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IL RAZZISMO
Una malattia purtroppo ancora diffusa dopo tante tragedie del passato.
Tipologia D: tema di ordine generale
In antropologia culturale, la disciplina che studia l'evoluzione dei vari gruppi umani, si definisce "etnocentrismo" l'atteggiamento di chi giudica gli altri gruppi etnici esclusivamente in base alla propria cultura ed ai valori che da essa derivano. Da questo comportamento, per estensione, nasce la cosiddetta "paura del diverso", cioè un senso di smarrimento che cogl 737f57h ie chi si relaziona con culture, atteggiamenti, costumi e consuetudini differenti dai propri.
Immaginiamo, ad esempio, il caso di un uomo del XXI secolo che si ritrovi improvvisamente in una tribù primitiva, magari nel bel mezzo di un rituale religioso: quale sarebbe la sua reazione? Di sicuro si sentirebbe disorientato davanti ad un'esperienza così distante da quelle a cui è stato abituato nel corso della sua vita quotidiana.
Superato questo primo momento di giustificato imbarazzo, lo stesso individuo potrebbe mostrare interesse per quello a cui sta assistendo, considerandolo un fattore di arricchimento delle sue conoscenze, oppure potrebbe manifestare disprezzo, ritenendolo espressione di una cultura inferiore a quella a cui appartiene. Se dovesse verificarsi la seconda ipotesi, saremmo di fronte ad un caso di discriminazione razziale.
Il razzismo è infatti un atteggiamento che stabilisce rapporti gerarchici tra le popolazioni umane, esaltando le qualità supe riori di un particolare gruppo etnico, il proprio, rispetto agli altri.
Un atteggiamento discriminante, se supportato da una teoria o da un'ideologia, può indurre al pregiudizio, all'intolleranza e al desiderio di sopraffazione nei confronti di una "razza" giudicata inferiore.
È quanto avvenne in Germania all'epoca del nazismo, quando la teoria della "superiorità della razza ariana" fu il pretesto per la diffusione dell' antisemitismo promosso da Hitler, di cui furono vittime milioni di Ebrei, prima deportati e poi massacrati nei campi di concentramento nazisti. Anche l'Italia fascista, per compiacere al potente alleato tedesco, si rese responsabile di pesanti discriminazioni ai danni dei cittadini italiani ebrei quando nel 1938 furono varate le famigerate "leggi razziali": una macchia disonorevole nella storia del Novecento del nostro Paese!
La tragedia degli Ebrei negli anni della seconda guerra mondiale non è purtroppo l'unico episodio di razzismo nella storia dell'umanità. Ricordiamo il triste fenomeno del colonialismo europeo che, nell'Ottocento e nella prima metà del Novecento, depredò le risorse umane e materiali dell' Asia e dell' Africa, giustificandolo con la presunta superiorità della "razza" bianca. Già prima di allora milioni di Africani erano stati venduti come schiavi nelle piantagioni americane e solo nel 1863 la schiavitù era stata abolita negli Stati Uniti.
Ricordiamo anche il regime segregazionista ("apartheid") imposto nel Sudafrica alla maggioranza di colore, costretta a vivere nei ghetti senza diritti civili e politici, e durato fino agli anni Novanta, quando le lot te dei neri ispirate da Nelson Mande1a hanno ristabilito per tutti l'uguaglianza dei diritti.
Ricordiamo, infine, gli episodi d'intolleranza razziale ai danni di tanti stranieri extracomunitari che hanno abbandonato le loro terre d'origine, martoriate dalla miseria e dai conflitti interetnici, e sono giunti nei Paesi ricchi ed industrializzati dell'Occidente alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro.
Anche l'Italia conosce bene il dramma degli immigrati clandestini e dei profughi: che siano neri, curdi o maghrebini, essi sfidano l'ignoto, spinti dalla stessa disperazione e tentano di raggiungere le coste, pugliesi, calabresi o siciliane, dopo lunghi viaggi in mare su imbarcazioni di fortuna.
La reazione di alcuni nostri connazionali purtroppo non è all'insegna della civile accoglienza, ma, troppo spesso, dell'intolleranza e della xenofobia. Si dimentica che, ancora negli anni Cinquanta e Sessanta, molti Italiani del Meridione emigrarono in America e in alcuni Paesi del Nord dell'Europa per trovare un impiego più stabile, patendo probabilmente gli stessi disagi di tanti extracomunitari che attualmente vivono in Italia.
In tanti Paesi dell'Occidente ancora oggi continuano a verificarsi episodi di discriminazione e d'intolleranza nei riguardi di minoranze etniche e religiose, nonché degli immigrati. Sembra un controsenso che ciò avvenga proprio quando la "rivoluzione digitale" sta avvicinando tutti e rendendo il mondo davvero un "villaggio globale". Pensiamo ad Internet che, seppur virtualmente, ha ridotto le distanze geografiche e culturali davvero un "villaggio globale". Pen
siamo ad Internet che, seppur virtualmente,ha ridotto le distanze geografiche e culturali
tra i vari continenti, favorendo la comunicazione a distanza tra persone che pensano, parlano, si comportano in modo differente. Evidentemente, attraverso il monitor di un computer, non può manifestarsi quella "paura del diverso" a cui si accennava prima.
Bisogna interpretare in modo corretto il significato del concetto di "diversità": è del tutto ovvio ed anche interessante che una persona dalla pelle nera sia diversa da una che ha la pelle bianca, così come lo è chi professa la religione cattolica rispetto ad un musulmano o ad un buddista; l'importante è non considerare l'uno inferiore all'altro.
Finché il confronto con "l'altro da noi" sarà considerato una fonte d'arricchimento culturale e spirituale, non ci potrà essere razzismo ed ognuno sarà in grado di relazionarsi senza alcun pregiudizio con i numerosi "diversi" che incontra nella vita di tutti i giorni.
Infine bisogna rilevare che è fuori luogo ormai usare l'espressione "razze umane": le "differenze" tra gli individui non sono riconducibili a presunte "razze", come per gli animali, geneticamente determinate. Lo hanno dimostrato abbondantemente, se mai ce ne fosse stato bisogno, le recenti ricerche sul DNA e sul genoma umano. È piùgiusto e scientifico parlare di "etnie", a significare l'importanza delle diversità culturali sedimentate dai percorsi storici dei popoli.
Si scriva un saggio sulla prospettiva di una società multietnica, aperta all'incontro di più culture, che sembra profilarsi in un prossimo futuro.
Tipologia B: saggio breve Ambito: socio-culturale
Divisione in paragrafi:
1) La multietnicità come fattore di arricchi
mento della società
2) La necessità di far cadere ogni pregiudi
zio e di promuovere l'accoglienza
3) Il ruolo della scuola nell'educare alla
tolleranza ed alla comprensione di altri
popoli e culture
4) Il mantenimento delle "radici" culturali
nazionali pur nella prospettiva della
multietnicità
1) La nostra società si va configurando sempre più come multietnica e pluriculturale: il riconoscimento della differenza come valore è il fondamento di una nuova concezione, più adeguata, della democrazia, che non esiste come una realtà data una volta per tutte, ma come qualcosa di perCettibile.
Certo, la concezione che abbiamo noi oggi della democrazia, è diversa, ad esempio, da quella che si aveva nell'Atene dell'età di Pericle ed assegna rilevanza e valore alla pluralità e alla diversità.
Questo non significa adagiarsi nella tolleranza di comodo di un pigro relativismo, ma apre la strada ad un'etica della responsabilità che può diventare un efficace antidoto all'intolleranza ed al razzismo. Il sponsabilità che può diventare un efficace
antidoto all'intolleranza ed al razzismo. Il
riconoscimento della differenza, sia essa etica, religiosa o di costume, apre la possibilitàal dialogo fra le culture, alla comunicazione fra i popoli, quindi contribuisce a distruggere stereotipi culturali e pregiudizi.
È una nuova cultura che deve farsi strada e che, in un mondo segnato dalla plurietnicità, deve favorire una vera e propria civiltà dell' accoglienza, in grado di rendere praticabile l'incontro fra i popoli. Già nel nostro quotidiano, gli immigrati, coloro che professano altre fedi religiose, i diversi da noi non devono essere considerati come l' "inquinamento" di una presunta purezza ed integrità della nostra civiltà, come purtroppo, in un passato nemmeno troppo lontano, certi pregiudizi razziali inducevano a pensare, ma devono essere visti come un autentico arricchimento portato alla nostra società.
D'altronde, la stessa storia ci addita, quali esempi di società dinamiche, quelle in cui più popoli, più culture si sono incontrate: ne era un esempio ieri Roma, la capitale di un impero grande quanto il mondo allora conosciuto, che era un autentico crogiuolo di etnie provenienti da tutte le sue province; ne è un esempio oggi la società americana, dove l'accelerazione del progresso è stata favorita dalla mescolanza di tante etnie, conseguenza del sovràpporsi delle diverse ondate migratorie.
2) La società multietnica e pluriculturale non può essere assolutamente la societàdella discriminazione e dell' emarginazione. In essa deve invece diventare operante il principio dell'accoglienza. La consapevolezza che chi vit<ne, magari da molto lontano, a portare il contributo della sua operositàe della sua intelligenza, perché nel suo Paese non gliene si dà la possibilità o, peggio, lo si perseguita, deve renderei disponibili ad accoglierlo con calore ed entusiasmo, oltre che con quel pizzico di curiosità che generalmente accompagna, nelle persone intelligenti, l'incontro con il nuovo. Deve pertanto cadere ogni pregiudizio, rivelatore di scarsa intelligenza, di limitata curiosità e di paura del nuovo e del diverso, che impedisce ogni incontro e ogni confronto.
3) La scuola può far molto nell'educare le giovani generazioni all'incontro con le altre culture e le altre etnie. In primo luogo, in molte aule, soprattutto delle scuole materne, elementari e medie, accanto agli scolari italiani già siedono tanti bambini e ragazzi figli d'immigrati extracomunitari; ed è molto bello vedere nelle classi delle nostre scuole degli spicchi di mondo. In secondo luogo, la scuola, lungi dall 'insegnare discipline astratte ed estranee alla vita, deve far sentire più vicini a noi i popoli lontani e deve far conoscere genti diverse attraverso l'incontro con le altre culture. In terzo luogo, una scuola democratica, che opera in un Paese democratico, fonda la sua azione educativa sul principio della tolleranza e del libero confronto delle idee.
4) Questo non significa che devono essere smarriti i valori della propria identitànazionale e le proprie radici. Come, ad esempio, fino ad oggi abbiamo apprezzato'
che fossero conservate le radiei "locali" di un' entità più ristretta di quella nazionale, quale poteva essere quella etnica o regionalistica, così adesso devono essere relazionati i valori nazionali con quelli più ampi, aperti all'incontro fra le culture ed i popoli. Tutto ciò, insomma, che arricchisce il patrimonio culturale umano deve essere valorizzato.
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