide riconduce tutto all'affermazione dell'esistenza dell'essere come unica possibilità praticabile secondo logica. Se il nulla non esiste, allora tutto è impossibilitato a non essere. Di più, Parmenide avverte gli uomini che la via che percorrono, quella che accetta e ipotizza che l'essere non sia, ovvero che tutto possa mutare e divenire, è errore: gli uomini non vivono nella verità perché la nascondono a se stessi, e in questo accettano di essere mortali (perché credono di diventare nulla con la morte). Gli uomini giudicano tutto secondo i sensi, ma con essi si arriva soltanto all'opinione, non alla verità.
L'essere non è il singolo oggetto reale (l'ente). Se ciò fosse vero, allora il singolo oggetto sarebbe il Tutto stesso, perché l'essere è uno solo. Il singolo oggetto (il singolo ente) non è l'essere. E siccome l'essere è solo uno, non esiste molteplice, ovvero la realtà molteplice che gli uomini naturalmente accettano, in realtà non costituisce verità, e solo apparenza.
Ciò che Parmenide vuole trasmettere
Ciò che Parmenide ci vuole dire è che, se davvero vogliamo rimanere entro il sentiero della verità, dobbiamo affidarci solamente alla ragione, tutto ciò che appare ai sensi è falso. Se vi è contrasto tra verità sensibile e verità di ragione, la verità è quella fondata sulla ragione.
La filosofia di Parmenide è una sfida radicale al senso comune: essa arriva per vie razionali a contraddire ciò che sembra più evidente e naturale, ovvero che esistono cose che nascono (si creano dal nulla) e si distruggono (che ritornano nel nulla). Parmenide afferma che nulla può generarsi dal nulla, né tanto meno ridiventare nulla... semplicemente il nulla non esiste.
Platone considerava Parmenide "maestro venerando e terribile", il padre spirituale della filosofia: il suo insegnamento era infatti quello di attenersi alla discorso di ragione, l'essenza ultima di tutta la filosofia occidentale. Ecco perché esprimendo il proprio dissenso verso la tesi del maestro, Platone considererà la propria critica come un parricidio.
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