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lezione di Diritto

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lezione di Diritto

Bisogna innanzitutto cominciare dalla nozione di tributo. Nel linguaggio comune spesso si parla di tributi, si parla di imposte, si parla di tasse usando indifferentemente l'uno rispetto all'altro. Come vedremo, si tratta di termini tecnici che hanno dei rispettivi significati. Cio` che e` certo e` che il tributo e` espressione di sovranita` dello Stato, cioe` lo Stato nel momento in cui istituisce un tributo sta esercitando la propria autorita` e che il tributo sia una delle principali espressioni dell'autorita` dello Stato e` dato dal fatto che limite a questo potere e` l'esistenza di un altro Stato; ad es. Io non ho tantissima autorita` ma comunque posso al limite vigilare sull` ordine delle persone che sono all`intreno di quest` aula, pero` non posso chiedere un comportamento alle persone che sono al di fuori perche` ho sicuramente meno autorita` di loro di quanta ne ho su di voi. Questo vale anche per uno Stato che essendo il tributo espressione massima, una delle espressioni caratteristiche dell`autorita` sul territorio, il limite sull`espressione di questa autorita` e` sicuramente il territorio stesso. Quindi lo Stato esercita questa autorita` all`interno dei confini nazionali. Vedremo poi come questo venga poi attenuato nel caso in cui un soggetto viene attratto a tassazione sul territorio dello Stato pur eventualmente non essendo un soggetto residente oppure essendo un soggetto residente ma che svolge la propria attivita` al di fuori dello Stato. Resta pero` il fatto che affinche` un tributo possa essere caratterizzante per un ordinamento, quell`ordinamento deve avere nei confronti del soggetto contribuente una certa autorita` e non altro perche` altrimenti il commando rimarrebbe inattuato.



Allora, quali sono le differenze tra l'imposta, la tassa e il contributo? L'imposta, la tassa e il contributo sono tutti tributo e quindi il tributo e` un termine di riferimento in confluiscono diverse categorie di tributi. L'imposta si differenzia per alcune caratteristiche; in particolare, l'imposta e` un tribute acausale per eccellenza, cioe` e` un tributo che non ha nessun collegamento diretto con l'impiego che poi lo Stato fara` di quell denaro; quindi, confluisce acausalmente, rispetto a una causa specifica, nelle casse dello Stato (Stato come soggetto attivo). Per differenza, la tassa e` quel tributo che per eccellenza trova un nesso di corrispettivita` con il servizio reso. Esempio d'imposta e` l'imposta di regisrto: e` un imposta sull'atto, ad es. su un contratto e quindi non c'e` una causa specifica in relazione ad uno specifico servizio. Esempio di tassa e` la tassa universitaria: a fronte del pagamento di una tassa universitaria vi e` la prestazione di un servizio e la parte specifica dell'obbligazione del contribuente viene direttamente destinata a quell servizio. Poi, il contributo e` invece qualcosa di piu` particolare: presupposto del contributo e` che, a fronte dell'opera pubblica che lo Stato pone in essere, ci sono dei soggetti che godono di un arricchimento a fronte di queste opera, e quindi sono chiamati a un contributo. Comunque, si differenziano rispetto alla tassa perche` e` meno stretto il rapporto tra il pagamento del tributo e l'effetto; e` pero` piu` evidente rispetto all'imposta dove invece questo collegamento viene del tutto a mancare. Per quanto riguarda poi la rilevanza della nozione di tributo, bisogna fare una precisazione. Abbiamo detto che nel codice tributario non troviamo questa definizione e di conseguenza dobbiamo poi verificare tutte le volte in cui il codice o comunque una legge in materia tributaria fa riferimento alla nozione di tributo, in che senso abbia inteso la nozione di tributo. Ad esempio, nell'art. 23 della Costituzione non si parla di tributi ma si parla di prestazione imposta. L'art. 23 detta che "nessuna prestazione personale o patrimoniale puo` essere imposta se non in base alla legge". In merito, la giurisprudenza e la corte costituzionale hanno ritenuto che la prestazione imposta di tipo patrimoniale (che ricomprende anche il tributo) e` una nozione ancora piu` ampia rispetto a quella di tributo. La nozione di prestazione imposta ai sensi dell'art. 23 di tipo patrimoniale e` piu` ampia della nozione di tributo (questo da parte della Corte Costituzionale). Un esempio di prestazione imposta di tipo patrimoniale che non e` un tributo e`la multa o anche una sanzione amministrativa. Inoltre, si evince dall'art. 53 emerge piu` diffusamente che tutti sono tenuti a concorrere alle pubbliche spese in base alla propria capacita` contributiva; anche qui il concorso alla spesa pubblica prescinde dalla valutazione tributaria in senso stretto. Inoltre, in base all' art. 75 della Cost. in tema di referendum abrogativo, in riferimento alle leggi in materia tributaria, e` stato inteso dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale molto molto ampio, cioe` non limitato. Come sappiamo, in materia tributaria non e` ammesso il referendum abrogativo. Allora, ci si e` domandati che cosa si dovesse intendere per leggi tributarie. In merito la Corte Costituzionale ha detto che per legge tributaria ai sensi dell'art. 75 della Costituzione va inteso in senso molto ampio, quindi comprendendo non solo i caratteri sostanziali della disciplina tributaria, ma anche quelli strumentali. In generale, tutte le altre norme, soprattutto in materia di diritti individuali che fanno riferimento al termine tributo o tributario, vengo anche intesi in senso molto ampio. Come esempio vi segnalo l'art.14 che sancisce la inviolabilita` del domicilio: limitazioni a questa liberta` possono essere introdotti soltanto a seguito di autorizzazioni dell'autorita` pubblica. Tutto questo semplicemente per fare un quadro e dire che gia` a livello Costituzionale diverse sono le norme in cui vengono in rilievo I termini tributo e tributario, ma molto spesso assumono una definizione diversa.

Il diritto tributario si divide innanzitutto in una disciplina sostanziale che riguarda principalmente la disciplina del tributo e qualsiasi tributo si caratterizza per una serie di diritti fondamentali; il primo di tutti e` il presupposto, la base imponibile, il soggetto contributivo, il soggetto attivo e l'aliquota. L'aliquota e la base imponibile determinano l'imposta. Questi sono gli elementi fondamentali del tributo e la disciplina fondamentale del tributo costituisce la parte sostanziale del diritto tributario. Esiste poi tutta un'altra parte del diritto tributario che disciplina la procedura, la parte attuativa del diritto tributario, cioe` al di la dell'aver istituito un atto applicativo o un tributo, poi e` necessario provvedere affinche` questo tributo venga attuato nel senso che il soggetto debba provvedere all'autodeterminazione, all'autoliquidazione dell'imposta; e successivamente bisognera`, sempre tramite legge, disciplinare la fase ulteriore dell'attuazione, cioe` nel momento in cui il contribuente presenta le dichiarazioni all'ufficio, poi l'ufficio dovra` procedure all'accertamento; quindi, prima di tutto un controllo informale sulla dichiarazione presentata, successivamente un controllo formale e` eventuale consistente in un accertamento concreto su quello che e` stato dichiarato e eventualmente non dichiarato corrisponde a quanto realmente il soggetto doveva corrispondere; successivamente ci sara` una terza e ulteriore fase che sara` quella della riscossione; in fine ci sara` un'eventuale altra fase data dal contenzioso. Quindi, la fase della dichiarazione e di liquidazione del tributo, la fase dell'accertamento, la fase della riscossione e poi la fase del contenzioso sono tutte fasi della macrofase dell'attuazione che potremmo inserire nella cosiddetta parte procedimentale del diritto tributario.

Si dice poi che il diritto tributario e` una materia di secondo livello nel senso che, e` innanzitutto una materia pittosto recente come scienza di elaborazione anche dottrinale, esso poggia su fondamentali studi e conoscenze di altre materie, innanzitutto il diritto civile, secondo poi il diritto amministrativo e poi la procedura civile ed eventualmente il diritto penale.

Passiamo ora al tema delle fonti. Abbiamo gia` accennato all'art.23 Cost.; questa disposizione di legge costituzionale introduce una riserva di legge; questa riserva di legge e` una riserva relativa perche` si dice "in base alla legge" e non per legge. Se la riserva e` assoluta vuol dire che la materia e` tutta disciplinata per legge; invece, se la riserva e` relativa significa che avro` sicuramente di fronte un ambito in cui necessariamente dovro` disciplinare per legge e un ambito che non necessariamente dovro` disciplinare per legge e quindi potro` disciplinare anche con fonte secondaria. Tra le fonti secondarie per eccellenza noi conosciamo i regolamenti e possono essere governativi, ministeriali, e quelli degli enti locali. Ora dobbiamo domandarci quando siamo dentro e quando siamo fuori. Quando siamo dentro significa che dobbiamo avere come fonte disciplinante una legge o un atto avente forza di legge; quando siamo fuori significa che posso avere una legge o anche una fonte subordinata tra cui il regolamento che per gran parte e` il regolamento degli enti locali (perche` quando noi parliamo di imposta ad es ICI sono in realta` tutte imposte locali e quindi essendo tributi locali vanno disciplinati dagli enti locali; gli enti locali possono emanare i regolamenti); il diritto tributario come fonti importanti sono i regolamenti degli enti locali.

Tornando all'art 23, la riserva di legge nasce con una funzione di garanzia dei singoli; in particolare, nel diritto tributario, per i liberisti, la riserva di legge e` intesa come espressione del principio democratico e del principio di liberta`. Passando all'esegesi dell'art 23 Cost, cosa significa se non c'e` una sanzione, se non c'e` rappresentanza? Significa che la legge, in quanto atto che scaturisce dal Parlamento e quindi dall'esercizio del potere legislativo, e` atto di sintesi della volonta` non solo della maggioranza, che altrimenti andava bene anche un atto di Governo, ma una maggioranza elaborata in seno ad un organo costituzionale qual'e` il Parlamento rappresentativo di tutta la compagine sociale, anche della minoranza. Come abbiamo gia` detto, l'espressione prestazione patrimoniale imposta e`piu` ampia rispetto a quella di tributo; viene ricompresa in questa espressione anche la categoria delle tasse. La prestazione imposta va intesa in senso formale, ma anche in senso sostanziale. Questo e` stato elaborato dalla giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto ci si trovasse di fronte a una prestazione imposta di tipo patrimoniale anche nel caso in cui la prestazione non discendesse da un atto autoritativo in senso stretto, come in senso formale, bensi` anche all'esito di una sorta di ad es. canoni, tariffe telefoniche nel periodo in cui vi era un regime di monopolio. Ma perche` e` cosi` importante stabilire se il canone rai o la tariffa sip sia o meno una prestazione patrimoniale imposta e quindi riconducibili all'art. 23 Cost? Perche` se sta dentro ci dobbiamo porre un problema di riserva di legge; se invece non e` una prestazione patrimoniale imposta perche` e` una semplice contrattazione tra private, ad es il canone sip non era dovuta in ragione di una prestazione patrimoniale imposta ma di una mera contrattazione tra private, a quell punto non saremo di fronte ad un fatto che richiami l'art. 23 tutto cio` dev'essere disciplinato per legge. Perche` ci domandiamo se queste fattispecie stanno o meno nell`art. 23? Perche` se stanno nell'art. 23 sisnifica poi porsi un problema di riserva di legge e quindi porsi un problema di fonti che possono o meno disciplinare quell'aspetto.

Con il termine legge l'art. 23 non si intende far riferimento soltanto alla legge statale o ordinaria in base agli artt. 71-74 Cost., ma a ogni altro atto legislativo, normative avente efficacia formale di legge quale ad esempio il decreto legge e il decreto legislativo. Si ritiene, inoltre, che anche la legge regionale nonche` le leggi delle Province speciali di Trento e Bolzano soddisfino comunque la riserva di legge che e` nell'art. 23 Cost. Allo stesso modo, si ritiene che la riserva di legge sia soddisfatta anche dale fonti comunitarie, che sono di due tipi: il regolamento e la direttiva; la direttiva interessa ai fini della riserva di legge quando si tratti di una direttiva caduta e sufficientemente dettagliata. Queste sono le condizioni in presenza delle quali si puo` ritenere che una direttiva e`direttamente applicabile. Perche` possiamo ritenere che le fonti comunitarie soddisfano la riserva di legge? In virtu` di quale altra supposizione della nostra carta costituzionale? In virtu` dell'art. 11 in base al quale lo Stato autolimita la propria sovranita` soltanto in relazione all'adesione a dei trattati di carattere internazionale; quindi aderendo al Trattato di Roma e ai successive come quello di Maastricht, di fatto si e` autolimitata la sovranita`, ed e` per questo che nel caso di norma comunitaria che interviene in materia tributaria, possiamo ritenere soddisfatta la riserva di legge.

Abbiamo detto che la riserva di legge ex art. 23 e` una riserva relative e non assoluta; cio` significa che la materia non deve necessariamente preceduta e disciplinata per legge, ma bisogna individuare gli ambiti. L'ambito coperto dalla riserva di legge, ambito per la quale la riserva e` da intendere assoluta che dev'essere necessariamente disciplinato per legge, questo ambito lo possiamo identificare con la disciplina di carattere sostanziale del diritto tributario, che e` il presupposto, soggetto attivo, soggetto passivo, base imponibile, aliquota. Si dice, tuttavia, in giurisprudenza che quella legge indica anche solo la misura massima dell'aliquota o fissa I criteri idonei a delimitarla; poi la specificazione dell'aliquota potra` avvenire anche con una fonte di tipo subordinato (es. ICI ogni anno viene indicato un tetto minimo e massimo e poi e` demandato ai Comuni la possibilita` di fissare l'aliquota per quell determinato territorio). Invece, tutto cio` che rientra in quella parte che abbiamo chiamato procedimentale della disciplina (l'indicazione del tributo, accertamento, riscossione, contenzioso) puo` essere disciplinato anche da fonti subordinate; il che non significa che troveremo solo regolamenti che disciplinano l'accertamento, significa che troveremo la legge, ma potremmo anche trovare dei regolamenti, cosa che invece non potremmo trovare nella disciplina dei presupposti.

Ritornando sulle fonti, allo Stato, ai sensi dell'art. 117 Cost., e` attribuita in via esclusiva la potesta` di disciplinare il sistema tributario dello Stato e di stabilire i principi fondamentali del sistema tributario complessivo. Esiste poi anche una disciplina concorrente. Esiste poi anche l'art. 119 il quale proclama l'autonomia finanziaria delle Regioni. Pero` la giurisprudenza e la Corte Costituzionale hanno inteso in maniera molto restrittiva la possibilita` di istituire tributi propri per quanto riguarda le Regioni; per tributi propri sono da intendersi tributi istituiti anche dalla Regione cioe` si puo` ritenere tribute proprio della Regione quello che la Regione ha fin dall'inizio istituito. E siccome fanno parte dei tributi c.d. regionali e locali oggigiorno sono stati istituiti con legge dello Stato perche`? L'ente locale che fonte ha? Ha solo il regolamento. E quindi ad es. per istituire l'ICI si deve disciplinare il presupposto, ma per disciplinare il presupposto, siccome c'e` la riserva di legge, deve intervenire una legge dello Stato. Tutto questo per dire che, mentre sul libro troviamo una bella modifica del Titolo V della Costituzione, di fatto la Corte Costituzionale ha mirato molto a restringere la portata dell'innovazione della disposizione. Quello che pero` e` importante alla luce della riforma del Titolo V, e` che mentre prima quando si studiava il diritto ed eventuali antinomie si risolvevano in base ai criteri di gerarchia, di specialita` e di competenza, oggi con la riforma del Titolo V opera il principio della gerarchia ma solo nell'ambito della competenza: se esiste una competenza esclusiva e una competenza concorrente, ha senso parlare di gerarchia solo nell'ambito della competenza concorrente perche` se la competenza e` esclusiva io non mi devo piu` porre un problema di gerarchia: anche se ho una fonte regionale che disciplina quell'aspetto non la posso comparare con una legge statale perche` ho un ambito di disciplina esclusiva. Quindi, oggi la gerarchia e` un criterio esistente soltanto nell'ambito della competenza concorrente.

Andando avanti con l'analisi delle fonti, passiamo ad analizzare i decreti-legge. I decreti-legge sono dei provvedimenti provvisori con forza di legge, e quindi soddisfano parimenti alla legge formale la riserva di legge. Sono provvedimenti provvisori perche` sono suscettibili di cadere se non convertiti in legge entro sessanta giorni dalla presentazione del Governo in Parlamento; sono subordinate nel caso di straordinaria necessita` od urgenza. In materia tributaria si assiste ad un abuso dello strumento del decreto-legge, tra gli anni '70-'90; si e` assistito spesso poi alla reiterazione da parte del Governo a ridosso della scadenza. Il decreto-legge e` immediatamente applicabile e quindi in materia tributaria ha una utilita` specifica, tecnica; tutte le volte in cui si deve intervenire, ad es. su un'aliquota o su un'imposta in relazione soprattutto alle imposte indirette, si e` proceduto attraverso i decreti-legge. Nel momento in cui si e` andato ad approvare lo Statuto del Contribuente, si e` sentita la necessita` con l'art. 4 della legge 212 Statuto del contribuente, di affermare che non si puo` disporre con decreto-legge l'istituzione di nuovi tributi ne` prevedere l'applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di contribuenti. Questo risponde al problema che era sentito come attuale. Pero` lo Statuto del contribuente e` la legge 212 del 2000 che e` una legge di tipo ordinario e in quanto tale non puo` certamente prevalere sulla portata dell'art. 77 Cost. che non introduce nessuna di queste indicazioni con riferimento al decreto-legge e di conseguenza se io mi trovero` di fronte ad un decreto-legge che istituisce un nuovo tribute questo e` incostituzionale? No! pero` lo Statuto del contribuente con l'art.4.

Altra fonte che soddisfa la riserva di legge sancita dall'art. 23 Cost. sono i decreti legislativi disciplinati dall'art. 76 Cost. : consente al Governo l'esercizio della funzione legislativa con determinazione dei principi e criteri direttivi e soltanto per un tempo limitato e per oggetti definiti, a seguito di una delega del Parlamento. In materia tributaria, attenuato l'abuso del decreto-legge, si e` amplificato l'uso del decreto legislativo. Qui l'esigenza e` di portare alcune disposizioni molto tecniche al di fuori del Parlamento che e` il luogo dove molto spesso per ragioni politiche argomenti specifici non hanno grande risalto; argomenti tecnici come la modifica di una parte dell'imposta sui redditi etc.. e` difficile approvarla in Parlamento perche` c'e` una tecnicita` dad over discutere. E` dunque piu` opportuno che certe materie vengano trattate in sede non parlamentare e che siano oggetto di decreti legislativi.

In materia tributaria noi parliamo di codice tributario, ma di fatto noi non abbiamo un codice tributario come esiste il codice civile etc.. abbiamo un codice tributario dove ci sono diversi editori che decidono di fare dei volumi, che chiamano codice tributario, dove a seconda dell'editore decidono di metterci alcune leggi o altre. Non esiste una codificazione sistematica, ma abbiamo un tipo di legiferazione frastagliata che si va poi a sovrapporre. Spesso pero` il legislatore ha ritenuto utile intervenire con l'emanazione dei testi unici: il Testo Unico nasce meramente con una funzione compilativa, dove dentro si mettono tutte le disposizioni vigenti al momento su quella materia. Quindi, questi testi hanno un'efficacia meramente compilativa. Oppure esistono dei testi unici che fanno il punto sulla disciplina di quell determinato tributo, non soltano in senso compilativo, ma anche in senso migliorativo ovvero innovativo; e quindi non e` solo un insieme di testi in riferimento di quel determinato tributo, ma anche occasione per ritornare sulla disciplina. A fronte di un Testo Unico delle imposte sui redditi del 1986 n. 917 modificato ad opera del D.lgs. 344 del 2003 che ha totalmente rinumerato il TUIR oggi abbiamo gia` diverse leggi che sono fuori dal testo unico.

Abbiamo detto che la riserva di legge e` soddisfatta dalla legge in senso formale, dalla legge in senso sostanziale e da tutti gli atti equiparati alla legge (legge regionale, decreto-legge, decreto legislativo); il testo unico e` un atto equiparato alla legge. Adesso andiamo a vedere le fonti subordinate: esse non sono coperte dalla riserva di legge. I regolamenti possoso essere di due tipi: i regolamenti di cui alla L. 400 del 1988 "Disciplina dell'attivita` di governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri" dove l'art. 17 da un'elencazione dei diversi regolamenti possibili. Abbiamo i regolamenti esecutivi, integrativi, indipendenti, organizzatori, etc.. In questa elencazione dei regolamenti, a noi quale ci interessa, dato che abbiamo sempre un problema di riserva di legge? Sicuramente sono ammissibili i regolamenti esecutivi perche` sono regolamenti che disciplinano esecuzioni di leggi, e` una disciplina di dettaglio e comunque non ci troviamo in contrasto con la riserva di legge. Allo stesso modo, possiamo avere i regolamenti delegati, cioe` emessi in base ad una norma espresso: qui bisogna avere una legge che delega; c'e` un vuoto in quella determinata materia che devo colmare attraverso il regolamento. Fonti che sicuramente non posso trovare nel diritto tributario ad es. sono i regolamenti attuativi e i regolamenti integrativi perche` nelle materie con riserva di legge sarebbero in contrasto con l'art. 23 Cost. Sempre l'art. 17 co.2 riguarda i regolamenti ministeriali. Vi e` una sorta di gerarchia per i regolamenti ministeriali. Altro tipo di regolamento e` il regolamento degli enti locali: gli enti locali minori (ad es. i Comuni) hanno hanno a propria disposizione esclusivamente la fonte regolamentare. Di grande importanza e` la legge del 1996 poi modificata dal D.lgs. n. 446 del 1997 dove all'art. 52 e` disciplinata la potesta` regolamentare generale delle province e dei comuni. Questo decreto valetto oggi unitamente alla riforma del Titolo V della Costituzione.

Passando alle fonti internazionali, queste sono quelle fonti emergenti dalla partecipazione dello Stato italiano a trattati internazionali. In diritto tributariosorge la necessita` di fare ricoso a questo tipo di fonte quando ci troviamo di fronte a fenomeni di doppia imposizione, cioe` nel momento in cui lo Stato italiano stabilisce che tutti i soggetti residenti nello stato italiano sono assoggettati alle imposte sui redditi, redditi ovunque prodotti anche all'estero ( io sono cittadiono italiano che pero` vado a svolgere parte del mio lavoro in Francia, anche per I redditi prodotti in Francia saro` assoggettato a imposizione in Italia). Il problema sorge quando supponiamo che gli Stati Uniti adottano lo stesso criterio dello stato italiano: il soggetto si trovera` a dover pagare leimposte sia in America che in Italia. Per evitare problemi di doppia imposizione internazionale, l'Italia addiviene a delle convenzioni. Queste convenzioni soddisfano la riserva di legge? La convenzione di per se` forse no, ma di fatto la convenzione e` una legge e quindi abbiamo risolto che per la riserva c'e` una legge a cui far riferimento per trovare la soluzione che ci serve.

Per quanto riguarda le fonti comunitarie, abbiamo visto che quelle che ci interessano sono essenzialmente due: il regolamento e la direttiva. Queste fanno parte di un diritto comunitario primario. Esiste poi un diritto derivato che e` costituito dalle decisioni, dalle raccomandazioni. Riteniamo soddisfatta la riserva di legge per quanto riguarda I regolamenti e le direttive.

Trattando del tema dell'efficacia delle norme tributarie nel tempo, dobbiamo rifarci alle norme genereli di efficaciadelle leggi; in particolare all'art. 10 delle preleggei: le leggi e I regolamenti entrano in vigore il decimo e quinto giorno successivo a quello della pubblicazione sulla gazzetta ufficiale. Questo pone la questione che un conto e` l'entrata in vigore dell'atto normative, altro conto e` l'efficacia. Il legislatore puo` aumentare o diminuire questo termine di 15 gg predisponendo un termine diverso per l'entrata in vigore e puo` altresi` disciplinare il tempo dell'efficacia. Di regola, ai sensi dell'art. 11 delle preleggi, la legge non dispone che per l'avvenire; essa non ha effetto retroattivo. Anche l'art. 3 co.1 dello Statuto del contribuente ribadisce che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Cio` pero` non significa che non avermmo piu` leggi retroattive: primo perche`l'art.11 delle preleggi e`una legge ordinaria; secondo perche` lo Statuto del contribuente e` una legge ordinaria; terzo perche` in Costituzione non abbiamo un principio che vieta la retoattivita` della legge (che e` limitata solo in material penale), ma anche perche` il divieto di retroattivita` non pare sia strettamente supportato e legittimato da altre disp. di carattere Cost. cio` significa che noi dobbiamo sicuramente interpretare le leggi tributarie attribuendole per quanto possible un significato irretroattivo, ma la dove il legislatore intenda attribuire ad esse un efficacia retoattiva questa retroattivita` potra` essere portata al vaglio della Corte Costituzionale. La retroattivita` puo` essere di diverso tipo, di diversa intensita`, puo` riguardare la fattispecie, puo` riguardare gli effetti della norma. Quando nulla e` detto in ordine alla efficacia della legge, dobbiamo ritenere che operano le regole generali, cioe` dell'art.10. Tuttavia, quando le modifiche di un legge attengono ad una norma sostanziale, solitamente si ritiene che la legge sopravvenuta riguardera` soltanto le fattispecie che non sono ancora concluse, cioe` a conferma che le fattispecie compiute restano regolate dalla legge anteriore. Diversamente, e` regola generale che le norme di carattere procedimentale hanno efficacia immediata, e quindi si applicano anche ai procedimenti piu` corti (tempus regit actum).

Per quanto riguarda la cessazione dell'efficacia, le norme tributarie, al pari di qualsiasi altra norma di legge, perdono efficacia per tre motivi: primo perche` sono abrogate; secondo perche` sono dichiarate incostituzionali; terzo perche` scade un termine eventualmente previsto ( si tratta di leggi temporanee che spesso consistono in agevolazioni ad es. a seguito di un terremoto). La differenza fondamentale fra una legge abrogata e una legge dichiarata incostituzionale si dice e` che per legge abrogata e` abrogate ex nunc, la rilevazione di incostituzionalita` procede ex tunc, e` come se la norma non fosse mai esistita nell'ordinamento. La dichiarazione di incostituzionalita` nel diritto tributario comporta in capo al contribuente il diritto al rimborso. Analoga e` la situazione che si viene a creare nel caso in cui l'emanazione di una successiva norma comunitaria comporti la disapplicazione del diritto interno per contrasto; l'effetto che si produce e` simile a quello della dichiarazione di incostituzionalita` dove pero` il contribuente non ha diritto al rimborso.




Il diritto tributario si compone di norme sostanziali e di norme procedimentali, quindi si distinguono le norme che rientrano nella parte sostanziale dalle norme che riguardano tutti gli elementi caratterizzanti del tributo, quindi, il presupposto, la base imponibile, il soggetto attivo, il soggetto passivo e l'aliquota. La parte procedimentale si compone di quelle norme sull'accertamento, sulla liquidazione, sulla riscossione e sul contenzioso. Oggi, parleremo delle stesse cose, ma in un'ottica diversa e cioè in un'ottica statica e in un'ottica dinamica, cioè le norme di carattere sostanziale sono poi quelle che vanno a disciplinare il rapporto di debito/credito, che si instaura tra due soggetti e quindi la c.d. OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA . Impostare la sezione di questi termini fa sì che si comprenda, che per risolvere, poi, una serie di questioni si potrà fare riferimento alle norme civilistiche sull'obbligazione e quindi sul rapporto debito/credito. Dall'altra parte vi sono norme che attengono al profilo dinamico, che riguardano la procedura nell'ambito del diritto tributario.

Ora, andiamo ad esaminare i vari elementi essenziali del tributo, innanzitutto il presupposto.

IL PRESUPPOSTO. Molto correttamente, il Tesauro sottolinea che esistono diversi termini di riferimento che si possono trovare. C'è chi parla di fattispecie imponibile, chi di presupposto, chi di fatto generatore, in realtà al di là del termine che si utilizza, quando si fa riferimento ad es. al presupposto si intende quindi far riferimento al fatto, al verificarsi del quale sorge l'obbligo di corrispondere un tributo. Quindi, stiamo parlando di un fatto che si verifica e che siccome quel fatto è stato previsto dal legislatore come fatto rilevante per l'imposizione, nel momento in cui il contribuente pone in essere quel fatto, sorge l'obbligazione a corrispondere un tributo. Es.: due soggetti stipulano un contratto, è un fatto, al verificarsi del quale sorgerà la corresponsione di un'imposta di registro. Un soggetto lavora, percepisce un reddito di lavoro dipendente, il reddito è il fatto, al verificarsi del quale sorge l'obbligo di corrispondere un tributo. Il fatto che si realizza nella realtà, viene portato a conoscenza dal soggetto all'Amm.ne finanziaria, tramite la dichiarazione dei redditi. Il fatto esiste a prescindere dalla presentazione o meno della dichiarazione da parte del contribuente. Ipotesi tipica in cui il fatto esiste e la dichiarazione non c'è è l'evasione d'imposta. Il lavoro dell'Amm.ne è quello di andare a ricercare quei fatti che cmq si sono verificati, ovviamente, lasciando delle tracce evidenti. es. : il reddito di un soggetto. Essendo sorta l'obbligazione tributaria, si deve ottemperare, in base all'art. 53 Cost., all'obbligo di corrispondere un tributo, in ragione della propria capacità contributiva, che sussiste quando il fatto realmente è stato posto in essere. Dunque, il presupposto esiste a prescindere dal fatto che il contribuente abbia presentato la dichiarazione, l'abbia presentata correttamente. Allora, quando l'Amm.ne può procedere all'accertamento? L'ufficio può procedere all'accertamento, partendo dalla dichiarazione del contribuente, quindi per non subire l'accertamento bisogna subito presentare la dichiarazione. Il presupposto è un fatto, che il legislatore ha previsto come rilevante per l'imposizione e al verificarsi di quel fatto sorge l'obbligo di corrispondere un tributo. Siamo nell'ambito dei fatti e quindi il contribuente pone in essere una condotta, facendo verificare il fatto da cui scaturisce l'obbligazione che dà legittimazione all'Amm.ne a procedere all'accertamento. Che poi il contribuente intervenga presentando la dichiarazione, l'imposta è fisiologica, sarà più semplice per l'Amm.ne a procedere. In relazione alle caratteristiche del presupposto, la dottrina distingue le imposte in

IMPOSTE DIRETTE;

IMPOSTE INDIRETTE.

Le imposte dirette sono quelle che colpiscono il reddito o il patrimonio, in quanto viene il collegamento diretto con il presupposto, cioè tra l'imposizione e il presupposto, ad es. l'imposta sul reddito ha come presupposto il possesso del reddito. Le imposte indirette sono tutte quelle imposte che possono essere ad es. l'imposta sui consumi, sui trasferimenti, imposte sugli affari, dove il collegamento non è diretto, ad es. si dice che l'Iva è un'imposta indiretta sui consumi, lì la capacità contributiva da che cosa è espressa? E' espressa dal fatto del valore aggiunto, la capacità contributiva è rappresentata dall'Iva, dal valore aggiunto, cioè io vado ad acquistare un bene e ci pago l'Iva, io che sono il consumatore finale, e quindi è un'imposta indiretta, in quanto indirettamente è ricollegato al presupposto che è indice di capacità contributiva.  

Attualmente, il nostro sistema, per quanto riguarda le imposte dirette, conosce solo le imposte sul reddito, non abbiamo le imposte sul patrimonio.

Per quanto riguarda le imposte indirette, abbiamo le imposte sui consumi, le imposte sui trasferimenti e le imposte sugli affari. Un ulteriore distinzione è quella che dà risalto alla differenza tra imposizione di tipo reale e imposizione di tipo personale.

Un'imposta personale è accreditata dalla dottrina come imposta che si caratterizza prevalentemente di due elementi. Innanzitutto, perchè nel calcolo dell'imposta rilevano delle caratteristiche del soggetto, cioè gli elementi personali del soggetto, ma non solo per questo, anche perché l'imposta è personale in quanto è globale in relazione con il soggetto, cioè preso quel presupposto d'imposta, in relazione a quel presupposto, la prestazione avviene globalmente in un periodo d'imposta, considerando la situazione del soggetto. Es. l'imposta sui redditi, che è l'imposta personale per eccellenza, avviene tenuto conto della prestazione d'imposta e si ricava tenendo in considerazione quali sono le caratteristiche del soggetto, cioè es. l'imposta sui redditi rileva se ci sono figli a carico, spese mediche e così via, cioè l'imposta si connota in ragione delle caratteristiche del soggetto in quel periodo d'imposta e inoltre valuta una serie di situazioni che il soggetto ha posto in essere nel corso di quel periodo d'imposta, perché vedremo, per quanto riguarda l'imposta personale che l'Irpef si calcola sulla base del reddito complessivo che poi tiene conto del fatto che un soggetto, eventualmente, lavoratore dipendente abbia anche un reddito fondiario, un reddito di capitale ed anche un reddito straordinario, sommando tutti i redditi percepiti dal soggetto in quel periodo d'imposta, io avrò la situazione iniziale globale del soggetto assommata ad alcuni suoi caratteri personali e quindi questi due elementi della globalità e della caratterizzazione, sulla base della situazione del soggetto, rendono l'imposta personale.

L'imposta reale, invece, è quella che prescinde dalle caratteristiche del soggetto e che va ad incidere, non essendo un'imposta globale, sul singolo bene, sul singolo cespite e che quindi va valutata in senso oggettivo, in riferimento al bene. Un es. d'imposta reale riferita a un bene è l'Ici. Parlando poi di altri istituti che attengono alla parte sostanziale e in questo caso in relazione al presupposto, che è il fatto assunto come indice della capacità contributiva, al verificarsi del quale sorgono gli obblighi di corrispondere un tributo, attenuazione di questa affermazione sono le previsioni di esenzioni e di esclusioni da parte del legislatore tributario.

L'esenzione è quella qualificazione che il legislatore riconosce ad alcune fattispecie, al fine di non assoggettare all'imposizione che strutturalmente sarebbero rientrate nel presupposto del tributo. In altri termini, le esenzioni sono ipotesi che, ordinariamente, se non ci fosse questa disposizione precisa del legislatore, rientrerebbe nell'imposizione, cioè sarebbero fattispecie rilevanti ai fini dell'imposizione, e che non lo sono fintanto il legislatore ne prevede espressamente l'esenzione. Si tratta quindi di norme derogatorie rispetto alla disciplina del presupposto. Ora, il primo interrogativo è : quali sono gli effetti collegati a fattispecie esenti? Il secondo interrogativo è : qual è il criterio per distinguere una fattispecie esente da una fattispecie esclusa? Qual è l'effetto della fattispecie esente? E' il fatto che la fattispecie non è assoggettata all'imposta. Quali sono i criteri per distinguere le esenzioni dalle esclusioni? E' una risposta un po' complicata per due ragioni. Innanzitutto, non è molto semplice distinguerle, perché, in linea di principio, l'esenzione è una fattispecie derogatoria di un'ipotesi ordinaria, cioè ordinariamente quella fattispecie rientra nel presupposto, in deroga il legislatore prevede una limitazione del presupposto e quindi la conseguenza è l'esenzione e dunque il non assoggettamento all'imposta, tuttavia non è sempre così, nel senso che a volte, il legislatore chiama esclusioni quelle che in realtà sono delle esenzioni, e a volte, chiama esenzioni quelle che in realtà sembrano essere esclusioni. Cos'è allora l'esclusione? L'esclusione è una fattispecie che il legislatore puntualizza o non, rispetto al quale siamo già fuori dal presupposto del tributo per carenza di uno dei requisiti essenziali, affinché rientri la fattispecie nel presupposto del tributo; precisazione che il legislatore ritiene, tuttavia, di dover fare. L'esenzione è un'ipotesi che di per sé rientrerebbe nel presupposto del tributo ordinariamente e che il legislatore interviene puntualmente a disciplinare al fine di renderla esente da imposta. L'esclusione, invece, è qualcosa che già di per sé è fuori dall'applicazione di quel tributo e che il legislatore va a precisare. Perché viene fatta questa precisazione? Perché non è sempre chiaro. Ad es. in materia di Iva esistono diversi tipi di operazioni: imponibili, non imponibili, esenti, escluse. E' evidente che queste operazioni chiamate con termini diversi, non avranno lo stesso risultato in quanto hanno conseguenze operative totalmente diverse. Le operazioni escluse avvengono fuori dal territorio e quindi vengono meno dei requisiti fondamentali dell'applicabilità, venendo escluse dall'ambito dell'applicazione del tributo. Le esenzioni possono essere di tipo diverso: 1- temporanee, 2- permanenti.

Le esenzioni temporanee sono di solito previste in relazione a delle situazioni contingenti, come ad es. facciamo l'ipotesi del terremoto Sempre con riferimento al presupposto, il Tesauro esamina anche le fattispecie sostitutive, fattispecie equiparate e fattispecie supplementari. Il legislatore può stabilire che alcune categorie di fatti siano sottratte dall'applicazione di una o più imposte ad esse ordinariamente applicabili e sino assoggettati ad altri regimi. Un'ipotesi, l'acquisto di una casa, si stipula un mutuo, in questo caso non si paga per l'accensione del mutuo, non viene corrisposta l'imposta di registro, l'imposta ipotecaria ecc., ma sopravviene l'imposta sostitutiva, che è disciplinata dall'art, 15 del D.P.R. 601/1973 ed è un'imposta che sostituisce tutta una serie di tributi: bollo, di registro, ipotecaria ecc. Dunque, imposta sostitutiva significa che il contribuente invece di corrispondere tutti quei tributi, ne corrisponde uno solo che è sostitutivo degli altri. Le fattispecie sostitutive vengono disciplinate dl legislatore e trovano la loro ratio in ragione della semplificazione. Una seconda ratio agevolativi si ha, perché di fatto la tassazione sostitutiva è più attenuata rispetto alla tassazione ordinaria. Ipotesi di tassazione sostitutiva è la tassazione della legge finanziaria nell'ambito delle imposte sui redditi. Altra ipotesi sostitutiva è la tassazione delle rendite finanziarie. Ho detto prima che l'imposta sul reddito è un'imposta personale perché tiene in considerazione la situazione complessiva posta in essere da un soggetto in un periodo d'imposta e che quindi il reddito di un persona si determina sommando le varie categorie di reddito. Abbiamo fatto l'esempio di un soggetto che è lavoratore dipendente ma che produce anche altri redditi: fondiario, di capitale ecc., il reddito sarà dato dalla somma delle varie categorie di reddito. Non è sempre così, perché ad es. il legislatore ha previsto che la tassazione delle rendite finanziarie è assoggettabile ad un regime sostitutivo in determinate ipotesi. Ciò significa che, ad es. nell'investimento nei fondi comuni l'imposta sostitutiva non va in dichiarazione. Altro esempio, l'imposta sostitutiva per le partecipazioni non qualificate, di fatto questo tipo di reddito subisce una sostituzione. L'effetto che la previsione di tassazione sostitutiva produce è un'attenuazione del principio di proporzionalità dell'imposta, perché se l'imposta è personale, in quanto colpisce tutto il reddito globalmente prodotto da un soggetto in un periodo d'imposta e si connota delle caratteristiche del soggetto stesso, più tiro fuori vari pezzi da questo globo che ho costruito, più questo globo si affloscia. La tassazione sostitutiva è utile perché essa avviene, di solito, da parte di un soggetto preposto a questo. La tassazione del fondo comune avviene in capo alla società che gestisce il risparmio e quindi è più comodo per il legislatore prevedere un regime sostitutivo perché ha la certezza di questa imposizione. La quota posseduta nel fondo comune, viene gestita da un intermediario, che corrisponde un tributo per vostro conto e paga l'imposta sostitutiva. Altra ipotesi di fattispecie sostitutiva è la ritenuta a titolo d'imposta, soprattutto nell'ipotesi di rapporti di lavoro e quindi lavoratore dipendente e datore di lavoro. C'è un rapporto di sostituzione, cioè i lavoratori dipendenti devono in busta paga decurtare una quota, che è la c.d. ritenuta, che viene operata e versata dal sostituto d'imposta. Invece, quando si parla di fattispecie sostitutiva, il prof. Tesauro, giustamente evidenzia che tra le fattispecie sostitutive rientra la sostituzione titolo d'imposta. Un esempio di sostituzione a titolo d'imposta è il conto corrente per i cui interessi prodotti esiste un'imposta, quella sui redditi che colpisce i proventi derivanti dall'impiego di capitali, ovvero i soldi depositati in c/c il cui interesse altro non è che un delle fattispecie ritrovate nell'art. 44 del TUIR come produttiva di reddito di capitale e quindi va assoggetta all'imposizione, indicandola in dichiarazione. In realtà così non è, perché il legislatore ha previsto una sostituzione a titolo d'imposta e il sostituto d'imposta è la banca; quindi a fine anno nell'estratto conto si vede un tot euro per ritenuta d'imposta e quella è di fatto un'imposizione sostitutiva, in quanto l'imposizione termina in capo al sostituto a titolo d'imposta, non è richiesto fare null'altro, perché quel reddito non verrà portato in dichiarazione, essendo l'obbligazione tributaria soddisfatta dal sostituto a titolo d'imposta. Quali sono le FATTISPECIE EQUIPARATE e le FATTISPECIE SUPPLEMENTARI. Sia le fattispecie equiparate che le fattispecie supplementari le vediamo specularmente a confronto come ratio con le fattispecie esenti e le fattispecie escluse, cioè, mentre le fattispecie esenti e quelle escluse portano a ridelimitare per rendere più ristretto il presupposto e quindi la fattispecie imponibile, le ipotesi di fattispecie equiparate e supplementari portano, invece, ad ampliare il presupposto del tributo e quindi farvi rientrare anche ipotesi che di per sé non sembrerebbero esservi ricomprese.

Le fattispecie equiparate sono quelle ipotesi in cui il legislatore ritiene di poter ricondurre fatti che non sarebbero di per sé assoggettabili a quel tributo. Es. il reddito complessivo ai fini dell'Irpef determinato con la sommatoria di alcune categorie, tra cui il lavoro dipendente, il legislatore agli artt. Del TUIR del lavoro dipendente in un primo articolo definisce il lavoro dipendente, in un secondo articolo definisce i redditi assimilati al lavoro dipendente, es. classico: le collaborazioni coordinate e continuative, le Co. Co. Co., questa categoria non si caratterizza per un vincolo di subordinazione dove cmq il lavoro viene svolto con una certa autonomia ed organizzazione e tuttavia il legislatore ha previsto sia per le Co.Co.Co., sia per il lavoro a progetto un'assimilazione espressa di queste fattispecie al reddito del lavoratore dipendente e ciò significa che viene ampliata la fattispecie imponibile, così entra in quella categoria chiamata lavoro dipendente, di per sé questa ipotesi non sarebbe stata assoggettata a quel tipo di imposizione perché mancavano alcuni elementi fondamentali per definirlo lavoro dipendente, infatti, la differenza tra lavoro dipendente e lavoro subordinato si basa sul vincolo di subordinazione o sull''autonomia dell'organizzazione del proprio lavoro, in tal caso non saprei dove collocare le Co.Co. Co. e quindi il legislatore dice dove metterle e se non lo dice, non vengono assoggettate ad imposizione, ne prova il fatto che prima le Co.Co.Co. erano inserite nella disciplina del lavoro autonomo, successivamente sono state spostate sotto il lavoro dipendente. Cosa cambia? Molto, perché ogni categoria di reddito ha le sue regole per la determinazione della base imponibile. Altra ipotesi, la borsa di studio è reddito assimilato al lavoro dipendente se il legislatore non prevede espressamente l'esenzione, come ad es. la borsa di studio per il dottorato.

Le fattispecie supplementari funzionano allo stesso modo di quelle equiparate ma che trovano la loro ratio in ipotesi soggette maggiormente a rapporti elusivi, cioè il legislatore si preoccupa di prevedere espressamente fattispecie che altrimenti sarebbero facilmente utilizzabili da parte del contribuente per porre in essere aspetti elusivi.

L'elusione è quel comportamento posto in essere dal contribuente non al fine di evadere l'imposta, ma al fine di corrispondere un tributo in una misura diversa da quella che effettivamente dovrebbe corrispondere, utilizzando degli aspetti negoziali che portano a delineare la fattispecie in modo diverso da quella che tipicamente dovrebbe essere. Ipotesi di fattispecie supplementare, ad es. la tassazione della rinuncia abdicativi, cioè il fatto che, io titolare di un diritto reale, vi rinunci, dovrebbe essere ritenuto un fatto che mi spoglia di un bene, ad es. sono nudo proprietario, rinunciando al mio diritto porto un depauperamento al mio patrimonio e quindi non dovrei essere assoggettato ad imposizione. Tuttavia il legislatore ritiene che questo aspetto spesso viene utilizzato per eludere l'imposta, come d es. l'imposta di registro, perché nell'ipotesi in cui io sono usufruttuario e mio figlio nudo proprietario, rinunciando all'usufrutto si ricongiunge alla nuda proprietà, di conseguenza sto eludendo di fatto un spetto oneroso della compravendita per eludere l'imposta di registro, a tal motivo il legislatore prevede espressamente che la rinuncia pura e semplice di diritto venga tassata al pari di un trasferimento a titolo oneroso.

ALTRE CLASSIFICAZIONI che attengono alle caratteristiche del tributo sono distinzioni che riguardano le fattispecie nel tempo, ovvero, le distinzioni tra le imposte istantanee e le imposte periodiche.

L'imposta istantanea per eccellenza è quella che il contribuente corrisponde una sola volta nella vita es. l'imposta di successione, cioè che è legata ad un determinato tempo e che non si può di fatto ricorrisponderla. Le imposte istantanee colpiscono la ricchezza in momenti virtuali ad es. l'imposta di registro e le imposte sul patrimonio si distinguono dalle imposte periodiche.

Le imposte periodiche sono di diverso tipo: 1- periodiche vere, 2-periodiche non vere o non periodiche. L'imposta è periodica quando viene corrisposta in ragione del reddito prodotto in un determinato periodo d'imposta e quindi rileva soltanto il reddito, il differenziale tra la ricchezza alla fine dell'anno e la ricchezza all'inizio dell'anno, quindi il differenziale. Altra imposta periodica che di per sé non sarebbe periodica è l'Iva, strutturalmente potremmo definirla imposta istantanea perché si corrisponde sui beni e quindi su ogni singolo scambio, su ogni singola prestazione, tuttavia l'imposta viene percepita dal soggetto attivo periodicamente, ma per una questione di semplificazione, perché se ogni volta che si fa uno scambio si dovesse versare l'imposta ci sarebbe caos, a tal proposito si corrisponde periodicamente. Però questa è una qualificazione dell'Iva come imposta periodica diciamo di risultato delle norme procedurali, invece la periodicità dell'imposta sui redditi è un periodicità che rileva dal punto di vista sostanziale, in quanto solo l'ultimo giorno si potrà iniziare a calcolare l'imposta sui redditi,perché solo l'ultimo giorno si saprà effettivamente qual è il differenziale maturato a livello di certezza tra l'inizio dell'anno e la fine. Una volta esaminata la fattispecie tributaria, occorre verificare quali sono gli effetti che derivano dal sorgere dell'entità della fattispecie. Innanzitutto, il primo effetto della fattispecie e il verificarsi fa sorgere l'obbligazione tributaria e quindi l'obbligo di corrispondere il tributo. Quindi,l'effetto principale della fattispecie di imposta è l'obbligazione tributaria, che è un'obbligazione a tutti gli effetti e per verificare quali sono gli effetti che discendono dal sorgere dell'obbligazione si fa riferimento alle norme di diritto civile, nel caso si debba dirimere una questione giuridica per regolare i rapporti tra gli obbligati che in questo caso saranno di debito/credito. Non è vera l'affermazione per cui il cred.re è sempre il soggetto attivo e il deb.re è sempre il soggetto passivo, nel senso che il cred.re è lo Stato e il deb.re è sempre il contribuente. Potrei avere una situazione inversa, cioè la fattispecie di rimborso in cui il cred.re è il contribuente e il deb.re è l'Erario in cui cmq c'è un'obbligazione tributaria e le cui controversie sono trattate davanti al giudice tributario e la soluzione delle questioni giuridiche sono contenute nell'ambito delle leggi tributarie. Quindi, l'obbligazione tributaria va assurta nei suoi effetti di per sé in astratto come rapporto tra deb.re e cred.re, per il resto bisogna calarsi nello specifico; se stiamo parlando di un'obbligazione che sorge all'esito della dichiarazione per errata indicazione di una somma e quindi l'obbligo di corrispondere una maggiore imposta, il cred.re sarà l'Erario e il deb.re sarà il contribuente. Ma, mi potrei trovare anche in una situazione inversa nel caso in cui nello sbagliare ho pagato un somma maggiore, dunque si fa riferimento alle norme del codice civile. Essendo la fattispecie imponibile uno degli elementi del tributo, la disciplina del presupposto deve essere prevista con legge, perché ricade nell'ambito della riserva di legge art. 23 Cost. Passiamo ad esaminare gli altri elementi del tributo quali ad es. la base imponibile e il tasso, cioè l'aliquota.

La base imponibile è concettualmente diversa dal presupposto, anche se volte coincide con il presupposto, ma non necessariamente, cioè nell'imposta sui redditi il presupposto è il reddito e la base imponibile si determina ad es. verificando il possesso del reddito e quindi è incentrata cmq sul reddito. Nell'imposta di registro, evidente, non è così, perché il presupposto è l'atto e la base imponibile è il valore del bene oggetto dell'atto. La misura del debito d'imposta, cioè del debito che sorge con il verificarsi della fattispecie è il debito d'imposta, che è il risultato dalla combinazione della base imponibile e dell'aliquota. In particolare, con riferimento all'imposta: Irpef, Ires e Iva, è importante avere riguardo alle norme della determinazione dell'imponibile e capirne il meccanismo, perché sono tra loro diversificati e portano a risultati diversi, perché calcolare in modo diverso una base imponibile fa sì che il debito d'imposta sia diverso. L'applicazione dell'aliquota alla base imponibile dà luogo al debito d'imposta, si tratta di un rapporto Base imponibile x tasso = imposta.

L'ALIQUOTA può essere di diversi tipi: 1- fissa, 2-proporzionale, 3-progressiva.

L'imposta fissa è quell'imposta che si paga a prescindere dal valore del bene, del fatto, ad es. nella imposta di registro; dunque, abbiamo delle ipotesi in cui il legislatore prevede espressamente il pagamento dell'imposta in misura fissa.

L'aliquota è proporzionale nel caso in cui la variazione è proporzionale rispetto all'ammontare della ricchezza ed è progressiva nel caso in cui l'aliquota aumenti in modo più che proporzionale rispetto all ricchezza. Immaginate gli assi cartesiani, proporzionale vuol dire che la retta è dritta, progressiva la retta è curva, perché se è proporzionale tutti i punti saranno tra loro equidistanti rispetto alla retta, in quanto la tassazione sarà proporzionale in ragione anche della minima variazione della ricchezza.

Progressiva significa che il debito d'imposta crescerà in modo più che proporzionale e quindi con un incremento, con una pendenza maggiore della curva. Finora è stato considerato la sostituzione a titolo d'imposta che dà luogo fattispecie sostitutive nell'imposizione, poiché una parte rimane fuori dalla tassazione in dichiarazione nell'imposta sui redditi; adesso rileviamo sotto il profilo dell'obbligazione l'obbligazione d'acconto, che da un lato sorge tra sostituto e sostituito nel momento in cui la ritenuta opererà titolo di acconto e dunque poi in dichiarazione, di conseguenza è tenuta ad operare un conguaglio, cioè a verificare se dovrà integrare quanto versato dal sostituto a titolo di acconto o se potrà vantare un credito in quanto la somma versata dal sostituto è maggiore di quanto dovuto. L'obbligazione di acconto lega il contribuente nei confronti dell'Erario in ragione dell'operato di un altro soggetto che è il sostituto. L'obbligazione di acconto esiste di per sé anche in capo al contribuente che è tenuto o non, cioè a prescindere dal fatto di essere tenuto al rapporto di sostituzione con un altro soggetto, tanto che tutti in dichiarazione corrispondono entro un data scadenza l'acconto dell'anno successivo. E questa è già un'obbligazione di acconto perché poi in sede di dichiarazione a fine periodo d'imposta, dovrò conguagliare e verificare se l'importo è capiente oppure se deve essere integrato o dà luogo ad un credito. La dottrina ha ritenuto che questo sistema dell'obbligazione di acconto, in realtà, non sia poi del tutto in linea con un'imposizione di tipo personale in quanto colpisce il reddito prodotto in quel periodo d'imposta, visto che l'acconto attualmente è più o meno nella misura del 98% del reddito complessivo. Si ritiene anche che non sia del tutto in linea con il principio di effettività della capacità contributiva, in quanto l'acconto di fatto viene corrisposto sulla base della capacità contributiva che non è di per sé effettiva, ovvero presente nel momento in cui l'acconto viene corrisposto, fermo restando che è un'imposizione in via provvisoria e che poi sarà definito solo all'esito della conclusione del periodo d'imposta. SOGGETTI. Un'obbligazione ha dei soggetti cui il rapporto può essere riferito. Quando parliamo dell'obbligazione in senso astratto, non dobbiamo cadere nell'errore di riferire la condizione creditoria unicamente all'Erario e la condizione debitoria unicamente l contribuente. Analizziamo i soggetti. Primo soggetto che incontriamo è l'Amministrazione finanziaria. La riforma dell'organizzazione del governo e della P.A. è avvenuta con il D. lgs 300/1999 che ha riguardato anche l'Amm.ne finanziaria e quindi è stata in gran parte ristrutturata separando nettamente quelli che sono gli indirizzi politici da quelle che sono le funzioni operative. Le funzioni operative sono state interamente demandate alle Agenzie, mentre le funzioni di indirizzo e controllo sono rimaste presso il ministero. Questo rileva altri fini, ovvero individuare nell'Amm.ne finanziaria i compiti per la fase di attuazione; quando parliamo di Amm.ne finanziaria con riferimento alla fase di attuazione, in realtà, ci stiamo riferendo all'operato delle Agenzie, sono, dunque, le Agenzie che pongono in essere la fase dell'accertamento, attraverso i verificatori, quando sono apparato amm.vo, cioè quando non è Guardia di Finanza, ma vengono dall'Agenzia. Le Agenzie si distinguono in: 1- Agenzia delle Entrate, 2- Agenzia del territorio e del demanio, 3- Agenzia delle dogane. A noi interessa l'operato delle Agenzie delle Entrate. Per quanto riguarda il soggetto contribuente, questi è il deb.re dell'imposta o cmq il soggetto passivo di obblighi verso il Fisco. La dottrina ritiene che il soggetto passivo d'imposta sia il soggetto a cui deve essere riferita la capacità contributiva, e quindi, in quanto titolare di una capacità contributiva, il soggetto è tenuto a corrispondere il tributo. In realtà, in base alla struttura dell'obbligazione tributaria, a volte, la dottrina parla del contribuente come l'obbligato principale, nel caso in cui si trovi in rapporto di solidarietà con altri soggetti. Uno dei possibili modi in cui si atteggia l'obbligazione tributaria è quella della solidarietà, cioè quella dell'obbligazione tra più soggetti. Nel caso in cui ci siano più soggetti coobbligati, il contribuente, soggetto passivo, è cmq un obbligato principale, in quanto il presupposto d'imposta è a lui riferibile; potrebbero, cioè, entrare nell'obbligazione tributaria altri soggetti, che non sono titolari della capacità contributiva, non sono coloro che hanno posto in essere il presupposto, ma che sono cmq chiamati nell'obbligazione tributaria, in funzione di garanzia di tipo patrimoniale. Può succedere che nella stipulazione di un contratto, venga chiesta una fideiussione; anche l'Erario può farlo, mettendo a fianco del contribuente un sostituto d'imposta, che avrà una funzione di garanzia nell'adempimento dell'obbligazione tributaria. Accanto alla ratio della funzione di garanzia c'è la funzione della semplificazione, perché l'Erario, invece, di avere un rapporto obbligatorio con tanti soggetti, ad es. nel caso dei dipendenti dell'Università, quest'ultima sarà il sostituto d'imposta per tutti i dipendenti. Ogni contribuente, dal momento della nascita è titolare di un codice fiscale e possiede un domicilio fiscale. Ogni contribuente è iscritto ad un'anagrafe tributaria, che rileva al fine della valutazione della residenza del soggetto, anche ai fini dell'individuazione della qualifica di soggetto passivo e quindi dell'obbligo di corrispondere il tributo. Ad es. la residenza è il criterio di collegamento discriminante ai fini dell'imposizione sui redditi, un soggetto è ritenuto residente o non, anche in ragione dell'iscrizione all'anagrafe della popolazione residente che integra i dati della popolazione tributaria. L'anagrafe tributaria è un grande sistema informativo che mette disposizione delle Agenzie dati e informazioni, relativi ai soggetti, che possono essere rilevanti i fini fiscali. Ogni contribuente ha un domicilio fiscale in un Comune dello Stato, il domicilio fiscale ha un concetto diverso dalla residenza, l'art. 2 del TUIR, prevede che i soggetti passivi dell'imposta sono le persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato, il 2° co. prevede che ai fini dell'imposta sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritti nell'anagrafe della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi de c.c. La residenza i fini fiscali è disciplinata dl 2° co. e non è ancorata esclusivamente alla residenza i fini civilistici o al domicilio, ma è ancorata anche ad altri criteri, ad es. all'iscrizione dell'anagrafe della popolazione residente, fermo restando che sia l'iscrizione all'anagrafe sia il domicilio,sia la residenza i sensi del c.c. debbono permanere in capo al soggetto per più della metà del periodo d'imposta, cioè la metà di 365 gg. + 1.

Il domicilio fiscale è un nozione di tipo formale, possiamo avere domicilio fiscale in un luogo ed essere residente in altri. Il domicilio fiscale è importantissimo, perché rileva nella determinazione dell'appartenenza dell'ufficio. Dunque, per individuare l'ufficio dell' Amm.ne che può procedere ad un accertamento, occorre far riferimento al luogo eletto come domicilio fiscale. Allo stesso modo, per verificare dove poter inviare un fax per procedere d un rimborso è sempre l'ufficio territorialmente competente dove c'è il domicilio fiscale.

SOLIDARIETA' TRIBUTARIA. L'obbligazione tributaria risponde alle regole generali di diritto comune, per cui è possibile utilizzare anche le regole che discendono dal c.c., ad es. l'art. 1224 c.c., secondo cui i condebitori sono tenuti in solido se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente, questa norma si applica anche al diritto tributario. Ipotesi es. imposta di registro o imposta di successione. Si apre la successione tra tre fratelli, è evidente che sono condebitori nel debito d'imposta, perché tutti e tre sono tenuti corrispondere un tributo. Questa coobbligazione è di tipo solidale, poiché l'obbligazione sorge in capo tutti e tre, che sono condebitori solidali paritetici, in quanto coobbligati tutti e tre in via principale, in ragione del medesimo presupposto che è l'apertura della successione del de cuius e rispetto al quale essi sono coeredi. Gli eredi saranno coobbligati solidalmente in via paritetica, ovvero, l'adempimento di uno estingue l'adempimento di tutti, fermo restando il diritto di rivalsa, quindi il regresso per la parte che eccede il proprio debito. Ciò significa, che nei rapporti solidali in vi principale il soggetto resta inciso unicamente per quella parte del presupposto a lui riconducibile, rispondendo, dunque, al principio generale dell'art. 53 Cost. per cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva. Diversamente il sistema non funzione e la norma diventa incostituzionale ed è per questo che deve essere sempre consentito il diritto di regresso al coobbligato principale in quanto alla fine ognuno dovrà corrispondere il tributo in ragione della propria capacità contributiva, nel caso in cui l'Erario chieda l'intero ad uno solo dei soggetti; ma, questo attiene ai rapporti interni perché l'adempimento di uno libera tutti gli altri. Ai sensi dell'art. 1992 c.c. resta ferma che si ha solidarietà, quando tutti sono coobbligati per la medesima prestazione in modo che ciascuno può essere chiamato all'adempimento per la totalità, liberando tutti. Dunque, secondo l'effetto dell'art. 1992 c.c.. l'Erario può chiedere l'adempimento a ciascuno dei tre eredi in virtù della qualificazione solidale. Siamo di fronte all'esempio di coobbligazione solidale principale in via paritetica. E' evidente, in questo caso, che il legislatore ha posto in essere un rapporto di coobbligazione per ampliare la garanzia patrimoniale. Altro esempio in cui siamo di fronte ad una solidarietà di tipo paritetico e quindi in via principale è l'imposta di registro, nel caso di un atto è possibile avere venditore e acquirente, entrambi tenuti corrispondere il tributo, dunque c'è tra loro una coobbligazione del tributo. Siamo nell'ipotesi di coniugi che acquistano in comunione e sempre in comunione vendono, tra questi due soggetti vi è un coobbligazione solidale di tipo paritetico.

Esistono poi tipi di solidarietà e quindi di coobbligazione dipendente, cioè esistono ipotesi in cui il legislatore prevede un coobbligazione tra soggetti che coinvolge, nell'obbligazione tributaria, soggetti estranei al presupposto del tributo, estranei alla fattispecie e quindi al fatto stesso dell'obbligazione, al fatto al verificarsi del quale sorge l'obbligo di corrispondere il tributo, cioè per il soggetto passivo e dunque il contribuente. A volte il legislatore prevede che coobbligati in questo obbligo di corrispondere il tributo nel sorgere all'esito del verificarsi della fattispecie, ci siano dei soggetti che in realtà sono estranei al presupposto e dunque sono estranei alla capacita contributiva e necessariamente hanno il diritto di rivalersi nei confronti di colori per cui hanno adempiuto. Una figura tipica di coobbligato dipendente che il legislatore ha disciplinato è quella del responsabile d'imposta che ai sensi dell'art. 64, co. 3 del DPR 600/1973 sull'accertamento dell'imposta sui redditi, prevede che, chi in forza di disposizione di legge è obbligato al pagamento dell'imposta insieme con altri, è quindi coobbligato per fatti o situazioni riferibili esclusivamente a cespiti di altri, ha diritto di rivalsa.

Questo è il responsabile d'imposta. Il legislatore in questi casi prevede che a fronte dell'obbligo di pagare il tributo per questi soggetti vi è il diritto di rivalersi nei loro confronti. Es. tipico di responsabile d'imposta è il notaio o cmq il pubblico ufficiale. Quando si stipula dal notaio, questi chiede di corrispondere a lui l'imposta, che è tenuto corrispondere insieme con il deb.re d'imposta, con il diritto di rivalersi. In realtà, la legge notarile gli consente di procedere tramite provvista, quindi il notaio chiede la provvista e versa il tributo ed è coobbligato in solido in via principale per il pagamento dell'imposta principale. Allora, cosa significa che l'obbligazione non è in via principale, ma in via dipendente? Significa che l'obbligazione del responsabile e dunque del notaio sussiste fintanto che sussiste l'obbligazione principale; quando questa viene a cadere, anche l'obbligazione del coobbligato dipendente viene a cadere. Discorso che vale sia per difetto che per eccesso, in tal caso il responsabile d'imposta deve provvedere all'integrazione per la maggiore imposta. Ulteriore conseguenza è che mentre in via principale il coobbligato potrà rivalersi nei rapporti interni nei confronti dei coobbligati, per quella che eccede la propria capacità contributiva rappresentata dal suo presupposto da lui posto in essere, il coobbligato solidale in vi dipendente avrà una rivalsa per tutto, perché il presupposto per nulla è a lui riferibile e per nulla è collegato con la sua capacità contributiva.


Procedimento di imposizione

La fase dell'attuazione del tributo in un sistema di liquidazione di masse, come è quello attuale, la cauzione è rimessa al contribuente, abbiamo detto che il contribuente è oggi il soggetto cui è demandata la funzione del tributo in quanto è lui a dover redigere la dichiarazione ed auto liquidarsi il costo quindi nelle ipotesi fisiologiche è il contribuente il primo soggetto chiamato ad attuare il tributo. Il soggetto, che in seconda battuta interviene nel procedimento di attuazione, è l'amministrazione finanziaria che quindi ha una duplice veste in quanto è il soggetto, in questa dinamica, creditore dell'imposta e dall'altra è titolare di quei poteri di tipo autoritativi attraverso i quali il tributo viene ad essere applicato poiché è sì il soggetto creditore di imposta, quindi obbligazione vista sul piano del diritto civile, ma è anche il soggetto che, dal punto di vista del diritto amministrativo, detiene una serie di poteri di tipo autoritativo che li consentono di porre in essere tutte quelle procedure stabilite per legge finalizzate all'attuazione del tributo attraverso la procedura di accertamento. Il potere che caratterizza l'agire dell'amministrazione è evidentemente un potere di tipo amministrativo e da ciò scaturiscono una serie di atti e procedimenti i cui effetti si riverberano nei confronti del contribuente che li riceve. Questi atti sono autoritativi ed esecutivi ed è per questo che abbiamo detto che la notifica dell'atto dell'amministrazione al contribuente comporta che l'atto stesso è suscettibile di essere definitivo se non impugnato in un determinato termine perché, in quanto atto amministrativo, ha un carattere autoritativo ed esecutivo già di per sé. Esecutivo vuol dire che non necessita di un ulteriore atto. Nel caso in cui il contribuente, quindi, abbia omesso di dichiarare o abbia dichiarato in maniera non compiuta ciò che atteneva al presupposto del tributo, in questo caso l'amministrazione potrà procedere al recupero della maggiore imposta o comunque dell'imposta dovuta attraverso l'avviso di accertamento. Per arrivare all'emanazione di questo avviso di accertamento l'amministrazione potrà avvalersi dei poteri che la legge gli riconosce e questi poteri si articolano in diverse fasi che però non sono necessarie, l'amministrazione potrà, a seconda di come si prospetta la fattispecie, utilizzare un potere in luogo di un altro.

Se è vero che l'agire dell'amministrazione finanziaria è assimilabile all'agire dell'amministrazione pubblica in generale, possiamo dire che anche in questo caso l'agire dell'amministrazione, in ambito tributario, può essere assimilato alla disciplina generale sul procedimento amministrativo, vanno fatte delle opportune specificazioni: innanzitutto la legge generale sul procedimento amministrativo (l. 241/90) non si applica ai procedimenti tributari nella parte in cui disciplina la partecipazione del cittadino al procedimento, quindi l'istituto della partecipazione non si applica al diritto tributario ed è di tutta evidenza che quando l'amministrazione inizia il procedimento di attuazione del tributo nei confronti di un soggetto contribuente non è tenuta a notificare al soggetto l'inizio dell'avvio del procedimento. In secondo luogo il procedimento di imposizione inizia sempre di ufficio che è volto a verificare se quanto dichiarato o non dichiarato dal contribuente fa sorgere un diritto-dovere in capo all'amministrazione di recuperare una maggiore imposta. Assimilare l'attività dell'amministrazione finanziaria, in questo caso, all'attività generale dell'amministrazione finanziaria nell'ottica del procedimento è corretto ma con delle doverose precisazioni: innanzitutto è vero che l'avviso di accertamento è atto amministrativo e in quanto tale è l'esito di un procedimento ma l'avviso di accertamento potrebbe essere di per sé un atto isolato cioè che necessariamente si trova all'esito di un procedimento complesso e che necessariamente passa attraverso delle fasi, mentre in diritto amministrativo ci sono dei passaggi obbligati in cui si articola il procedimento che poi sfocia nel provvedimento che è l'atto finale conclusivo del procedimento, nell'ambito della procedura di attuazione del tributo abbiamo una serie articolata di moduli attraverso i quali si può replicare il procedimento ma non sono moduli necessari ma moduli di cui l'amministrazione all'occorrenza può avvalersi a seconda di come si configura oggettivamente e soggettivamente la fattispecie che è intenzionata ad accertare. L'unico atto, che possiamo dire, comune a tutti i procedimenti di accertamento è l'avviso di accertamento, ciò che avviene in mezzo tra l'inizio del procedimento e la fine si modula sulla fattispecie che l'amministrazione va ad accertare: questa non è un'affermazione del tutto corretta perché mentre nel procedimento amministrativo abbiamo un atto conclusivo del procedimento che è il provvedimento, in materia tributaria l'atto conclusivo può non esserci in quanto all'esito dell'istruttoria all'esito del controllo l'amministrazione potrà ritenere non sufficiente la documentazione e quindi potrà ritenere opportuno non emettere l'avviso di accertamento e quindi archiviare la pratica. Alcuni aspetti importanti della l. 241 sono stati recepiti anche nello statuto dei diritti del contribuente (l. 212/00) in particolare l'art. 7 che riguarda la chiarezza e la motivazione degli atti, è stato previsto espressamente che l'attivazione deve essere prevista nell'atto di accertamento a pena di nullità. La nullità nel diritto tributario è una nullità che deve essere eccepita in processo per essere fatta valere, trattandosi di atti autoritativi sono suscettibili di divenire definitivi se non impugnati tempestivamente, se il vizio non è eccepito di fronte alla commissione tributaria l'atto, essendo autoritativo, si consolida comunque. Ma ci sono altri articoli dello statuto la cui ratio può essere raccordata comunque alla legge generale sul procedimento come per esempio l'art. 10 che prevede al I comma: <<I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede.>> Questo ha portato una sorta di rivoluzione per lo più in termini di enunciati di carattere generale nell'ambito del diritto tributario in quanto ha portato sullo stesso livello il contribuente e l'amministrazione finanziaria, in realtà l'importanza di questo articolo 10 risiede specialmente nei commi successivi cioè in cui il legislatore ha pensato di dare un contenuto specifico alla tutela dell'affidamento e della buona fede, in particolare il secondo comma prevede che: <<Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima. [.]>> Una delle attuazioni concrete della tutela dell'affidamento sta appunto nel fatto che adesso è espressamente prevista la non applicazione di sanzioni e di interessi moratori nel caso in cui il contribuente si sia legittimamente conformato alla posizione dell'amministrazione contenuta in una circolare. Avendo presentato e avendo pagato la relativa imposta, il contribuente ritiene di avere adempiuto correttamente conformandosi appunto alla posizione contenuta nella circolare. Successivamente l'amministrazione muta il suo orientamento e dunque, essendo ancora presente il termine previsto a pena di decadenza entro il quale l'amministrazione può esercitare i poteri autoritativi, l'amministrazione, sulla base della nuova interpretazione, ritiene di dover attivarsi nei confronti di quel contribuente e iniziare un procedimento di accertamento e quindi richiedere la maggiore imposta, il contribuente dovrà sulla base dell'art. 10 II comma avanzare il suo legittimo affidamento. L'amministrazione stessa, nell'emanare l'avviso di accertamento, potrà riconoscere di aver mutato orientamento e quindi di richiedere solo la maggiore imposta e il contribuente potrà, in via giudiziale, chiedere che vengano disattivate le procedure di interessi in quanto in realtà l'avviso di accertamento ha portato un mutamento dell'orientamento interpretativo rispetto al testo cui il contribuente ha posto in essere quel comportamento. Giurisprudenza piuttosto recente prevede la possibilità di estendere la portata e gli effetti del II comma dell'art. 10, cioè di non limitare solo alla produzione di interessi ma di interpretare l'art. 10 commi I e II amplificando l'effetto e ritenendo dunque che si possa arrivare addirittura ad affermare la competenza della maggiore imposta in quanto il comportamento del contribuente è stato tale da rendere del tutto sproporzionato la richiesta di una maggiore imposta, al momento attuale, dal 2000 che è stato approvato lo statuto ad oggi, abbiamo soltanto tre pronunce di Cassazione in cui la giurisprudenza è arrivata ad affermare questo, tra l'altro tutti e tre i casi si trattavano di somme irrisorie che si andavano a recuperare. È pacifico che questo secondo comma non va inteso soltanto ad orientamenti dell'amministrazione espressi in circolari e risoluzioni ma il legislatore ha fatto riferimento anche ad indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria. Queste espressioni vanno intese in senso ampio e dunque non solo atti come circolari ma qualsiasi atto dell'amministrazione che possa ingenerare affidamento nel contribuente. Il terzo comma dell'art. 10 prevede, sempre nell'ambito della sfera dell'affidamento e della buona fede, che le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta. Il legislatore cioè prevede la disapplicazione delle sole sanzioni in questo caso quando la violazione in cui è incorso il contribuente dipende in realtà dall'interpretazione di una norma particolarmente oscura e complessa, in questo caso viene riconosciuta l'obiettiva incertezza. Questa norma può essere applicata sia spontaneamente dall'amministrazione in sede di accertamento sia, in linea di eccezione, dal contribuente che l'attiva richiedendone l'applicazione al giudice.

Diritto di interpello (art. 11 s.c.)

Il diritto di interpello, in base all'art. 11 dello statuto del contribuente, è stato oggi riconosciuto la facoltà al contribuente di richiedere un parere motivato all'amministrazione finanziaria su qualsiasi questione personale e di carattere concreto rispetto alla quale il soggetto ritenga che sussista una obiettiva incertezza in ordine alla portata della norma. Il diritto tributario, sulla base di esperienza di carattere comunitario, già prevedeva un diritto di interpello nel senso di richiesta di parere all'amministrazione finanziaria su come doversi comportare rispetto ad una fattispecie concreta però si trattava di un diritto di interpello limitato a determinate fattispecie in particolare alle c.d. potenzialmente abusive. La novità che è stata introdotta nello statuto del contribuente (l. 212/00) è l'art. 11 che prevede la possibilità generalizzata di ricorrere all'interpello e dunque il I comma dell'art. 11 prevede oggi che ciascun contribuente può illustrare per iscritto all'amministrazione finanziaria che risponde entro 120 giorni circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse. La presentazione dell'istanza non ha effetto sulle scadenze prevista dalla disciplina tributaria. Il contribuente che deve porre in essere una determinata operazione o un determinato comportamento può presentare un'istanza motivata all'amministrazione chiedendo un parere su quale disposizione tributaria applicare rispetto a quella fattispecie. Questa presentazione dell'istanza non interrompe i termini per il pagamento delle eventuali imposte che il soggetto deve corrispondere quindi è soltanto una possibilità che il contribuente ha di conoscere preventivamente, rispetto alla sua fattispecie concreta, la posizione dell'amministrazione finanziaria. Se non è un caso che viene riconosciuto come personale e concreto e quindi il soggetto non viene riconosciuto come legittimato l'interpello è dichiarato inammissibile. Se il contribuente presenta l'istanza l'amministrazione deve rispondere entro 120 giorni. Il contribuente presenta l'istanza in cui deve prospettare la fattispecie concreta, deve motivare la sua legittimazione in tema di attinenza della fattispecie alla sua persona e deve altresì prospettare la soluzione che lui stesso darebbe alla fattispecie che vuole porre in essere questi sono elementi essenziali affinchè l'istanza venga ritenuta ammissibile. Se il contribuente presenta l'istanza senza prospettare una proprio soluzione l'istanza è dichiarata inammissibile. Art. 11 II comma: <<la risposta dell'amministrazione finanziaria, scritta e motivata, vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza di interpello, e limitatamente al richiedente. [.]>> abbiamo detto che l'interpello è riferita ad una questione concreta e personale perché chi vincola l'amministrazione solo per la fattispecie concreta e non fattispecie generali e limitatamente al soggetto richiedente. La risposta dell'amministrazione finanziaria vincola la situazione stessa. <<[.] Qualora essa non pervenga al contribuente entro il termine di cui al comma 1, si intende che l'amministrazione concordi con l'interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente.[.]>> è necessario, a pena di inammissibilità, che il contribuente prospetti la soluzione perché se l'amministrazione finanziaria non risponde entro 120 giorni il silenzio dell'amministrazione vale come assenso alla soluzione prospettata dal contribuente. <<[.] Qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità della risposta, anche se desunta ai sensi del periodo precedente, è nullo.>> l'effetto della risposta all'interpello è la nullità di ogni atto difforme emanato dall'amministrazione ovviamente difforme dal parere. È molto importante che nello statuto sia stata prevista questa procedura perché il contribuente che ritenga, rispetto alla disposizione obiettivamente incerta, di poter prospettare e motivare una determinata soluzione rispetto al suo caso concreto potrà attivare questa procedura per vincolare l'amministrazione ad esprimersi riguardo ad una determinata posizione. Una volta che il contribuente abbia ottenuta una risposta all'interpello successivamente anche se l'amministrazione muti il suo orientamento potrà attivare lo stesso la risposta che è stata data all'interpello prima del nuovo orientamento quindi non sarà a lui eccepibile il mutamento dell'orientamento in quanto gli atti successivamente emanati, in contrasto con la risposta fornita, saranno nulli. Questo effetto si produce, tuttavia, soltanto nei confronti del richiedente mentre nei confronti degli altri soggetti, che si trovino nella medesima situazione, questo effetto non si produce, al più, nel caso in cui l'amministrazione ritenga utile divulgare la risposta di interpello potrà pubblicare la risposta data a quel determinato contribuente in una risoluzione ministeriale quindi metterla nella famosa banca dati. A questo punto la generalità dei contribuenti, che non hanno presentato l'istanza, venendo a conoscenza della risoluzione, potranno eventualmente avvalersi del contenuto della stessa. Art. 11 I comma: <<[.] delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse. [.]>> a volte è successo che l'amministrazione abbia detto "il contribuente X mi ha prospettato un'istanza di interpello chiedendomi di pronunciarmi rispetto a questa fattispecie concreta, ho risposto e ho notificato la risposta di interpello a quel singolo contribuente, successivamente l'ho ritenuta di rilievo generalizzato e quindi ho deciso di pubblicarla come risoluzione sulla banca dati, successivamente un secondo contribuente o un numero X di contribuenti mi presenta un'istanza di interpello sulla stessa questione io amministrazione gli rispondo che l'interpello è inammissibile perché avendo pubblicato la risoluzione, la soluzione non è più obiettivamente incerta perché ormai ho divulgato la mia posizione su quella questione." La norma obiettivamente non è più incerta. La dottrina, commentando questa norma, ha ipotizzato uno scenario a scacchiera cioè abbiamo lo scacchiere delle possibili istanze di interpello però una volta che abbiamo coperto tutti i riquadri la procedura non ha più applicazione. Nell'ambito dei poteri che sono riconosciuti all'amministrazione finanziaria dobbiamo certamente annoverare il potere di autotutela cioè al potere di emettere un atto corrisponde anche quello di revocarlo. Anche il potere di autotutela è in un certo senso riconducibile dall'altro al principio di legalità e dall'altro al principio di buona fede. Principio di legalità perché nel momento stesso che l'amministrazione si accorge di non essersi conformata a delle regole decide di rivedere il suo comportamento; dall'altro il principio di buona fede in quanto è necessario tenere conto eventualmente di alcuni diritti acquisiti da parte dei contribuenti. Nel diritto tributario, però, il potere di autotutela deve essere inteso in un senso un po' più peculiare nel senso che, nel diritto tributario, non c'è discrezionalità dell'agire legata all'amministrazione finanziaria e quindi l'esercizio del potere di autotutela non può conoscere valutazioni di convenienza e quindi il ritiro dell'atto va compiuto nel rispetto della buona fede cui l'agire dell'amministrazione si deve improntare e ciò significa che l'autotutela deve trovare la sua causa nella presenza di un vizio dell'atto dell'amministrazione. L'autotutela in diritto tributario può essere sollecitata su istanza di parte ma può essere posta in essere anche di ufficio, al momento non esistono obblighi dell'amministrazione finanziaria di agire in autotutela né di rispondere ad un'istanza di autotutela da parte del contribuente e quindi siamo sul piano delle possibilità ma non degli obblighi dell'agire dell'amministrazione. Il contribuente non ha mezzi a disposizione per obbligare l'amministrazione a rivedere il proprio comportamento. L'unico potere che il contribuente ha è quello di procedere, eventualmente, per via giurisdizionale.

Il garante del contribuente

Se ho un atto parzialmente viziato, parzialmente nullo e ho presentato l'istanza all'amministrazione finanziaria e l'amministrazione non mi risponde allora potrò rivolgermi al garante del contribuente: nuovo istituto introdotto dallo statuto del contribuente all'art. 13 che prevede: <<Presso ogni direzione regionale delle entrate e direzione delle entrate delle province autonome e istituito il Garante del contribuente. [.]>> Il garante opera in piena autonomia, è un organo collegiale. Il garante rivolge raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente e migliore organizzazione dei servizi ma diciamo che non un potere in senso stretto è un organo di vigilanza che ha una funzione di "persuasione morale".

Gli effetti dell'imposizione

Per quanto riguarda gli effetti dell'imposizione non possiamo non parlare alle due teorie fondamentali che si sono avvicendate nel diritto tributario ovvero la teoria costitutiva e la teoria dichiarativa, il prof. Tesauro è uno dei maggiori esponenti della teoria costitutiva. Queste teorie servono a risolvere una serie di problemi come gli effetti dell'imposizione, il tipo di tutela che può essere applicate rispetto a determinati atti dell'amministrazione finanziaria. Secondo la teoria dichiarativa l'obbligazione tributaria nasce per legge. Gli atti posti in essere dall'amministrazione finanziaria non costituiscono il rapporto tributario ma sono meri atti di accertamento del rapporto stesso, che in realtà è già sorto per il solo fatto che si è verificato il presupposto e quindi l'obbligazione è già sorta con la legge. L'ulteriore passaggio della teoria dichiarativa è il fatto che la sentenza che eventualmente si ottiene all'esito di un procedimento giurisdizionale è una sentenza di mero accertamento e quindi non fa altro che sostituire all'atto di accertamento un nuovo atto a contenuto dichiarativo che è la sentenza. La teoria costitutiva ritiene invece che al di là delle norme materiali in diritto tributario abbiamo anche una serie di norme strumentali che pongono obblighi in capo al contribuente che sono quelli di dichiarare e versare i tributi. Dall'altro lato ci sono delle norme che riconoscono i poteri all'amministrazione finanziaria, questi poteri si consolidano nel fatto di poter emanare una serie di atti e questi atti sono centrali nella costituzione del rapporto tributario, poiché il rapporto tributario sorge all'esito dell'emanazione dell'atto. Affermazione generale della teoria costitutiva è che l'atto di imposizione è un atto autoritativo che costituisce il rapporto stesso.

Inizialmente queste due teorie erano molto distanti, oggi si ritiene che molte delle spigolosità delle due teorie possano essere smussate e si possa raggiungere una sorta di convergenza tra le due teorie, per cui da un lato è evidente che l'obbligazione sorge per il fatto di essere previsto dalla legge e dall'altro è evidente che il rapporto tributario sorge con una specifica rilevanza anche nell'atto di accertamento nel senso che molto spesso si può verificare che nel caso in cui il soggetto non presenta una dichiarazione tributaria comunque l'amministrazione può attivare una procedura di accertamento e però il contribuente sarà tenuto a corrispondere il tributo in forza dell'avviso che l'amministrazione gli ha notificato e quindi in quel caso è l'avviso che è costitutivo del rapporto tributario. Se fosse un vero atto di accertamento non avrebbe questa portata.

La dichiarazione

Quando parliamo di dichiarazione parliamo di obblighi formali cui è tenuto il contribuente in relazione ai diversi tributi. In linea generale quando parliamo di dichiarazione facciamo riferimento alla dichiarazione dei redditi però non esiste solo la dichiarazione dei redditi, esiste anche la dichiarazione di vari tributi come può essere l'IVA, successione, donazione, ICI ecc. parlando della dichiarazione sull'imposta sui redditi la dichiarazione riguarda l'indicazione del reddito posseduto poiché l'art. 1 DPR 917/86 prevede come presupposto dell'imposta sui redditi il possesso dei redditi in denaro od in natura. L'art. 1 DPR 600/73 afferma che il soggetto che abbia posseduto redditi fino al periodo di imposta è obbligato a presentare la dichiarazione tributaria. A questa regola di carattere generale bisogna aggiungere due regole: la prima è che la dichiarazione va presentata anche se non consegue un debito di imposta cioè se il soggetto ha posseduto dei redditi nel periodo di imposta è comunque tenuto a presentare la dichiarazione anche se in concreto dal calcolo della sommatoria del reddito complessivo non è tenuto a corrispondere nessuna imposta però è tenuto a presentare la dichiarazione. La seconda è che i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili sono comunque obbligati a presentare la dichiarazione dei redditi anche se per quel periodo di imposta non è stato conseguito o prodotto alcun reddito per il principio della continuità dei valori. Vi sono dei soggetti che sono esonerati dall'obbligo di presentare la dichiarazione per esempio il soggetto che è titolare soltanto della casa di abitazione e che è una lavoratore dipendente non è obbligato a presentare la dichiarazione poiché si può avvalere della dichiarazione del sostituto di una situazione di tipo proprio questo è l'unico caso in cui la costituzione di lavoro dipendente è una costituzione di tipo di imposta.

Il contenuto della dichiarazione

Ai sensi dell'art. 1 devono essere indicati gli elementi attivi e passivi necessari per la determinazione di imponibili secondo le norme che disciplinano le imposte stesse cioè le norme che disciplinano le imposte stesse si trovano nel DPR 917/86 che riguarda la disciplina delle imposte sui redditi mentre le norme secondo la quale devono essere completamente applicate queste disposizioni si trovano nel DPR 600/73 che è la disciplina dell'accertamento. La dichiarazione ha un contenuto vario e complesso perché da un lato tende a portare a conoscenza dell'amministrazione una serie di dati che riguardano la situazione del contribuente, dall'altro consente al contribuente stesso di esprimere delle opzioni quindi ha un contenuto che da un certo punto di vista è mera dichiarazione di scienza poiché è uno strumento tramite il quale il contribuente porta a conoscenza dell'amministrazione una serie di dati di informazioni a lui riferibili. È evidente che per quanto attiene al contenuto tipico della dichiarazione cioè di atto avente natura di dichiarazione di scienza è un atto privo di contenuto volitivo perché gli effetti che produce sono degli effetti meramente legali. Esempio di opzione che si può descrivere in dichiarazione: la destinazione dell'8x1000, del 5x1000 questi sono i regimi opzionali di una dichiarazione quanto al resto il contenuto ha natura di dichiarazione di scienza. Dire che ha contenuto di dichiarazione di scienza significa dire che ha effetti legali. La dichiarazione ha anche dei requisiti formali nel senso che la dichiarazione deve essere necessariamente redatta con moduli prestampati dal ministero delle finanze. Il contribuente deve compilare solo questo modello. Se la dichiarazione deve essere presentata necessariamente su un modello predisposto dal ministero e solo questa è la dichiarazione la domanda che segue è: ma se un contribuente che ha redatto la propria dichiarazione e ha versato l'imposta e successivamente si accorge di aver sbagliato può andare a rettificare la dichiarazione? Come si fa a rettificare una dichiarazione? Il contribuente deve prendere un altro modello per la dichiarazione e lo si deve compilare di nuovo, quindi il contribuente ha già spedito all'amministrazione un modulo compilato e spediamo un altro tutto compilato. L'amministrazione si vede arrivare due dichiarazioni, quale vale? Valgono tutte, sono una serie di dichiarazioni di scienza, di informazioni di cui il contribuente rende edotta l'amministrazione finanziaria la quale terrà conto nel procedere nell'accertamento oppure l'amministrazione potrà ritenere utile di notificare al contribuente un avviso di accertamento. È prevista la possibilità di integrare la dichiarazione ma non c'è un modello diverso per questo è sempre lo stesso modello che viene utilizzano al fine di integrare la dichiarazione precedentemente resa. Ovviamente sussistono dei limiti temporali per la presentazione della dichiarazione dei redditi e conseguentemente l'eventuale rettifica. Entro questo termine si possono presentare quante dichiarazioni si vogliono. Scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione nei 90 giorni successivi la dichiarazione può essere comunque presentata e la dichiarazione presentata non si considera omessa. Sia la dichiarazione presentata nei 90 giorni successivi allo scadere del termine sia la dichiarazione che si presenta dopo questa dichiarazione si considera comunque omessa ma produce l'effetto di titolo per la riscossione da parte dell'amministrazione. L'amministrazione può trarre elementi dalla dichiarazione del contribuente. La dichiarazione integrativa è una dichiarazione che viene definita ravvedimento operoso cioè quando è cominciato a decorrere il termine dell'amministrazione finanziaria per procedere all'accertamento il contribuente può rimediare a questa situazione con l'effetto di pagare l'imposta dovuta ma avere una riduzione sensibile sulle sanzioni.


Termini di presentazione della dichiarazione.

Ci sono alcuni principi molto importanti: tra questi principi c'è il fatto che la dichiarazione, presentata con un ritardo superiore a 90 giorni, si considera omessa. Quindi significa che esiste un termine entro il quale bisogna presentare la dichiarazione, poi esiste un termine di 90 giorni entro cui la dichiarazione può essere comunque presentata, esiste un termine ulteriore dopo i 90 giorni in cui comunque la dichiarazione è considerata omessa. Questo significa che individuiamo tre periodi temporali: nel primo periodo non parliamo comunque di dichiarazione integrativa perché comunque siamo all'interno dei termini di presentazione della dichiarazione, di conseguenza vi entra in gioco la nozione della natura giuridica della dichiarazione; esiste poi un periodo cuscinetto (ossia i 90 giorni), in cui la dichiarazione presentata è tardiva e quindi a questi fini non viene considerata omessa; esiste poi un ulteriore periodo che va dai 90 giorni in poi in cui la dichiarazione viene considerata omessa.


L'istruttoria.

Partiamo dal presupposto che l'amministrazione può decidere di emanare un avviso di accertamento come atto conclusivo della fase d'accertamento e quindi attuare il recupero delle imposte presso il contribuente. È evidente che per porre in essere questo atto, per poter proprio redigere materialmente questo atto, l'amministrazione necessita di una serie di informazioni perché deve poter venire a conoscenza del presupposto nella forma in cui effettivamente si è realizzato perché sappiamo che tutti sono tenuti a concorrere alle pubbliche spese in ragione della propria capacità contributiva e la capacità contributiva dev'essere rapportata al presupposto perchè il presupposto è indice di questa capacità contributiva e quindi per sapere se il soggetto ha effettivamente autoliquidato l'imposta è necessario che l'amministrazione venga a conoscenza di alcuni dati che attengono alla realtà e per confrontare la realtà cioè la fattispecie contenente il presupposto che si è verificato con quello rappresentato dal contribuente nella dichiarazione.

La fase dell'accertamento in senso stretto e cioè la redazione degli atti quale l'avviso di accertamento è prerogativa esclusiva dell'amministrazione finanziaria, mentre la fase del controllo, ovvero l'esercizio dei poteri istruttori, può essere delegata dall'amministrazione finanziaria anche alla guardia di finanza. È per questo che quando si parla di poteri istruttori si fa riferimento genericamente ai verificatori, intendendo per verificatori da un lato la guardia di finanza dall'altro l'amministrazione. Quindi è chiaro che l'esercizio dei poteri istruttori può essere esercitato sia dalla guardia di finanza che dall'amministrazione, ma l'atto di accertamento è un atto amministrativo e in quanto atto amministrativo può essere redatto esclusivamente dall'amministrazione finanziaria.


Parlando della fase dei poteri di accertamento e in particolare dei poteri istruttori, il testo normativo di riferimento è il DPR 600/1973: la disciplina dell'accertamento e dei poteri istruttori è pressoché uniforme per quanto riguarda le imposte dirette e l'IVA: per l'IVA è disciplinata dal 633/1972 agli articoli 54 e seguenti però i procedimenti sono pressoché uguali e quindi li trattiamo insieme guardando il DPR 600 mentre per le imposte indirette ci sono dei procedimenti specifici.

Come avviene il controllo? Abbiamo detto che oggi giorno il sistema della nostra fiscalità si basa sull' autoliquidazione-autodichiarazione del tributo: ciò significa che ciascun soggetto, ai fini dell'imposta sui redditi, che è titolare di un periodo di imposta sul reddito, presenta una dichiarazione. Allora se il controllo è a tappeto vuol dire che ciascuno di quei soggetti verrebbe ad essere accertato in concreto di ciò che ha portato a conoscenza dell'amministrazione tramite la dichiarazione, ma non è così: il controllo infatti avviene a campione o comunque sulla base di alcuni criteri che vengono selezionati dal legislatore steso ai fini dell'accertamento. Bisogna però distinguere la fase del controllo sostanziale dalla fase del controllo formale: è di tutta evidenza che nel momento in cui io vado a presentare una dichiarazione, che è una autodichiarazione ( cioè che discende da un'attività posta in essere dal contribuente) questa è appunto una dichiarazione di scienza con cui il soggetto porta a conoscenza della propria situazione l'amministrazione. L'amministrazione in prima battuta riceve questa dichiarazione e procede alla liquidazione automatica delle imposte, cioè rispetto a questo documento che riceve può fare una prima attività semplice: prende questo documento cartaceo, lo inserisce in una macchina, in un lettore ottico, il lettore lo analizza e alla fine la macchina in automatico può segnalare degli errori. Se ci sono degli errori, escono fuori degli asterischi ( ad esempio se la macchina segnala che due più uno fa due, o che due più uno fa cinque): questo procedimento si chiama liquidazione automatica. Come è possibile? E' possibile perché oggi giorno i professionisti e comunque i soggetti tenuti alle scritture contabili sono obbligati alla presentazione delle dichiarazioni in via telematica e gli altri soggetti che possono ancora presentare il formato cartaceo, in realtà la consegna va ad un intermediario in questo caso la banca e la banca la riporta in formato elettronico quindi comunque all'amministrazione arriva un atto immediatamente leggibile con i mezzi automatizzati. Questa procedura è disciplinata all'articolo 36 ter del DPR 600: "gli uffici periferici dell'amministrazione finanziaria procedono entro il 31 dicembre del secondo anno  al controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti sulla base dei criteri selettivi fissati dal ministero".

Il secondo comma prevede tutti i casi in cui si possono escludere in tutto o in parte



che significa? significa tutta una serie di dati che emergono meccanicamente dall'unico ed esclusivo documento che l'amministrazione ha a disposizione cioè la dichiarazione presentata ( es. dall'incrocio della dichiarazione del sostituto di imposta e quella del contribuente emerge che il sostituto di imposta ha dichiarato un tot di ritenute e il contribuente ne ha dichiarate altre: anche qui ci sarebbe un asterisco-segnalazione).

Se l'esito è negativo, ovvero c'è la segnalazione di questa irregolarità, allora viene portata a conoscenza del contribuente una comunicazione in cui lo si invita a regolarizzare la sua situazione e comunque gli si comunica l'errore in cui è incorso: entro 30 giorni il contribuente può decidere o di pagare immediatamente e quindi evita l'iscrizione a ruolo, oppure se non paga immediatamente verrà iscritto a ruolo, notificata la cartella di pagamento e quindi a quel punto lui potrà scegliere se impugnare la cartella di pagamento oppure pagare: ovviamente le sanzioni sono ridotte se il contribuente sceglie di pagare prima che gli venga notificata l'iscrizione a ruolo. Qual' è il punto? innanzitutto all'esito di questa liquidazione in automatico, essendo una mera attività di controllo quasi matematico, l'atto che viene erogato dall'amministrazione finanziaria è solo l'iscrizione a ruolo che è già un titolo esecutivo, perché non c'è una fase vera e propria di accertamento, si tratta solo di verificare la liquidazione di un tributo che già ha operato il contribuente, cioè in un certo senso non c'è proprio una attività di accertamento sul presupposto che si è realtà verificato e impropriamente si potrebbe dire che l'amministrazione si fida, e per l'amministrazione è sufficiente la dichiarazione di scienza a lei pervenuta mediante la dichiarazione del contribuente e di conseguenza non fa altro che ricalcolare in termini non numerici se la sommatoria di quelle somme indicate dal contribuente fa effettivamente quel risultato numerico che alla fine lui ha individuato. Quindi non è una vera attività di accertamento, si chiama liquidazione automatica e di conseguenza se qualcosa non va l'amministrazione richiede la maggiore imposta, che però non è maggiore rispetto a quello che emerge dalle risultanze documentali (intese per documentali solo della dichiarazione), è esattamente quanto il contribuente mi ha detto che doveva essere, solo che andando a contare ha sbagliato perché ha commesso un errore materiale.

A parte questo tipo di controllo, alla liquidazione (che comunque è sistematica e coinvolge tutte le dichiarazioni cioè vengono tutte controllate con questo controllo di liquidazione automatica) segue anche un controllo, il cosiddetto controllo formale: l'amministrazione le controlla sulla base di criteri selettivi dunque non le controlla tutte, sono dei criteri selettivi che sono indicati dal ministero. A questo punto questo tipo di controllo è sempre un controllo che non è un vero e proprio accertamento perché non va alla sostanza, però è un controllo che quindi rimane ancora in superficie in quanto l'amministrazione può comunque richiedere una serie di documentazioni integrative al contribuente o può andare a mecciare dei dati che sono sulla anagrafe tributaria con i dati contenuti nella dichiarazione (ad esempio può incrociare la dichiarazione del sostituto con quella del contribuente, può utilizzare una serie di altri documenti, ma è sempre un controllo di tipo documentale e trattandosi sempre di un controllo di tipo documentale (cd. controllo formale), se qualcosa non va anche qui, il recupero della maggiore imposta avviene comunque mediante un atto di iscrizione a ruolo.

Sia nell'articolo 36 bis che nell'articolo 36 ter troviamo al secondo comma che questa fase, cioè questa fase di liquidazione o di controllo formale che l'amministrazione fa seduta nel suo ufficio o limitatamente alla verifica della dichiarazione o limitatamente all'analisi documentale di alcuni documenti ulteriormente forniti dal contribuente e incrociati con i dati che emergono da quella stessa dichiarazione, senza pregiudizio relaziona accertatrice a norma dell'articoli 37 e seguenti. Significa che a prescindere dal fatto che l'amministrazione abbia proceduto alla liquidazione automatica o al controllo formale, comunque potrà poi porre in essere un'attività di accertamento sostanziale. Che significa? Possiamo dire ad es.che ci sono gli errori in rosso e gli errori in blu: gli errori in rosso "sono meno gravi di quelli in blu": in un certo senso possiamo dire che finché l'errore è in rosso siamo nell'ambito della liquidazione automatica, e comunque è un errore che emerge eventualmente e che verrà corretto con l'iscrizione ruolo; poi potremmo avere un errore blu, cioè un errore che richiede un maggiore approfondimento ma che è sempre la correzione del testo e quindi questo è il controllo formale; poi c'è un altro tipo di errore, che non è ne rosso ne blu ma è un giudizio. Allora capiamo che il controllo di tipo formale non si sovrappone al controllo sostanziale perché io posso presentare una dichiarazione perfetta in cui non c'è presente nessun tipo di errore però al momento di dichiarare non dichiaro ad esempio 100000 e quindi sono un evasore sotto questo profilo però le mia dichiarazione è pulitissima, i 100000 euro li scoprirò magari dopo due anni di accertamento. Quindi la liquidazione automatica e il controllo formale attengono a una fase di controllo del documento-dichiarazione e che sono finalizzate a fare emergere degli errori formali che emergono dal documento stesso ed è un tipo di verifica che nel caso della liquidazione automatica viene fatto su tutti i contribuenti e nel caso del controllo formale invece viene fatto sulla base dei criteri selettivi.

In entrambi i casi questo tipo di controllo attiene al documento-dichiarazione e non pregiudica comunque per l'amministrazione la possibilità di verificare successivamente la posizione del contribuente in concreto. Ciò significa che all'esito della liquidazione automatica non solo viene notificata l'iscrizione a ruolo se c'è recupero della maggiore imposta, ma viene data anche comunicazione del fatto che abbiamo liquidato  correttamente l'imposta (però magari dopo due mesi arriva un avviso di accertamento per il recupero della maggiore imposta perché magari abbiamo omesso di indicare una serie di cose ma quello che abbiamo scritto lo abbiamo scritto bene!). Questo per far capire che la fase del controllo calcolare inteso come un controllo del documento-dichiarazione, è da un lato necessaria dall'altro eventuale ma comunque non sovrapponibile e non alternativo con il controllo di tipo sostanziale. Quindi un soggetto che abbia subìto o abbia ricevuto un iscrizione a ruolo per il recupero di un'imposta in quanto erroneamente liquidata e che abbia sanato con il pagamento di un'altra imposta, potrà comunque poi vedersi notificare un avviso di accertamento che sia invece esito di un controllo di tipo sostanziale; allo stesso modo il contribuente che non si sia visto notificare l'iscrizione a ruolo comunque potrebbe vedersi poi notificare un avviso di accertamento.

Il controllo sostanziale invece necessita evidentemente di una attività di tipo diverso da parte dell'ufficio ed è per questo che può essere demandato anche alla guardia di finanza; necessita di una serie di attività di tipo diverso quali ed esempio l'esercizio dei poteri istruttori: l'articolo 32 del DPR 600 disciplina i poteri degli uffici e in particolare l'art 33 del DPR 600 disciplina le attività di accesso , ispezioni e verifiche.


Accesso, ispezioni e verifiche.

1)Accesso

L'articolo 33 del DPR 600 disciplina le attività di accesso ispezioni e verifiche. Il fatto che per reperire della documentazione che comprovi la realtà che si è verificata ( e cioè il presupposto effettivamente posto in essere dal soggetto in quel periodo d'imposta) fa sì che l'amministrazione debba esercitare questi poteri spesso e volentieri presso il luogo dove il soggetto esplica la sua attività e a volte addirittura nel luogo presso cui il soggetto ha la sua dimora: è evidente che questa esigenza che discende dal fatto che l'ufficio deve poter reperire una documentazione si scontra con dei diritti di tipo costituzionale e in particolare ad esempio l'articolo 14 cost. che tutela la inviolabilità del domicilio ed è per questo che questo articolo prevede che è possibile comunque accedere al domicilio su autorizzazione dell'autorità giudiziaria. E' per questa ragione che comunque l'accesso deve essere motivato, o meglio comunque l'accesso deve essere autorizzato e l'autorizzazione deve essere motivata con le opportune distinzioni nel senso che mentre nel caso in cui l'accesso avviene presso i locali commerciali o comunque in un luogo dove il soggetto pone in essere la propria attività è sufficiente un autorizzazione di tipo amministrativo da parte del capo dell'ufficio, nell'ipotesi invece in cui l'accesso avvenga presso la dimora del contribuente o si tratti di un luogo destinato ad uso promiscuo, è necessaria l'autorizzazione del procuratore della repubblica, una autorizzazione motivata e in questo caso motivata anche in ordine ai gravi motivi che hanno indotto a richiedere l'autorizzazione (a difesa della libertà di domicilio). Altresì, nel caso in cui sia necessario verificare dei documenti presso ad esempio il luogo dove si svolgono arti o professioni, deve essere presente il titolare dello studio o dell'esercizio e comunque va chiesta una autorizzazione anche in questo caso al procuratore della repubblica per venire in possesso di documenti in relazione ai quali sussista il segreto professionale. Ciò significa che il diritto tributario va coordinato con dei principi sanciti a livello costituzionale e quindi coordinato con una procedura che altro non è che la conseguenza logica che sono previste delle tutele a livello costituzionale e quindi nei casi in cui le attività dell'amministrazione finanziaria vada a scontrarsi con questi diritti è necessario che si abbia una autorizzazione motivata da parte del procuratore della repubblica (che è cioè l'autorità giudiziaria) in quanto questa deroga è espressamente prevista all'articolo 14 cioè la possibilità di accedere al domicilio altrui senza il proprio consenso evidentemente su parere motivato dell'autorità giudiziaria.

2) Ispezioni

Oltre all'accesso, esistono poi le ispezioni e le verifiche: le ispezioni attengono ai documenti che possono essere i libri contabili, i registri, i documenti e le scritture in generale che si trovano o nei locali o presso la dimora del contribuente. È importante l'ispezione dei documenti perché i documenti di cui è stata rifiutata l'esibizione da parte del contribuente non possono poi successivamente essere utilizzati dal contribuente come mezzi di prova sia in sede amministrativa sia in sede contenziosa: cioè se l'amministrazione, i verificatori, vanno presso i locali commerciali e richiedono l'esibizione della contabilità e non si esibisce, successivamente non possiamo portare né in sede di accertamento con adesione (quindi una procedura di tipo amministrativa) nè in sede giudiziaria non potremmo esibire la contabilità perché risulterà tra le prove che noi non abbiamo esibito quindi sarà, anche se documentalmente esistente, una prova inutilizzabile.

3) Verifiche

Le verifiche invece si fanno sui macchinari, sugli impianti e sul personale: che cosa si potrebbe eventualmente verificare? Si potrebbe verificare che ad esempio sono stati sempre dichiarati cinque dipendenti invece risulta che lavorano 50 persone, oppure in magazzino ho dichiarato delle rimanenze altissime è invece è vuoto.

Ogni accesso deve essere supportato da un processo verbale: ciò significa che nel momento in cui la guardia di finanza o l'amministrazione accede presso i locali, tutte le attività poste in essere deve essere debitamente documentata e riportata nel processo verbale che è proprio un verbale che viene redatto dai verificatori. Alla fine di questa attività viene redatto un processo verbale di constatazione che sarebbe un prospetto di sintesi: di questo processo verbale viene rilasciata una copia al contribuente e una copia viene mandata all'ufficio amministrativo competente dell'amministrazione finanziaria. Questo perché abbiamo detto che mentre i poteri istruttori possono essere delegati dall'amministrazione finanziaria alla guardia di finanza, la valutazione delle risultanze dell'esercizio di questi poteri cioè sostanzialmente del processo verbale di constatazione insieme ad altri elementi che riterrà utili l'amministrazione, quindi la valutazione di questa documentazione sarà compito esclusivo dell'amministrazione finanziaria la quale esclusivamente potrà emettere l'avviso di accertamento. Quindi si dice che il processo verbale di constatazione non è un atto immediatamente impugnabile dal contribuente perché in diritto tributario vige il principio della vittoria differita e siccome il processo verbale di constatazione non è un atto immediatamente elettivo della posizione del contribuente perché a fronte della redazione del processo verbale di constatazione l'avviso di accertamento è solo un'eventualità perché la guardia di finanza lo trasmette all'amministrazione, l'amministrazione lo rilegge, va a verificare eventualmente dei dati e decide, valuta se è il caso o meno di emettere l'avviso di accertamento, potrebbe anche valutare che non sia il caso perchè ad esempio questi rilievi che sono stati fatti dalla guardia di finanza in realtà trovano riscontro in altri dati a disposizione dell'amministrazione stessa e quindi non necessariamente il processo verbale sfocia in un avviso di accertamento e quindi è stato ritenuto in giurisprudenza che il processo verbale non è un atto impugnabile. Eventualmente verrà impugnato qualora sia emesso l'avviso di accertamento e saranno addotte oltre all' avviso di accertamento tutte le ragioni che eventualmente si sarebbero sostenute nei confronti del processo verbale perché trattandosi comunque di una attività amministrativa è evidente che un vizio che si sia manifestato nella fase del processo verbale non potrà che riverberarsi sull'atto finale.


Indagini bancarie.

Aldilà dei poteri istruttori, accessi ispezioni e verifiche, esiste una attività particolare che l'amministrazione finanziaria può porre in essere ed è quella delle indagini bancarie: si tratta di un'ingerenza piuttosto forte nei confronti della posizione del contribuente. Precedentemente vigeva il segreto bancario: non esiste più da diverso tempo, dal '94, esistono però dei vincoli procedurali e dei limiti all'oggetto delle informazioni che sono acquisibili da parte dell'ufficio. Fatto sta che l'amministrazione finanziaria al momento (anche servendosi della polizia giudiziaria) può venire a conoscenza di dati che emergono dai conti correnti, dai rapporti bancari intercorsi tra un soggetto e la banca. Ci sono alcune particolarità: le particolarità sono date dal fatto che da un lato la guardia di finanza può chiedere copia dei conti intrattenuti con il contribuente alla banca, e quindi chiede le documentazioni alla banca, la banca non può esimersi dal fornire questa documentazione e fermo restando che questa richiesta alla banca deve essere motivata e autorizzata dalla direzione regionale delle entrate e dal comandante di zona (anche qui per evidenti ragioni di garanzia per il contribuente) e il contribuente deve essere immediatamente avvisato dall'azienda di credito in questo caso dalla banca. Quindi l'amministrazione può chiederlo, però ha delle procedure da dover seguire (cioè deve ottenere un'autorizzazione) e la banca per contro è tenuta ad informare il contribuente che è stata richiesta questa documentazione in ragione della sua posizione. D'altra parte l'ufficio può rivolgersi al contribuente stesso chiedendogli di fornire determinati dati in ragione sempre del rapporto di tipo bancario intrattenuto e quindi gli può sia chiedere di comparire di persona sia gli può inviare dei questionari. Anche qui la questione non è di poco rilievo perché se un soggetto rifiuta di comparire oppure rifiuta di compilare il questionario, anche qui non potrà poi successivamente addurre elementi contro, ciò che l'amministrazione ha in altro modo reperito. Quindi si tratta di una serie di presunzioni; tra l'altro se i dati che emergono dal conto corrente non trovano riscontro nella contabilità, risultano imposte evase e ci sono degli importanti esempi proprio di vere e proprie presunzioni: ad esempio se ci sono incassi che non sono registrati, si presume che ad essi corrispondano dei ricavi non registrati (per la correlazione costi-ricavi); allo stesso modo, se ci sono dei prelevamenti non registrati ai fini delle imposte dirette opera una presunzione molto particolare perché un prelevamento di per sé è sintomatico di pagamento: se a fronte di un prelevamento non risulta poi un incasso contabilizzato, si presume che ci sia stato un prelevamento finalizzato ad un acquisto in nero e quindi comporti allo stesso modo un ricavo in nero. Quindi anche lo stesso prelevamento, che in realtà è una forma di costo, viene accertato come ricavo: quindi è una presunzione molto forte: significa che se chiedono informazioni sul conto corrente, possono dire che una serie di somme che sono prelevamenti e che quindi dovrebbero indicare dei costi, automaticamente le rimettono a fondamento di un avviso di accertamento come ricavi e questo ovviamente trattandosi di una presunzione strettamente disciplinata per legge (cioè una presunzione legale) ed è una presunzione legale di tipo relativo. Ma attenzione: se il soggetto non compare o rifiuta di rispondere al questionario diventa di per sé una presunzione di tipo assoluto perché neanche successivamente potrà in realtà provare il contrario. Anche ai fini Iva in realtà ci sono dei meccanismi simili, cioè rispetto ai quali ........

Ci sono, poi sempre nell'ambito delle indagini bancarie, da valutare i rapporti tra le indagini bancarie di tipo evidentemente amministrativo nei casi preliminari di un processo penale cioè finalizzate all'emanazione di un avviso di accertamento in materia tributaria nei casi preliminari finalizzate ad un processo penale: in questo caso la guardia di finanza che abbia reperito una serie di documentazioni nell'ambito delle indagini preliminari di tipo penale, affinché siano utilizzate anche nell'ambito di procedimento amministrativo quale quello finalizzato all'emanazione di un avviso di accertamento per trasmettere questi dati all'ufficio finanziario deve chiedere la autorizzazione al giudice delle indagini preliminari e questo perché c'è sempre la tutela delle indagini penali quindi la guardia di finanza nell'ambito di una operazione di polizia abbia preferito la documentazione utile per un processo di tipo penale per le indagini preliminari, può trasmettere la documentazione all' ufficio dell'amministrazione finanziaria ma solo previa autorizzazione da parte del giudice.

Abbiamo già detto in parte degli inviti e delle richieste: non solo questi inviti e queste richieste possono essere indirizzati all'attenzione del contribuente nei confronti dei quali si sta parlando, ma anche nei confronti dei terzi che possono essere terzi che agiscono in veste pubblica o terzi che agiscono in veste privata (ad esempio per quanto attiene i terzi che agiscono in veste pubblica è certamente previsto che l'ufficio può richiedere agli organi, alle amministrazioni dello stato, agli enti pubblici non economici alle società di assicurazione e agli enti che effettuano pagamento per conto terzi le comunicazioni di dati e notizie relativi a determinati soggetti o categorie di soggetti quindi si tratta di soggetti che hanno una certa funzione pubblica e che ovviamente nelle relazioni che intrattengono con soggetti privati hanno una condizione di tipo privilegiato perché hanno dei documenti che possono essere utili all'amministrazione finanziaria perché faranno emergere dei flussi di dare e avere che l'amministrazione potrà valutare. Nei confronti di questi soggetti che agiscono in veste pubblica, l'amministrazione ha un potere particolare in quanto può esigere questa documentazione: allo stesso modo è certamente previsto che i notai, i conservatori dei registri immobiliari, su richiesta della amministrazione devono consegnare all'amministrazione stessa copia degli atti depositati presso di loro. Quindi l'amministrazione che vuole procedere ad un avviso di accertamento ad esempio a seguito di atti di compravendita, può richiedere al notaio copia degli atti da lui rogati. Esiste la possibilità di recuperare documentazione presso terzi che siano soggetti di tipo privato cioè soggetti obbligati alle scritture contabili in quanto a questi soggetti potranno essere richiesti notizie inerenti ai clienti, notizie inerenti ai fornitori e notizie inerenti ai lavoratori autonomi. Allora ci rendiamo conto che stiamo parlando di una attività fortemente penetrante perché comunque arriva a reperire della documentazione anche nei confronti di soggetti che non stanno in quel momento subendo ad esempio una verifica e quindi all'amministrazione finanziaria arrivano una serie di dati ( tra l'altro qualificati perché arrivano da un istituto di credito e hanno una certa rilevanza) e tutto questo per dire quanto l'amministrazione debba scavare in concreto per reperire quella documentazione utile per porre in essere una attività di confronto di tipo sostanziale e quindi è chiaro che è un'operazione totalmente diversa da quella fatta da un ufficio come liquidazione automatica e controllo formale equindi un controllo meramente calcolare: qui siamo in una fase vera e propria di accertamento.

Abbiamo già visto l'articolo 32 del DPR 600 in cui è strettamente previsto che le notizie e i dati non addotti e gli atti e i documenti e i libri e i registri non esibiti o non trasmessi agli inviti dell'ufficio non possono neanche essere presi in considerazione a favore del contribuente in sede amministrativa e contenziosa. Questo quindi attiene agli obblighi del contribuente che sarà tenuto a rispondere e ad esibire la documentazione nel caso in cui intenda avvalersene in sede amministrativa o processuale. Abbiamo già accennato al fatto che alla materia tributaria non si applica la parte della 241/1990 ( legge sul procedimento amministrativo) relativa alla partecipazione del contribuente: lo ribadiamo ora in quanto non solo non si applica ma l'amministrazione nella maggior parte dei casi ha soltanto la facoltà di cercare un contatto con il contribuente ad esempio nel caso in cui si tratti di accertamento di indagini bancarie, l'amministrazione ha la facoltà di interpellare il contribuente inviandogli dei questionari o invitandolo a intervenire a giustificare movimentazioni bancarie. In realtà è una facoltà che ha l'amministrazione: che cosa comporta il fatto che sia una facoltà e non un obbligo? Innanzitutto il fatto che sia l'esito di questo tipo di accertamento l'amministrazione richiede di emanare un atto di accertamento nei confronti di un soggetto, l'atto emanato non potrà ritenersi viziato perché l'amministrazione non ha posto in essere un contraddittorio necessario, perché se è una mera facoltà vuol dire che quella previsione legislativa sufficiente a viziare il procedimento poiché è una mera facoltà ed è qua che è stato da sempre sostenuto dall'amministrazione che ha sempre detto che è appunto una mera facoltà e che quindi l'amministrazione ben potrà successivamente emanare l' avviso di accertamento e che le eventuali eccezioni che il contribuente avrà voluto addurre come giustificazione a quelle movimentazioni bancarie dovrà comunque rappresentarle in sede processuale impugnando l'avviso di accertamento. Quindi per ricapitolare da un lato il contribuente non ha un diritto ad essere sentito, non c'è un contraddittorio necessario e quindi l'amministrazione ha facoltà di interpellare il contribuente e quindi il contribuente che non viene interpellato non potrà eccepire il vizio dell'atto emanato e potrà eventualmente sostenere le sue ragioni di fronte al giudice; dall'altro il contribuente ha "il dovere di rispondere" nel caso in cui l'amministrazione ritiene di esercitare questa facoltà perché è vero che non è un contraddittorio necessario ma è anche vero che se all'amministrazione gli va di sentirci e noi non ci presentiamo, scatta poi l'articolo 32 e quindi e le risposte non fornite, la mancata comparizione, gli atti e i documenti e le scritture contabili non esibiti non potranno essere valutati a favore del contribuente in sede amministrativa o in sede giudiziale. Esistono dei casi, (due certi e uno abbastanza dubbio) in cui l'amministrazione deve obbligatoriamente porre in essere un contraddittorio con il contribuente e questi casi sono: il primo nel caso in cui (art. 37 bis) si tratti di una operazione che per l'amministrazione finanziaria è di tipo elusivo e quindi in questo caso l'amministrazione prima di emettere l'avviso di accertamento deve sentire il contribuente (questo è espressamente previsto): ciò significa in questo caso che laddove l'amministrazione non lo faccia invece l'atto eventualmente emanato potrà essere impugnato, potrà essere eccepito il vizio della mancata regolarità della procedura. Allo stesso modo esiste un altra peculiare procedura che è quella che attiene al disconoscimento dei costi nel caso in cui l'operazione è stata intercorsa con i cosiddetti paradisi fiscali: anche in questo caso prima di emettere l'accertamento e la amministrazione è tenuta a sentire il contribuente. È evidente che sono dei casi residuali in cui tra l'altro l'interesse a sentire il contribuente è piuttosto rilevante. L'ultimo caso che viene segnalato dal Tesauro che tuttavia è dubbio per poter inserire in un contraddittorio necessario oppure no e attiene a una modifica intervenuta a seguito dell'approvazione dello statuto del contribuente che all'articolo disciplina i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali: il settimo comma dell'articolo 12 prevede che nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di scrittura delle operazioni da parte degli organi di controllo (che sarebbe il processo verbale di constatazione) il contribuente può comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori cioè: finisce la verifica, i verificatori consegnano al contribuente copia del processo verbale che poi tra l'altro deve sottoscrivere (e se si rifiuta di sottoscriverlo viene annullato) e lui nei 60 giorni successivi può fare delle controdeduzioni avversarie e portarlo a conoscenza dello ufficio. La norma conclude: l'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine salvo casi di particolare e motivata urgenza: cioè dice: il verificatore ti consegna copia del processo verbale, tu hai 60 giorni per fare controdeduzioni avversarie e portarle a conoscenza dell'ufficio, comunque l'ufficio non può emettere un atto di accertamento prima di questi 60 giorni. Quindi viene interpretato questo come contraddittorio necessario, cioè l'amministrazione non si puo pronunciare se o non ti ha sentito o comunque non ha lasciato passare utilmente questo termine in cui tu potevi dire comunque la tua salvo i casi di particolare e motivata urgenza. Alcuni autori hanno rilevato che il profilo del contraddittorio emerge in realtà sotto un altro profilo: siccome mi consegnano il processo verbale, io ho 60 giorni per fare le deduzioni, faccio le deduzioni e le invio all'amministrazione finanziaria, questa le riceve e le legge: se comunque l'amministrazione finanziaria ritiene che nn siano sufficienti e nn siano convincenti e quindi ritiene di emettere comunque l'avviso di accertamento, ci sono autori che interpretano questo nn contraddittorio necessario e arrivano all'ulteriore conseguenza di dire che l'amministrazione che ritenga comunque di emanare un avviso di accertamento anche all'esito delle controdeduzioni avversarie dovrà motivare specificamente in ordine al fatto di perchè nn ha ritenuto rilevanti le controdeduzioni perchè trattandosi appunto di un contraddittorio necessario se nn motiva in ordine a questo punto è come se nn avesse rispettato il contraddittorio perchè il contribuente nn potrà avere la prova che le sue controdeduzioni sono state prese in considerazione. In realtà oggi giorno tutti gli avvocati scrivono dei ricorsi ma al momento non abbiamo ancora una pronuncia da parte della cassazione su questo punto. In realtà in questi 60 giorni quasi nessuno fa le controdeduzioni perché fare le controdeduzioni in qualche modo significa consentire all'amministrazione di sanare questi diritti che altrimenti andrebbero ad inficiare l'atto di accertamento e che potrebbero essere motivo di impugnazione e di valida vittoria in un contenzioso e quindi ogni norma prevista per il contribuente può avere molteplici effetti.

Quale può essere l'esito della istruttoria?

(Al termine dell'esercizio dei poteri istruttori e in generale dell'istruttoria ,perché abbiamo visto che l'istruttoria è disciplinata nell'art.33 con accessi, ispezioni, verifiche, però ci possono essere delle attività come nel caso dei bancari posti in essere dall'amministrazione finanziaria , dalla guardia di finanza ).

In generale l'esito dell'istruttoria può portare nel caso in cui non è stata riscontrata alcuna violazione alla acquisizione di questa documentazione che cmq confluisce nell'anagrafe tributaria.

Tuttavia l'amministrazione non provvederà ad emanare l'atto perché nessuna violazione è stata constatata.

Se invece sono state constatate delle violazioni l'ufficio ha il potere di emettere l'atto di accertamento perché solo l'ufficio ha questo potere.

Tuttavia può prima ancora di emettere questo atto di accertamento convocare il contribuente per addivenire a un accertamento con adesione.

Stiamo parlando di una figura cioè dell'accertamento con adesione che consente di addivenire a una forma di transazione sull'imposta, significa che l'ufficio ha la facoltà valutata la situazione specifica , prendendo in considerazione anche la difficoltà ad es. il minor grado di certezza delle questioni eccepite ,di conseguenza, la prospettiva di un lungo contenzioso , alla luce di questi elementi può ritenere più congruo rispetto alla fattispecie concreta per esigenze di semplificazione, di buon andamento , cercare un contatto con il contribuente per divenire alla redazione di un atto che si chiama accertamento con adesione, nell'ambito del quale non ci sono delle vere e proprie reciproche concessioni come di solito è nella transazione così come disciplinata dall'articolo 1965 del codice civile, bensì è solo l'amministrazione finanziaria, quindi è un atto unilaterale, che valutando una serie di costi e benefici, ritiene di poter riformulare la richiesta e addivenire alla chiusura immediata della questione con il vantaggio per il contribuente di avere una sostanziosa riduzione sulle sanzioni e talvolta anche sull'imponibile e conseguentemente chiudere qui la vicenda.


Allora l'accertamento con adesione può essere su istanza di parte o su impulso di ufficio.

Adesso noi stiamo parlando dell'impulso di ufficio, cioè l'amministrazione acquisisce il processo verbale di contestazione,verifica dei dati emersi dalle indagini bancarie , acquisisce le ulteriori informazioni dal contribuente stesso e eventualmente va a consultare l'anagrafe tributaria, fatto il quadro su quel contribuente decide: emetto o non emetto l'atto di accertamento?

Decide di emanare l'atto di accertamento ma per una serie di ragioni decide anche di, prima di emanare questo avviso di accertamento, cercare un contatto con il contribuente affinché mi addivenga a un accertamento con adesione.


Cioè la chiusura immediata della vicenda con quindi una rilevante elusione delle sanzioni rispetto al caso in cui fosse effettivamente emanato un avviso di accertamento e una riduzione sull'imponibile, riduzione che di fatto è una migliore e più lucida considerazione di una serie di elementi che emergono dalla documentazione.

Potrebbe verificarsi anche un altro caso,cioè il caso è che invece non viene formulato l'accertamento con adesione ma l'ufficio decide di emettere l'avviso di accertamento. Quindi il comportamento dell'ufficio si sintetizza in questo modo:

1)Nel non emettere alcun atto di accertamento pur avendo comunque fatto quella fase di controllo, posto in essere quell'accertamento, verificato quei poteri, ritiene che all'esito di questa istruttoria non è opportuno emettere in relazione a quella fattispecie un avviso di accertamento,perché non sono constatate delle violazioni;

2)Seconda ipotesi: constatata la violazione ritiene di dover tentare un accertamento con adesione quindi cerca l'accordo con il contribuente;

3)La terza ipotesi: emette l'avviso di accertamento.

Rispetto a questa terza ipotesi: il contribuente può:

1)innanzitutto non impugnarlo e in questo caso se paga tempestivamente quanto richiesto dall'avviso di accertamento ci sarà anche in questo caso una riduzione delle sanzioni.

2) la seconda ipotesi: è presentare l'istanza all'amministrazione finanziaria per l'accertamento con adesione e questo il caso in cui all'accertamento con adesione è su istanza di parte.

3)la terzo ipotesi è presentare ricorso alle commissioni tributarie entro 60 giorni dalla notifica dell'avviso.

Quindi ricapitolando la fase dell'attuazione.

Abbiamo il contribuente che entro un determinato tempo redige la dichiarazione tributaria e la presenta all'ufficio competente. Abbiamo entro un certo lasso di tempo la possibilità comunque di presentare la dichiarazione e oltre quel lasso di tempo abbiamo comunque un'altra possibilità ( che è nel caso in cui il contribuente si accorge di aver compiuto un errore) che è il ravvedimento operoso.

Il ravvedimento operoso produce l'effetto di portare conoscenza dell'amministrazione l'errore, presenta un ulteriore dichiarazione e ho l'effetto di un certo tipo sulla riduzione delle sanzioni.

Ci sono dei limiti oltre i quali non è più possibile procedere con il ravvedimento operoso e il primo fra tutti è che non siano posti in essere accessi, ispezioni e verifiche e che evidentemente non sia stato ancora notificato un accertamento.

Quindi :dichiarazione, tempo cuscinetto, ravvedimento operoso finché non iniziano gli accessi, ispezioni e verifiche e, dopo di che io ho un altro tempo in cui l'amministrazione potrebbe chiedere un contatto per propormi un accertamento con adesione altrimenti poi c'è l'emanazione dell'avviso di accertamento.

A quel punto io ho solo opzioni per il contribuente cioè: pago, chiedo l'accertamento con adesione (e non è detto che me lo concedano,) o faccio ricorso alle commissioni tributarie .

Quindi ognuno di questi segmenti è collocato in un tempo.

A prescindere da questa sequenza in mezzo ci devo inserire la sequenza del 33 bis e 33 ter cioè il controllo cartolare che ovviamente necessita di tempi suoi, cioè presento la dichiarazione mi fanno l'accertamento cartolare, mi può arrivare l'iscrizione a ruolo per la verificazione della maggiore imposta.

Ma il fatto che mi abbiano mandato l'iscrizione a ruolo non pregiudica la possibilità poi per l'amministrazione dell'accertamento di proporre l'accertamento con adesione. È una parte che devo comunque inserire .

Concentriamoci sull'atto finale di questa procedura di accertamento che l'atto di accertamento .

Questo avviso di accertamento e' un atto in quanto atto emanato dall'amministrazione finanziaria e una atto di tipo amministrativo e in quanto atto di tipo amministrativo valgono non regole particolarissime ma valgono le regole generali del diritto amministrativo tuttavia con delle avvertenze.

La prima avvertenza è che normalmente il procedimento amministrativo ovvero il provvedimento emanato dall'esito di questo procedimento e' un provvedimento di tipo discrezionale.

In diritto tributario invece il provvedimento è l'esito di una attività vincolata e quindi non discrezionale per eccellenza .

Tutti i vizi che potemmo eventualmente arrivare a rilevare nei confronti di un atto emesso dall'amministrazione finanziaria,potranno essere violazione di legge o incompetenza, ma mai un eccesso di potere perché non potendo porre in essere un'attività discrezionale non si potrà avere l'eccesso di potere.

E questo un riflesso del principio di legalità dell'articolo 23 costituzione in quanto l'amministrazione finanziaria è tenuta a porre in essere esattamente quel comportamento previsto dalla legge .

L'atto quindi non è discrezionale in quanto i contenuti stessi di questo atto sono disciplinati per legge.

Ricordate che è vero che la fase dell'attuazione può essere disciplinata anche da fonti subordinate ma comunque la legge disciplina i principi e criteri direttivi sulla base dei quali potranno essere eventualmente approvati i regolamenti che disciplinano la procedura di dettaglio per l'accertamento .

Tutto è predeterminato dalla legge e dunque non vi può essere una scelta discrezionale dell'amministrazione nè nell'an né nel quantum del tributo. Vi rendete conto quindi che se tutto ciò è vero è perlomeno strano che nel diritto tributario esista un istituto quale quello dell'accertamento con adesione.

Se l'amministrazione finanziaria è vincolato nell'an e nel quantum su che cosa farà l'accordo ?

E' per questo che la dottrina ritiene che non si tratti di un vero e proprio accordo, di una vera e propria transazione, bensì di un atto unilaterale da parte dall'amministrazione finanziaria in cui valutati gli eventuali costi di un contenzioso o comunque meglio valutati una serie di informazioni che ha fornito il contribuente l'amministrazione concentra la sua richiesta sul certo, su ciò che contestabile per certo, come dire tralasciando quelle toppe che eventualmente sono emerse nella attività di controllo ma che non sono poi così certe nel buon fine della procedura eventualmente di esecuzione.

Quindi non è una vera e propria transazione, non è un vero e proprio accordo, perché non c'è un incontro tra le due volontà, bensì è un soggetto che autoritativamente ma alla luce dei principi dell'articolo 97 della costituzione, cioè buon andamento, imparzialità, a prescindere dalla situazione personale del contribuente, decide di concentrare la propria richiesta solo su determinate poste.

Ed è così che quindi risulta anche coerente( eppure quando è stata prevista la nuova procedura di accertamento con adesione tre anni dopo sono usciti quattro volumi sull'argomento, non è un argomento piano) però una delle argomentazioni plausibili e proprio questa.

Allora, l'atto di accertamento può essere detto atto di imposizione in quanto appunto con questo atto l'ufficio unilateralmente pone in essere l'obbligazione tributaria.

C'è chi indica come atto di imposizione qualsiasi atto impugnabile ( non vi preoccupate perché la definizione di atto impugnabile non la portate all'esame).

Dice il professore possiamo ricondurre qualsiasi atto elencato nel 19 all'atto di imposizione perché non è una nozione tecnica, perché bisogna distinguere l'atto di imposizione che discende dall'attività di accertamento in senso sostanziale che è l'avviso di accertamento ,dagli altri atti di imposizione che in realtà non solo l'esito di un controllo sostanziale ma di un controllo all'esempio di tipo formale che possiamo ricondurre alla mera attività di riscossione come può essere fatto che viene emanato all'esito della procedura di controllo di tipo cartolare che è l'iscrizione a ruolo o cartella di pagamento.

Quindi utilizzando il termine atto di imposizione in senso generico fa confluire nello stesso termine sia un atto dell'accertamento e sia un atto della riscossione.

Quindi per il professore sarebbe più proprio parlare di atto di imposizione solo in ragione di un esito di un'attività di accertamento, cioè solo con riferimento all'avviso di accertamento .


REQUISITI E CONTENUTO DELL'AVVISO DI ACCERTAMENTO.


L'atto di accertamento in quanto atto impositivo è simbolo dell'esercizio di potere da parte dell'amministrazione finanziaria potrà essere viziato nel caso in cui l'esercizio dei poteri non sia stato corretto.

L'esercizio dei poteri sia nella fase istruttoria che nella fase dell'emissione dell'atto di accertamento, ci potrà essere eventualmente un vizio nella notifica, un vizio di motivazione. Le violazioni di queste regole procedurali dell'agire dell'amministrazione nell'esercizio dei poteri rendono l'atto invalido. Il tema dell'invalidità è amplissimo. Ci sono vari tipi di invalidità.Ci possiamo trovare di fronte alla nullità, annullabilità, inesistenza( poi vedremo con quali effetti).

L'avviso di accertamento si compone di due parti: uno è la motivazione, l'altro è il dispositivo.

La motivazione tra l'altro espressamente oggetto di disciplina nello statuto del contribuente all'articolo 7 della legge 212 del 2000 è elemento essenziale per la validità della atto.E fin qui nulla di nuovo perché già la 241 prevedeva la motivazione come elemento essenziale della validità.

L'articolo 7 prevede che:

"Gli atti dell'amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall'artico 3 della legge 7 agosto 1990 ,n. 241( quindi c'è un rinvio espresso) concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione."

Quindi la motivazione è elemento necessario e si compone dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche. E' quindi l'iter logico giuridico che ha portato l'amministrazione ad adottare quel provvedimento.

Questo iter logico e giuridico deve emergere dalla atto affinché si possa capire che la motivazione esiste cioè non è una mera parte formale dell'atto, ma deve avere anche un contenuto sostanziale.

La motivazione ha due funzioni particolari:

1) la prima funzione è di garanzia del contribuente perché il contribuente che riceve l' atto leggendo la motivazione può capire che cosa è successo potrà valutare se impugnarlo oppure no, cioè potrà organizzare la sua difesa e valutarla se ha sufficienti ragioni per procedere in via giurisdizionale.

2)la motivazione ha una ulteriore funzione quella cioè di limitare la richiesta dell'amministrazione finanziaria, perché rispetto allo atto di accertamento vige nel sistema tributario il principio dell'unicità dell'accertamento. Ciò significa cioè che l'amministrazione finanziaria in relazione a un periodo di imposta può emanare nei confronti di un contribuente uno e uno solo atto di accertamento. Questo perché sarebbe eccessivamente oneroso per il contribuente porre in continuazione un'attività di vigilanza , stare a rimodulare la propria pretesa, dover istaurare non 1 procedimento giurisdizionale ma eventualmente due, tre, 4. Quindi il principio generale è l'unicità dell'atto di accertamento cioè l'amministrazione a fronte di un periodo di imposta può emanare un unico atto, cioè solo quando l'amministrazione è sicura , sente di aver in mano tutte le carte potrà emanare l'avviso di accertamento e quindi dire che la funzione della motivazione e' duplice sta appunto nel fatto che da un lato appunto il contribuente potrà dedurre l'iter logico giuridico che sta fondamento dell'avviso emesso dall'ufficio e dunque organizzare la propria difesa dall'altro che l'ufficio stesso nell'emanare quell'atto, nel dare quella motivazione ha vincolato con la sua eccezione a quella determinata poste e successivamente non potrebbe mettere un ulteriore avviso laddove si accorgesse di aver omesso alcune considerazioni e allo stesso modo non potrà in sede giurisdizionale proporre nuovi motivi perché il suo atto da quel punto di vista è annullato.

A questo principio dell'unicità dell'atto di accertamento esistono due eccezioni: l'accertamento parziale e l'accertamento integrativo.

L'accertamento parziale è una eccezione di tipo preventivo cioè l'amministrazione può prima di emettere un avviso di accertamento globale sull'accertamento quindi di tutti i redditi di quel determinato periodo di imposta emettere un avviso parziale di accertamento su solo una singola posta rispetto alla quale abbia avuto una informazione di tipo qualificato( ad esempio l'indagine bancaria- emerge una movimentazione che riguarda un terzo estremamente qualificata da cui poter rivelare una evasione da parte di questo terzo, gli notifico un parziale recupero solo su quella posta ferma restando che poi potrà fare quella globale).

La seconda deroga è l'accertamento integrativo cioè ho già fatto un accertamento nei confronti di quel contribuente che gli ho già notificato nelle forme ordinarie, successivamente l'amministrazione viene a conoscenza di dati che non erano né conosciuti né conoscibili e solo in quel caso posso emettere un nuovo avviso di accertamento fondato appunto su elementi non conosciuti, né conoscibili.Non è che io conoscevo ma che al momento non ero eccessivamente convinto e quindi ritenevo inopportuno emanare un avviso e lo potevo fare anche dopo. No! Devono essere elementi nuovi non conosciuti e nemmeno conoscibili appunto perché è una deroga a un principio che dovrebbe essere sempre rispettato.

E' evidente che l'accertamento parziale che integrativo essendo deroghe devono essere puntualmente motivate sulle ragioni che hanno spinto, sugli elementi che legittimano l'amministrazione a procedere in questo modo speciale, derogatorio.

L'articolo 7 comma 1 seconda parte dello statuto dei diritti del contribuente prevede che:

Se nella motivazione si fa riferimento a un altro atto, questo deve essere "allegato all'atto che lo richiama". Significa che nel caso di motivazioni per relazionem occorre allegare l'atto a cui si fa riferimento.

E'evidente che nella maggior parte dei casi il riferimento è al processo verbale ,perché spessissimo succede che nella motivazione dell'atto di accertamento si fa riferimento alle constatazioni che sono state fatte nel processo verbale.E allora per esempio quel contribuente non può venire a conoscenza magari del processo verbale giornaliero ma soltanto di quello sintetico che comunque fa riferimento ad altri atti.

Eppure di recente c'è una sentenza di cassazione che dice che questa disposizione si applica anche nel caso in cui il documento richiamato è una delibera comunale.

E questo è molto forte in termini di garanzia perché una delibera comunale può essere reperita in vario modo comunque a è un documento pubblico è accessibile .Quindi ritenere che questa norma si applica anche nel caso in cui il riferimento è alla delibera comunale quindi significa ampliare la tutela del contribuente e che discende da questa norma. Il secondo comma dell'articolo 7 prevede che:

"Gli atti dell'amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione( quindi sia l'atto di accertamento in senso stretto sia gli altri atti così detti atti di imposizione )devono tassativamente indicare:

1)l'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito alla atto notificato comunicato e responsabile del procedimento( si richiama anche in questo caso la legge 241 del 1990);

2)l'organo o l'autorità amministrativa presso il quale è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell'atto in sede di autotutela;

3)le modalità, il termine, l'organo giurisdizionale o l'autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili".

In realtà oggi giorno il contenuto del secondo comma dell'articolo 7 è stato recepito è una sorta di stampone tanto che se vi arriva un avviso di accertamento a casa dietro c'è stampato esattamente questo contenuto.

Il professore dice che esistono avvisi senza imposta .

Normalmente l'avviso di accertamento arriva con una motivazione e con un dispositivo ed è finalizzato al recupero della maggiore imposta. Questo recupero della maggiore imposta emerge dalla motivazione che si completa nel dispositivo.

Esistono però degli avvisi così detti senza imposta cioè degli avvisi che vengono notificati non al fine di recuperare l'imposta in capo al soggetto a cui vengono notificati ma al fine diciamo di pubblicità( ad esempio nel caso della società di persone il reddito della società di persone per il principio stabilito per legge non sono passate come società cioè non è passata come reddito vantato in capo alla società ma è come se la società fosse trasparente e quindi il reddito viene passato direttamente in capo al socio).

Cioè io e lui abbiamo una società di persone, la società non paga l'imposta nell'anno in cui ha maturato un utile ma a prescindere da quanto evidenziato dall'utile ed a prescindere dalla distribuzione dell'utile ogni anno paghiamo l'imposta metà per uno.

Questo significa che la tassazione della società di persona rientra nel principio di trasparenza e che dunque l'imposizione è direttamente in capo al socio e non in capo alla società, quindi le notifica l'avviso di accertamento alla società ha una finalità di . pubblicità ma non al fine di riscuotere l'imposta, perché la riscossione dell'imposta avverrà poi in capo ai soci. Questa notifica produrrà altri effetti perché ad esempio alla società possano essere comunque autonomamente contestate le violazioni di ordine formale perché la società è comunque tenuta per le ragioni di pubblicità a presentare la dichiarazione.Quindi la società di persone residente nel territorio dello stato presenta la dichiarazione e se non la presenta incorre in violazione ed è cmq soggetta al controllo la presentazione della dichiarazione . Allo stesso modo alla società viene notificato l'accertamento e recupero dell'imposta anche se di fatto il recupero sostanziale avverrà in capo ai soci.

E quindi di questo si parla quando si parla di avviso senza imposta.

L'avviso di accertamento è un atto di tipo recettizio.

Gli atti di tipo recettizio acquistano efficacia nel momento in cui vengono ricevuti ed è per questo che l'avviso di accertamento deve essere notificato al contribuente . In relazione al tema della notifica vi segnalo quanto è stato disciplinato nello statuto del contribuente perchè all'articolo 6 comma 1 è stato previsto che :

"L'amministrazione finanziaria deve assicurare l'effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati. A tal fine provvede comunque a comunicarli nel luogo di effettivo domicilio del contribuente, quale desumibile dalle informazioni in possesso della stessa amministrazione e di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente, ovvero nel luogo ove il contribuente ha eletto domicilio speciale ai fini dello specifico procedimento cui si riferiscono gi atti da comunicare . Gli atti sono in ogni caso comunicati con modalità idonee a garantire che il loro contenuto non sia conosciuto da soggetti diversi dai loro destinatari "

(quando vi danno l'avviso non si vede il contenuto ma solo il destinatario).

"Restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari".

La notifica degli atti tributar è prevista dalla legge 546 del 1992 ( non si porta all'esame), cioè la disciplina del contenzioso tributario prevede un rinvio al c.p.c. per la notificazione quindi articoli 147 e seguenti . e quindi tutta la procedura: la notificazione a mani proprie, al custode fino all'affissione alla casa comunale fermo restando che poi possono essere notificati anche per posta.

Come si concilia il rinvio espresso e la puntualizzazione che restano ferme le disposizioni in materia di notifica degli atti tributari che le disposizioni codice di procedura civile con l'articolo 6 per cui l'amministrazione finanziaria deve assicurare l'effettiva conoscenza da parte del contribuente e degli atti a lui destinati ?

Mi spiego meglio. La procedura di notifica è una procedura che certifica che l'atto è stato portato a conoscenza del contribuente ma lo fa con una procedura standardizzata che arriva al punto di arrivare a considerare avvenuta la notifica nel caso di irreperibilità o affissione alla casa comunale.

Quindi è un procedimento che incide nei rapporti tra privati ma che ha efficacia di tipo pubblico perché vuol dire che abbiamo valutato all'interno dell'ordinamento che una procedura deve comunque, siccome il diritto di difesa è talmente forte, a un certo punto questo atto deve considerarsi portato a conoscenza di quel soggetto.

Qui siamo ancora sul piano amministrativo e non giurisdizionale Quindi potremmo dire che ho comunque una sua dignità il fatto di aver previsto che l'amministrazione deve assicurare l'effettiva conoscenza , c'è che non vado nel regime di presunzioni di pubblicità.

Però in realtà le norme sulla notifica restano ferme. E tra l'altro non è sempre vero che l'effettiva conoscenza del contribuente sia di maggiore garanzia per il contribuente rispetto una procedura formale di notifica perché se l'atto ad esempio è stato notificato male perché presenta un vizio di notifica ma è stato effettivamente conosciuto dal contribuente , attenzione, perché se vige il principio di conoscenze effettiva il vizio di notifica è sanato .Se invece vige una procedura formale di notifica se c'è un vizio di notifica io mi presento dal giudice delle commissioni tributarie e mi faccia annullare l'atto per vizio di notifica.

Quindi secondo la professoressa il secondo comma dell'articolo 6 sta nello statuto del contribuente e lo statuto del contribuente va letto come garanzia del contribuente quindi a tutela del contribuente per la professoressa resta ferma la procedura di notifica così come è rinviata al codice di procedura civile e l'effettiva conoscenza del primo comma va riferita ad atti per cui non è prevista la notificazione ma eventualmente la mera comunicazione , è una conclusione di maggiore garanzia per il contribuente .

L'atto di accertamento oltre che recettizio è autoritativo.

Autoritativo in quanto emanato dall'amministrazione finanziaria nell' esercizio di poteri amministrativi non discrezionali ma vincolati. in quanto atto autoritativo è suscettibile di divenire esecutivo se non impugnato tempestivamente .

Si apre tutta una questione sulla avviso nullo, annullabile, inesistente .

Premesso che in diritto tributario ora più che mai a seguito dell'emanazione dello statuto del contribuente esistono degli elementi previsti a pena di nullità, va tuttavia specificato che l'autoritatività dell' atto avviso di accertamento è tale che la nullità eventualmente emersa per assenza di un elemento essenziale va comunque eccepita su un vizio cioè non è nullità di tipo civilistico per cui l'atto fin dall'origine( ad esempio mi notificano un avviso di accertamento senza motivazione, io lo piglio, lo straccio e lo butto, NO) é uno atto autoritativo che comunque è suscettibile di divenire definitivo se non impugnato entro 60 giorni seppur viziato e quindi seppur nullo sotto determinati profili in quanto la legge prevede la nullità dell'atto carente di quel requisito io sono comunque tenuto a impugnarlo presso le commissioni tributarie per eccepire il vizio di nullità, ma la nullità deve essere pronunciata dal giudice.

Per quanto riguarda l'avviso inesistente il professore distingue l'atto illegittimo che è un atto invalido ma esistente e dall'altro l'atto inesistente intendendo per atto inesistente l'atto non sottoscritto, intestato a un soggetto inesistente oppure emesso in carenza di potere oppure emesso da un ufficio incompetente oppure che non è notificato( nel caso in cui si possa definire una notifica inesistente come ad esempio quella fatta dal soggetto che non è un ufficiale).

In questo caso si dice che l'atto non genera effetti che quindi non genera nemmeno la preclusione che discende dall'autoritatività dell'atto in sé; in realtà a parte che è difficile che si verifichi una ipotesi simile, ammettere che si possa verificare un atto inesistente significa non escludere del tutto che possa esserci un vizio che prevalga sull'autoritatività dell'atto.

Cioè si è un atto autoritativo che diventa definitivo se non impugnato ma esiste un limite a questa caratteristica che rende l'atto inesistente di per sé. Nel momento in cui si dice che l'autoritatività non è comunque tale davanti all'atto inesistente da renderlo definitivo comunque, una pronuncia sul contenuto di quell'atto la dovrò cmq avere eventualmente potrò non incorrere nella preclusione per il decorso 60 giorni e quindi comunque invocare una tutela eventualmente come dice il professore nei confronti della atto successivo cioè anche in sede di emanazione dell'iscrizione a ruolo potrò eccepire l'inesistenza dell'atto precedente e vedere pronunciata in sentenza l'annullamento dell'1 e dell' altro. Cioè quindi l'unico effetto che potrebbe discendere dall'altro inesistente posto che esista l'atto inesistente perché la professoressa è scettica è di non incorrere nella preclusione ,nella impossibilità di impugnarlo successivamente che sono le caratteristiche tipiche che immediatamente emergono nel momento in cui diciamo che l'atto è autoritativo.

Nel nostro sistema tributario esiste il principio del divieto di doppia imposizione.

L'art 67del dpr 600/ 1973 prevede che:

"La stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi. L'imposta personale pagata dal soggetto erogante a titolo definitivo a seguito di accertamento è scomputata dall'imposta dovuta dal percipiente il medesimo reddito".

Quindi ciò significa che l'ulteriore vizio che può essere addotto è il fatto che in realtà l'imposta è stata richiesta anche a due soggetti diversi ma in relazione allo stesso presupposto .Perché ?A che principio risponde questa norma?

Al 53 costituzione perché se tutti sono tenuti a concorrere in ragione della propria capacità contributiva è evidente che tutti dovevano concorrere in ragione del medesimo presupposto; se il presupposto è uno non possono pagare due soggetti diversi. L' amministrazione non può richiedere a due soggetti diversi .

Diverso è il fatto che siccome c'è un rapporto di coobbligazione solidale l'amministrazione lo richieda a tutti e due, ma poi questi avranno una rivalsa interna. L'amministrazione invece non potrà pretendere da due soggetti diversi perché la capacità contributiva manifestata sarà una sola , allora o sono solidali e quindi i rapporti si regolamentano in modo particolare con regole comuni sulla solidarietà oppure se questi sono del tutto estranei e viene chiesta un'imposta in relazione al medesimo presupposto un vuol dire che c'è un errore perché il contribuente è tutelato sotto questo profilo con il divieto di doppia imposizione.


METODI DI ACCERTAMENTO.


L'atto di accertamento ha degli elementi, un contenuto, però per arrivare alla determinazione del recupero l'amministrazione può muoversi secondo diversi metodi di accertamento, non ce n'è uno solo.

Ha reperito dei documenti, ha reperito delle informazioni, e adesso bisogna orientare la documentazione al fine della determinazione di un risultato cioè la maggiore imposta da dover corrispondere.

Quindi l'amministrazione può avvalersi di diversi metodi .

Il metodo di cui l'amministrazione si è avvalsa nella redazione dell'atto deve emergere dall'atto stesso( cioè deve dire se ha utilizzato un metodo analitico, contabile, sintetico).

E' una delle cose che deve emergere dall'atto.

L'atto di accertamento è o d' ufficio o in rettifica a seconda che proceda dallo omessa dichiarazione o dalla presentazione della dichiarazione da parte del contribuente. Quindi è d'ufficio se non ci sia stata la dichiarazione del contribuente, è in rettifica nel caso in cui rettifica quanto dichiarato dal contribuente.

Le procedure di accertamento sono disciplinate dall'articolo 38 e dall'articolo 39 del dpr 600/ 1973.

L'art.38 riguarda la rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche . l'articolo 39 riguarda i redditi determinati in base alle scritture contabili.

Ciò significa che se uno vi chiede : quali sono i metodi di accertamento esperibili nei confronti di soggetti non tenuti alle scritture contabili ? sono quelli del 38 che riguardano le persone fisiche .

Adesso analizziamo i vari metodi di accertamento.

L'articolo 38 prevede che la rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche non tenute alle scritture contabili quindi la rettifica della dichiarazione di persone e dichiara l'imposta dell'irpef e l'irpef si determina facendo la somma delle diverse categorie di reddito.

Significa che io avrò una serie di quadri della dichiarazione in ogni quadro porrò i redditi di una determinata categoria e alla fine avrò un risultato totale.

Presento la dichiarazione, accertamento in rettifica,rettifico la dichiarazione delle persone fisiche ovvero dell'irpef.

L'art.38 prevede:

" L'ufficio delle imposte procede alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulti inferiore a quello effettivo non sussistono non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito e le detrazioni di imposta indicate nella dichiarazione "

Ipotesi classica- hanno fatto accessi, ispezioni, verifiche hanno rilevato che ci sono delle incongruenze tra dichiarato e ciò che è emesso dall'esito del controllo quindi procedono al recupero del reddito che risulta dal differenziale del reddito dichiarato e ciò che emerge.

Però da qui emerge un accertamento di tipo analitico, cioè il fisco procede verificando dato per dato ciò che il contribuente mi ha indicato in dichiarazione rigo per rigo le poste indicate dal contribuente .

Quindi di fatto il fisco ha sul tavolo la dichiarazione del contribuente e i documenti e fa un confronto prendendo per buono ciò che il contribuente ha dichiarato e operando rettifiche di tipo analitico , cioè sulle singole poste.

L'art.38 prevede che:

" La rettifica deve essere fatta con unico atto e, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta locale sui redditi ma con riferimento analitico e ai redditi delle varie categorie "

Quindi riferimento all'accertamento di tipo analitico. Prende in considerazione quanto dichiarato e con riferimento alle singole poste e lo confronto con quanto emerge dai documenti.

Tuttavia emerge dal terzo comma:

" L'incompletezza, la falsità e l'inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione possono essere desunte dalla dichiarazione stessa, dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dei dati e delle notizie di cui all'articolo precedente anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti."

Cioè il primo comma disciplina il metodo analitico e lo specifica nel secondo comma, nel terzo comma però dice che l'incompletezza, la falsità e l'inesattezza dei dati che emergono dalla dichiarazione io la posso desumere sia nella dichiarazione stessa, sia nel confronto con la dichiarazione precedente, sia dei dati dall'anagrafe tributaria, e sia sulla base di presunzioni semplici e purché siano gravi, precise e concordanti.

Che sono le presunzioni semplici? È un procedimento ontologico che incide solo sul risultato finale dell'accertamento, perché da un fatto ignoto giungo a un fatto noto. Quando parlo di presunzioni semplici parlo di puro ragionamento a differenza delle presunzioni legali in quel caso l'interprete è vincolato alle presunzioni legali più o meno.

Nel caso in cui emergono delle incongruenze, falsità di questi dati l'ufficio procede a rettificarli.

E siamo ancora nel metodo analitico anche se in realtà la rettifica può essere abbastanza sostanziosa, perché magari emerge una falsità e quindi un'intera posta di quella categoria va ridistribuita, non siamo più nell'ambito dell'errore stiamo nell'accertamento cioè nella riqualificazione delle varie poste indicate però sempre di tipo analitico. Il quarto comma prevede che:

"L'ufficio indipendentemente dalle disposizioni recate nei commi precedenti e dall'articolo 39 può in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato .A tal fine con decreto del ministro delle finanze da pubblicare nella gazzetta ufficiale sono stabilite le modalità in base alle quali l'ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva indicati con lo stesso decreto, quando è reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per 2 o più periodi di imposta".

Avete mai sentito parlare del cosiddetto redditometro?

Sostanzialmente si dice in primo luogo si procede con accertamento analitico, tuttavia indipendentemente da quello detto prima, l'ufficio quando il reddito complessivo netto del contribuente si discosti per almeno un quarto rispetto a quanto previsto in questa tabella stabilita con decreto ministeriale e ciò si verifichi per 2 o più periodi d'imposta susseguenti( per esempio un caso in cui un soggetto ha un reddito costante per una serie di anni e poi 1 anno dichiara di meno) quando invece siamo di fronte a uno spostamento per più di 2 periodi di imposta e notevole scostamento per almeno un quarto rispetto a questa tabella allora l'ufficio può procedere con metodo sintetico.

Che cos'è il metodo sintetico?Il metodo sintetico si basa sul cosiddetto redditometro.(Ad es. se ho una Ferrari, una villa e una piscina si presume che non posso dichiarare un reddito inferiore a 150mila euro l'anno ma non perché mi chiedono come l'ho comprato! Attenzione!Non cadete in questo errore ma perché la benzina costa e quindi devo mettere la nafta sulla barca e poi c'è la manutenzione .

Quindi la presunzione non è sugli acquisti ma sui costi di mantenimento dei beni. Quindi si presume che un soggetto che abbia questi determinati beni non possa avere un reddito inferiore a x perché altrimenti non potrebbe mantenere questi beni.

C'è chi ha parlato di doppia presunzione perché da questa presunzione si arriva alla presunzione del maggior reddito. Ma non è una doppia presunzione perché sono delle presunzioni semplici , cioè degli elementi forniti della gravità, precisione concordanza .

Altre considerazioni.

" Qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali , la stessa si presume sostenuta ,salvo prova contraria , con redditi conseguiti , in quote costanti nell'anno in cui è stata effettuata e nei 4 precedenti."

Che significa "sinteticamente"?

Se dal decreto ministeriale emerge che io non posso guadagnare meno di 150mila euro in un anno e la mia dichiarazione va rettificata perché io dichiaro 80 mila euro .

Cos'è questa 70 mila euro?

Stiamo parlando del reddito delle persone fisiche e quindi dell'accertamento dell'IRPEF che si determina con la sommatoria delle varie categorie quindi per eccellenza il metodo per rettificare una dichiarazione IRPEF è l'analitico perché procede per singole poste. Nel momento in cui mi fai un sintetico a che titolo sto recuperando quella maggiore somma?E' reddito fondiario ? E' reddito di lavoro dipendente? È reddito di capitale? Che cos'è?

Il legislatore ha detto che è reddito di capitale , però non lo ha detto per motivi di grande filosofia.

Quando faremo le categorie vedremo che il reddito diverso ammette la deduzioni dei costi nella determinazione dell'imponibile , mentre invece il reddito di capitale è l'unica categoria che va calcolata al lordo e quindi l'amministrazione ha detto che il reddito accertato con procedimento di tipo sintetico si presume reddito di capitale e quindi anche i costi eventualmente certificati per quel reddito non sono deducibili .Quindi non vado più anche se sto accertando l'IRPEF a nucleare quali di questi70mila euro vanno a alla reddito fondiario, quanti vanno imputati a reddito diverso, ma confluiscono tutti in un calderone sinteticamente che mi viene recuperato a titolo di reddito di capitale.

Dire che mi viene recuperato a titolo di capitale significa dire che non sono ammesse   le deduzioni dei costi per quei certificati ( cioè seppur io dico è vero che mi sono sbagliata ho questi ulteriori redditi però a fronte di questi redditi che non ha dichiarato io vi certifico questi costi non sono deducibili).

DOMANDA- potrei dimostrare che ho villa, piscina, barca, Ferrari e che dichiaro solo80 mila euro?

L'accertamento di cui stiamo parlando è un accertamento in rettifica , l'accertamento in rettifica significa che muove dalla dichiarazione del contribuente, vi ricordate se esistono dei redditi che per legge non vanno in dichiarazione? L'interesse di capitale perché c'è una sostituzione a titolo d'imposta.

Il sesto comma prevede infatti che:

" Il contribuente ha facoltà di dimostrare anche prima della notificazione dell'accertamento , che il maggior reddito determinato determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta. L'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione".

Io potrei dire sono talmente ricco che non solo non lavoro ma ho miliardi e miliardi investiti in fondi comuni e quindi posso fare una dichiarazione di 80 mila euro perché tutte le mie ricchezze sono messe in fondo comune e questi fondi comuni sono soggetti a ritenute a titolo d'imposta e quindi tutta la benzina per la mia Ferrari viene dai frutti nel mio capitale investito che non transita in dichiarazione.

E' evidente che l'amministrazione avrà controllato questo ,però io posso eccepire che si tratta di redditi soggetti di ritenuta alla fonte a titolo d'imposta e quindi per legge non vanno in dichiarazione o che si tratta di redditi esenti come ad esempio ho vinto una borsa di dottorato è reddito esente mi spendo la borsa di studio per comprare la benzina della Ferrari .


PAUSA.


L'art.39 riguarda invece i redditi determinati in base alle scritture contabili e quindi :

"Per i redditi d'impresa delle persone fisiche l'ufficio procede alla rettifica:

a)se gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto profitti e delle perdite e dell'eventuale prospetto di cui al secondo comma dell'articolo 3 ;

b)se non sono state esattamente applicate le disposizioni del titolo quinto del DPR 597/ 1973( c'è quelle della determinazione del reddito di impresa),

c) se l'incompletezza, la falsità e l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dei questionari, dagli atti, documenti e registri esibiti o trasmessi ai sensi del numero 3 o da altri atti e documenti in possesso a dell'ufficio;

d) se l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e ne relativi allegati e risulta dall'ispezione delle scritture contabili e delle altre verifiche di cui all'articolo 33.L'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici purché queste siano gravi precise e concordanti".

Praticamente sta dicendo l'incompetenza falsità e inesattezza risulta dall'esercizio dei poteri visti nella prima parte della lezione .Nell'art.33 vi sono oltre agli accessi, ispezioni e verifiche anche una serie di indagini ma principalmente sono questi i tre. L'esistenza di attività non dichiarate significa che non ha dichiarato una passitività che porterebbe a un risultato di reddito positivo e l'inesistenza di passività dichiarate ha l'effetto di abbattere i costi e di aumentare il differenziale positivo .

Nell'art.39 siamo di fronte a un metodo analitico contabile perché sono di fronte a un soggetto che per legge è tenuto alle scritture contabili ed è sanzionato nel caso in cui non tenga le scritture contabili cioè è un comportamento richiesto per legge e quindi sanzionabile perché risponde a un interesse generale affinché ci sia una pubblicità nel tenere determinati libri.

Nel momento in cui vado da un soggetto che per legge è tenuto a questi obblighi che richiedono tempo e che sono sanzionabili e dunque l'accertamento nei confronti di questi soggetti avverrà sulla base della verifica analitica basata sulle scritture contabili per questo si chiama analitico contabile.

E poi fa un elenco in cui procede alla verifica in questo modo e poi conclude alla lett.d e mi dice che anche nel caso in cui l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività non dichiarate ( cioè tutte le inesattezze portano a un aumento dell'imposta quindi alla rettifica della dichiarazione in aumento, questo comportamento del contribuente è desumibile anche da presunzioni purché queste siano gravi, precise e concordanti .

Di che cosa stiamo parlando ad esempio?

Vengono a fare un accesso, aprono il cassetto e trovano una matrice del libretto degli assegni e non trovano un riscontro in contabilità è evidente che questa è considerata una presunzione che ha il requisito della gravità precisione e concordanza.

Aprono un altro cassetto e trovano un quadernino dove a matita ci sono scritte giorno 14 marzo e segnate una serie di cose e non c'è riscontro in contabilità.

Siamo di fronte a dei soggetti obbligati per legge a tenere un determinato comportamento cioè a degli obblighi formali.

Per dire che l'accertamento non si fa partendo da quello ci devono essere dei motivi forti, infatti il legislatore prevede al secondo comma che:

" In deroga alle disposizioni del comma precedente l'ufficio dell'imposte determina il reddito di impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi anche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d del precedente comma"

Cioè prive della gravità, precisione, e concordanza. È molto forte come metodo di accertamento perché di fronte a un soggetto che per legge è tenuto alla contabilità quindi a registrare qualsiasi movimento di entrata e uscita sta dicendo che ci sono casi in cui sulla base di dati e notizie comunque raccolti quindi sulla base del 32 33, anagrafe tributaria, dichiarazioni precedenti, dichiarazioni di terzi che siano soggetti che svolgono attività di tipo pubblico, che siano informazioni ricevuti da terzi che siano di tipo privato. Venuti a conoscenza ( segnalazione anonima alla guardia di finanza), fatto sta che prescindendo dal bilancio ti ricostruisco interamente il tuo profilo mettendo da parte le iscrizioni contabili e avvalendosi anche delle presunzioni prive della gravità, precisione, concordanza..

(esempio- sei un ristorante che dichiara 100 mila euro l'anno, dall'esame della contabilità risulta che hai 20 coperti al giorno, hai un conto di lavanderia che ti ho trovato nascosto nel cassetto per 80 mila euro l'anno. Probabilmente hai molti più coperti di quelli che dichiari . Es.tovagliolini di carta. C'è giurisprudenze giurisprudenza sull'acquisto di tovagliolini di carta.

La non corrispondenza fra il costo e l'acquisto dei tovagliolini di carta e quanto dichiarato.

E' evidente che si tratta di fatti che sono privi della gravità, precisione e concordanza perché eventualmente sono anche elementi isolati ma che in questi casi possono di per sé portare a un metodo di accertamento induttivo extra contabile.

Induttivo perché basato su induzione del ragionamento, cioè su una serie di presunzioni, extra contabili perché prescinde in tutto o in parte dalle risultanze contabili.

LETT.A quando il reddito di impresa non è stato indicato nella dichiarazione( non hai dichiarato niente).

LETTCquando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell'articolo 33 risulta che il contribuente ha non ha tenuto o ha comunque sottratto all'ispezione una o più delle scritture contabili prescritte dall'articolo 14 ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per cause di forza maggiore( è esploso il capannone e si è incendiato e dentro c'erano le scritture contabili).

LETTD quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale d'ispezione solo così gravi numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica( la irregolarità risponde a certi principi e certi criteri che devono essere rispettati. Nel caso in cui siamo di fronte a una contabilità piena di cancellatura, correzioni, una rappresentazione contabile che fa emergere incongruenze evidenti allora l'amministrazione procede come segue.

E poi quando" il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti ai sensi dell'articolo 32 ( nel caso in cui sia invitato a comparire".

Anche questi saranno dei casi che legittimano l'amministrazione a procedere con metodo induttivo extra contabile.

Quindi vedete che comunque non solo non c'è un contraddittorio come dicevamo prima nell'istruttoria ma c'è facoltà assoluta da parte dell'ufficio, facoltà il cui effetto si riverba nei confronti del contribuente producendo degli effetti perchè il contribuente nei confronti dei quali è l'amministrazione abbia ritenuto utile utilizzare la facoltà di richiedere dei chiarimenti , delle documentazioni, delle risposte ai questionari non solo si trova di fronte a uno stranissimo contraddittorio che a quel punto diventa necessario, ma si trova di fronte a una situazione rispetto della quale se non risponde, se non si presenta, se non fornisce quella documentazione l'effetto immediato e diretto è notevole.

Uno degli effetti è il fatto di vedere poi utilizzato ai fini dell'accertamento nei suoi confronti il metodo induttivo extra contabile.

La ricostruzione avverrà quindi in via induttiva e quindi sulla base degli elementi a disposizione dell'ufficio verrà ricostruito il reddito dell'impresa, verranno ricostruite le poste sia in positivo che negativo , emergerà quanto il contribuente effettivamente deve versare. Ovviamente per differenza rispetto a quanto già versato perché stiamo parlando anche qui di un accertamento che proviene da una dichiarazione. Cosa cade normalmente? Normalmente abbiamo tendenzialmente due comportamenti in violazione di norme. Abbiamo il grande soggetto impresa che non gestisce direttamente il denaro e di conseguenza i soggetti che agiscono a contatto con il denaro sono disinteressati a produrre in nero( ad esempio se andate alla Standa non è che la cassiera non vi fa lo scontrino perché c'è un totale disinteresse a non fare lo scontrino). Quindi in questo caso i controlli devono essere focalizzati prevalentemente su altri tipi di marchingegni, principalmente sulla creazione di fondi occulti, di riserve occulte .

Qui andrà a ricercare principalmente un verificatore.

Quindi lavorerà più sulla contabilità nella generalità delle ipotesi. Sempre nella generalità delle ipotesi invece il piccolo soggetto impresa che è a contatto con la gestione del denaro è più propenso al nero.

Quindi lì ci sarà un accertamento basato sulle presunzioni, lì sarà più semplice fare la verifica basata su un metodo induttivo, cioè assumeranno maggiore rilevanza una serie di comportamenti posti in essere da quel soggetto (i tovagliolini di carta) perché essendo una gestione diretta del denaro da parte del titolare c'è un interesse immediato affinché l'incasso subito venga subito sottratto alla contabilità, cosa che evidentemente è assente di fronte a un macro soggetto.

E allora questo non significa che l'induttivo di per sé si fa solo su questi e l'analitico solo nei confronti di quegli altri però e solo per farvi una rappresentazione della realtà.

Al contribuente in ogni caso viene notificato l'avviso di accertamento in cui c'è il metodo , anche in ragione del metodo che l'amministrazione ha utilizzato il contribuente potrà organizzare la difesa ( potrà dire questo non è il metodo analitico, non avete requisiti per procedere con il sintetico perché quello scostamento non è in anni ma di un anno solo e quindi è illegittimo utilizzarlo, no, non potrà fare l'extra contabile perché la presunzione non la può invocare).

Quindi l'indicazione del metodo sulla base del quale l'amministrazione agisce è necessario in quanto parte integrante della motivazione e utile sotto il profilo della garanzia del contribuente che potrà organizzare la sua difesa .

L'ultimo comma dell'articolo 39 prevede che:

" Le disposizioni dei commi precedenti valgono, in quanto applicabili, anche per redditi delle imprese minori e per quelle derivanti dall'esercizio di arti e professioni , con riferimento alle scritture contabili indicate negli articoli 18 e 19 ".

Questo articolo fa sì che questo tipo di metodo potrà essere applicato anche nei confronti di questi soggetti. In particolare nei confronti di questi soggetti tuttavia trovano attualmente applicazione i così detti studi di settore.

Gli studi di settore sono delle elaborazioni di tipo statistico( ci sono degli studi di settore che per un certo periodo sono stati mandati dei questionari , verifiche alle piccole imprese a cui si doveva rispondere per non subire degli effetti , dalle risposte ai questionari l' amministrazione ha tratto dei dati cioè che l'avvocato tendenzialmente non può in determinate condizioni, in una determinata zona non può produrre un reddito inferiore a x in un determinato anno.

Quindi con un accumulo progressivo di questi dati e di questi elementi che sono emersi dai questionari dalla categoria stessa e poi elaborati a livello statistico tramite le società che fanno le indagini statistiche e che elaborano dati ;sono stati creati questi sistemi sulla base dei quali ogni categoria( anche se non è vero per ogni categoria, esistono studi di settore che sono in prova che poi vengono approvati in maniera definitiva ).

Di fatto succede che finché dichiari al di sopra o fino all'ammontare riconosciuto dalla tua situazione dallo studio di settore sei sicura che non sarà oggetto di accertamento, se invece dichiari al di sotto di questo ammontare potrai essere passibile di un accertamento .

Che cos'è il cluster?

Abbiamo detto che a queste categorie di soggetti sono stati chiesti dei questionari e comunque anche all'anagrafe tributaria sono stati dati dei dati che poi sono stati elaborati statisticamente. Queste elaborazioni sono state fatte per gruppi omogenei cioè avvocati, notai e, commercialisti , questi sono i gruppi omogenei.

Ognuno di questi gruppi omogenei si chiama cluster .

Sulla base del cluster è stata elaborata una funzione matematica che dà luogo a un risultato. Il risultato fa sì che sostanzialmente che al di sotto di quel risultato si è passibili di accertamento.


Torniamo sull'accertamento parziale e quello integrativo.

Esiste il principio di unicità dell'accertamento e queste sono le uniche due deroghe che noi incontriamo e che una è preventiva rispetto all'avviso di accertamento globale e l'altra invece è successiva.

E che essendo deroghe devono essere provvedimenti assunti dall'ufficio ed espressamente motivati sul punto, cioè perché si procede con un parziale e perché si procede con l'integrativo.

E poi dell'accertamento con adesione abbiamo già parlato e abbiamo detto quale può essere la natura e qui vi mette anche alcuni elementi che riguardano la procedura.

Ma voi dovete solo sapere a che può essere o d'ufficio o su richiesta del contribuente.

E per quanto riguarda poi le imposte indirette quali il registro c'è l'avviso di liquidazione che non è da confondere con l' atto che viene emanato a seguito della procedura di liquidazione ordinaria e di cui ho detto all'inizio della lezione perché l'atto che viene emanato a seguito della liquidazione automatica quindi del controllo cartolare è l'iscrizione a ruolo .


L'ELUSIONE

La dottrina per attribuire una definizione all'elusione d'imposta normalmente colloca questo istituto in una via intermedia tra il risparmio lecito di imposta e l'evasione. Significa che normalmente il contribuente può organizzare il proprio comportamento come meglio crede sulla base del principio dell'autonomia negoziale, cioè lui stesso può scegliere come comportarsi e quindi quali aspetti porre in essere nella libertà consentita dalle norme generali ed in particolare dal codice civile. A piedi ad esempio che tutti contratti sono da un lato tipizzati però esistono poi negozi atipici, contratti atipici, ovviamente tutto deve rientrare nelle forme lecite e consentite per lo meno dai principi generali del codice civile. Comunque l'autonomia negoziale si manifesta in tutte le forme comunemente accettate e tollerate dall'ordinamento. Quest'affermazione deve essere in parte rivista nell'ambito tributario perché il diritto tributario ha una normazione di tipo casistico (quando abbiamo parlato dell'analogia abbiamo accennato all'interpretazione e abbiamo detto che la norma tributaria è una norma a fattispecie esclusiva e quindi è difficile di fatto che possa verificarsi il ricorso all'analogia in quarto è difficile estenderla a casi simili) questo fa sì che il registratore tributaria disciplina una serie di fattispecie e vuole quindi che in presenza di quegli aspetti quello e quello solo sia il regime fiscale in quanto a quella fattispecie corrisponde quella capacità contributiva e quindi essendoci quel presupposto la tassazione dev'essere quella individuata per legge. Questo fa sì che nel caso in cui il contribuente che vuole effettivamente perseguire l'effetto legale che discende da quell'aspetto negoziale e che dunque incorrerebbe in quella fattispecie disciplinata per legge, se invece e in essere un altro percorso negoziale per arrivare a quell' identico risultato, in realtà sta eludendo l'imposta. Ora, mentre è legittimo il risparmio di imposta perché si tratta di (nei limiti della previsione legale) arrivare ad una tassazione diversa, minore rispetto a quella che si potrebbe in astratto prospettare, diversa cosa è l'evasione perché in questo caso siamo di fronte ad una violazione immediata e diretta di una norma di legge cioè il comportamento palesemente posto in essere dal contribuente è in violazione di una norma di legge. Quindi nell'elusione abbiamo un comportamento che apparentemente non è in violazione di una norma di legge in quanto i singoli aspetti negoziali in essere darebbero luogo ad una determinata tassazione, tuttavia ricollegando questi aspetti negoziali emerge una situazione diversa che si riconnette a una fattispecie che effettivamente il contribuente voleva porre in essere e di conseguenza l'amministrazione disconosce gli effetti dei vari elementi e assume come unico aspetto negoziale significativo ovvero come unico presupposto della fattispecie imponibile la fattispecie potremmo così dire "dissimulata". Non siamo quindi di fronte ad una violazione immediata e diretta perché se così fosse saremmo di fronte ad un illecito ed avremo di fronte quindi l'evasione che costituisce un illecito di tipo amministrativo di tipo penale. Siamo di fronte ad un particolare atteggiarsi della manifestazione dell'autonomia negoziale da parte del soggetto, non esiste una definizione di per sé dell' elusione, esiste l'elusione in quanto l'ordinamento riconosce in certe fattispecie poste in essere una potenzialità elusiva. Quindi possiamo dire che non esiste una nozione generale di elusività, esistono delle fattispecie riconosciute come elusive ed esiste quindi un meccanismo legale stabilito appunto dal legislatore finalizzato a disapplicare la norma elusiva ed applicare la norma che è stata elusa. Il concetto di elusione non è un concetto estraneo al diritto comune perché come sapete il 1344 c.c. prevede che è nullo per illecità della causa il contratto che costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa, ora, è evidente che se l'ordinamento tributario stabilisce di considerare come rilevante, quindi disciplinare puntualmente degli aspetti che risultano essere elusivi di un determinato regime legale, c.d. "disposizioni antielusive" quindi, disposizioni che per legge consentono di applicare un meccanismo tale per cui l'amministrazione fa riferimento alla norma elusa disapplicando le disposizioni che in realtà io ho applicato per giungere a una tassazione migliore. Se questo è il meccanismo, si appiccassi il 1344 incorrerei nella nullità del negozio, se negozio nullo io non avrei tassazione quindi, a parte il fatto che non si può parlare di norme imperative in questo caso, ma comunque il risultato che io otterrei applicando il 1344 non è di interesse perché di fronte alla nullità di quell'aspetto negoziale non ci sarebbe tassazione, è un risultato diverso. Le norme antielusive possono essere principalmente di due tipi, quando abbiamo parlato del presupposto e delle varie possibilità in cui può atteggiarsi la fattispecie abbiamo parlato anche degli aspetti c.d. sostitutivi,ecco, quella tipologia di fattispecie e il professor Tesauro la riconduce all'esistenza di aspetti potenzialmente elusivi, in altri termini nel disciplinare situazioni potenzialmente elusive il legislatore già di per sé va disciplinare in modo assimilato ad altre fattispecie, fattispecie che di per sé rientrerebbero in quel tipo di disciplina quindi l'effetto che abbiamo da questa tipologia di norme è semplicemente una disciplina legale dell'effetto senza ulteriori meccanismi di accertamento cioè il legislatore risolve la questione dell'aspetto potenzialmente elusivo sul piano sostanziale cioè dice: di fronte a quel comportamento io applico questo regime legale. Altra norma alternativa è invece quella che in presenza di determinati aspetti potenzialmente elusivi e puntualmente individuati dal legislatore, vedremo appunto all' art. 37bis DPR 300/ 73, fa scattare la possibilità per amministrazione finanziaria di procedere con un particolare atto ed una particolare procedura di accertamento alla verifica dell'aspetto effettivamente eluso e dunque a quello che va riconosciuto come indice di capacità contributiva, il fine di questa procedura speciale è di far si che il contribuente corrisponda il tributo in base alla norma elusa. Quindi questo tipo di accertamento speciale è finalizzato a recuperare la maggiore imposta che emergerà dal confronto tra l'applicazione della norma elusa e quella elusiva. Quindi l'avviso di accertamento che l'amministrazione andrà ad emanare a seguito di questa particolare procedura andrà a far desumere quel differenziale. Esistono poi altri tipi di norme antielusive che sono tendenzialmente disciplinante in direttive comunitarie, la questione è interessante ma voi non portate da parte sul comunitario, è giusto per dire che esistono disposizioni antielusive previste nella direttiva madre-figlia (madre-figlia per indicare i rapporti tra società) oppure per quanto riguarda le organizzazioni societarie quindi le operazioni di fusione e scissione nell'ambito comunitario. In ogni caso con riferimento all'elusione è sufficiente avere presente da un lato quella tipologia di norme che ridetermina gli effetti dal punto di vista sostanziale applicando già automaticamente un regime in via dispositiva, e poi questo particolare procedimento di accertamento disciplinato all'art. 37 bis. L'articolo 37bis prevede dunque un effetto particolare: l'inopponibilità all'amministrazione finanziaria, cioè per raggiungere l'effetto di cui abbiamo parlato prima, abbiamo detto che non è utile invocare le autorità ed è per questo che legislatore ha previsto che sono inopponibili (inopponibili significa che stiamo limitando di fatto la rilevanza dell'efficacia dell'autonomia negoziale del soggetto) perché il soggetto se la legge prevede che sono inopponibili all'amministrazione finanziaria non potrà invocare il fatto che lui in realtà ha posto in essere quei comportamenti così concatenati rappresentati da quell'attività negoziale perché così voleva, perché così si è determinata la propria autonomia negoziale, poiché la legge riconosce all'amministrazione la possibilità di affermare l'inopponibilità all'amministrazione stessa degli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e a tenere riduzioni d'imposte o rimborsi altrimenti indebiti. Quindi le caratteristiche che emergono da questo primo comma sono tre, che devono necessariamente tutte sussistere (se non sussistono tutte e tre non siamo di fronte ad una fattispecie elusiva) deve essere chiaro che stiamo parlando di una procedura che riconosce all'amministrazione un potere molto forte perché consente all'amministrazione di andare a sindacare le scelte del contribuente. Trattandosi di una disciplina che produce degli effetti forti, evidentemente è una lettura garantista di questa norma quella di dire che si tratta di un'elencazione tassativa è di negare alla disposizione antielusiva un carattere generale cioè sia da vedere il 37bis è strutturato così: a fronte di questa affermazione generale del primo comma da cui enuncleare i requisiti essenziali al fine di consentire all'amministrazione di dire questa è una fattispecie elusiva, abbiamo poi un 3°comma strutturato di un'elencazione che prevede tutte le fattispecie rispetto alle quali l'amministrazione potrà operare questo tipo di procedimento di accertamento, quindi ritenere che questa norma va da letta partendo dal comma 3 e cioè dicendo che è una elencazione tassativa, e dunque in un certo modo svuotando il contenuto del 1°comma cioè non collegarlo al 3° comma cioè l'elencazione è un'interpretazione di garanzia che nega cioè la presenza nel nostro ordinamento di una clausola generale antielusiva e dunque questa interpretazione serve a restringere le possibilità e quindi le fattispecie di fronte alle quali l'amministrazione potrà invocare questo tipo di procedimento. Buona parte della giurisprudenza non è su questa linea e ritiene che l'amministrazione possa operare tramite il 37 bis anche in una serie di fattispecie che si atteggiano come antielusive anche se non espressamente menzionate nel terzo comma (non è una giurisprudenza consolidata). È evidente che è una lettura più garantista quella di dire che il 3°comm è un'elencazione tassativa è che dunque il 37 bis va letto in senso di previsione tassativa di fattispecie che possono attivare questo procedimento per il recupero dell'imposta effettivamente dovuta. Vediamo quali sono questi tre requisiti. Avevo detto che l'effetto è quello della inopponibilità, cioè l'amministrazione può disconoscere gli effetti prodotti da quel percorso negoziale prescelto dal contribuente ma in quali casi? Innanzitutto deve essere stata posta in essere un'operazione o una serie collegata di atti i fatti e di negozi privi di valide ragioni economiche nel senso che le ragioni economiche devono prevalere sulla convenienza fiscale, in questo caso potremmo avere due ipotesi: una più limite in cui in realtà dall'operazione non deriva nessun risultato apprezzabile ma l'unica ragione è quella del risparmio d'imposta allora siamo di fronte a un primo elemento è sicuramente si è realizzato ad esempio, abbiamo accennato una volta ai c.d. paradisi fiscali cioè a quei territori che adottano regimi fiscali privilegiati e tra l'altro non rilasciano informazioni ad altri Paesi sui contribuenti che sono residenti o comunque assoggettati a tassazione in questi territori. Pensate all'ipotesi di un soggetto che costituisce una società in un paradiso fiscale al solo fine di far detenere a questa società delle partecipazioni evidentemente di altre società solo al fine di ottenere un vantaggio fiscale tra quello di non assoggettare a tassazione le partecipazione della società residente in Italia in quanto intestata questa società nel paradiso fiscale, allora non c'è una ragione economica perché la società che si trova in questo paradiso fiscale e fittizia e dunque in questo caso è solo un'utilità di tipo fiscale. Oppure, può darsi che l'operazione sia sorretta sia da ragioni fiscali che da ragioni economiche, in questo caso bisognerà fare una valutazione di prevalenza e quindi si tratterà di un caso un po più complicato cioè di un caso rispetto al quale la prova dell'amministrazione dovrà essere più stringente. Il 2° requisito: si deve trattare di atti, fatti o negozi anche collegati tra loro, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario. In questo caso il riferimento deve essere a "diretti ad aggirare obblighi o divieti", non si tratta di una violazione diretta di una norma di legge perché se ci fosse una violazione diretta di una norma di legge ci troveremmo di fronte all' evasione. Si tratta di atti, di negozi, di comportamenti diretti ad aggirare obblighi o divieti. 3° requisito: questi atti, fatti o negozi anche collegati tra loro devono essere finalizzati ad ottenere riduzione d'imposta o rimborsi altrimenti indebiti. Quindi, a fronte della mancanza di valide ragioni economiche, a fronte dell'aspetto finalizzato ad aggirare obblighi o divieti per ottenere effettivamente una riduzione d'imposta o un rimborso di un'imposta già versata che altrimenti sarebbe in debito cioè non dovuto. Questi tre elementi devono contemporaneamente verificarsi ed essere verificabili da parte dell'amministrazione, è evidente che tutto questo deve essere supportato da una documentazione o comunque da un accertamento in concreto perché l'amministrazione dovrà poi rappresentare la realtà che ritiene essere stata elusa e rispetto a quella realtà ovvero quel presupposto individuare quanto il soggetto è tenuto effettivamente a corrispondere nella misura del differenziale.

Vediamo quali sono i problemi che possono emergere da una interpretazione di questa norma non in senso tassativo. L'amministrazione ha un potere in un certo senso di riqualificare l'effetto. se non ancorassimo questo procedimento speciale ad un dato puntuale della legge potremmo trovarci al limite in una violazione dell'articolo 23Cost.poichè sarebbe l'amministrazione finanziaria e non la legge a stabilire ciò che deve essere considerato come presupposto dell'imposta,ed è per questo che bisogna stare attenti a quella giurisprudenza che cerca di allargare quanto più possibile l'ambito di applicazione del 37bis. Non ancorando cioè l'elencazione di cui al 3°comma, il potere nelle mani dell'amministrazione potrebbe divenire un potere abnorme in mano ad un soggetto che è l'amministrazione e quindi che non soddisfa evidentemente la riserva di legge. Il 2°comma prevede, come abbiamo già detto che l'amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, fatti o negozi di cui al comma 1 applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'amministrazione. Se uno mi chiede: qual è l'effetto dell'applicazione del 37bis? O comunque della disciplina antielusiva? La risposta dev'essere: l'inopponibilità all'amministrazione finanziaria degli effetti, degli atti, comportamenti posti in essere. A cosa serve tutto questo? Non bisogna dire a porre nel nulla il comportamento, il negozio ecc. No. È finalizzato a fare emergere il comportamento eluso, l'aspetto eluso e dunque ad attribuire in base alle norme che già sussistono nell'ordinamento ad individuare l'imponibile dovuto in ragione di quel presupposto che è stato effettivamente eluso e dunque individuare la relativa imposta è fare emergere quel differenziale che dall'aspetto elusivo posto in essere dal contribuente non ha trovato capienza e che quindi deve invece essere ancora corrisposto dal contribuente. Il 3° comma prevede che le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano a condizione che nell'ambito del comportamento siano utilizzate una o più delle seguenti operazioni, ed inizia un elenco (non lo leggiamo tutto ma giusto per fare degli esempi): le trasformazioni, le fusioni, le scissioni, le liquidazioni volontarie, le distribuzioni ai soci prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili, ad esempio: io procedo ad una fusione con un'altra società che è in perdita all'unico scopo di inglobare le perdite di quella società inquanto inglobando le società ormai non operative in perdita, inglobando in realtà poste negative all'interno della mia società con cui si andava a fondere consentendo quindi negli anni successivi di diminuire le poste positive perché c'è una disciplina predisposta per le perdite che poi vedremo che consente comunque di riportare le perdite in avanti e non solo nell'anno di competenza. Allora, se non riesco a giustificare quest'aspetto con valide ragioni economiche ad esempio l'opportunità di riprendere in mano questa società e poi risollevarla o comunque anche altre giustificazioni, se non riesco a giustificare questo, questo comportamento potrà essere assunto come comportamento elusivo e dunque l'amministrazione potrà procedere con il 37 bis. Altro esempio: la cessione di partecipazioni oppure la cessione di crediti o il conferimento di società, operazioni sulle valutazioni, sono tutti aspetti potenzialmente elusivi. Dicevamo però che questa disciplina è particolare anche dal punto di vista procedurale e in effetti l'avviso di accertamento è emanato dall'amministrazione finanziaria e abbiamo detto che questo è uno dei due casi in cui il contraddittorio è necessario(ieri abbiamo fatto cenno al fatto che necessariamente e a pena di nullità, in questo caso l'amministrazione prima di emettere l'avviso di accertamento deve contattare il contribuente) ed infatti il comma 4 prevede che l'avviso di accertamento è emanato a pena di nullità previa richiesta al contribuente, anche per lettera raccomandata di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60gg. dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1e2, cioè si reputa applicabile la procedura speciale antielusiva. Quindi è un caso di contraddittorio necessario quando l'amministrazione a pena di nullità dell'atto emanato deve contattare il contribuente il quale è tenuto a fornire chiarimenti entro 60 gg. Questa è una procedura di accertamento, cioè il contribuente pone in essere un aspetto negoziale,l'amministrazione ha certo questa fattispecie,ritiene che sia potenzialmente elusiva quindi prima di emanare l'accertamento ma dopo aver fatto le opportune verifiche informa il contribuente il quale fornirà i chiarimenti e nei 60gg. potrà comunque decidere di emanare l'avviso di accertamento. Siamo quindi sulla base di accertamento sul seguente a ciò che il contribuente ha posto in essere. Questa disciplina del 37 bis, è chiaro che è una disciplina che produce degli affetti forti nei confronti del contribuente rispetto alla sua autonomia negoziale, prevede però la possibilità per il contribuente di attivare una procedura preventiva cioè prima di porre in essere quel suo comportamento. Il comma 8 prevede infatti, che le norme tributarie che allo scopo di contrastare comportamenti elusivi limitano deduzioni detrazioni, crediti d'imposta ma anche attribuzioni soggettive altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, possono essere disapplicate qual'ora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali aspetti elusivi non potevano verificarsi. Allora questo è un tipo particolare d'interpello(noi abbiamo studiato l'interpello con riferimento all'art. 11 dello Statuto del contribuente) questo articolo 11 ha una valenza generalizzata, esistono poli altri tipi di interpello per così dire speciale, nel senso che si possono applicare solo a determinate situazioni, sono rispetta determinate fattispecie concrete. Un particolare tipo di interpello e questo del comma 8 dell'art. 37 bis che riguarda l'elusione. Altro tipo particolare di interpello che riguarda sempre l'elusione lo troviamo disciplinato nella legge 413/91(e adesso ne parliamo espressamente): all'inizio abbiamo distinto tra le norme antielusive che prevedono una disciplina sostanziale e le norme elusive che invece (che poi è il 37 bis) di tipo procedurale perché consentono all'amministrazione di attivare un procedimento di accertamento. Il comma 8 va riferito alle norme antielusive del primo tipo cioè a quelle che prevedono un aspetto sostanziale della fattispecie cioè ad esempio quelle che disconoscono il credito d'imposta,è il caso del soggetto che si trova a porre in essere un'attività, un lavoro in uno Stato che è un paradiso fiscale, non gli viene consentito di vantare il credito d'imposta dalle imposte già corrisposte all'estero perché la prestazione è stata posta in essere un paradiso fiscale(norma antielusiva di tipo sostanziale).Rispetto a queste fattispecie si può eccepire con interpello preventivo ai sensi del comma 8 del 37 bis che nella fattispecie concreta, anche se nella generalità dei casi la norma effettivamente funzionerà così perché l'aspetto è potenzialmente elusivo, nella mia fattispecie concreta io vado a spiegare all'amministrazione finanziaria le ragioni per cui a mio avviso non debba essere considerata la mia personale posizione come sintomatica di un comportamento elusivo e dunque rispetto alla mia situazione concreta chiedo che vengono disconosciuto l'effetto tipico di quella disposizione di quale ad esempio il disconoscimento del credito e che divenga dunque rispetto al mio caso concreto riconosciuto il credito. È questo ciò che emerge dal comma 8, che quindi possono essere di applicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano verificarsi, a tal fine il contribuente deve presentare istanza al direttore regionale delle entrate competente per territorio descrivendo compiutamente l'operazione indicando le disposizioni normative di cui chiede la disapplicazione. Altro tipo di interpello, nel terzo comma dell'art. 11 dello Statuto del contribuente è previsto espressamente che resta fermo quanto previsto dall'art. 21 della legge 413/91 relativo all'interpello dell'amministrazione finanziaria da parte del contribuente. Che significa? Significa che l'interpello dello statuto del contribuente ex art.11 è generale ma non copre l'ambito dell'art. 21 della l. 413/91 cioè il c.d. "rouling", l'interpello antielusivo. Significa comunque che l'interpello generalizzato è generalizzato per qualsiasi posizione giuridica relativa una fattispecie concreta che identifica un soggetto individuato tranne quella casistica che ricade invece l'art. 21 della l. 413/91 e la casistica della l. 413/91 sarà evidentemente pressoché coincidente con l'elenco del 3° comma dell'art. 37 bis. L'articolo 21 prevede che il contribuente può presentare un'istanza di interpello non all'amministrazione finanziaria competente come nel caso dell'interpello ex art.11 ma al Comitato antielusivo che è un comitato funzioni specifiche nominato periodicamente e quindi deputato a decidere esclusivamente di queste questioni. Presenta un'istanza, quest'istanza fa sì che il comitato debba rispondere entro un certo tempo e nel caso in cui ritenga la questione particolarmente complicata può tra l'altro rimettere la questione ad un comitato di uno di 2°grado o, se volete, si parla di direzione regionale e poi di comitato, fatto sta che il comitato si esprime poi con pareri che vengono pubblicati in una produzione a parte, cioè non li trovate come gli interpelli nella banca dati degli interpelli, sono dei pareri. Questi pareri possono,al pari degli interpelli, essere recepiti in risoluzioni da parte del Ministero, cioè nel caso in cui l' amministrazione ritenga in casi particolarmente significativi, può pubblicarli sotto forma di risoluzioni. È evidente che nel caso in cui le pubblica stata forma di risoluzione, questa risoluzioni possono potenzialmente produrre lo stesso effetto di qualsiasi altra risoluzione al fine del principio dell'eventuale affidamento del contribuente. Quindi, di per se l'interpello dell'art. 11 e l'interpello dell'art.21 della l. 413/91 sono due cose differenti che potranno tendenzialmente produrre lo stesso effetto per il contribuente se entrambi saranno recepiti in risoluzioni. Quello che però è importante sottolineare e innanzitutto che l'interpello dell'art. 21 viene prima di quello dello statuto del contribuente e che parte dall'espediente che l'Italia ha istituito questa procedura per conformarsi a prassi consolidate anche all'estero, però se ricordate bene la grande novità dell'interpello ex art.11 dello statuto del contribuente, qual era l'effetto che produceva la risposta all'interpello? È il contribuente presenta un'istanza per ottenere una risposta di interpello dell'amministrazione finanziaria ex art.11 dello statuto del contribuente lo fa perché questa risposta per l'amministrazione è vincolante o no?Si. Vincolante in che senso? L'effetto della risposta di interpello ex art.11 è di grande impatto innovativo perché vincola l'amministrazione alla risposta nel senso che l'amministrazione non può cambiare poi idea, non può modificare la sua interpretazione perché qualsiasi atto impositivo anche solo ai fini delle sanzioni emanato in senso difforme è nullo. E ricordate, non solo la risposta all'interpello produce quest'effetto ma anche il silenzio consolidato dopo120gg. che vale come silenzio assenso e questo è un effetto notevole perché produce la nullità di un successivo comportamento difforme da parte dell'amministrazione. L'articolo 21 invece non produce nessuno di questi effetti, l'art.21, a differenza di quello che accade negli altri paesi esteri come ad esempio l'Olanda o l'Inghilterra, dove anche questo tipo di interpello antielusivo è vincolante per l'amministrazione finanziaria, in questo caso invece è riconosciuto esclusivamente l'inversione dell'onere della prova cioè, il comitato risponde con un parere e, c'è scritto nella norma che qualora il soggetto non si conformi alla previsione prospettata nel parere l'onere della prova viene posto a carico della parte che non si è uniformata al parere, quindi non ho un vincolo tale da produrre la nullità dell'atto ma ho solo l'inversione dell'onere della prova. Tra l'altro questa disposizione è di lunga interpretazione perché mi va dall'inversione dell'onere della prova in una fase sicuramente non giurisdizionale e quindi non è nemmeno chiaro come poi debba di trovare applicazione e soprattutto il riferimento è alla parte genericamente. Allora, l'effetto è molto più debole rispetto a quello dell'interpello dell'art.11 perché ripeto, qui non ho un vincolo nell'agire soggettivo dell'amministrazione perché l'amministrazione posta in essere successivamente pur avendo fornito un parere rispondendo alla mia istanza di interpello,nel caso della non elusività dell'aspetto da me posto in essere, potrà comunque successivamente procedere con un'attività di accertamento ed emettere un avviso di accertamento, essendo poi tenuta esclusivamente a motivare, in quanto la prova dell'elusività è interamente in capo ad essa, a motivare in maniera più stringente le ragioni che l'hanno spinta ad emettere quest'avviso di accertamento.



L'INTERPOSIZIONE

Esiste poi un altro istituto espressamente disciplinato dal legislatore che è quello che va a colpire l'interposizione nel diritto tributario. È dubbio se questa norma debba essere riferita soltanto all'interposizione fittizia o anche all'interposizione reale, l'amministrazione ha ritenuto che dovesse estendersi anche all'interposizione reale. Qual è il motivo per cui il legislatore cerca di trovare un rimedio all'interposizione? La ragione risiede sempre nell'art. 53 Cost. perché se tutti sono tenuti a concorrere alle pubbliche spese in ragione della propria capacità contributiva, il sistema non può tollerare che ci sia un soggetto che corrisponda un tributo per la capacità contributiva di un altro soggetto. La norma che disciplina l'interposizione di persona è all'art. 37 comma 3: in sede di rettifica o di accertamento d'ufficio saranno imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando si è dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che egli ne è l'effettivo possessore per interposta persona. Quindi, siccome il presupposto dell'imposta sul reddito è il possesso, in denaro o in natura, dei redditi, per questo il legislatore fa riferimento all'effettivo possessore(quando studieremo le imposte sui redditi e quindi il presupposto saprete meglio che qui il possesso è inteso in una accezione più ampia rispetto al possesso inteso in senso civilistico) e quindi l'effettivo possessore è comunque il soggetto che si trova in un congruo collegamento con il reddito. Dunque, in sede di rettifica o di accertamento l'ufficio imputa al contribuente il reddito di cui appare titolare un altro soggetto quando riesca a dimostrare anche per presunzioni gravi,precise e concordanti che questo soggetto risulti l'effettivo possessore per interposta persona. Dicevamo che l'amministrazione ha ritenuto che si applichi anche all'interposizione di tipo reale, un esempio in cui si è fatto applicazione di questa norma è il mondo del calcio: succede spesso che per corrispondere compensi ai calciatori che spesso e volentieri non rientrano nel compenso tipico delle prestazioni di lavoro ma molto peso si tratta di compensi in ragione di pubblicità o comunque ad altro titolo, succedeva che venivano costituite delle società all'estero e mentre il compenso per la prestazione di lavoro veniva immediatamente e direttamente corrisposto al calciatore, i compensi per le prestazioni pubblicitarie o di altro genere venivano corrisposti alle società estere, evidentemente alle società estere per non avere tassazioni in Italia. Ecco, l'amministrazione ha ritenuto di poter utilizzare l'art. 37, quindi di ritenere questo un caso di interposizione: disconoscere il soggetto società estera come soggetto effettivamente possessore del reddito e imputare il reddito che era stato dichiarato come della società estera, direttamente imputabile al soggetto calciatore residente in Italia. Ulteriore conseguenza del principio di capacità contributiva e alla luce del divieto di doppia imposizione interna che abbiamo visto ieri ex art. 67 DPR 600/73, abbiamo il comma 4, cioè che le persone interposte che provino di aver pagato imposte in relazione al reddito successivamente imputati a norma del comma 3 ad altro contribuente, possono chiederne il rimborso. A per questo concetto per cui non può rimanere inciso un soggetto che non è portatore della capacità contributiva, l'amministrazione nel momento che riconosce di poter procedere all'accertamento di quel reddito in capo ad un altro soggetto, simmetricamente deve riconoscere che il soggetto interposto possa comunque ottenere il rimborso in quanto ha pagato per altri. L'amministrazione procedere il rimborso dopo che l'accertamento nei confronti dell'interponente è divenuto definitivo è in misura non superiore all'imposta effettivamente percepita a seguito di tale accertamento. Cioè, ti riconosco il principio per cui tu devi chiedermi il rimborso, ti riconosco quindi il diritto al rimborso ma non attuerò la procedura del rimborso finché non sarà andata a buon fine la procedura di accertamento nei confronti dell'interponente, e tra l'altro, nel caso in cui l'accertato nei confronti dell'interponente sia inferiore rispetto a quanto mi hai pagato, ti riconoscerò soltanto il rimborso a concorrenza nell'accertamento.


LA RISCOSSIONE

Parlando della riscossione, il testo normativo di riferimento è il DPR 29/09/73 n.302 "Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito", tra l'altro questo decreto ha subito forti modifiche al seguito dell'emanazione del d.lg.46/99 relativo appunto al riordino del sistema della riscossione. Che cos'è la riscossione? È una fase che in primissima approssimazione potremmo collocare dopo la fase dell'accertamento, però sappiamo già che quest'affermazione è sbagliata, cioè, lo possiamo dire giusto per rappresentarci un percorso come abbiamo fatto ieri, cioè a quel percorso immaginario che abbiamo fatto ieri aggiungiamo un ulteriore tassello e nel caso in cui abbiamo un giudizio di accertamento possiamo avere poi, nel caso in cui non sia stato impugnato e non sia stato pagato, si apre la fase della riscossione e quindi la notifica al contribuente dell'iscrizione al ruolo e, nel caso in cui il contribuente non paghi neanche a seguito di iscrizione a ruolo si apre l'esecuzione vera e propria cioè l'esecuzione formale, l'esecuzione forzata la cui disciplina ricade in pieno nella disciplina del codice di procedura civile. Però, sappiamo che non è solo questo la riscossione, perché già per quello che ci siamo detti, sappiamo che ad esempio un'iscrizione a ruolo la possiamo trovare anche a seguito del controllo formale (unico atto che consegue a un esito finalizzato a recupero di una sanzione imposta del controllo formale è l'emissione di un'iscrizione a ruolo) iscrizione a ruolo significa che il mio nome e cognome viene scritto su un ruolo cioè su un rotolo(diciamo un libro) quindi si apre una stringa e a me notificano su una cartella "pagamento". Abbiamo visto che la riscossione ci può essere già prima, però, andando ancora prima, già in lezioni precedenti noi abbiamo visto che nell'ipotesi fisiologica il primo soggetto che opera la riscossione è ad esempio il sostituto quando c'è una ritenuta, soggetto intermedio che opera la riscossione, tra l'altro li avevamo già visto che la riscossione è operata in un tempo anticipato poiché essendoci la ritenuta, c'è poi la dichiarazione del sostituto d'imposta che è anticipata rispetto al---------- ordinaria. Un altro caso ancora più fisiologico in cui abbiamo un soggetto deputata la riscossione del tributo qual é? L'ipotesi più normale... è il contribuente che nel momento in cui redige la dichiarazione è chiamato all'autodichiarazione ma anche all'autoliquidazione dell'imposta e quindi una fase fisiologica la riscossione dovrebbe essere esclusivamente di competenza del contribuente, cioè nel momento in cui nel nostro sistema vige ormai per questa fiscalità di massa il sistema per cui siamo noi a dichiarare ed è l'amministrazione che controlla eventualmente quanto da noi dichiarato, la tipologia del rapporto vorrebbe che se tutti fossero onesti,bravi e buoni e non sbagliate nessuno la riscossione sarebbe unica ed esclusiva attività del contribuente stesso perché è lui che con il pagamento a seguito della dichiarazione, quindi con l'autoliquidazione d'imposta adempie all'obbligazione, adempie utilmente, adempie andando a buon fine l'obbligazione e quindi non ci sarebbero più atti successivi. Tutti gli atti successivi di cui noi abbiamo parlato solo sintomatici di patologie ma fisiologicamente la riscossione è nelle mani del contribuente, come fisiologica è anche ad esempio la riscossione ad opera del sostituto perché è strutturato, è qualcosa di individuato per legge, allo stesso modo è strutturata per esempio la c.d. ritenuta diretta che è quella ritenuta c(che non è ne una ritenuta a titolo d'imposta né una ritenuta a titolo d'acconto) che viene operata direttamente dalla pubblica amministrazione, e viene detta ritenuta diretta perché è una ritenuta operata direttamente dal soggetto creditore. Esempio: se voi siete dipendenti di una amministrazione pubblica, la ritenuta operata da questo "istituto" è una ritenuta c.d. diretta poiché è il creditore stesso che ritiene senza che poi ci sia un giro. Queste sono tutte ipotesi fisiologicche che laddove onestamente poste in essere non danno luogo ad ulteriore attività. Esiste poi una riscossione che è l'esito di aspetti patologici ed è appunto la riscossione che emerge a seguito di un controllo formale, la riscossione che emerge a seguito di una liquidazione automatica, una riscossione che segue il procedimento di accertamento nel caso in cui il soggetto non versi. Chiaro questo, è evidente che le ipotesi fisiologiche sono direttamente gestite dai soggetti che abbiamo detto, quindi sarà il contribuente, sarà il sostituto, sarà la pubblica amministrazione. Le ipotesi patologiche vengono invece gestite da un soggetto c.d." concessionario della riscossione". Il concessionario della riscossione è una s.p.a. che è concessionaria di un pubblico servizio, significa che lo Stato da in concessione la funzione di riscuotere i tributi. Prima vigeva il principio del non riscosso come riscosso, per cui praticamente la società di riscossione aveva comunque l'introito di quanto era iscritto al ruolo a prescindere se fosse stato effettivamente da lei riscosso. Attualmente invece non esiste più questo principio è la società e responsabile delle somme che deve riscuotere e potrà ottenere eventualmente il discarico(discarico significa che la società è chiamata a riscuotere un certo ammontare in tributi, potrà ottenere la cancellazione di quelle pratiche a lei assegnate, soltanto a seguito della dimostrazione effettiva dell'inesigibilità del credito) per togliersi di dosso questa responsabilità perché altrimenti lei diventa debitore nei confronti dello Stato di questi debiti che deve andare a riscuotere. Le funzioni demandate attraverso questa concessione alla società di riscossione sono:

1) delle incassare le somme mediante il versamento diretto e quelle iscritte al ruolo;

2) gestire il conto fiscale che ciascun contribuente ha è provvedere anche ai rimborsi,sempre in ragione del conto fiscale di ciascun contribuente, quindi operare sia le riscossione ma anche i rimborsi sul conto fiscale, ad esempio i rimborsi che possono emerge a seguito della liquidazione automatica, abbiamo detto che può emergere una correzione in aumento ma anche una correzione in diminuzione dei soggetto contribuente ha scritto che 2+1=4, se ha pagato 4 deve avere indietro1;

3) deve provvedere all'esecuzione forzata.

Dev'essere chiaro che si tratta di concessione di pubbliche funzioni, ma alla società di riscossione non è assolutamente il titolare del credito, è solo un incaricato alla riscossione e questo determina poi anche una serie di questioni in ordine alla legittimazione processuale che però a voi non interessa. Partendo dall'art.1 DPR 602/73 le modalità di riscossione, l'art.1 ci dice: le imposte sui redditi sono disposte mediante

1. Ritenuta diretta

2. Versamenti diretti del contribuente al concessionario e alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato

3. Iscrizione nei ruoli

Infatti nelle norme seguenti l'art. 2 disciplina la riscossione per ritenuta diretta e dice che le imposte sono pagate per ritenuta diretta nei casi indicati dalla legge e secondo le modalità previste dalle norme sulla contabilità generale dello Stato, cioè quella legge che disciplina come lo Stato e gli enti pubblici operano ritenute nei confronti dei soggetti con cui hanno rapporti. L'art.3 che disciplina i versamenti diretti e tra i versamenti diretti enuncia ad esempio le ritenute alla fonte effettuate a norma degli art. 23 ecc., (l'art. 23 è quello che disciplina i soggetti che per legge sono chiamati ad essere sostituiti d'imposta) quindi i versamenti diretti sono ad esempio le ritenute alla fonte oppure le------ imposte sulle persone giuridiche oppure la ritenuta d'acconto sui dividendi, poi le ritenute dirette dell'imposta sul reddito delle persone fisiche all'articolo 3 bis, poi il capo II è intitolato "riscossione mediante ruoli" e quindi parla delle iscrizioni al ruolo. Abbiamo detto che il ruolo è l'atto con cui vengono riscosse le somme dovute dal contribuente, in realtà l'iscrizione al ruolo non è un atto fisico del diritto tributario perché il ruolo è di per sé un atto sintomatico di una fase iniziale dell'esecuzione e quindi potrebbe essere notificata al contribuente anche un'iscrizione a ruolo di non necessariamente per il pagamento di un tributo ma ad esempio per il pagamento di una contravvenzione, di una sanzione amministrativa. Tra l'altro, non necessariamente l'iscrizione a ruolo è espressione di una violazione o di un comportamento illegittimo del contribuente perché esistono dei tributi che sono fisiologicamente riscossi mediante ruolo, se qualcuno ha una gestione ordinaria di una casa saprà che ad esempio il tributo sui rifiuti solidi urbani viene ordinariamente riscosso mediante ruolo ma non perché vi arriva il ruolo perché non avete pagato ma perché si può pagare soltanto così, cioè la riscossione di quel tributo è interamente demandata al concessionario della riscossione quindi il primo problema è collocare la riscossione all'interno di tutto quello che ci siamo detti fin'ora e quindi comprendere che riscossione significa ogni qual volta l'adempimento dell'obbligazione tributaria va a buon fine, quindi ho riscossione da parte del contribuente, ho riscossione da parte del sostituto, ho riscossione a seguito di ipotesi patologiche e quindi a seguito di liquidazione automatica, di controllo formale o di accertamento, questo è il primo concetto. Il secondo concetto è che la riscossione oggigiorno è demandata a s.p.a. che è concessionaria di questa pubblica funzione ma non è mai titolare di questi crediti. Il terzo concerto attiene all'atto di iscrizione a ruolo che è un atto di per sé non tipico del diritto tributario ma di cui si avvale anche l'ordinamento tributario per ottenere la riscossione delle imposte ed è un atto che non sempre è sintomatico di un'ipotesi effettivamente patologica poiché possono esserci dei tributi che voi non studiate che però comunque è bene avere conoscenza, perlomeno se uno di chiede i casi di iscrizione al ruolo queste cose le bisogna dire, ci sono ipotesi in cui appunto di iscrizione a ruolo non è sintomatica di una situazione patologica bensì fisiologica perché ci sono delle imposte che vengono ordinariamente riscosse mediante ruolo.



Come già detto: la disciplina della riscossione si rinviene nel DPR 602/73 fortemente modificato nel '99. La riscossione non è di per sè una fase collocabile in un unico momento temporale in quella segmentazione che avevamo enunciato, ma che in realtà la fase della riscossione in senso ampio può essere rinvenuta in diversi momenti dell'adempimento perché deve essere intesa riscossione anche quella che avviene nella fase fisiologica, ovvero quella del pagamento del tributo a seguito dell'autoliquidazione da parte del contribuente.

La riscossione può avvenire con versamento diretto o con l'iscrizione a ruolo e quindi la cartella di pagamento. Avevamo detto quali erano i versamenti diretti.


Soffermiamoci sul RUOLO.

Il ruolo è l'atto con cui sono riscossi ad iniziativa di una p.A. i tributi e molte entrate anche non di carattere tributario.

Il ruolo è un elenco recante una serie di nominativi con l'indicazione del nome, del cognome del contribuente, del suo codice fiscale e del codice tributo, cioè della causale per cui si procede nei confronti di quel soggetto con un atto della riscossione.

Il ruolo quindi è un atto amministrativo poiché è un atto ad iniziativa della p.A. , ma è un atto collettivo in quanto essendo un'elencazione è un atto che riguarda una molteplicità di soggetti.

Al singolo contribuente il ruolo arriva, cioè viene notificato, sottoforma di cartella esattoriale, cioè si estrae una stringa di riferimento a quel soggetto, si inseriscono i dati nella cartella di pagamento che viene notificata al soggetto.

Il ruolo deve essere sottoscritto, può essere sottoscritto anche con firma elettronica, ma la sottoscrizione, come in tutti gli altri atti amministrativi, è necessaria a pena di nullità.

Quindi la notifica che avviene al contribuente è la notifica della cartella di pagamento.

L'art. 6 dello Statuto del contribuente ha previsto che sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all'eventuale precedente atto di accertamento per mancanza alla motivazione della pretesa tributaria. Questo significa che quando l'atto, cartella di pagamento, segue un'attività di accertamento e quindi segue la notifica dell'avviso di accertamento è sufficiente che in esso, cioè nella cartella, si faccia riferimento all'atto precedente già notificato al contribuente, mentre nel caso in cui l'atto, cartella di pagamento, sia il primo atto notificato al contribuente, dovrà essere indicata una motivazione. Quali sono i casi in cui la cartella sarà il primo atto notificato al contribuente? Ad es. dopo il controllo formale oppure dopo la liquidazione automatica. Anche in questo caso dobbiamo interpretare che non è una vera e propria motivazione, si tratta dell'indicazione della causale. Nella cartella di pagamento esistono dei codici tributo o comunque delle causali che esprimono in realtà la causa per cui si procede alla riscossione nei confronti di quel contribuente.  

L'iscrizione a ruolo è un atto dell'esecuzione e in quanto tale decorrono interessi di mora in relazione a questa fase.


L'iscrizione a ruolo presuppone un titolo che la giustifichi e il titolo può essere di diversa natura in quanto può essere la dichiarazione stessa o l'avviso di accertamento.

Il caso in cui il titolo che legittima l'emanazione dell'iscrizione a ruolo sia la dichiarazione è quello della liquidazione automatica oppure il caso del controllo formale oppure nel caso in cui ci siamo delle imposte assoggettate a tassazione separata. In questo caso, cioè quando siamo in una fase immediatamente successiva all'invio della dichiarazione, l'Amministrazione prima di emettere il ruolo, cioè prima di procedere all'iscrizione a ruolo, è tenuta ad invitare il contribuente e previamente comunicargli le ragioni a fondamento dell'errore, dell'errata indicazione di riduzioni, detrazioni, ecc. . Infatti ai sensi dell'art. 6 dello Statuto, prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l'Amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente a mezzo del servizio postale o telematici a fornire chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a 30gg dalla ricezione dalla richiesta. Questa disciplina è prevista a pena di nullità degli atti emanati senza il rispetto di questa disciplina.

Quindi nel caso in cui l'iscrizione a ruolo avvenga sulla base della dichiarazione del contribuente, cioè principalmente a seguito di procedure ex 36 bis - liquidazione automatica - e 36 ter - controllo formale - , si deve rispettare ciò che è previsto nell'art. 6 dello Statuto, cioè il previo invito al contribuente e la comunicazione. 

Il secondo titolo posto a fondamento dell'iscrizione a ruolo può essere l'avviso di accertamento.

Quando l'iscrizione a ruolo segue l'avviso di accertamento significa che c'è stata una fase di vero e proprio accertamento e che successivamente viene emesso questo atto e viene notificato al contribuente e che potenzialmente è l'atto iniziale dell'esecuzione, ma è anche vero che in alcuni casi, come ad es. nel caso dell'accertamento ai fini delle imposte sui redditi, è l'unico atto che legittima effettivamente l'inizio della fase esecutiva nel senso che, quando al contribuente viene notificato l'avviso di accertamento, il contribuente pur volendo non può pagare, deve aspettare la ricezione dell'iscrizione a ruolo. Diversamente è nell'IVA.

È importante sapere che in alcuni casi il ruolo è atto necessario affinché il contribuente possa effettivamente adempiere anche volendo aderire alla richiesta dell'ufficio, già a lui resa nota con l'avviso di accertamento.


Esiste poi nel diritto tributario la c.d. RISCOSSIONE FRAZIONATA, cioè esistono delle iscrizioni a ruolo che sono definitive ed esistono delle iscrizioni a ruolo che sono provvisorie. Questa distinzione va accolta con le pinze perché anche le iscrizioni definitive in un certo senso possono essere provvisorie. Quindi è meglio dire che esistono delle iscrizioni pressoché definitive e delle iscrizioni sicuramente provvisorie.

Quando parliamo di iscrizioni a ruolo sicuramente provvisorie facciamo riferimento alla c.d. riscossione frazionata. Come abbiamo immaginato una segmentazione di ciò che può avvenire dal momento della presentazione della dichiarazione fino all'emanazione dell'avviso di accertamento, allo stesso modo dall'avviso di accertamento in poi esistono altre possibili frazioni della vicenda.

Cioè potrebbe succedere che il contribuente, una volta ricevuto l'avviso di accertamento, presenti ricorso alle Commissioni tributarie e che comunque nei suoi confronti venga notificata l'iscrizione a ruolo e che nel frattempo penda il giudizio di primo grado, si arrivi a sentenza con la pronuncia della Commissione tributaria, si passi al secondo grado con la presentazione del ricorso con motivi di appello alla Commissione tributaria regionale e successivamente si proceda in Cassazione.

In queste ulteriori fasi segmentate che attengono alla fase contenziosa procede la c.d. riscossione frazionata, cioè la legge prevede espressamente come l'Amministrazione possa procedere alla riscossione nella pendenza del giudizio. È una riscossione frazionata in ragione della maggiore certezza che le ragioni formulate dall'ufficio nell'avviso di accertamento siano fondate.

Ad es. in materia di imposte sui redditi, dopo la notifica dell'avviso di accertamento, l'ufficio può scrivere a ruolo metà delle imposte accertate, dopo la sentenza delle Commissioni diventano esigibili ulteriori somme, ad es. dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso di parte, cioè ha dato ragione all'ufficio, il ricorrente deve versare 2/3 del tributo; in caso di accoglimento parziale del ricorso il ricorrente deve versare l'intero ammontare, cioè si procede ad una riscossione che è frazionata in ragione del fatto che si procede per approssimazioni successive a riscontrare che l'Amministrazione ha più o meno notificato al contribuente un accertamento più o meno fondato. Questo significa riscossione frazionata ed è per questo che si parla di iscrizioni provvisorie poiché non è che arriva un'unica iscrizione a ruolo con cui pagare il tutto, ma la riscossione arriva in via frazionata a secondo del comportamento e di come un giudice eventualmente ha già assunto una decisione in ordine alla questione, perché ad es. la sentenza della Commissione regionale tributaria rende riscuotibile l'intero importo che risulta dovuto, e quindi la differenza tra ciò che è dovuto dopo questa sentenza è quanto già eventualmente versato in precedenza. Quindi si procede a seconda di come si evolve la vicenda per questo si parla di iscrizioni provvisorie e riscossione frazionata.

Esistono poi la iscrizioni a ruolo che avvengono a titolo definitivo.

Anche qui bisogna inserire quello che realmente accade, in quanto è vero che è un'iscrizione di somme definitivamente dovute rispetto alle quali non siamo più di fronte ad un'iscrizione provvisoria poiché si è raggiunto un grado di certezza pressoché totale, ma è anche vero che la certezza assoluta nel diritto non c'è di fronte a certe situazioni che potrebbero essere ad es. l'impugnazione stessa dell'atto che di per sé si presenta con l'iscrizione a titolo definitivo perché la notifica della cartella di pagamento è sempre un atto impugnabile ai sensi dell'art. 19 del decreto legislativo 546/92, cioè quello sugli atti impugnabili del contenzioso. Quindi anche se quell'iscrizione a ruolo avviene in funzione di notifica di un atto definitivo, se c'è un errore io comunque lo posso impugnare, magari c'è una duplicazione di importi, quindi un errore meramente formale. Quindi nascita nel ruolo definitivo, perché è di per sé un ruolo definitivo, che però in quanto atto può essere viziato da un errore e devo poterlo impugnare, in questo caso non sarà definitivo poiché viziato.

Altra ipotesi potrebbe essere quella di un accertamento divenuto definitivo, rispetto al quale quindi l'Amministrazione ha emesso un'iscrizione a ruolo definitiva che tuttavia è fondato su un agire dell'Amministrazione illegittimo e di conseguenza potrebbe essere sempre eventualmente annullato, cioè ritirato in via di autotutela da parte dell'Amministrazione stessa. Quindi l'atto emesso, cioè il ruolo è di per sé definitivo, ma non è definitiva la vicenda ad esso relativa e dunque l'autotutela che travolge l'avviso di accertamento andrebbe a travolgere questo atto seppur definitivo.

L'ipotesi che fa Tesauro è quella dell'azione di revocazione straordinaria contro la sentenza passata in giudicato. È un'ipotesi limite che in quanto radicale travolge anche un atto di per sé definitivo, cioè che tende a definire una vicenda.


Il potere di imposizione da parte dell'Amministrazione deve essere esercitato a pena di decadenza. Questo esercizio del potere da parte dell'Amministrazione nel caso delle iscrizioni a ruolo provvisorie è espressamente disciplinato per legge. Tra l'altro è una disciplina, sia quella del termine per l'iscrizione a titolo provvisorio e definitivo, che ha dato grandissimi problemi.

L'interpretazione della natura ordinatoria o perentoria del termine del 36 bis ha coinvolto la dottrina e la giurisprudenza per più di un decennio con pronunce della Corte costituzionale, interventi del legislatore in sede di interpretazione autentica.


Con riferimento alla procedura della riscossione l'Amministrazione può concedere al contribuente di corrispondere quanto da lui dovuto in modo dilazionato o per eventi straordinari sospendere per un periodo di tempo di massimo di 12 mesi il pagamento.

La dilazione avviene quando il contribuente certifichi di trovarsi in condizioni particolari, tra l'altro al contribuente viene chiesto di produrre un'idonea garanzia al buon fine del proprio adempimento.

Allo stesso modo la sospensiva può essere concessa nel caso in cui si siano verificati eventi eccezionali solitamente a carattere generale ad es. con riferimento ad una zona come un terremoto, un evento naturale che possa aver determinato delle difficoltà e l'Amministrazione decide di sospendere il pagamento per un tempo massimo di 12 mesi.


Trattandosi di una fase della riscossione e quindi di un atto a carattere esecutivo, da questo momento decorrono degli interessi che sono di vario genere a seconda da quale aspetto andiamo a verificare la vicenda. Potranno esserci degli interessi per mancato versamento, degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, interessi dovuti alla dilazione di pagamento nel caso in cui un soggetto abbia ottenuto questa concessione da parte dell'Amministrazione e interessi di mora. Altro non è che la normale disciplina degli interessi che è una remunerazione del capitale in ragione del tempo impiegato, è quello che si sconta per il fatto di veder differito l'adempimento per un motivo o per un altro.


Quali sono gli effetti del ruolo. Il ruolo è un atto collettivo che produce però un effetto nei confronti del contribuente solo quando la cartella di pagamento è ad egli notificata (affermazione generale). È anche vero che nei casi in cui ai fini delle imposte sui redditi la vicenda coinvolga più soggetti legati in un rapporto di solidarietà, la notifica della cartella di pagamento solitamente avviene nei confronti del primo soggetto intestatario della vicenda e agli altri può avvenire la mera comunicazione producendo tuttavia lo stesso effetto in loro che produrrebbe l'effettiva notifica.

L'iscrizione a ruolo produce l'esigibilità dell'obbligazione. Da questo momento in poi potranno trovare applicazione le regole ordinarie del Codice di procedura civile di cui all'art. 417 e ss. relativi al processo esecutivo. Facendo riferimento al 417 diciamo che il titolo vale soltanto nei confronti del soggetto notificato e non anche nei confronti dei terzi con l'eccezione di cui abbiamo detto prima e cioè che la prassi vuole che nel caso di soggetti coinvolti in quanto coobbligati nella stessa vicenda la notifica può avvenire nei confronti del primo dell'elenco e agli altri può essere inviata la semplice comunicazione. Ciò non significa che anche gli altri potranno avere un atto autonomo da poter eventualmente autonomamente impugnare, significa semplicemente che una regola fiscale vuole che in questo specifico caso la comunicazione sia di fatto equiparata alla notificazione, non è una deroga al 417 del c.p.c..

L'unica eventuale possibile deroga che possiamo trovare al 417, dice Tesauro, potrebbe essere la disciplina dell'esecuzione in caso di privilegio speciale. In realtà anche questa non è una deroga al 417, si tratta semplicemente di coordinare due diverse discipline, una di carattere sostanziale, l'altra di carattere procedurale. Il privilegio è una garanzia molto forte che viene iscritta su dei beni e di conseguenza la garanzia è quel vincolo trascritto che segue il bene a prescindere dalle vicende relative al bene e quindi l'immobile su cui sia stato iscritto privilegio speciale potrà essere comunque oggetto di un'esecuzione da parte del soggetto intestatario del privilegio. Questo significa che nel caso in cui lo Stato, l'Amministrazione finanziaria, il Fisco, è titolare di questo privilegio speciale potrà andare presso il terzo a pignorare quella quota parte del bene per rendere esecutivo il proprio titolo, quindi per ottenere la soddisfazione del credito. Ma questa è una conseguenza, non già di una deroga al 417, per cui si dice che la notifica della cartella di pagamento nei confronti del debitore è opponibile anche all'acquirente del bene su cui si è iscritto un privilegio speciale, ma è conseguenza di una norma di carattere sostanziale sull'esecutività del privilegio in sé. Di fatto si arriva a quella disciplina perchè è stabilito nel Codice Civile che funzioni così, poi intorno ci gira la procedura in quel modo.


Non ci soffermiamo sulla riscossione dell'imposta di registro (Cap. XII, par. 6) e sulla riscossione di altre imposte indirette (par. 6.1.) e quanto attiene all'esecuzione forzata (par. 7) rinviando alla disciplina del Codice di procedura civile con solo due precisazioni: la prima è che non è previsto il precetto in quanto l'iscrizione a ruolo è di per sé l'inizio dell'esecuzione, ciò significa che non è necessario il precetto, ma che trascorsi 60gg dalla notifica dell'iscrizione a ruolo si aprirà la fase dell'esecuzione.

Altra particolarità è il fatto che una norma di diritto tributario espressamente prevede che: se dopo l'inizio della procedura emerge che l'esecuzione sarà infruttuosa, l'Agenzia delle entrate è legittimata a concludere una transazione con il debitore finalizzata a far cessare la procedura esecutiva e riscuotere immediatamente una parte di quanto dovuto. Qui riemerge, ma con rilevanza diversa, il problema dell'accertamento con adesione che possiamo vedere in due diverse situazioni: la prima quando c'era stato da parte dell'Amministrazione l'esercizio dei poteri istruttori e, prima dell'emanazione dell'avviso di accertamento, l'Amministrazione all'esito dell'esercizio dei poteri istruttori o comunque reperita una certa documentazione, riteneva in base ai principi desumibili dal 97 Cost., quindi rispettando il buon andamento e l'imparzialità in vista di una maggiore speditezza dell'azione dell'Amministrazione stessa, di poter proporre su istanza dell'ufficio un accertamento con adesione al contribuente, prima ancora di notificargli l'avviso di accertamento. Anzi proprio per non notificargli l'avviso di accertamento gli si proponeva, ovviamente il contribuente sapeva che la Cassazione aveva esercitato dei poteri istruttori nei confronti della sua posizione, un avviso di accertamento con adesione.

La seconda possibilità era invece a seguito dell'emanazione dell'avviso di accertamento che il contribuente cercasse in ogni istanza di ottenere dall'Amministrazione un accertamento con adesione, quindi su istanza del contribuente.

Problema che c'eravamo posto è se il diritto tributario, stante l'art. 53 e 23 della Cost., fosse o meno possibile che l'Amministrazione andasse al mercato a transigere su delle somme che comunque erano dovute in base ad un 53 ed un 23 e ad un'affermazione di carattere generale e cioè che l'Amministrazione in diritto tributario procede in base ad un'attività che è vincolata, priva della discrezionalità tipica dell'agire dell'Amministrazione. Abbiamo risolto in parte questi problemi dicendo che erano argomenti molto discussi e sostanzialmente chiarendo che non si trattava di una vera e propria transazione fatta di reciproche rimesse e concessioni, ma che si trattava comunque di un atto autoritativo unilaterale dell'Amministrazione ecc..

Qui ritroviamo qualcosa di simile perché siamo comunque di fronte ad una transazione, anzi in questo caso il legislatore fa espressamente riferimento alla transazione nel dato normativo, ma è anche vero che siamo di fronte ad una fase diversa, cioè siamo di fronte a qualcosa che attiene soltanto alla riscossione, cioè siamo di fronte al denaro. Ammesso che sia una vera transazione, non è una transazione sull'an, sulle ragioni, sul presupposto, ma si sta semplicemente dicendo che siccome quel soggetto sta per fallire, meglio avere 100 in luogo di 120 e subito, piuttosto che non avere niente da spettare. Quindi è qualcosa di meno grave anche a livello sistematico.

Ad es. tutta l'operazione che è stata fatta sul salvataggio della Lazio. Si trattava di una transazione per abbattere delle pendenze in via di riscossione, quindi arrivare ad una transazione e poi ad una dilazione del pagamento con la finalità di riscuotere il più possibile il prima possibile, senza cioè andare a riformulare nel merito e quindi rientrare nella valutazione della vicenda in sé, ma solo con riferimento alla possibilità di riscuotere prontamente quanto più possibile.


Ultima particolarità della riscossione in materia tributaria è il fermo.

È possibile da parte dell'Amministrazione disporre il fermo dei beni mobili, principalmente la macchina. È una possibilità di attuare la riscossione e un mezzo per sollecitare l'adempimento. Dall'anno scorso è stato chiarito che l'impugnazione dell'eventuale provvedimento che dispone il fermo è di competenza esclusiva dei Consigli tributari.


Disciplina del CREDITO D'IMPOSTA e del RIMBORSO.

Quando parlavamo del fatto che l'obbligazione tributaria andasse interpretata al pari di qualsiasi altra obbligazione come un rapporto di debito-credito avevamo specificato che non necessariamente dalla parte del soggetto debitore dovevamo intendere il contribuente, ma che occorreva verificare come in concreto l'obbligazione si atteggiasse. In particolare avevamo detto che il soggetto passivo, cioè il contribuente poteva trovarsi in una situazione in cui era lui ad essere creditore nei confronti dello Stato. Queste fattispecie erano tutte fattispecie in cui il soggetto poteva aver diritto ad un rimborso da parte dell'Amministrazione. In realtà le possibilità sono ancora di più rispetto a quelle del rimborso perché possiamo avere fattispecie che danno luogo ad indebito e rispetto ad una fattispecie di indebito il soggetto ha necessariamente, strutturalmente, diritto ad un rimborso, ma possiamo avere in diritto tributario delle situazioni in cui il soggetto ha diritto ad un credito pur non avendo diritto ad un rimborso. Se c'è un indebito vuol dire che qualcuno ha pagato indebitamente. Anche il 2033 del Codice Civile prevede l'indebito, quindi una norma di carattere generale che stabilisce che: quando il soggetto ha indebitamente pagato ha diritto alla restituzione delle somme. Questa norma vale anche in diritto tributario. Quindi in tutti questi casi di fronte ad un indebito avremmo anche un diritto al rimborso. Quindi se c'è un indebito, c'è un diritto al rimborso e per attivare il diritto al rimborso il contribuente vanta un credito.

In diritto tributario esistono però altre situazioni in cui il soggetto contribuente ha diritto ad un credito, ma questo credito gli viene riconosciuto non in ragione di un indebito, cioè no in ragione di una somma che lui aveva già indebitamente versato, ma per ragioni che Tesauro definisce "extrafiscali" e potrebbero anche essere fiscali, dipende da come intendiamo la fiscalità, comunque sono delle ragioni che spingono il legislatore tributario a riconoscere ad un soggetto un credito, ma questo credito gli è concesso con fini promozionali, ma non in quanto c'è un indebito. Ciò significa che se lui ha da spendere questo credito perché eventualmente doveva pagare un'imposta all'Erario, può utilizzare il credito; se lui non ha da dare nulla, non può utilizzare il credito, ma nemmeno può chiedere al rimborso delle somme.

Ad es. nel diritto tributario vige un principio per cui vi è il divieto di doppia imposizione interna e il divieto di doppia imposizione internazionale. Se in Italia viene assunto come criterio di collegamento rilevante ai fini dell'imposizione sul reddito il fatto che un soggetto sia residente in Italia e in base a questo principio si è tassato per i redditi ovunque prodotti e poi questo soggetto svolge attività di lavoro in Francia e in Francia assumono il fatto che se uno svolge come lavoratore un'attività nel territorio francese deve essere tassato in Francia, questo soggetto verrebbe ad essere tassato due volte: una volta in Francia in quanto è lì che ha posto in essere la sua prestazione e una volta in Italia in quanto è qui che è residente. Questa situazione si può risolvere in due modi: uno è il metodo dell'esenzione, quindi uno dei due Paesi stabilisce di esentare questa fattispecie da quelle imponibili, il secondo rimedio è quello di accordare un credito d'imposta, cioè in Italia si dice: per l'attività di lavoro svolto in Francia ti accordo un credito se mi certifichi che hai pagato le imposte. Il soggetto viene in Italia certificando il credito e può scomputare questo credito dalle imposte da pagare in Italia. Per ipotesi: se in Francia ha pagato 100 e in Italia doveva pagare 80, non è che gli danno indietro 20, va a concorrenza. Questo è l'esempio classico.

Un altro esempio molto importante e sentito nell'ambito dell'imprenditoria sono i crediti d'imposta che ad es. vengono riconosciuti ad un datore di lavoro nel caso delle nuove assunzioni per i beni strumentali, per lo sviluppo e la riqualificazione del territorio, cioè ci sono una serie di comportamenti che il legislatore vuole incentivare, come l'assunzione, la riqualificazione del territorio, lo smaltimento di vecchi impianti e quindi beni strumentali, che portano il legislatore a riconoscere un credito d'imposta al soggetto contribuente che ponga in essere quel comportamento che lo Stato vuole incentivare in quel periodo d'imposta. Sono solitamente delle misure straordinarie che non vanno a regime, ma che sono straordinariamente previste per incentivare in quel periodo quel comportamento. Nuove assunzioni: ogni nuovo assunto viene concesso un credito d'imposta pari a tot all'impresa x. Questo significa che se quell'impresa va in utile, potrà scomputarsi quel credito d'imposta, ma significa altresì che se l'impresa non va in utile, non può chiedere al rimborso quel credito d'imposta a cui comunque avrebbe avuto diritto,perché non è che a monte c'è un indebito, c'è solo un diritto a vantare un credito d'imposta o in funzione incentivante introdotto da parte dello Stato. Quindi la nozione di credito, come diritto di credito, è più ampia rispetto alla fattispecie dell'indebito.


Quali sono le fattispecie che possono dar luogo ad indebito.

Ci sono diverse fattispecie, però a monte ho tutte situazioni accomunate dal fatto che era previsto l'obbligo di corrispondere un dato tributo e successivamente questa situazione viene delegittimata.  Questo può avvenire nel caso in cui il tributo sia stato istituito di per sé con una fonte che non aveva la forza di legge e non poteva legittimamente prevederlo, ad es. nel caso in cui un Comune adotti con una delibera comunale un tributo locale e in virtù dell'art. 23 Cost. ciò non è consentito, quindi il tributo eventualmente riscosso in ragione di una semplice delibera comunale, essendo una fonte secondaria, è di per sé illegittimo. Una volta che questo viene accertato il contribuente potrà procedere e chiedere il rimborso.

Altra fattispecie che può dar luogo all'indebito è il caso in cui ad es. un tributo venga disciplinato con un decreto legge e che eventualmente questo decreto legge non venga poi convertito.

Allo stesso modo potrebbe esserci il caso in cui il tributo è disciplinato per legge e successivamente la legge viene abrogata e vi siano delle fattispecie ancora pendenti per cui il contribuente può procedere a chiedere il rimborso di quanto già versato.

Altra ipotesi un po' più limite è il caso dell'introduzione con effetto retroattivo di una norma favorevole al contribuente che dia luogo di fatto ad un indebito di quanto già versato.

Un'ipotesi molto frequente è quella in cui una fonte venga meno per dichiarazione di incostituzionalità che travolge tutte le situazioni pendenti e in parte anche quelle esaurite con i limiti del giudicato.

Altra fattispecie che può dar luogo all'indebito è quella diversa, ma assimilabile per certi versi alla dichiarazione di incostituzionalità, dell'incompatibilità tra diritto interno e diritto comunitario, perché anche lì non abbiamo una pronuncia di incostituzionalità, ma l'incompatibilità è tale che ormai a livello del diritto interno si ritiene che la norma vada disapplicata, cioè prevale il diritto comunitario. Anche di fronte a questa situazione sorge un indebito rispetto al quale il contribuente potrà attivare la procedura del rimborso secondo le norme nazionali.

Altre fattispecie che danno luogo all'indebito discendono invece dalla fase applicativa, cioè avendo elencato quelle fattispecie d'indebito che discendono da un vizio nella fonte che ha disciplinato la debenza del tributo, esistono altre situazioni di indebito che nascono da comportamenti dello stesso contribuente o dell'Amministrazione. Da parte del contribuente è il caso in cui il soggetto sulla base dell'autoliquidazione e quindi sul versamento dell'imposta abbia sbagliato a liquidare l'imposta e abbia poi versato l'imposta superiore. In questo caso siamo di fronte ad una situazione di indebito che discende non dalla legge, né dall'abrogazione di una legge, né dalla dichiarazione di incostituzionalità della legge, ma discende dal fatto che il contribuente si è sbagliato e quindi potrà richiedere quanto indebitamente versato in eccesso, anzi in questo caso l'Amministrazione procederà d'ufficio (ex art. 42 bis).

Altra ipotesi è che invece a sbagliare sia stata l'Amministrazione o che magari non abbia sbagliato, ma ad es. si sia proceduto ad una riscossione frazionata che abbia portato al pagamento da parte del contribuente di una data somma iscritta a ruolo e successivamente la sentenza della Commissione tributaria regionale abbia ribaltato l'esito della vicenda con la sentenza di accoglimento dell'istanza del contribuente e conseguentemente le somme precedentemente riscosse in sede di primo grado dovranno essere restituite in quanto indebite.

Rispetto a queste fattispecie in cui il contribuente per una serie di situazioni vanta un credito nei confronti dell'Amministrazione in questo caso potrà scegliere se indicare in dichiarazione di utilizzare il credito o eventualmente riportare l'eccedenza nella nuova dichiarazione, quindi riportarlo a nuovo anno, o invece procedere a istanza di rimborso, come può procedere a istanza di rimborso tutte le volte che si trova in una situazione di indebito.

Solitamente quando emerge un credito dalla dichiarazione si preferisce riportarlo a nuovo anno perché almeno si utilizza l'anno successivo, nel senso che se uno presenta istanza di rimborso, se tutto va bene, glielo mandano dopo 4 anni, quindi è una scelta di convenienza.

Ci sono dei casi in cui una dichiarazione non c'è e quindi si deve procedere con l'istanza di rimborso. Come avviene questa procedura? Il contribuente presenta un'istanza all'Amministrazione competente, cioè all'Amministrazione che ha emanato l'atto o competente a riscuotere quel tributo che si individua col domicilio fiscale del contribuente, in cui il soggetto esporrà le ragioni di fatto e i motivi di diritto che ritiene di porre a fondamento della propria pretesa. L'Amministrazione ha il dovere di analizzare la documentazione inviata dal contribuente e di rispondere. Tuttavia l'Amministrazione potrebbe anche non rispondere. Di qui sorge un problema di tipo contenzioso a cui accenniamo. In diritto tributario la tutela è una tutela c.d. differita, cioè si ritengono impugnabili solo gli atti che determinano una lesione effettiva e immediata nei confronti della posizione del contribuente. Ad es. il processo verbale di constatazione non è un atto impugnabile in quanto di per sé non è necessariamente un atto da cui scaturisce un accertamento, è uno degli atti che viene inviato all'Amministrazione e che l'Amministrazione valuterà al fine di decidere se emanare o no l'avviso di accertamento e che il contribuente anche laddove abbia da lamentare qualche vizio nella fase dell'esercizio dei poteri istruttori, potrà addurlo contro l'atto avviso di accertamento, in quanto in esso questi vizi si saranno riverberati. Il concetto più o meno è lo stesso. Il problema è che in diritto tributario si possono impugnare solo atti immediatamente lesivi della posizione del contribuente. Quindi presento un'istanza all'Amministrazione finanziaria per ottenere il rimborso di una somma e l'Amministrazione mi risponde dicendo che non ho diritto al rimborso. Non ho grandi problemi poiché se ritengo di avere ragione impugno l'atto di diniego espresso e vado di fronte alla Commissione tributaria a discutere le mie ragioni. Oppure se mi viene notificato dall'Amministrazione un atto di accoglimento parziale della mia richiesta di rimborso e io ritengo di dover aver diritto ad un accoglimento pieno impugnerò quell'atto e potrò andare dalla Commissione tributaria . se invece mi rispondono e mi danno il rimborso non avrò alcun interesse ad agire e quindi non ho nessun problema nemmeno in questo caso. Il problema sorge nel caso in cui presento istanza di rimborso all'Amministrazione finanziaria e questa non mi risponde. Come faccio ad avere una tutela visto che il processo tributario è istaurato con un ricorso presentato dal contribuente e notificato all'Amministrazione finanziaria e non ci sono altri modi? Il legislatore si è posto il problema e nell'art. 19 del d.lgs. 546/92 relativo agli atti impugnabili del processo tributario, in un'elencazione di atti ha inserito anche il silenzio dell'Amministrazione finanziaria. Questo non deve portarci a dire che questo silenzio è un atto ed è una funzione giuridica ecc., viene prevista la possibilità per il contribuente di presentare comunque ricorso alle Commissioni tributarie e se sono trascorsi inutilmente 90gg dalla presentazione dell'istanza di rimborso. Ciò significa che il contribuente presenta l'istanza di rimborso all'Amministrazione finanziaria scrivendo in alto la data del giorno in cui l'ha presentato, lo notifica all'Amministrazione finanziaria, se trascorrono 90gg e non ottiene una risposta può validamente presentare ricorso alla Commissione tributaria scrivendo le proprie ragioni, allegando l'istanza evidenziando la data in cui ha presentato l'istanza e quindi facendo rilevare che sono trascorsi 90gg e ciò fa sì che si verifichi la causa di procedibilità per ottenere una tutela, altrimenti questo soggetto non avendo un atto non poteva avere tutela.





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