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LE SUCCESSIONI - PRINCIPI COSTITUZIONALI IN MATERIA DI SUCCESSIONI A CAUSA DI MORTE

giurisprudenza



LE SUCCESSIONI


PARTE GENERALE:

Il termine successione indica il subentrare di un soggetto ad un altro nella titolarità di uno o più rapporti giuridici. Consiste cioè in una modificazione soggettiva del rapporto giuridico.


TIPI DI SUCCESSIONE


TRA VIVI (inter vivos)




A CAUSA DI MORTE (mortis causa), che  a loro volta si distinguono in:

A TITOLO UNIVERSALE (eredità), il soggetto subentra nella totalità dei rapporti giuridici facenti capo ad una persona;

A TITOLO PARTICOLARE (legato), il soggetto subentra nella titolarità di uno o più rapporti giuridici determinati.


PRINCIPI COSTITUZIONALI IN MATERIA DI SUCCESSIONI A CAUSA DI MORTE:

art. 42 Costituzione: "...la legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità".

Da tale articolo si ricava che: è ammessa la successione tra privati del patrimonio ereditario;

risulta legittimata (entro certi limiti) la facoltà del privato, mentre è in vita, di disporre, per TESTAMENTO, dei propri beni per il tempo successivo alla morte;

sono assegnati allo Stato genericamente dei diritti (es. prelievo fiscale).   

PRINCIPI DELLA NORMATIVA ORDINARIA IN MATERIA DI SUCCESSIONI A CAUSA DI MORTE:

Il codice (art. 457) stabilisce la prevalenza della successione testamentaria su quella legittima, disponendo che a quest'ultima si faccia riferimento solo se manca il testamento. Il testamento, d'altro canto non può pregiudicare i diritti dei legittimari a cui viene assegnata inderogabilmente dalla legge una quota del patrimonio ereditario.

Un altro importante principio è costituito dal divieto di patti successori (art.458), cioè quegli accordi con cui un soggetto si impegna verso un altro ad effettuare il proprio testamento in un certo modo ovvero con cui un soggetto, prima ancora di essere chiamato a succedere, dispone in favore di un terzo di un'eredità, oppure vi rinunzia.


APERTURA DELLA SUCCESSIONE-DELAZIONE-VOCAZIONE

La morte determina l'apertura della successione (art. 456 c.c.), cioè l'applicabilità delle regole che disciplinano la successione.

Prima della morte non soltanto non si può parlare di un diritto dei possibili successori, ma neppure di una aspettativa: la loro successione è una pura eventualità.

Con la morte prendono vigore le norme che regolano la successione. E possibile parlare di un vero e proprio titolo a succedere per i soggetti, indicati come eredi dalla legge o dal testamento. In questo senso si distingue tra vocazione legittima e vocazione testamentaria.

L'apertura della successione rende efficace la vocazione: i soggetti, che hanno titolo a succedere come eredi, vengono chiamati all'eredità. In pratica l'eredità si devolve loro; è questa la delazione dell'eredità, che coincide con l'acquisto, da parte dei chiamati, del diritto di accettare.

In base all'art. 460 il chiamato all'eredità può esercitare le azioni possessorie dei beni ereditati, anche se non è nella posizione di possessore effettivo dei beni. Inoltre, egli può compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea e può farsi autorizzare dall'autorità giudiziaria  a vendere i beni che non si possono conservare o la cui conservazione comporta un grave dispendio.

Il legislatore ha voluto così dare la possibilità di tutelare l'eredità, la quale, per il tempo che intercorre tra l'apertura della successione e l'accettazione, rimane senza titolare.

Se il chiamato non è nel possesso effettivo dei beni ereditari, il pretore competente per territorio può nominare, su istanza degli interessati o anche d'ufficio, un CURATORE dell'eredità giacente al quale la legge attribuisce una serie di funzioni: compiere l'inventario dei beni ereditari; amministrare i beni; agire e rappresentare in giudizio; pagare i debiti ereditari.

La curatela cessa con l'accettazione dell'eredità.

EFFETTI ESTINTIVI E COSTITUTIVI: 

La morte è causa di estinzione di rapporti giuridici, e di costituzione di nuovi diritti e obblighi. Nel campo dei rapporti patrimoniali, con la morte, si estinguono o si sciolgono i diritti e gli obblighi legati all'identità della persona (es. diritto agli alimenti...), a meno che non vi siano norme particolari, nei diversi contratti che prevedono la possibilità di una prosecuzione o di una successione degli eredi.

Diritti ed obblighi nuovi, si costituiscono per legge  (es. assegni a carico dell'eredità previsti a favore del coniuge separato con addebito, o divorziato, o a favore dei figli non riconosciuti), sia per testamento (es. istituzione di legato di cosa generica).



SOGGETTI DELLA SUCCESSIONE E CAPACITA DI SUCCEDERE

Sono soggetti della successione:

a)   il de cuius, cioè il defunto, colui della cui eredità si tratta; questi, se ha redatto il testamento, può essere chiamato testatore;

b) il successore, cioè colui che subentra nel patrimonio del de cuius. Al momento dell'apertura della successione, i successori non possono essere ancora chiamati eredi, sono semplicemente chiamati all'eredità (si dice anche delati, e si chiama delazione la situazione relativa), vale a dire che hanno a loro disposizione un certo periodo entro cui possono, se lo desiderano, accettare (o adire) l'eredità ad essi devoluta. Solo in caso di accettazione prenderanno il nome di eredi.

Per poter subentrare nei diritti di una persona defunta è necessario possedere la capacità di succedere (art. 462).

Sono capaci di succedere i nati o concepiti al tempo dell'apertura della successione. Si presume concepito al tempo dell'apertura della successione chi è nato entro i 300 giorni dalla morte della persona 343d37d della cui successione si tratta.

Possono inoltre succedere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, benché non concepiti (nati non concepiti).

Possiedono la capacità di succedere anche le persone giuridiche, le quali però non possono accettare eredità o legati senza apposita autorizzazione governativa. Anche le associazioni non riconosciute possono ricevere per testamento se entro un anno dal giorno in cui il testamento è eseguibile è fatta istanza per ottenere il riconoscimento.


L'INDEGNITA

L'indegnità costituisce una causa di esclusione dalla successione.

L'indegno non può subentrare nei rapporti giuridici di una persona nei cui confronti abbia tenuto alcuni comportamenti, ritenuti particolarmente deplorevoli, elencati all'art. 463 c.c.

Le cause di indegnità possono dividersi in due categorie:

1) La prima comprende gravi comportamenti tenuti direttamente contro la persona o l'immagine del de cuius (es. omicidio, tentato omicidio...);

2)la seconda riguarda invece gli atti diretti a ledere la volontà testamentaria del de cuius (es. falsificazione del testamento, raggiro...).

L'indegnità è sanabile tramite la riabilitazione ad opera del de cuius. Essa può essere di due tipi:

totale (espressa), se è espressamente manifestata con dichiarazione contenuta in atto pubblico o nel testamento;

parziale (tacita), se il testatore, pur conoscendo la causa dell'indegnità, ha disposto in favore dell'indegno. In questo secondo caso la riabilitazione ha effetto solo con riguardo a quella disposizione.




DELAZIONE SUCCESSIVA


SOSTITUZIONE E RAPPRESENTAZIONE:

Può succedere che il chiamato a succedere non possa o non voglia accettare l'eredità. In tal caso si apre il problema della delazione successiva, cioè della devoluzione dell'eredità a persone diverse dagli originari chiamati.

Nel caso di vocazione testamentaria vi sono due criteri di devoluzione dell'eredità: la sostituzione volontaria e la rappresentazione.

Nel caso di vocazione legittima vi è la sola rappresentazione.

La sostituzione volontaria può essere ordinaria o fedecommissaria. Si ha sostituzione ordinaria quando il testatore, dopo aver istituito un erede, nomina un sostituto per il caso in cui il primo non possa o non voglia accettare. I sostituti devono adempiere agli obblighi dei sostituiti, salva diversa disposizione del testatore.

La sostituzione fedecommissaria è invece una sostituzione successiva: il primo chiamato riceve l'eredita con l'obbligo di conservarla perché, alla sua morte, sia acquistata da un secondo chiamato. Tale sostituzione è ammessa solo per organizzare una più efficace assistenza a un incapace.

Il secondo sistema di devoluzione è la rappresentazione. Si ha rappresentazione quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l'istituito non possa o non voglia accettare l'eredità o il legato.

La rappresentazione ha luogo in favore dei discendenti dei figli (legittimi, legittimati, adottivi e naturali) e dei fratelli  e delle sorelle del defunto.

Il secondo chiamato non viene all'eredità per titolo proprio, ma prendendo il posto di un altro, succedendo direttamente al de cuius: in caso di premorienza del primo chiamato, i suoi discendenti possono succedergli per rappresentazione, anche se hanno rinunziato all'eredità della persona che sostituiscono, o sono incapaci di ricevere o indegni rispetto a quella successione.

TRASMISSIONE DEL DIRITTO DI ACCETTARE:

L'art 479 c.c. stabilisce che il diritto di accettare l'eredità, se il delato muore senza averlo esercitato, e se non si cade nell'ipotesi della rappresentazione, si trasferisce agli eredi.

ACCRESCIMENTO:

La disciplina dell'accrescimento (art. 674 ss. c.c.) trova applicazione quando:

- manca una sostituzione testamentaria;

- non sono applicabili le norme sulla rappresentazione;

- si è in presenza di una chiamata congiuntiva di più coeredi in quote uguali o senza determinazione di quote.

In presenza di questi presupposti la quota di eredità che sarebbe spettata all'istituito mancante s'accresce in parti uguali agli altri eredi.

Se mancano i presupposti per l'accrescimento, la quota del chiamato all'eredità che non può o non vuole accettare si devolve agli ulteriori successibili secondo le regole della successione legittima; la quota del legato va a beneficio dell'onerato.


L'ACCETTAZIONE DELL'EREDITA

La delazione dell'eredità fa nascere nel chiamato il diritto di accettare. L'acquisto dell'eredità, però si consegue solo con l'accettazione, anche se l'effetto retroagisce al momento dell'apertura della successione.

Il legislatore ha voluto impedire che l'acquisto fosse automatico in considerazione del fatto che subentrare in un patrimonio significa divenire titolare di rapporti giuridici attivi e passivi. Ciò implica che il chiamato dovrà preliminarmente valutare l'opportunità o meno di ereditare (ovvero accettare con beneficio di inventario).

Vi sono tuttavia dei casi in cui l'acquisto dell'eredità è imposto dalla legge, e cioè:

quando il chiamato ha sottratto o nascosto beni ereditari;

quando è entrato nel possesso degli stessi senza eseguirne tempestivamente l'inventario o (una volta compiuto quest'ultimo) senza effettuare tempestivamente la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario;

il chiamato che ha rinunciato in cambio di un corrispettivo, o ha rinunziato in favore di alcuni soltanto degli altri chiamati invece che di tutti.

L'accettazione è un negozio unilaterale con il quale il chiamato manifesta la volontà di assumere la qualità di chiamato.

Secondo il modo di eseguirla l'accettazione può essere di due tipi:

espressa, se contenuta in una dichiarazione resa in atto pubblico o in una scrittura privata;

tacita se manifestata tramite un comportamento concludente, cioè, che solo chi si considera erede potrebbe tenere.

Il termine di accettare si prescrive ne termine ordinario di 10 anni (art. 480), che decorre dal giorno dell'apertura della successione (oppure dal giorno in cui si verifica la condizione sospensiva).

La legge consente a chi vi abbia interesse di rivolgersi al giudice per chiedergli di fissare un termine entro cui il chiamato dichiari se accetta o rinunzia; in questo caso, se il chiamato non si pronunzia, perde il diritto di accettare.

L'accettazione è un atto puro: non può sottoporla a termine o a condizione, non può essere parziale ed è irrevocabile.

L'accettazione si può impugnare quando è effetto di violenza o di dolo. L'errore invece non è causa di impugnazione perché non si vuole che l'erede possa far valere il difetto di informazione o di valutazione per sottrarsi agli impegni di una eredità passiva.

Nel caso in cui si scopra un testamento di cui non si aveva notizia al tempo dell'accettazione, la legge consente una limitazione di responsabilità, ma non l'impugnazione dell'accettazione.

ACCETTAZIONE CON BENEFICIO D'INVENTARIO:

Questa forma di accettazione consente all'erede di tenere distinto il proprio patrimonio da quello del de cuius, con la conseguenza che egli risponderà del passivo ereditario (debiti e legati) solo nei limiti dell'attivo dell'asse ereditario. In pratica l'erede non sarà tenuto a soddisfare i creditori del de cuius (e i legatari) con denaro proveniente dal suo patrimonio personale, come invece dovrebbe fare se egli avesse accettato puramente e semplicemente.

La dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario deve essere ricevuta da un notaio o dal cancelliere della pretura e va trascritta sui registro delle successioni affinché i terzi possano venire a conoscenza.

Essa deve essere eseguita entro breve termine (se non è stata preceduta) dall'inventario, cioè da un elenco contenente tutti i beni ed i crediti dell'eredità redatto da un notaio o dal cancelliere della pretura.

L'erede che ha accettato con beneficio di inventario deve:

- amministrare il patrimonio ereditario anche nell'interesse dei creditori del de cuius e dei legatari, nei confronti dei quali risponde per colpa grave;

- procedere al pagamento dei debiti dell'eredità (e dei legati).

Il pagamento dei debiti ereditari (e dei legati) può avvenire secondo tre diverse procedure:

l'erede può pagare i creditori ed i legatari via via che si presentano, fino all'esaurimento dell'asse ereditario; questa strada è preclusa se un creditore o un legatario fa opposizione;

in caso di opposizione, o anche autonomamente, l'erede può avviare una procedura di liquidazione con l'assistenza di un notaio;

rilasciare tutti i beni ereditari a favore dei creditori e dei legatari.

In determinate ipotesi contemplate dalla legge l'erede può decadere da beneficio di inventario: si tratta per lo più di comportamenti che determinano pregiudizio alle ragioni dei creditori.

L'accettazione beneficiaria è obbligatoria quando all'eredità sia chiamato un minore d'età (anche se emancipato), un interdetto o un inabilitato o una persona giuridica diversa da una società commerciale.

SEPARAZIONE DEI BENI DEL DEFUNTO DA QUELLI DELL'EREDE:

La separazione dei beni del defunto da quelli dell'erede è uno strumento giuridico che consente di tenere distinti i due patrimoni nell'interesse dei creditori del de cuius e dei legatari, infatti essi corrono il rischio della confusione del patrimonio ereditario con quello personale di un erede che abbia una cattiva situazione patrimoniale.

La separazione può essere compiuta su istanza dei creditori del de cuius e dei legatari, i quali hanno 3 mesi di tempo dalla data di apertura della successione per agire.

La separazione si attua sui singoli beni: per i beni mobili, tramite una domanda giudiziale; per i beni immobili, con un iscrizione simile a quella dell'ipoteca.

I creditori ed i legatari che hanno esercitato la separazione possono soddisfarsi sui beni separati con preferenza rispetto ai creditori dell'erede (diritto di prelazione).

In ogni caso i creditori del de cuius prevalgono sui legatari.


RINUNZIA

Il chiamato all'eredità deve accettarla entro dieci anni da giorno dell'apertura della successione, oppure entro il termine eventualmente fissato dal giudice. Nel caso non sia interessato a succedere egli può, anche prima, manifestare la propria intenzione di non accettare l'eredità rinunziandovi.

La rinunzia è un atto formale (o solenne), che si fa con dichiarazione ricevuta dal notaio o dal cancelliere della pretura competente per territorio; è un atto puro in quanto non può essere sottoposta a termine o a condizione; né può essere parziale a pena di nullità (deve quindi essere totale).

La rinunzia ha effetto retroattivo nel senso che il chiamato rinunziante si considera come mai chiamato all'eredità.

La rinunzia è un atto revocabile, fino a quando un chiamato ulteriore non abbia accettato.

Come l'accettazione, la rinunzia può essere impugnata per dolo e per violenza.

Anche se il chiamato ha rinunciato all'eredità, esso decade dal diritto di rinunziare ed è considerato erede puro e semplice nelle seguenti ipotesi:

ha sottratto o nascosto beni ereditari;

- se, essendo nel possesso dei beni ereditari, non ha compiuto l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione;

- se, essendo nel possesso dei beni ereditari, ha compiuto l'inventario ma non ha fatto la relativa dichiarazione di accettazione nel termine prescritto.


PETIZIONE DI EREDITA

L'erede ha diritto di agire contro chiunque possieda dei beni facenti parte del patrimonio ereditario, per ottenerne la restituzione. Tale azione prende il nome di PETIZIONE DI EREDITA e può essere promossa non soltanto contro chi aveva in precedenza posseduto tali beni vantando la propria qualità di erede, ma anche nei confronti dei suoi aventi causa, salvo i diritti acquistati da terzi in buona fede per effetto di convenzioni a titolo oneroso con l'erede apparente.

L'attore non deve provare di essere il proprietario dei singoli beni, ma di aver titolo di erede: l'azione è quindi universale.

L'azione è imprescrittibile salvi gli effetti della usucapione rispetto ai singoli beni.


TIPI DI SUCCESSIONE

L'art. 457 c.c dispone che: "L'eredità si devolve per legge o per testamento. Non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria. Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari".

Tale articolo indica le due sole fonti possibili della delazione ereditaria: la vocazione legittima e la vocazione testamentaria.

Ne secondo comma si distinguono due specie di successione (successione legittima e successione testamentaria); legge e testamento non sono soltanto titoli del diritto a succedere ma sono anche fonti di disciplina della successione.

La successione legittima (titolo II del Libro delle Successioni) è la successione regolata dalla legge, a cui si fa luogo quando manca in tutto o in parte il testamento. Successori legittimi sono quei soggetti che, in caso di morte di una persona che non abbia fatto testamento o non abbia disposto di tutti i suoi beni, hanno titolo a succedere in base a una delle norme che regolano la successione legittima (ab intestato).

La successione testamentaria (titolo III del Libro delle Successioni) è la successione regolata dal testamento, cioè dall'autonomia del de cuius.

Si distinguono quindi due diverse specie di successione: la successione legittima e quella testamentaria, due diversi modi di regolare la successione, sulla base di diversi titoli a succedere (vocazione legittima e vocazione testamentaria).

Il terzo comma riconosce dei diritti ai legittimari. I legittimari sono alcuni stretti congiunti (coniuge, figli legittimi e naturali, solo in mancanza figli gli ascendenti) ai quali la legge riserva una quota della ricchezza accumulata dal defunto.

Si parla di successione nella legittima o di successione necessaria per indicare l'insieme di regole che proteggono i diritti dei legittimari all'interno della successione a causa di morte.

VOCAZIONE LEGITTIMA:

L'art. 565 indica le categorie dei successibili, cioè quei soggetti che possono essere chiamati a succedere al de cuius per successione legittima.

Sono successori legittimi il coniuge, i discendenti, gli ascendenti, i collaterali, gli altri parenti (fino al sesto grado) e lo Stato.

In linea generale i congiunti più prossimi escludono i più lontani, mentre lo Stato eredita solo in mancanza di altri successibili. Gli articoli seguenti stabiliscono una dettagliata disciplina circa tutte le ipotesi che in concreto possono verificarsi.

a)  La successione dei discendenti:

Gli eredi naturali di ogni soggetto sono i figli, ai quali il patrimonio è devoluto del de cuius.

Ai figli legittimi sono equiparati i figli legittimati e gli adottivi. A seguito della riforma del diritto di famiglia anche ai figli naturali sono stati assegnati gli stessi diritti spettanti ai legittimi, anche se ai figli legittimi è riconosciuto il diritto di commutazione della quota spettante ai figli naturali: essi possono cioè soddisfare con denaro o beni immobili ereditari la porzione che spetta ai figli naturali, a meno che questi si oppongano, in tal caso decide il giudice.

I figli non riconoscibili sono invece esclusi dall'eredità; ad essi è però riconosciuto il diritto ad un assegno vitalizio pari alla rendita della quota (che a richiesta può essere capitalizzata) cui avrebbero diritto se la filiazione fosse riconosciuta o dichiarata.

Se taluno dei figli del de cuius non può o non vuole accettare l'eredità gli subentrano, per rappresentazione, i suoi discendenti. Se non vi sono discendenti, la quota di eredità non assegnata s'accresce agli altri figli.

Vi è un solo soggetto che può concorrere con i discendenti, e cioè il coniuge.

b) La successione dei genitori:

A colui che muore senza lasciare prole, né fratelli o sorelle o loro discendenti, succedono il padre e la madre in eguali porzioni, o il genitore che sopravvive.

c)  La successione degli ascendenti, fratelli e sorelle.

Gli ascendenti, i fratelli e le sorelle succedono al defunto solo se quest'ultimo non ha lasciato discendenti o genitori.

Se vi sono solo ascendenti, l'eredità sarà devoluta, in parti uguali, ai più vicini di uguale grado.

Se vi sono solo fratelli e sorelle, questi erediteranno in parti uguali. In questo caso si parla di fratelli legittimi. Per quanto riguarda i fratelli germani (figli degli stessi genitori) ed i fratelli unilaterali (che hanno un solo genitore in comune), questi ultimi hanno diritto alla metà della quota che spetta ai primi.

Se vi sono sia ascendenti che fratelli e sorelle, sono tutti ammessi alla successione, ma la quota degli ascendenti non può essere inferiore alla metà.

d) La successione del coniuge:

Quando mancano figli legittimi o naturali, ascendenti, fratelli o sorelle, al coniuge si devolve tutta l'eredità.

Se il coniuge concorre con figli legittimi e/o naturali, esso ha diritto alla metà dell'eredità se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi.

Al coniuge sono devoluti due terzi dell'eredità se egli concorre con ascendenti legittimi e/o con fratelli e sorelle.

Il coniuge separato cui non è stata attribuita la separazione con sentenza in giudicato ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato. In caso contrario, ha diritto soltanto ad un assegno vitalizio se al momento dell'apertura della successione godeva degli alimenti a carico del coniuge defunto.

Il coniuge divorziato perde i suoi diritti successori e solo in caso di bisogno e se aveva ottenuto un assegno alimentare durante la vita può chiedere al giudice di attribuirgli un assegno a carico dell'eredità che perde solo se passa a nuove nozze o viene meno il suo stato di bisogno.

Oltre alla quota ereditaria al coniuge spetta il diritto di abitazione nella casa familiare, e di uso dei mobili che la corredano.

e) Lo Stato:

Se una persona non lascia successibili e non ha fatto testamento, l'eredità è devoluta allo Stato.

Lo Stato acquista l'eredità senza bisogno di accettazione, e non risponde dei debiti ereditari oltre il valore dei beni acquistati.

Lo Stato può anche essere nominato erede in un testamento: in tal caso valgono le norme comuni sulla successione  e sull'accettazione dell'eredità da parte delle persone giuridiche.




VOCAZIONE TESTAMENTARIA:

La successione testamentaria è quel particolare tipo di successione che ha luogo quando il de cuius ha prestabilito quali e quanti devono essere stati i chiamati, magari individuando la porzione del patrimonio che spetterà a ciascuno.

L'atto con cui il de cuius manifesta tale sua volontà si chiama TESTAMENTO.

La legge definisce il testamento come un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse (art. 587 c.c.).

Il testamento ha quindi un contenuto patrimoniale, che ha la funzione di determinare la sorte delle sostanze del testatore. Le disposizioni testamentarie che assolvono questa funzione sono l'istituzione di erede, il legato e l'onere, che costituiscono il c.d. contenuto tipico del testamento.

La legge però ammette che l'atto di ultima volontà possa regolare interessi non patrimoniali, sempre in vista della morte del disponente come ad esempio le decisioni relative al riconoscimento di un figlio naturale; che corrisponde al c.d contenuto atipico del testamento.

Tali disposizioni non patrimoniali possono far parte di un atto che contiene anche le tipiche disposizioni  testamentarie; è comunque valido un atto di ultima volontà, che abbia i requisiti formali del testamento, anche se il suo contenuto è solo quello atipico. Ma, mentre il testamento in senso stretto è sempre revocabile, il contenuto atipico di un testamento (come ad es. il riconoscimento del figlio naturale) rimane efficace anche se il testamento è revocato.

Una delle principali caratteristiche del testamento è la revocabilità, in base al quale il testatore può in ogni momento mutare idea e disporre diversamente, modificando in tutto o in parte il proprio testamento.

L'art. 679 non consente in alcun modo di rinunziare alla facoltà di revocare o mutare il testamento.

La revoca può essere:

espressa, consiste in una dichiarazione con cui il testatore manifesta esplicitamente la volontà di revocare le disposizioni già assunte con un testamento successivo o con atto ricevuto da notaio;

tacita, se le disposizioni di un testamento successivo risultano incompatibili con quelle precedenti.

Entrambi i tipi di revoca possono riguardare tutto il testamento o solo particolari disposizioni.

Forme di revoca totale, tacita, sono la distruzione del testamento olografo o il ritiro del testamento segreto.

Infine, la legge dispone la revoca di diritto per il caso di sopravvenienza di figli.

Il testamento è considerato come un atto unilaterale, perché la volontà del testatore non sia legata a pattuizioni o consensi, e addirittura come atto unipersonale, cioè proveniente da un solo individuo. Non è quindi ammesso il testamento congiuntivo (fatto da più persone, in un unico atto, a favore di terzi), né il testamento reciproco (fatto da più persone, in un unico atto, l'una a favore dell'altra).

Perché la volontà sia validamente espressa è necessario che il testatore possegga la capacità di testare. La regola generale della capacità d'agire legale, vale anche per il testamento: non possono quindi testare i minorenni e gli interdetti per infermità di mente. E stata abrogata la norma con cui il codice penale disponeva l'incapacità di testare dell'interdetto legale.

Incapace di testare è anche chiunque si trovi in condizioni di incapacità di intendere o di volere nel momento in cui fa testamento.

L'inabilitato non è considerato, riguardo al testamento, legalmente incapace.

Il testamento è un atto formale, nel senso che per la sua validità il testatore deve rispettare la forme previste dalla legge. E sempre un atto scritto.

Vi sono vari tipi di testamento; in particolare si distingue tra forme ordinarie e forme speciali.

Per quanto riguarda le forme ordinarie il testatore può scegliere tra esse quella che preferisce; alle forme speciali è possibile ricorrere solo in presenza di determinati presupposti, ed in tali casi il testamento avrà efficacia solo temporanea.

TESTAMENTI ORDINARI:

a)   Il testamento olografo.

Il testamento olografo deve essere scritto interamente a mano dal testatore, il quale deve anche datarlo e sottoscriverlo (art.602 c.c.).

L'autografia è richiesta dalla legge al fine di facilitare l'accertamento dell'effettiva provenienza del documento dal de cuius. La mancanza dell'autografia o della sottoscrizione rende il testamento nullo; se invece manca la data, esso è solo annullabile.

b) Il testamento pubblico.

Il testamento pubblico (art.603 c.c.) viene redatto dal notaio sulla base della volontà dichiaratagli dal testatore e con l'assistenza di due testimoni. Esso deve indicare il luogo, la data e l'ora in cui è ricevuto; deve inoltre essere letto, una volta steso, dal notaio al testatore in presenza dei testimoni e sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio. Copia del testamento è conservata nell'archivio notarile.

c)   Il testamento segreto.

Il testamento segreto (art. 604 c.c.) deve essere anch'esso ricevuto dal notaio. Il testatore, una volta che l'ha compilato, lo consegna al notaio in busta sigillata in presenza di due testimoni, dichiarando che in essa è contenuto il proprio testamento. Sull'esterno della carta sigillata o su un ulteriore involto predisposto e sigillato dal notaio, questi scrive l'atto di ricevimento, che deve riportare il fatto della consegna e le dichiarazioni del testatore e deve essere sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio stesso.

Il testamento segreto che venga ritirato dal testatore, conserva validità se ha i requisiti formali del testamento olografo. Se i requisiti dell'olografo mancano, il ritiro equivale a revoca tacita.

Il testamento olografo e quello segreto non possono essere eseguiti finché non ne è stata effettuata la pubblicazione davanti ad un notaio.

I TESTAMENTI SPECIALI:

Le forme speciali sono state previste dal legislatore per i casi in cui il testatore si trovi in particolari condizioni che possano rendere urgente la necessità di testare e difficile il ricorso alle forme ordinarie, e cioè:

a)   se si trova in luogo in cui domina una malattia contagiosa o in un luogo colpito da pubblica calamità;

b) se si trova in viaggio a bordo di una nave o di un aereo;

c)   se si trova al seguito delle forze armate in tempo ed in zona di guerra.

Tali testamenti possono essere ricevuti da soggetti diversi dal notaio (ad esempio il sindaco, il ministro del culto, il comandante della nave o dell'aereo, l'ufficiale militare...), hanno particolari forme di registrazione e conservazione del documento e perdono efficacia decorsi tre mesi dalla cessazione della causa che ha reso possibile il ricorso a queste forme.

CONTENUTO DEL TESTAMENTO:

Il contenuto tipico del testamento è rappresentato da  disposizioni a titolo universale (ISTITUZIONI DI EREDE) e da disposizioni a titolo particolare (LEGATI).

L'istituzione di erede è quella clausola particolare del testamento con cui il testatore esprime il desiderio di chiamare uno o più soggetti a succedergli in tutto il suo patrimonio o in una quota di esso;

il legato è invece quella disposizione contenuta in un testamento con cui il testatore dispone circa uno o più beni determinati.

La differenza sta nel fatto che mentre il chiamato acquista l'eredità solo in seguito all'accettazione e, una volta divenuto erede, risponde anche con il proprio patrimonio per i debiti ereditari, il legatario acquista il legato immediatamente, al momento dell'apertura della successione, senza necessità di accettazione e non è (almeno di regola) responsabile dei debiti ereditari.

Si parla di legato di specie e di legato di genere. Il primo ha per oggetto la proprietà di una cosa determinata o un altro diritto esistente nel patrimonio del testatore; si ha come effetto la successione del legatario al defunto nella titolarità del diritto, mentre a carico dell'erede sorge un obbligo di consegna della cosa..

Il legato di genere è quello che ha per oggetto una somma di denaro, o una quantità di cose fungibili esistenti o meno nel patrimonio del testatore; ne nasce un debito a carico dell'onerato e un credito in capo al legatario. Il legato può essere a carico di un solo erede, o di più eredi, o di tutti i coeredi, o anche del legatario (c.d. sublegato).

Vi possono essere anche altri tipi di legato, ad esempio il testatore può attribuire un diritto reale su di una cosa dell'asse; oppure il legato di cosa dell'onerato o di cosa di terzo crea un obbligo dell'onerato di trasferire il bene o di procurarne l'acquisto al beneficiario, che diviene titolare di un credito; oppure il legato di debito con cui il testatore libera il legatario da un debito che questi aveva nei suoi confronti; oppure il legato di alimenti che produce una situazione simile a quella che nasce dai c.d. legati ex lege a favore del coniuge separato per colpa o divorziato.

Il legato può anche essere predisposto a favore di uno degli eredi: si parla di prelegato, perché prima della divisione tra coeredi va detratto dall'asse, e quindi è a carico di tutti gli eredi, compreso il beneficiario.

Gli eredi rispondo dei legati anche oltre il valore dell'asse ereditario, a meno che non abbia accettato l'eredità con beneficio di inventario.

MODUS TESTAMENTARIO- CONDIZIONE E TERMINE:

Il legato può determinare il sorgere di un obbligo a carico dell'erede e del legatario. Se il testatore impone all'erede o al legatario un obbligo a favore di un beneficiario determinato, si ha il legato; se l'obbligo imposto si risolve a favore di soggetti non determinati, si applica la disciplina del modus.

Diversa dal modus è la condizione, la quale non obbliga il beneficiario della disposizione condizionata, anche quando consta in un comportamento che il beneficiario dovrà tenere per conseguire o mantenere il lascito.

Il modus invece non sospende l'effetto della disposizione principale, ma obbliga il beneficiario all'adempimento.

Mentre il legato sopporta sia la condizione che il termine, l'istituzione di erede può essere sottoposta a condizione risolutiva o sospensiva, ma non a termine.

Le condizioni impossibili o illecite sono considerate come non apposte. La condizione illecita però può essere l'unico motivo che ha indotto il testatore a disporre; in tal caso la fattispecie coincide con quella del motivo illecito, che è causa di nullità della disposizione testamentaria..

La condizione di reciprocità e al condizione che impedisce le nozze sono illecite.

INVALIDITA DEL TESTAMENTO:

Vi possono essere due tipi di invalidità:

NULLITA (la cui relativa azione è imprescrittibile);

ANNULLABILITA (la cui azione è sottoposta a prescrizione quinquiennale).

Sia la nullità, che l'annullabilità (a differenza del contratto) possono essere fatte valere da chiunque ne abbia interesse.

Esiste una particolare ipotesi di preclusione dell'azione di nullità (e di annullabilità): chi abbia confermato o dato spontaneamente esecuzione a una disposizione testamentaria nulla, conoscendo la causa di nullità (o di annullabilità), non può far valere l'invalidità.

Il testamento nullo può essere spontaneamente fatto valere, ed in tal caso la nullità non può essere fatta valere se chi vi ha dato esecuzione conosceva la causa di nullità.

Invece un testamento inesistente non può consentire l'applicazione di tale regola.

Sono causa di nullità del testamento:

- alcuni difetti di forma gravi;

- i testamenti congiuntivi o reciproci;

- le disposizioni a favore di persona indeterminata (errore ostativo);

- le disposizioni rimesse all'arbitrio di un terzo;

- la disposizione testamentaria illecita (motivo illecito, condizione illecita, onere illecito), se è stata la sola che ha determinato il testatore a disporre.

Sono causa di annullabilità del testamento, invece:

- i vizi di forma meno gravi;

- i vizi della volontà  (errore, violenza e dolo), se siano stati gli unici determinanti che hanno portato il testatore a disporre;

- l'incapacità di testare.

SUCCESSIONE NECESSARIA:

Con il termine successione necessaria (oppure successione nella legittima) ci si intende riferire a quell'insieme di norme che garantiscono ai parenti più stretti il diritto di succedere comunque in una parte del patrimonio del de cuius, anche contro la sua volontà. I soggetti cui tali diritti sono attribuiti sono chiamati LEGITTIMARI; la quota spettante a ciascuno di essi si chiama legittima (mentre la rimanente prende il nome di disponibile, in quanto il de cuius può liberamente disporre).

Il de cuius non può quindi disporre del suo patrimonio a totale piacimento, né diseredando i legittimari, né effettuando, prima della morte donazioni tali da intaccare la legittima. Proprio in considerazione di ciò, la legge ha previsto un particolare rimedio, chiamato azione di riduzione, a tutela dei legittimari che si sentano lesi da disposizioni testamentarie o da donazioni in favore di terzi.

La categoria dei legittimari è costituita dal coniuge, dai figli e dagli ascendenti.

Se il genitore lascia un solo figlio questi ha il diritto a metà dell'attivo; se i figli sono più di uno la quota loro riservata è di due terzi.

Il coniuge, se solo, ha diritto a metà del patrimonio e alla stessa quota ha diritto se concorre con gli ascendenti, ai quali va un quarto dell'attivo.

In caso di concorso del coniuge con un figlio, a ciascuno spetta un terzo; se concorrono più figli, ad essi va la metà, al coniuge un quarto.

Al coniuge spetta oltre a tale quota il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e il diritto d'uso dei mobili che la corredano. Si tratta di legati ex lege che vanno a ridurre il margine della quota disponibile; solo se questa non è sufficiente, il diritto grava sulla quota di riserva del coniuge stesso, e poi su quella dei figli.

Il coniuge separato senza addebito conserva tutti i diritti successori; invece, se gli è stata addebitata la separazione, ha diritto come legittimario a un assegno vitalizio se godeva degli alimenti al momento della morte.

Eventuali disposizioni testamentarie lesive nei confronti dei legittimari possono essere rese inefficaci; così anche la volontà diretta a limitare con oneri, a subordinare a condizioni l'attribuzione della quota di legittima, viola un divieto legislativo.

Esiste comunque un modo in cui il de cuius può estromettere i legittimari dall'eredità: disponendo a loro favore un legato in sostituzione di legittima. Ne deriva una scelta che deve fare il legittimario: se accettare il legato e non far valere il diritto alla legittima oppure rifiutare il legato e far valere il proprio diritto alla legittima.

Ciò però deve espressamente risultare dal testamento, altrimenti vale la regola che il legato debba essere imputato alla quota di legittima e perciò il suo valore riduce, o elimina, la lesione dei diritti del legittimario: il legato è in conto di legittima.

Per quanto riguarda la quota indisponibile essa va calcolata su una base data dalla somma::

a) dal valore dei beni che il defunto ha lasciato alla sua morte detratti i debiti (ATTIVO EREDITARIO o RELICTUM) e

b) dal valore dei beni usciti dal patrimonio del defunto durante la vita per effetto di donazioni (DONATUM), determinato al momento dell'apertura della successione.

Tale operazione puramente contabile si chiama, RIUNIONE FITTIZZIA.

Se c'è stata lesione i legittimari agiscono in riduzione contro le disposizioni che hanno determinato la lesione: e perciò prima contro le istituzioni di erede o i legati fatti con il testamento (proporzionalmente) e poi contro le donazioni fatte, risalendo dall'ultima all'indietro.

Prima condizione, per poter agire in riduzione, è l'IMPUTAZIONE  alla quota di legittima dei legati e delle donazioni ricevute dal legittimario (c.d. imputazione ex se).

Inoltre, per poter agire in riduzione contro persone diverse dai coeredi, il legittimario deve prima accettare l'eredità con beneficio di inventario.

Gli effetti dell'azione di riduzione possono essere la restituzione in natura o in denaro dei veni acquistati dai legati o dai donatari; se il donatario ha a sua volta alienato il bene donato, il legittimario deve prima cercare di ottenere dal donatario il valore del bene, e solo se non ci riesce può chiedere al terzo la restituzione del bene o il suo valore.


LA COMUNIONE EREDITARIA E LA DIVISIONE


Nel caso in cui l'eredità sia devoluta a (accettata da) più eredi, tra costoro si viene a formare normalmente una comunione (più precisamente una comunione incidentale ), detta comunione ereditaria.

Ognuno dei coeredi sarà quindi titolare di una quota astratta del patrimonio ereditario, sin tanto che non verrà attuata la divisione del medesimo.

La comunione ereditaria è contraddistinta da quella comune in quanto a ciascuno dei coeredi spetta un diritto di prelazione nel caso in cui un altro intenda alienare tutta o parte della propria quota.

L'oggetto della comunione ereditaria non coincide con l'intero asse ereditario: innanzitutto non comprende i beni che sono oggetto di legati di specie; non comprende nemmeno i crediti di cui il defunto fosse titolare, che siano divisibili tra i coeredi, i quali li potranno esigere dal debitore, ciascuno per la propria quota; infine, non fanno parte della comunione ereditaria i debiti di cui il defunto fosse titolare, o i debiti derivanti da legato di genere, in quanto divisibili.

Può succedere che la comunione ereditaria, si estenda anche a beni che non facevano parte, al momento della morte, del patrimonio del defunto. Infatti è necessario che i discendenti ed il coniuge del defunto conferiscano nella comunione ereditaria tutto quanto ricevuto per donazione diretta o indiretta dal de cuius, salvo che questi li abbia dispensati (c.d. collazione).

Infatti la legge presume che il de cuius effettuando una donazione, abbia voluto attribuire un'anticipazione sulla propria successione, senza però alterare i rapporti tra le quote dei coeredi.

La collazione può avvenire in natura o per imputazione.

Sono comunque escluse dalla collazione le spese fatte per il mantenimento, l'educazione, la salute, l'abbigliamento, per le nozze e per l'istruzione...

La comunione ereditaria è vista come una situazione provvisoria, destinata a risolversi con la divisione, la quale può essere richiesta da ognuno dei coeredi in ogni momento.

La divisione è quel particolare atto in forza del quale ogni contitolare del diritto di proprietà vengono attribuiti, al posto della quota astratta del patrimonio, beni determinati in proprietà esclusiva.

La divisione può essere temporaneamente esclusa dallo stesso testatore quando tra gli eredi vi siano minori di età, ed in ogni altro caso fino ad un massimo di 5 anni.

Inoltre la divisione è esclusa di diritto nel caso in cui all'eredità sia chiamato un nascituro, quando le quote sono incerte, quando sia in corso un giudizio per stabilire lo stato di filiazione legittima o naturale, quando sia in corso il riconoscimento dell'ente istituito erede.

I tipi di divisione possono essere sostanzialmente tre:

La prima è quella disposta dallo stesso de cuius mediante il proprio testamento, con attribuzione a ciascuno dei coeredi di uno o più beni;

La seconda è quella che avviene tra i coeredi di comune accordo: si tratta di un vero e proprio contratto (c.d. divisione convenzionale);

La terza è quella che si ha quando non vi è accordo tra i coeredi sull'effettuazione e/o sulle modalità della divisione: si inizia un apposito procedimento in cui sarà il giudice ad effettuare la divisione; si parla appunto di divisione giudiziale (le porzioni sono estratte a sorte).

La divisione consensuale, è soggetta ad azione di annullamento per violenza o dolo, l'irrilevanza dell'errore è però discussa..

Inoltre la divisione rimane annullabile per incapacità legale o naturale.

La nullità può derivare dal difetto della forma della scrittura quando nell'asse ereditario vi siano immobili.

Una disciplina particolare è poi prevista per la rescissione per lesione.



La donazione è un particolare tipo di contratto a titolo gratuito. L'art. 769 c.c. definisce la donazione come il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte (donante) arricchisce l'altra (donatario) disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione. Elemento essenziale della donazione è lo spirito di liberalità del donante, cioè la consapevolezza e l'intenzione di accrescere il patrimonio del donatario, per pura generosità.

Un particolare tipo di donazione è la cosiddetta donazione remuneratoria, che è la liberalità fatta per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario o per speciale remunerazione.

La donazione deve essere compiuta, a pena di nullità, per atto pubblico alla presenza di due testimoni, ad eccezione delle donazioni di modico valore aventi ad oggetto cose mobili.

La donazione può avere ad oggetto solo beni del donante e non beni futuri o beni altrui.

La legge dispone che per donare occorre avere la piena capacità di agire; non possono quindi donare i minorenni, gli interdetti, gli inabilitati e gli emancipati.

La donazione può essere effettuata anche in favore di nascituri, già concepiti o anche non ancora concepiti, purché figli di persona vivente al momento della donazione.

Si ha una donazione indiretta quando un atto di liberalità consiste in un'attribuzione patrimoniale realizzata mediante strumenti diversi dalla donazione; non si applicano in questo caso le regole della forma.

Nel caso in cui un contratto non liberale sia simulato al fine di nascondere una donazione, la prova della simulazione può servire per applicare la disciplina delle donazioni.

Alla donazione può essere apposto un onere ( o modus), una clausola in forza del quale il donatario, se accetta, deve compiere una certa prestazione connessa con il bene donato.

La donazione può essere revocata per ingratitudine o per sopravvenienza di figli




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