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Mezzi di protezione:
Pacciamatura: La pacciamatura con film plastici, è un mezzo di protezione in estensione per molti paesi europei. Viene impiegato prevalentemente il film di polietilene a bassa densità (PE) di colore nero e di spessore di 0,05 mm, a bassa densità, seguono i film trasparenti di grigio fumo e colorati. Introdotto film plastici in PE foto-degradabili dello spessore di 0.02 mm con durata differenziata. Questa innovazione permetto minori problemi ambientali.
Reti in plastica:
l'impiego di reti in plastica, in agricoltura p iniziato negli anni 60. le reti antigrandine per esempio si sono diffuse dapprima nelle colture a frutto nel nord Italia, poi nel sud. Per quanto riguarda le reti di ombreggiamento si sono diffuse principalmente in floricoltura per la protezione di serre. Per quelle frangivento invece la stima degli impianti è più difficoltosa in quanto la loro applicazione non è ancora specifica.
Difesa con razzi antigrandine: questi razzi anti-grandine allo ioduro di argento riguarda soprattutto le aree frutticole, per la maggior parte il Piemonte e Lombardia con oltre l'85% della superficie protetta complessivamente.
Tunnel: la diffusione dei tunnel di piccola e media dimensione secondo stime del 1982 ha raggiunto una superficie a livello mondiale di circa 130.000 ettari con un incremento rispetto al 1971 di oltre 160%.
L'impiego di questi tipi di tunnel favorisce la protezione soprattutto in primavera per le cucurbitacee. Per la copertura si utilizzando film plastici in PE dello spessore di 0,1 mm ed in minore misura film di PVC e copolimeri PE-Vinicl Acetato.
Serre: La serra secondo una stima di 160.00 è con coperture costituite dal 80% da plastica ed il 20% da vetro. Considerando il livello tecnologico delle serre esiste una larga variabilità e tipologie che non rende perfettamente confrontabili le diverse situazioni nazionale e le diverse possibilità di controllo degli elementi del clima. È pertanto nelle condizioni climatiche più severe che troviamo le serre più perfezionale e gli impianti di condizionamento più sofisticati. Protezioni anti gelo al sud delle serre; innovazione tecnologica delle serre.
Nella nostra sierricoltura sono presenti pertanto le seguenti linee di sviluppo:1) estensione delle protezioni a basso costo ma on buona efficienza termica in grado di migliorare le naturali condizioni climatiche nelle aree a vocazione orticola; queste presentano rapidi ammortamenti e assenza di problemi in ordine a concessioni e costruzioni. 2) Miglioramento delle tecnologie impiegate nelle serre destinate alla colture intensive florovivaistiche n relazione alle esigenze del contenimento dei costi energetici e di impiego della manodopera.
Questi tipi di protezione riguardano sporatutto ma non esclusivamente, le colture di pien'aria svolte in epoca normale. Comprendono la difesa dai venti, dalla brinda dal gelo, dalla grandine, dall'eccesso di illuminazione e di calore non la protezione del suolo per impedire il raffreddamento e l'eccessiva evaporazione.
Frangivento: I frangi vento, oltre che ad attenuare gli effetti meccanici del vento svolgono una azione trasportevo riducendo l'evaporazione e la traspirazione, determinando un aumento di umidità relativa ed un incremento nell'assorbimento di CO2.
Gli effetti sulla temperatura sono molto variabili secondo GUYOT, durante la notte il frangivento determina un abbassamento della temperatura di 1-2° C mentre durante il giorno la temperatura aumento quando il suolo è nudo; se invece il terreno è coperto di vegetazione, diminuisce in clima subumido ed aumenta in clima molto umido o molto secco.
I frangivento riducono anche l'intensità delle brinate e delle gelate originate per convezione da afflussi di aria fredda, trattengono poi i fumi, le esalazioni nocive e le sospensioni marine trasporta- te dal vento. Queste azioni determinano aumenti di produzione che sono in rapporto all'efficacia della difesa ed alla durata dell'avversità. A1lorche una zona venga colpita da venti freddi o da correnti caric 959i82j he di salmastro, il frangivento è indispensabile per impedire gli abbassamenti di temperatura nella zona protetta o l'azione nociva del cloruro so dico e dei «detrsivi» sulla vegetazione. Un classico esempio è dato dalle zone orticole di Chioggia, dove le protezioni costituite dai cosiddetti «pare» e «contropare» difendono gli orti dai venti freddi di NE (Bora) e quindi dagli abbassamenti termici improvvisi.
Non sono però da trascurare alcuni effetti negativi di questo tipo di protezione, e precisamente: l'azione ombreggiante soprattutto quando sono orientati E-O; la competizione degli apparati radi- cali che diminuisce il rendimento delle piante colti- vate in vicinanza dei frangivento vivi; l'aumento del pericolo delle brinate primaverili collegato al minor movimento d'aria e quindi alle maggiori perdite di calore per irradiamento, ed oltre la maggiore incidenza degli eccessi termici con aumenti di te-mpera- tura superiori a 5° C, nelle zone calde.
D'altra parte la loro efficacia dipende soprattutto dall'altezza e dalla permeabilità alle correnti aeree. La protezione permeabile riduce parzialmente la velocità del vento, ma ha un'azione più prolungata, fino a venti volte l'altezza del riparo, secondo GUYOT (3). AI contrario un frangivento impermeabile pro- duce una forte riduzione in vicinanza della protezione, ma per una distanza più limitata, e cioè 6-8 volte la sua altezza (Fig. 4.2).
La permeabilità ottimale è dell'ordine del 50% in modo da non interrompere il moto della massa d'aria in movimento evitando quindi la turbolenza a valle del riparo; anche 10 spessore può avere una certa influenza, in quanto il frangivento di maggior spessore crea movimenti vorticosi.
La zona d'azione del frangivento varia ancora a seconda della velocità del vento e della sua turbo- lenza (Fig. ~3) e dell'angolo di incidenza rispetto al riparo.
La massima azione frenante è ottenuta ponendo il riparo in posizione perpendicolare rispetto alla
direzione delle correnti dominanti, disponendo i frangivento ad una distanza di due-tre volte la loro altezza.
I frangivento possono dividersi in due categorie a seconda- del materiale di cui sono costituiti: frangivento secchi e frangivento vivi. I primi possono essere fissi o mobili e formati da rami, sostenuti da in- telaiature molto semplici; sono adottati soprattutto negli orti stabili o anche nelle colture floreali, dove si opera sopra piccole superfici e non è conveniente sacrificare grandi aree alla costituzione di frangivento arborei. Queste protezioni hanno una durata di tre-sei anni, possono raggiungere una altezza assai variabile da 0,80 a 3 metri e quindi debbono essere disposti a breve distanza l'uno dall'altro e talvolta inclinati per offrire minor resistenza al vento.
In senso trasversale alle protezioni principali [xxxxx] à distanza doppia di quelli principali per ottenere la diminuzione della turbolenza e la difesa dai venti provenienti da più direzioni; questo sistema è valido sia,per i trangivento secchi che per quelli vivi.
Negli ultimi anni si è sviluppato l'uso di frangi- vento in materiale plastico, i quali, anche se più costosi, offrono notevoli vantaggi di ordine tecnico in relazione anche alla durata, che sembra raggiungere i 10 anni nel caso delle reti tessute od estrose ad alta resistenza; a seconda della fittezza delle maglie si hanno reti che permettono di ottenere una riduzione della velocità del vento dal 30 all'80%.
Le reti di più largo impiego sono quelle di me- dia fittezza (50% di permeabilità) tessute in monofilamenti di PE ad alta densità. I teli alti m 2-3 sono provvisti di cimose nel senso della lunghezza per consentire il fissaggio alla pala tura di sostegno, in cemento o legno, e risultano assai pratici e convenienti per la facilità e la rapidità di messa in opera e di spostamento, ed inoltre, essendo costituiti da materiale semitrasparente, non generano zone d'ombra (Fig. 4.4).
Nelle regioni a clima molto mite, come in Sicilia, Calabria, Sardegna, queste protezioni trovano una grande utilizzazione per le colture precoci, continuando la tradizione dei frangivento morti, ed of- trono una valida alternativa alle protezioni più complesse che prevedono le coperture in materiale plastico. Se alle reti è chiesta anche la funzione di eliminazione della salsedine occorre ridurre la permeabilità al 30%. I frangivento vivi possono costituire protezioni di altezza diversa, da 2 a 10-15 metri, a seconda delle specie impiegate. Richiedendo un certo numero di anni per il loro accrescimento debbono essere previsti in anticipo ed in base all'utilizzazione del terreno.
Si cercherà pertanto di impiegare specie a rapi- do accrescimento ed a foglia persistente, ma è anche importante che si tratti di specie poco esigenti, rustiche e con apparato radicale a sviluppo verticale piuttosto che orizzontale, di facile moltiplicazione, a chioma ben sviluppata in altezza e poco in larghezza (ingombro ridotto), flessibili al vento e resistenti alla rottura dei rami. Debbono inoltre presentare attitudine al ricaccio ed assoggettarsi al taglio, in quanto la produzione legnosa che se ne trae non è . da sottovalutare.
È per questo che si impiegano filari doppi o muitipli, che assicurano alternativamente la prote zionè e la produzione legnosa. In attesa che gli alberi abbiano raggiunto 10 sviluppo sufficiente, si possono coltivare nella zona da proteggere piante erbacee come mais, segala, girasole, ecc... intercala- te ogni 20-25 metri; questo sistema può dare risulta- ti apprezzabili nelle specie ortive a taglia bassa.
Tra le specie arboree che vengono più comune- mente impiegate e che sono caratterizzate da un rapido accrescimento ricordiamo il pioppo, l'ontano, il salice, il platano, la robinia, l'olmo siberiano, gli Eucalyptus, le acacie ed alcune conifere del genere Pinus, Cupressus, Chamaecyparis e Thuya.
L 'effetto del frangivento sulla produzione è assai variabile e dipende oltre che dalla sua natura, dalla durata e dalla intensità dell'avversità, nonche dal clima in cui si opera. Gli incrementi di produzione rilevati su colture di fagiolo in Francia sono stati del 48%, mentre nelle Antille, sulla patata, sono stati del 19-23% sul carciofo in Francia del 24%. In clima secco alla Guadalupa (GUYOT) sono invece stati rilevati decrementi di produzione sul fagiolo del 30%.
Oltre all'aspetto quantitativo della produzione non è da trascurare quello della precocità, in quanto questo tipo di difesa consente di anticipare il tra- pianto primaverile. Posti a protezione delle serre i frangivento consentono notevoli economie di riscaldamento.
4.2. Mezzi antibrina e antigelo
Qualora non sia possibile adottare protezioni di semiforzatura o forzatura per impedire gli abbassa- menti termici, condizione abbastanza frequente nel- le colture da frutto ed in quelle da orto e da fiore di pieno campo, il problema delle gelate e delle brinate risulta ancora di piena attualità; vediamo per- tanto come può essere affrontato.
Come prima indagine di carattere preliminare l'esame delle condizioni climatiche locali dovrà indi- care quali sono le epoche di impianto che presenta- no una sicurezza abbastanza elevata di sfuggire alle gelate, e le posizioni meno soggette.
Anche 10 stato igrometrico dell'aria influisce sul gelo e sulla brina. L 'umidità infatti agisce in due modi: 1) attraverso la diminuzione dell'irradiamento del suolo e rallentando quindi il raffreddamento; 2) attraverso il passaggio dell'umidità dalla fase gasso- sa a quella liquida (rugiada) con liberazione di calo- re (600 calorie per grammo di acqua). Questa ulti- ma azione provoca un rallentamento del raffredda- mento notturno e molto spesso la temperatura minima della notte corrisponde al punto di rugiada. In pratica la previsione di questo fenomeno permette di stabilire in maniera abbastanza sicura la possibili- tà che si verifichi o no una gelata, attraverso la misurazione con psicrometro della temperatura a bulbo asciutto e a bulbo bagnato.
La misurazione, da effettuare dopo il tramonto del sole, cocente mediante ausilio di un grafico (Fig. 4.6) di .prevedere la formazione di gelo e di brina (P. TABARD).
La difesa vera e propria da questa meteora può essere effettuata con vari sistemi. Non parleremo di quelli indiretti, basati sulla razionale tecnica agronomica ed una opportuna scelta delle specie o delle varietà. Tra i mezzi diretti ricordiamo la combustione di paglia umida, nafta od oli pesanti, oppure di candelotti fumogeni o di sostanze chimiche miscela- te lanciate nell'aria per provocare nebbia artificiale; possono essere impiègate anche stuoie di vario genere e reti tessute in plastica, nonche le stesse reti antigrandine" e da ombreggiamento, tenendo conto che è maggiore razione delle reti a maglia più fitta.
Tutti questi sistemi svolgono la loro azione o riscaldando direttamente raria o rallentando irradiamento notturno e quindi il raffreddamento del- rana vicina al terreno oppure nel caso dei frangivento, impedendo l'accesso di aria fredda che determina le brinate per convezione.
Tra i sistemi di difesa di più vasto impiego oc- correo considerare innanzitutto l'irrigazione antibrina, che oltre ad essere valida nella difesa dalla brina e dal gelo è utile anchè per dilavare le piante dalle sostanze saline trasportate dai venti marini. Questo sistema si basa sull'azione favorevole del- l'acqua d'irrigazione, che ha generalmente una temperatura più elevata dell'aria, e sull'azione del calo- re latente di fusione che si libera quando l'acqua passa allo stato solido (80 calorie per ogni grammo di acqua che si congela). Questa trasformazione quando sia uniforme costituisce un'ottima protezione dei tessuti da un ulteriore abbassamento di temperatura poiche il sottile strato di ghiaccio è cattivo condut\ore ed impedisce il raggiungimento dei valori critici per le piante (Tab 4.1). L'irrigazione deve iniziare quando la temperatura a livello delle piante è di 1-2°C, deve essere continua fino al mattino quando inizia il disgelo e fino a che il ghiaccio non si è completamente disciolto. Questo sistema richiede la disponibilità di grandi quantità di acqua, 20-25 m3/ha/h e di un impianto a «pioggia lenta» con precipitazione di i-2 mm di acqua l'ora che consenta all'impianto di funzionare per molto tempo (fino a 10 ore) senza causare ristagni di acqua sulla superficie del terreno. Si raggiunge una distribuzione uni- forme mediante 20-22 irrigatori per ettaro posti alla distanza di 20-2Z metri, funzionanti alla pressione di 4-5 atmosfere. L 'impiego di impianti di irrigazione antibrina si è diffuso soprattutto in frutticoltura per proteggere le piante nella fase di fioritura ma anche cOlture di pomodoro e di fagiolo sono state protette fino a temperature notturne di -3° C.
Gli impianti di irrigazione a «pioggia lenta» so- no detti anche «polivalenti» in quanto, oltre alla irrigazione vera e propria, consentono di effettuare l'irrigazione antibrina, la distribuzione di antiparassitari, la fertirrigazione nonche la irrigazione colorante, Questi impianti polivalenti sono diffusi in Trentino Alto Adige ed in altre zone friltticole dove si sono sviluppati soprattutto per ragioni di economia di mano d'opera,
Ricordiamo infine una tecnica relativamente nuova per l'Italia, e cioè la difesa dalla brina mediante ventilatori o «macchine a vento»,
Questo sistema si basa sull'impiego di grandi ventilatori, i quali favorendo il rimescolamento impediscono lo stratificarsi di aria fredda al livello del suolo (Fig, 4.8) a seguito dell'irradiamento notturno.
L'efficacia del sistema dipende'dalle caratteristi- che dei ventilatori, dalla loro potenza, dall'altezza di funzionamento, dal diametro dell'elica e dal distanziamento delle singole postazioni; Senza soffermarci sui particolari, tali sistemi prevedono attrezzature alte 9-11 metri con eliche di diametro eleVato (anche superiore ai 5 metri) e con potenze di al- meno 100 HP , L'impiego delle macchine a vento (Fig, 4.9) è risultato conveniente in alcuni ambienti ove per deficienza di acqua non è possibile effettua- re impianti di irrigazione antibrina, e dove le temperature non discendono che molto raramente al di sotto di 5-6° C. Queste considerazioni spiegano il notevole impiego dei ventilatori antibrina in Sicilia (Catania, Siracusa e particolarmente nella zona di Lentini) mentre scarsi risultati sono stati ottenuti nel Trentino Alto Adige.
4.3. Difesa antigrandine
La difesa antigrandine costituisce un problema di antica data, interessando le più importanti colti- vazioni agricole alle quali ogni anno vengono prodotti ingenti danni.
Particolarmente colpite sono le colture da frutto poiche, oltre alla distruzione della produzione del- l'anno, subiscono effetti negativi anche negli anni
successivi.
Tra i sistemi di difesa attualmente disponibili dobbiamo distinguere quelli diretti, che comprendo- no mezzi di lotta attivi di vario genere, quali i razzi esplodenti, i generatori di ioduro d'argento, le reti in plastica, da quelli indiretti che mirano a ridurre i danni subiti dall'agricoltore attraverso varie forme assicurative.
Non è facile indicare quali siano i mezzi più sicuri e convenienti per una difesa efficace, anche perche alcuni dei sistemi sopra indicati sono ancora in corso di sperimentazione o non hanno dato risul. tati definitivi.
4.4. Ombreggiamento
Per quanto riguarda i mezzi di ombreggiamento la situazione è simile a queIla dei mezzi antigrandi- ne: accanto ai mezzi tradizionali (stuoie di paglia o cannucce) si sono inserite le reti ombreggianti in plastica, impiegate essenzialmente neIl'attività f]oricola e vivaistica.
Possono essere utilizzate per ombreggiare semenzai o colture di piena aria (rosa, asparagus, ecc.), possono essere anche applicate neIle serre, sopra o sotto le coperture a seconda dei casi. Si tratta di reti tessute in filo o fettuccina, di colore nero o verde con percentuali di ombreggiamento variabili dal 25 al 50 ed al 70%, larghe 1,5-2 o 3 metri. Si impiegano appoggiate direttamente sopra le protezioni da ombreggiare, ma più frequentemente vengono fissate a sostegni ed opportlJnamente te- se per evi-tare sacche. Quando l'obiettivo della rete ombreggiante è di diminuire oltre alla luminosità, anche la temperatura della serra o del lettorino, è conveniente fissare la rete all'esterno della protezione, a 30-40 cm al di sopra del tetto, in modo da diminuire l'entrata delle radiazioni all'interno; la di- stanza comunque deve essere tale da permettere la completa apertura delle finestrature.
Tali reti si sono dimostrate efficaci anche contro le brinate tardive, sia in colture erbacee ( carciofo ) che arboree, questa azione è maggiore di quella del- le reti antigrandine, data la maggiore fittezza delle maglie.
La loro leggerezza e la facilità con cui possono essere avvolte attorno a rulli ne rendono pratico e funzionale l'impiego. Il costo è più elevato rispetto ad altre reti dato il maggiore impiego di materiale plastico, tuttavia i caratteri di inalterabilità e di du- rata le rendono convenienti. Nella tabella 4.2 sono riportate le caratteristiche tecniche di reti realizzate con fili di poliestere di diverso colore.
Lungo le coste amalfitana e sorrentina le reti ombreggianti sono impiegate per ritardare la matu- razione degli agrumi e per spostarne quindi l'epoca di commercializzazione ad un momento più favore- vole.
FILM PLASTICI
I fattori che ne hanno determinata l'affermazione sono principalmente rappresentati dalla durata del materiale, dalla sua leggerezza e flessibilità, dal- la facilità della posa in opera, che, potendo essere meccanizzata, è realizzabile su grandi estensioni.
In genere gli ottimi risultati colturali accompagnati spesso da un aumento della precocità hanno determinato la diffusione di questo mezzo di copertura del terreno.
Azioni svolte dalla pacciamatura plastica Gli effetti dei films plastici in funzione paccianante sono simili a quelli di altri materiali, tuttavia presentano caratteristiche particolari in relazione alla loro pigrnentazione che influisce sulla tempera- tura del terreno e dell'aria soprastante oltre che sullo sviluppo delle erbe infestanti, determinando quindi risultati e possibilità di applicazione diverse.
Le azioni esercitate dal film plastico riguardano l'umidità, la temperatura, la struttura del suolo, la flora infestante, gli elementi nutritivi e l'attività microbica.
Per quanto riguarda l'umidità del suolo vengono contenute le perdite per evaporazione e di conseguenza le riserve idriche sono mantenute più a lungo. Tuttavia a causa della natura impermeabile del film plastico l'acqua di irrigazione o piovana non viene assorbita in maniera uniforme e si accumula ai Iati delle parcelle pacciamate, da dove poi per imbibizione ed infiltrazione laterale penetra nel terreno. E per questo motivo che la larghezza del film
plastico viene limitata a m 1,10-1,50. Al momento della copertura inoltre bisogna assicurarsi che il ter reno abbia una buona dotazione di umidità, con va- lori prossimi alla capacità idrica di campo.
Durante il giorno i films plastici a seconda del colore, trasmettono direttamente o indirettamente il calore solare, mentre durante la notte trattengono o limitano in misura maggiore o minore I'irradiamento del suolo. La temperatura del suolo viene così influenzata a livello dei valori massimi e minimi, con incrementi positivi più o meno elevati. L 'intensità di queste variazioni dipende dal tipo di plastica impiegato, dall'ambiente in cui si opera e dal periodo di applicazione. L'incremento delle temperature medie diviene sempre più elevato man mano che si passa dall'inverno alla primavera ed all'estate e può provocare in quest'ultimo periodo problemi non in- differenti di applicazione nelle regioni calde. L 'azione della pacciamatura sulla temperatura del suolo può essere influenzata anche dalla parte aerea della coltura pacciamata, che in certi casi può ricoprire interamente la superficie. In tali condizioni l'au- mento di temperatura risulta diminuito e tende a decrescere man mano che le piante si sviluppano (Fig. 4.15).
Rispetto al terreno scoperto si possono rilevare incrementi di 0,5- 7° C di temperatura. Le differenze diminuiscono con la profondità e con l'aumento del teriòre di umidità del terreno.
La struttura del suolo viene conservata più a lungo grazie alla protezione dagli agenti atmosferici; uno degli effetti più significativi è quello riguardan- te la porosità che risulta aumentata per lungo tem- po, fino a profondità di 50 cm, consentendo un mi- gliore sviluppo dell'apparato radicale (ZoCCA).
Un aspetto di carattere agronomico collegato a questa azione è la successione colturale su terreno pacciamato senza ricorrere alla lavorazione del suo 10, in modo da suddividere l'onere della pacciama- tura e delle lavorazioni iniziali fra più colture o più cicli di coltivazione. Le esperienze condottec su me- lone e bietola in coltura successiva sullo stesso ter- reno pacciamato hanno fornito risultati positivi (DE DONATO, ACCA11).
Quando il materiale impiegato non è trasparen- te, si determina un favorevole effetto diserbante at- traverso l'arresto della fotosintesi clorofilliana.
Per quanto riguarda l'effetto sugli elementi nu- tritivi e sull'attività microbica, la pacciamatura, a se- guito delle migliorate condizioni fisiche, idriche e termiche, determina, secondo molti autori, una più rapida nitrificazione dei composti azotaii, negli stra~ ti più superficiali del terreno (5-10 cm di.profondi- tà) ed una maggiore disponibilità di fosforo assimi- labile.
Il processo di nitrificazione può essere inibito quando la temperatura e l'umidità risultano eccessi- ve, cioè sopra 35° C e sopra 1'80% della capacità idrica max (MALQUORI e CEGCONI). La protezione dalla pioggia assicura inoltre minori perdite di azo- to e potassio per dilavamento.
Altri effetti utili riguardarlo l'isolamento della pianta dal terreno con vantaggi di ordine fitosanita- fio, poiche il film nero ad esempio impedisce 10 svi- luppo delle orobanche ed il passaggio delle spore di peronospora. Recentemente è stata messa in evi- denza un'azione repellente del film nero nei con- fronti degli afidi.
La pacciamatura plastica inoltre modifica gli scambi gassosi tra suolo e aria, permettendo una minore dispersione dell'anidride carbonica che si origina nel suolo e che pertanto può essere meglio utilizzata dalla pianta.
Da un punto di vista pratico l'insieme di queste azioni porta ad una diminuzione delle spese di irri- gazione (di circa 1/3), al risparmio di quelle per la sarchiatura e si riflette sulla produzione con aumen- ti del 25-200% ed anticipi di raccolta fino a tre set- timane (LEMAIRE).
L 'apparato radicale in virtù delle migliori condi- . zioni di accrescimento assume uno sviluppo maggio- re e si distribuisce più superficialmente nello strato di terreno più fertile.
Tra gli effetti della pacciamatura plastica si deve ricordare anche la possibilità di controllare la «stan- chezza» del teaeno, determinata da parassiti e fito- fagi ipogei. Le ricerche condotte a Catania, Pisa e Torino nella metà degli anni '80 hanno messo in evidenza i positivi effetti della pacciamatura estiva del teaeno delle seae per 1-2 mesi con film traspa- renti; risultano controllati pyrenochaeta lycopersici, Sclerotinia spp, Verticillium Dahliae, ed in misura ap- prezzabile anche i nematodi galligeni e le erbe infe- stanti. Questa tecnica è conosciuta con il termine di «Solarizza.zione» o di «Pastorizzazione del terreno» in quanto si raggiungono nello strato superficiale del terreno (10-20 cm) temperature di 45-50° C per periodi prolungati, e può presentare le caratteristi-
; che peculiari di un metodo di lotta integrata (GARI- BALDI). Si usano fùm di PE di 0,1 mm di spessore e làrghezza di 10-12 m, distesi sul terreno ben lavora-
.to,"sminuzzato ed inumidito; il telo deve essere ben aderente al terreno e reso ermetico lungo i bordi mediante rintalzatura.
film impiegati e la tecnica di applicazione
La scelta del film deve essere fatta in base all'a- zione prevalente che la pacciamatura è chiamata a svolgere. Gli effetti prodotti dipendono essenzial- mente dal colore o meglio dalla pigmentazione del film impiegato e di conseguenza dalla capacità di traSmissione delle diverse bande dello spettro solare.
Come abbiamo già visto, i films più diffusi sono quelli di colore nero, grigio fumo ed incolore o tra- sparente, mentre altri di diversa colorazione sono in corso di sperimentazione.
Il film trasparente ha un'elevata permeabilità (80% circa) alle radiazioni solari e pertanto deter- mina nel terreno un aumento medio di temperatura di 2-4° C, fino a valori di 6-7° C come è stato da noi rilevato (Fig. 4.15). Ma al tempo stesso, permetten- do I'irradiamento notturno del calore immagazzina- to, consente un 'apprezzabile riscaldamento dell'at- mosfera circostante la pianta, con aumenti della temperatura minima dell'aria di 0,3-0,5° C.
Non sono emerse differenze significative tra la pacciamatura effettuata con cloruro di polivinile (PVC) e quella con polietilene (PE), pertanto il PE è da preferire per il minor costo.
Il film incolore però presenta anche degli incon- venienti, poiche non impedisce 10 sviluppo della flo- ra infestante e determina una maggiore risalita di sali in superficie. Quest'ultimo effetto è provocato dal processo di evaporazione dell'acqua e dalla suc- cessiva condensazione al di sotto del film. Tale azione è nociva per alcune colture sensibili alla sali- nità (fragola) e può sconsigliare di piantare al cen- tro della parcella pacciamata soprattutto se essa è fortemente baulata. Il film incolore può essere con- sigliato per suoli privi di erbe infestanti, per colture molto brevi di cui interessi soprattutto la precocità e nelle località dove ricorrono le gelate tardive, op- pure in climi a forte insolazione diretta dove i film neri, riscaldandosi molto, possono produrre danni; in ogni caso l'impiego di erbicidi selettivi può essere utile per l'applicazione di questo tipo di film. II film nero è impermeabile alle radiazioni visibi- li dello spettro solare, e pertanto risulta inibita la germinazione delle piante annuali e la germogliazio- ne delle perenni. La permeabilità alle radiazioni ca- lorifiche dell'infrarosso è molto bassa ed ha per conseguenza il riscaldamento del film e la diminu- zione dell'irradiamento notturno. La prima circo- stanza impedisce al suolo di raggiungere incrementi di temperatura uguali a quelli conseguiti con film incolore, ed infatti la trasmissione di calore avviene per conduzione tra film e suolo ed è influenzato dalla presenza di spazi vani. L 'arresto dell'irradia- mento notturno rende più costanti le condizioni di temperatura del suolo ed aumenta le escursioni ter- miche a livello della pianta.
Una soluzione intermedia tra il film nero e quel- lo incolore è rappresentata dal film grigio fumo, che risulta parzialmente trasparente alle radiazioni lu- minose visibili (35% circa), mentre continua a tra- smettere in buona percentuale quelle calorifiche dell'infrarosso. II film di questo colore dovrebbe as- sommare i vantaggi del film incolore e di quello ne- ro, aumentando la temperatura del suolo e conte- nendo lo sviluppo delle erbe infestanti. In realtà la luce trasmessa è sufficiente a determinare l'accresci- mento delle male erbe, specialmente quando la temperatura esterna non è molto elevata. II maggior effetto diserbante viene ottenuto in condizioni otti- me di luce e di temperatura, quando le plantule so- no appena sviluppate: la pigmentazione del film gri- gio fumo provoca un considerevole riscaldamento della pellicola, e se questa è in stretto contatto con il suolo, si determina l'ustione delle plantule in via di sviluppo.
È stato provato anche l'impiego di altri tipi di film come il bianco latte, l'alluminato, e di film va- riamente colorati.
I primi due risultano utili per la pacciamatura nei climi caldo aridi, per impedire l'eccessivo riscal- damento del suolo e del film stesso, oppure nelle colture di serra per aumentare l'utilizzazione delle radiazioni luminose analogamente ai fogli di allumi- nio. Questa applicazione è utile specialmente nelle fasi iniziali di sviluppo delle colture, durante i mesi invernali.
La sperimentazione svolta con film colorati o fo- toselettivi (BENVENUTI, PIMPINI) pur mettendo in evi- denza alcuni effetti positivi determinati dalla esclu- sione del visibile e dalla trasmissione dell'infrarosso corto, non ha portato a sviluppi applicativi di rilie- vo, forse a causa di problemi di ordine economico.
Relativamente alla tecnica di impiego ed alla durata della applicazione, occorre distinguere la pacciamatura permanente (per tutto il ciclo della coltura) da quella a durata programmata, quest'ulti- ma è stata sviluppata per evitare il problema del re- cupero del materiale plastico al termine della coltura.
La diffusione della pacciamatura plastica ha de- terminato ipfatti dei problemi di tipo operativo, conseguenti alla necessità di dover rimuovere il ma- teriale al termine delle colture ed anche di tipo am- bientale per le difficoltà di smaltimento. Per far fronte a questa situazione sono stati messi a punto dei film plastici per «pacciamatura a durata limita- ta», che grazie agli additivi incorporati subiscono una ossidazione programmata, attraverso l'azione delle radiazioni solari e della temperatura che por- tano allo sgretolamento e successiva demolizione della plastica (PE) in COl ed acqua. La pacciamatu- ra foto degradabile è realizzata con PE a bassa den- sità con spessori di 0,02-0,03 mm, di colore grigio fumo o trasparente secondo linee applicative scelte in base alle colture ed all'ambiente in cui si opera (Cfr. Fig. 4.18 e 4.19).
Questo tipo di pacciamatura non ostacola la rac- colta meccanica del pomodoro da industria e della patata e quindi amplia le prospettive di impiego della pacciamatura, nel contempo richiede maggiori attenzioni per le lavorazioni finali che dovranno portare in superficie quella parte del film interrato (10-20% ) che altrimenti non verrebbe decomposto.
La pacciamatura plastica veniva inizialmente ef- fettuata pretrapianto o presemina, quindi per l'im- pianto erano previste due operazioni distinte, oggi sono disponibili macchine in grado di svolgere con- temporaneamente le due operazioni (Fig. 4.16) in tempi rapidi (6-12 ore/ha).
Si impiegano film di plastica dello spessore di mm 0,02-0,05 in colture annuali di breve durata, op- pure di mm 0,06-0,10 in colture a più lungo termine per una larghezza variabile da 0,80 a 1,10 m. Teli di maggiore larghezza (6-8 m) vengono impiegati in serra per realizzare una pacciamatura totale; in questo caso oltre agli effetti già ricordati si raggiun- ge il contenimento della U.R. in serra-
I film plastici possono essere predisposti di fori di 4-5 cm di diametro in 1-2 file e distanze diverse a seconda del tipo di coltura cui sono destinati (melo- ne o fragola).
In molte colture precoci ad impianto primaverile la pacciamatura plastica è abbinata a quella dei tun- nel.
Risultati coltura li
I risultati colturali ottenuti mediante l'impiego di films pacciamanti variano da specie a specie, ma in generale appaiono più evidenti nelle Cucurbita- cee (ROWE-DU1TON) piuttosto che in altre specie. Queste differenze dipendono dalle particolari esi- genze termiche ed anche dallo sviluppo dell'appara- to radicale; i maggiori effetti della pacciamatura ri- levati sul melone rispetto al pomodoro vengono at- tribuiti' da CAROLUS e DOWNES alla conformazione dell'apparato radicale che nella prima specie risulta molto più ramificato e superficiale e quindi in grado di utilizzare più ,convenientemente le migliorate condizioni di temperatura e di umidità provocate dalla pacciamatura, Analogamente buoni risultati si ottengono nelle sp~cie ad apparato radicale ridotto come ad esempio nella fragola.
In relazione ane condizioni pedoclimatiche, l'ef- fetto della pacciamatura risulta più evidente in con- dizioni di clima secco ed in assenza d'irrigazione. Infatti prove condotte in clima umido a Torino su melone e cetriolo (DE DONATO, ACCATI, LUPPI, QUA- GLIorn) non hanno mostrato sensibili interazioni tra pacciamatura ed irrigazione. L 'irrigazione tuttavia risulta indispendabile nella maggior parte delle col- ture pacciamate svolte nelle regioni centro-meridio- nali nel periodo primaverile-estivo (fragola, melone, pomodoro ).
Un ulteriore elemento di variabilità nei risultati della pacciamatura è costituito dalla scelta varietale, infatti è stato accertato che in alc\:1ne specie,deter- minate varietà hanno un'attitudine più spiccata alla coltura pacciamata rispetto ad altre, e cioè si deter- mina una interazione tra varietà e pacciamatura.
Sulla fragola la pratica della pacciamatura è di- venuta insostituibile in coltura annuale e poliennale sia per gli effetti riguardanti l'anticipo di maturazio- ne, variabile entro limiti di 5-15 giorni, sia per quel- li concernenti le migliorate condizioni sanitarie dei frutti. In questa specie la pacciamatura determina l'annullamento dei danni da marciume, più favore- voli condizioni di raccolta, risparmio di mano d'o- pera e possibilità di raccogliere anche dopo una pioggia. Si deve infine ricordare che si ottiene un aumento di produzione totale pari al 10-30%. La pacciamatura viene effettuata pretrapianto con film nero od incolore; in quest'ultimo caso è indispensa- bile il trattamento erbicida o quello fumigante (Ro- SATI, ZAMBONI), quando oltre alle infestanti esiste il problema della stanchezza da nematodi o da tra- cheomicosi. Se si vuoI raggiungere un buon anticipo di maturazione è consigliabile il film incolore in quanto la precocità è direttamente proporzionale all'aumento di temperatura del suolo. Nel complesso pertanto la moderna pacciamatu- ra plastica deve essere considerata uno dei più effi- . caci interventi agronomici in grado di risolvere alcu- ni essenziali problemi di tecnica colturale ( diserbo, precocità,riserve idriche, aspetti sanitari). I risultati colturali sono comunque legati alla razionalità del.- l'applicazione ed alla possibilità di effettuare irriga- zioni di soccorso e concimazioni di copertura, L 'irri- gazione può essere realizzata oggi molto più facil- mente con l'impiego di plastocanali po'sti al di sotto del fIlm pacciamante fino a lunghezze di 250 m (ir- rigazione a goccia); la concimazione di copertura viene effettuata con la fertirrigazione ed integrata con la concimazione fogliare, Nelle colture a ciclo breve (insalate) è sufficiente la distribuzione di tutti gli elementi necessari all'impianto,
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