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RAPPRESENTAZIONE

giurisprudenza



RAPPRESENTAZIONE

467. * Nozione. - La rappresentazione fa subentrare i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato.

Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l'istituito non possa o non voglia accettare l'eredità o il legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale.

La rappresentazione allora è quell'istituto in base al quale, quando l'istituito erede o legatario (che sia figlio o fratello del de cuius) per qualche causa, antecedente o posteriore all'apertura della successione, non può o non vuole accettare l'eredità o il legato, subentrano i discendenti legittimi o naturali nel luogo e nel grado del loro ascendente.

Tale istituto prevale

1. sulla trasmissione agli eredi del diritto di accettare. Generalmente se l'ascendente muore dopo l'apertura dell'eredità, il suo diritto di accettazione si trasmette agli eredi. Su questa previsione generale prevale tuttavia l'istituto della rappresentazione che assicura a determinati soggetti, in consider 252i86c azione del loro vincolo familiare, il diritto di subentrare nel luogo e nel grado dell'ascendente in tutti i casi in cui questi non possa o non voglia accettare. Di fronte all'ampia previsione normativa (in tutti i casi) non appare pertanto giustificato escludere la rappresentazione quando il rappresentato sia deceduto prima di esercitare il diritto di accettare l'eredità. Questo è quanto dice Bianca; Capozzi afferma invece l'opposto, sottolinea peraltro che mentre la trasmissione si ha quando il chiamato muore dopo l'apertura della successione e prima dell'accettazione, la rappresentazione opera quando il fatto impeditivo avviene prima dell'apertura della successione

2. sull'accrescimento, che attribuisce ai coeredi la quota di eredità dell'istituito che non possa o non voglia accettare (674 1° cc.). L'accrescimento opera, come indica il legislatore all'art. 674 4°, in quanto non vi sia chiamata per rappresentazione

La rappresentazione, invece, non prevale sulla sostituzione testamentaria ordinaria. Se, cioè, il testatore ha designato altri successori in sostituzione di chi non possa o non voglia accettare, ha luogo la chiamata in sostituzione voluta dal testatore e non la chiamata per rappresentazione. Perciò l'istituto della rappresentazione ha carattere suppletivo rispetto alle disposizioni eventualmente date ad hoc dal de cuius nell'ipotesi che l'istituito non possa o non voglia accettare ed opera solo in mancanza di queste.

Nessun rapporto invece esiste tra la rappresentazione e la sostituzione fedecommissaria, il primo istituto opera una delazione indiretta (Capozzi) o una surrogazione ex lege nella posizione del rappresentato (Bianca), il secondo una delazione successiva.

PRESUPPOSTI OGGETTIVI: Quando l'ascendente non può o non vuole accettare l'eredità (legittima o testamentaria, non c'è differenza) o il legato (premorienza, indegnità, assenza, perdita del diritto di accettare per prescrizione o decadenza - v.però pag.141 -, rinunzia). Tale istituto non trova applicazione quando si tratta di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale (tale limitazione è stata spiegata in base a una presunta volontà testamentaria di beneficiare esclusivamente la persona dell'istituito).

PRESUPPOSTI SOGGETTIVI

Il chiamato rappresentato deve essere o figlio (legittimo, legittimato, adottivo, naturale) o un fratello o una sorella del de cuius

Il rappresentante deve essere un discendente legittimo, legittimato, naturale, adottato con adozione speciale. Se il discendente rappresentante non può o non vuole accettare subentrano a loro volta i suoi discendenti (la rappresentazione opera all'infinito). In questa ipotesi la rappresentazione opera per stirpe e non per capi; nell'ambito della stirpe si fa luogo alla divisione per capi e qualora a sua volta un rappresentante non voglia o non possa accettare si fa luogo ancora a suddivisione per stirpe (v.pag.144-146): cioè quando uno dei discendenti non può o non vuole accettare e subentrano a loro volta per rappresentazione i suoi discendenti, e così via, il diritto successorio si divide ugualmente tra i chiamati in rappresentazione e la quota spettante a ciascun chiamato si suddivide a sua volta tra gli ulteriori chiamati in rappresentazione col medesimo criterio, e cioè con la suddivisione della quota per stirpi nell'ambito di ciascun ramo (469 3° cc.). Così, ad es., B, erede unico di suo padre A, rinunzia all'eredità paterna. I suoi due figli C e D subentrano nel luogo e nel grado del genitore acquistando ciascuno il diritto a metà dell'eredità. C rinunzia, e in sua vece sono chiamati i suoi figli E e F, i quali avranno diritto ad un quarto ciascuno del'eredità di A.

I chiamati ulteriori in rappresentazione sono anch'essi diretti successori dell'ereditando e non del rappresentato.

Il rappresentante deve avere la capacità di succedere al momento dell'apertura della successione (infatti vige l'efficacia retroattiva della accettazione al fine di evitare interruzioni nella continuità dei rapporti giuridici).

EFFETTI

La rappresentazione fa subentrare i rappresentanti nel luogo e nel

grado successorio del rappresentato (467 1° cc.). Ciò significa che i rappresentanti acquistano complessivamente il diritto successorio che è spettato o sarebbe spettato al loro ascendente.

I rappresentanti, tra l'altro, possono agire in riduzione se la quota spettante all'ascendente sia risultata lesa e in tal caso devono imputare le donazioni e i legati di cui quest'ultimo abbia beneficiato da parte del defunto (salva l'ipotesi di espressa dispensa) (564'cc.).

Devono inoltre essere conferite in collazione le donazioni fatte dal defunto all'ascendente (740 cc.: n. 390).

Anche se subentrano nel diritto destinato all'ascendente i rappresentanti esercitano comunque un diritto proprio, qualificandosi come diretti successori del defunto. Conseguentemente essi devono imputare e conferire in collazione le donazioni ricevute dal defunto e, a loro volta, non possono succedere se indegni nei suoi confronti.


I rappresentanti non devono invece conferire in collazione le donazioni fatte loro dal rappresentato e possono esercitare il loro diritto successorio anche se indegni nei confronti di quest'ultimo, e anche se abbiano rinunziato alla sua eredità (468 2° cc.). Si conferma, in tal modo, che chi succede per rappresentazione non è successore del rappresentato ma, appunto, successore del de cuius.

I rappresentanti, come si è detto, acquistano nel loro complesso un diritto successorio eguale a quello che è spettato o che sarebbe spettato al rappresentato. Se più sono i discendenti del rappresentato, ciascuno acquista pertanto una quota del diritto.

Natura giuridica della rappresentazione.

Sebbene l'ascendente che non può o non vuole accettare sia comunemente indicato come rappresentato e il discendente chiamato in rappresentazione sia indicato come rappresentante, è certo da escludersi che la rappresentazione possa essere ricondotta alla figura della rappresentanza. La rappresentanza si caratterizza infatti come potere di agire in nome e per conto altrui mentre il chiamato in rappresentazione non esercita il diritto in nome e per conto del suo ascendente. Il "rappresentato" è fuori dal fenomeno successorio ed ha rilievo solo come punto di riferimento per determinare l'entità dei beni che dovrà essere devoluta al rappresentante. Il chiamato in rappresentazione, piuttosto, esercita un proprio diritto di successione e non un diritto del rappresentato. Il rappresentante è pertanto un diretto successore del defunto.

In dottrina si fa richiamo alla nozione di delazione indiretta (Cariota-Ferrara, Burdese-Grosso v.pag.139) volendo con questa espressione significare che il contenuto della delazione è determinato indirettamente, in relazione a quello che sarebbe l'oggetto della successione di altro virtuale chiamato. In quanto, poi, il diritto dell'ulteriore chiamato non coincide con quello del rappresentato si è parlato di delazione parzialmente per relazione.

Il riferimento alla delazione indiretta non chiarisce tuttavia se il rappresentante abbia un'originaria e autonoma posizione successoria o se invece tale posizione sia pur sempre derivata da quella destinata all'ascendente.

Nel sottolineare la posizione originaria e autonoma del rappresentante si è giunti a configurare la rappresentazione come una sorta di conversione legale della mancata delazione in una nuova delazione.

Il testo normativo, che indica la rappresentazione in termini di subingresso nel luogo del rappresentato, appare per altro orientato verso l'idea della surrogazione legale. Il richiamo alla surrogazione legale deve essere precisato anzitutto per quanto riguarda l'oggetto. La surrogazione ha ad oggetto il diritto di successione destinato all'ascendente (a prescindere dalla circostanza che tale diritto sia stato o no acquisito).

Occorre poi aggiungere che la posizione del rappresentante non appare originaria e autonoma, in quanto essa dipende interamente dalla posizione destinata all'ascendente, nel senso che in tanto egli acquista il diritto successorio in quanto tale diritto fosse destinato al rappresentato. Se ad es., si accerta l'invalidità della disposizione testamentaria a favore del rappresentato, nessun diritto può essere vantato dal rappresentante.

Può anzi dirsi che il diritto di successione fatto valere dal rappresentante è lo stesso diritto (sia pure per quota) destinato all'ascendente.

In conclusione, appare appropriato qualificare la rappresentazione come un'ipotesi di surrogazione legale del rappresentante nel diritto successorio destinato al rappresentato. Capozzi preferisce indicare il fenomeno con il termine di delazione



indiretta: gli effetti comunque sono gli stessi.







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