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MODIFICAZIONI SOGGETTIVE DAL LATO DEBITORIO

giurisprudenza



MODIFICAZIONI SOGGETTIVE DAL LATO DEBITORIO








DELEGAZIONE PASSIVA








Si ha delegazione quando un soggetto, delegante, ordina ad un altro, delegato, di assumersi un debito o di effettuare un pagamento verso un suo creditore, delegatario




Rapporto di valuta




Delegante   Delegato Delegatario

(cliente) (banca) (creditore)

(sogg.) (terzo)





Appalto di provvista


















TIPI DI DELEGAZIONE



-) Delegazione di debito o delegatio promittendi.


Si ha quando un soggetto (il delegante) ordina al delegato di promettere di eseguire un determinato  pagamento a favore di un terzo soggetto (delegatario)




-) Delegazione di pagamento o delegatio solvendi che ricorre quando il delegante incarica il delegato, non ad assumersi un debito, ma direttamente ad eseguire il pagamento  al delegatario.

Il pagamento estingue il rapporto di valuta e viene imputato al rapporto di provvista.


La delegazione di debito (o a promettere) si distingue in: 242j98c


cumulativa (di regola) in questo caso il delegato diventa condebitore in "solido"

perché solidale e sussidiaria. Il creditore dovrà preventivamente chiedere il pagamento al delegato e solo in caso di sua insolvenza può rivolgersi al delegante.

Art. 1268: se il debitore assegna al creditore un nuovo debitore, che si obbliga

verso il creditore, il debitore originario non è liberato dalla sua obbligazione, salvo

che il creditore dichiari espressamente di liberarlo.

Il creditore che ha accettato l'obbligazione del terzo non può rivolgersi al

delegante, se prima non ha richiesto al delegato l'adempimento.


liberatoria: il creditore dichiara di voler liberare il debitore originario e in caso di sua insolvenza il delegatario non potrà agire nei confronti del delegato, a meno che risulti l'insolvenza del delegato fin dal momento in cui aveva assunto l'obbligo verso il delegatario.




La delegazione di debito può essere:


titolata se il delegato in adempimento dell'ordine ricevuto fa riferimento ad un rapporto base (rapporto di provvista o di valuta). Il delegato potrà opporre al delegatario tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al delegante.


Pura se il delegato, in adempimento dell'ordine ricevuto non si richiama al alcun rapporto base. Il delegato non potrà opporre al delegatario le eventuali eccezioni che inficiano l'uno o l'altro rapporto.


















ESPROMISSIONE




Nella espromissione (Art. 1272) un terzo, estraneo  al rapporto obbligatorio, assume spontaneamente nei confronti del creditore l'obbligazione del debitore senza delegazione.



A differenza dell'adempimento del terzo  - dove il terzo esegue la prestazione - qui si ha l'assunzione dell'obbligo di eseguire la prestazione, e quindi non l'estinzione dell'obbligazione originaria.

La differenza sta nella spontaneità dell'iniziativa del terzo ed in più nella delegazione esistono due rapporti giuridici, mentre nella espromissione esiste un unico rapporto a due.


Anche l'espromissione può essere:


Cumulativa: il terzo diviene debitore in solido (Art. 1272)


Liberatoria: il creditore dichiara espressamente di liberare il debitore originario. Il terzo subentra nella stessa posizione del debitore originario, pertanto non potrà opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti con il debitore originario.

Per es.: il padre non può opporre in compensazione al terzo il credito che ha verso il figlio.






ACCOLLO




Nell'accollo un terzo (accollante) conviene con il debitore originario (accollato) l'assunzione del debito che questi ha nei confronti del creditore (accollatario).

Detta assunzione non richiede un atto di consenso del creditore il quale, pertanto, non partecipa alla convenzione di accollo.

L'eventuale adesione del creditore (c.d. accollo esterno) ha la funzione di rendere irrevocabile la dichiarazione di accollo.

Nell'accollo esterno la dottrina ravvisa un contratto a favore di terzo:

In quanto clausola o modalità che si può inserire in qualsiasi contratto nominato o no, l'accollo è assorbito nella struttura del contratto al quale si riferisce, arricchendone la funzione.

Se il creditore non aderisce all'accollo o non ne ha conoscenza, l'accollo - c.d. interno (o semplice) produce effetti soltanto tra le parti, facendo sorgere in capo all'accollante l'obbligo verso l'accollato di tenerlo indenne dal peso economico del debito, fornendogli ad esempio i mezzi per eseguire il pagamento.

Anche l'accollo può essere cumulativo o liberatorio, qualora l'adesione del creditore sia espressamente condizionata alla liberazione del debitore originario.

L'insolvenza originaria dell'assuntore non libera il debitore originario e la dichiarazione di nullità o l'annullamento del negozio di accollo importa la reviviscenza dell'obbligazione a carico del debitore originario.

Il rischio dell'insolvenza del nuovo debitore grava, invece, sul creditore qualora la liberazione sia stata da quest'ultimo accordata con una sua autonoma e unilaterale dichiarazione.






MORA DEL DEBITORE




L'inadempimento dell'obbligazione può essere definitivo oppure temporaneo.

La distinzione tra ritardo e inadempimento è talvolta ardua.

In linea generale, può evidenziarsi che il ritardo equivale ad inadempimento quando la prestazione da eseguire, scaduto il termine, non è più utile per il creditore, ovvero non è più posibile, anche per causa non imputabile al debitore.

Non si configura mai ritardo nelle obbligazioni negative (in cui il debitore deve limitarsi ad un pati o ad un non facere).


La mora può definirsi come un "ritardo qualificato"; in altre parole, il ritardo nell'adempimento dell'obbligazione si qualifica come mora quando sussistono determinati presupposti.


La mora debendi avrebbe la funzione di sanzionare il comportamento del debitore che ha ritardato l'esecuzione della prestazione.

Secondo l'opinione prevalente, invece, lo scopo del legislatore è stato duplice: costituire un incentivo per il debitore affinchè adempia; restaurare l'assetto di interessi previsto dal contratto.

Il ritardo aggrava la posizione del creditore il quale, sebbene possa avere ancora interesse a ricevere la prestazione, risulta comunque danneggiato dal comportamento del debitore; a tal fine la legge interviene ponendo a carico del debitore l'obbligo di risarcire il danno da ritardo.



Presupposti


Perché si abbia mora devono verificarsi i seguenti presupposti:


a)  Esigibilità del credito: ossia l'avvenuta scadenza dell'obbligazione;

b)  Ritardo nell'adempimento, imputabile al debitore



La mora può essere:


Mora ex re (o mora di diritto), nei casi in cui il debitore è in mora senza che sia necessaria alcuna attività del creditore. Questo avviene (Art. 12192)

Quando si tratta di obbligazioni da eseguirsi al domicilio del creditore ed il termine sia scaduto.

Quando il debito derivi da atto illecito: si incorre nella mora fin dal momento in cui l'atto fu compiuto.

Quando il debitore dichiari per iscritto, di non voler adempiere.


Mora ex persona, nei casi in cui è necessaria una intimazione formale ad adempiere (c.d.. atto di costituzione in mora, per mezzo dell'ufficiale giudiziario o più semplicemente per iscritto); ad essa deve farsi ricorso:

Se il debito è pagabile presso il debitore ;

Quando manchi il termine per l'adempimento ed il creditore non l'abbia fatto fissare dal giudice.





Se, dopo la mora, la prestazione diviene impossibile, benchè per causa non imputabile al debitore, quest'ultimo non è liberato ed è tenuto a risarcire anche il danno da inadempimento.






L'effetto liberatorio si può produrre soltanto per le prestazioni aventi ad oggetto una cosa determinata, qualora il debitore provi che la cosa sarebbe egualmente perita presso il creditore.

Se l'obbligazione è di restituire una cosa illecitamente sottratta, il debitore non è mai liberato.

Non si ha mora qualora il debitore, "tempestivamente", abbia fatto offerta non formale della prestazione, salvo che il creditore l'abbia rifiutata per un motivo legittimo.

L'offerta deve essere seria, completa ed effettiva: un mero impegno ad adempiere non è sufficiente.

Un'offerta non formale che intervenga dopo la costituzione in mora del debitore ne interrompe gli effetti.

L'adempimento tardivo li elimina ex nunc, provocando la c.d. purgazione della mora.

In entrambe le ipotesi, il debitore risponde dei danni provocati dal ritardo








INADEMPIMENTO




Si ha inadempimento quando la prestazione non è eseguita al momento dovuto, nel luogo dovuto e secondo le modalità convenute.

Il mancato od inesatto adempimento può dipendere tanto da cause imputabili ad debitore (negligenza, dimenticanza, etc.) quanto da cause non imputabili allo stesso (es.: perimento della cosa dovuta).


Nel primo caso si parlerà di inadempimento ed il debitore sarà tenuto al risarcimento del danno al creditore (Art. 1218);

nel secondo caso, invece, l'obbligazione si estinguerà per impossibilità sopravvenuta (Art. 1256).


Il legislatore ha preferito sanzionare l'inadempimento, in ogni caso, a prescindere dall'indagine circa il dolo o la colpa.

Al riguardo, l'Art. 1218 stabilisce una inversione dell'onere della prova: dovrà essere il debitore e non il creditore a dimostrare che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da una causa a lui non imputabile.

La responsabilità di cui all'Art. 1218 è detta contrattuale.


L'inadempimento, quindi, sussisterebbe per il solo fatto che la prestazione dovuta sia rimasta ineseguita ed il comportamento diligente del debitore non assumerebbe rilevanza se egli non dimostrasse l'oggettiva impossibilità della prestazione.

Il rigore di tale impostazione, posto a tutela della posizione creditoria deve essere però mitigato dall'Art. 1176, in base al quale, se il debitore è sstato diligente, e ciò nonostante non sia stato obiettivamente possibile adempiere, non potrà essere tenuto al risarcimento del danno.










IMPOSSIBILITA' SOPRAVVENUTA PER CAUSA NON IMPUTABILE AL DEBITORE




L'impossibilità sopravvenuta della prestazione, per una causa non imputabile al debitore, determina l'estinzione dell'obbligazione (Art. 1256).

Tale effetto non si verifica nel caso in cui l'impossibilità sopravvenga durante il periodo di mora del debitore, salvo che questi non dimostri che l'oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore (Art. 1221).


Perché si abbia estinzione dell'obbligazione e conseguente liberazione del debitore deve trattarsi di:


Impossibilità oggettiva: l'impedimento che determina l'impossibilità deve essere oggettivo, ossia deve riguardare la prestazione in sé e per sé e non le vicende soggettive del debitore.

L'impossibilità non può configurarsi in alcuni tipi di obbligazioni:

Nelle obbligazioni pecuniarie: in quanto è inammissibile una causa liberatoria dalla obbligazione di pagare una somma di denaro, essendo tale prestazione sempre possibile;

Nelle obbligazioni generiche in quanto il debitore avrà sempre la possibilità di procurarsi cose dello stesso genere anche in caso di distruzione o altro impedimento a pagare con quelle nella sua disponibilità;

Nelle obbligazioni negative: in quanto la prestazione consiste in un "non fare" che, per sua natura, non è suscettibile di impossibilità sopravvenuta (Art. 1222).

L'impossibilità sopravvenuta è configurabile anche per questa specie di obbligazioni nel caso in cui intervenga una "positiva necessità", sia pure temporanea, di fare o dare qualcosa.

Si pensi, ad esempio, ad una legge che imponga ad un venditore, obbligato da un patto di non alienare, di alienare un determinato prodotto.



Impossibilità sopravvenuta: l'impossibilità deve essere sopravvenuta, cioè deve intervenire dopo la conclusione del negozio o il verificarsi del fatto o atto che ha dato origine all'obbligazione.

Diversamente, l'impossibilità originaria determina, ai sensi dell'Art, 1346, la nullità del negozio.



Impossibilità assoluta (o inevitabile): l'impossibilità deve essere tale da non consentire in alcun modo di adempiere, riscontrabile nel caso fortuito e nella forza maggiore o in un fatto, anche umano, che impedisca al debitore di adempiere.



Impossibilità totale: l'impossibilità deve riguardare tutta la prestazione. Diversamente, se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera dall'obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile (Art. 1464).



Impossibilità definitiva: solo l'impossibilità definitiva determina l'estinzione, ovvero l'impossibilità temporanea che perduri, però, fino al momento in cui il creditore non ha più interesse a conseguire la prestazione.

La semplice impossibilità temporanea esclude la responsabilità del debitore per il ritardo nell'adempimento, cioè esclude la mora del debitore.






L'Art. 1256 dispone l'estinzione dell'obbligazione e la liberazione del debitore.

Di conseguenza, il rischio è sopportato interamente dal creditore, il quale perde il diritto a ricevere la prestazione.

Questa regola non è sufficiente a disciplinare i riflessi dell'impossibilità sopravvenuta di una prestazione in un contratto a prestazioni corrispettive.

In tal caso, infatti, il debitore, liberato dall'obbligazione a causa della sopravvenuta impossibilità di adempiere, non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuto e quindi il rischio ricade nella sfera giuridica del debitore  






RISARCIMENTO DEL DANNO



Il diritto al risarcimento del danno si articola in maniera differente a seconda che il diritto sia assoluto o relativo e, quindi, sia configurabile un illecito in senso stretto ex Art. 2043 ovvero un inadempiemento ex Art. 1218.

Nel primo caso il problema che si pone è quello di una restitutio in pristinum, che si risolve nell'evitare che le conseguenze già prodotte possono protrarsi per il futuro.

Nel secondo caso, invece, la prima esigenza sarà quella di realizzare coattivamente l'interesse del creditore.


Ai sensi dell'Art. 1223 il risarcimento del danno comprende:


Il danno emergente, ossia la perdita effettivamente subita per la mancata prestazione;

Il lucro cessante, o mancato guadagno, ossia il lucro che il creditore avrebbe realizzato se avesse utilizzato la prestazione ottenuta.


Il risarcimento del danno avviene sempre per equivalente, attraverso cioè il pagamento di una somma di denaro, dal momento che la prestazione è divenuta impossibile o non più utile per il creditore.


Le manifestazioni del danno di cui si è detto sono risarcibili se sono conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento o del ritardo



Prevedibilità del danno ( Art. 1225):


Se l'inadempimento (o il ritardo) è colposo i danni risarcibili sono limitati a quelli prevedibili nel tempo in cui è sorta l'obbligazione.


Il danno è prevedibile quando, nel momento in cui sorse l'obbligazione, era possibile prevedere che l'inadempimento o il ritardo avrebbero comportato quel pregiudizio lamentato poi dal creditore.

Se questa valutazione non era possibile il danno sarà considerato imprevedibile.

Se invece l'inadempimento (o il ritardo) è stato doloso, il debitore è tenuto a risarcire anche i danni imprevisti e imprevedibili.


Il creditore, in base ai principi generali, non deve provare la colpa nello inadempimento, deve però dimostrare l'esistenza  e l'ammontare del danno che pretende di aver subito. Tuttavia (Art. 1226), se l'entità del danno non può essere provata nel preciso ammontare, verrà liquidata dal giudice con valutazione equitativa.





CLAUSOLA PENALE


In caso di inadempimento o di un ritardo, il creditore ha diritto ad un risarcimento che, in mancanza di accordo, segue ad una sentenza di condanna.

Al creditore conviene quindi una clausola penale (Art. 1381) con cui concorda con il debitore, preventivamente, una prestazione come risarcimento in caso di inadempimento,

Con questa pattuizione limita il risarcimento alla prestazione specifica.

L'ammontare della penale non può essere irrisorio, ma non può neanche essere eccessivo (in tal caso il giudice lo diminuirà.






CAPARRA



La caparra è prevista per i soli contratti a prestazioni corrispettive, per rafforzare il diritto del creditore all'adempimento e al risarcimento del danno in caso di inadempimento.

La caparra si distingue in:

Caparra confirmatoria (Art. 1385): è una somma di danaro o una quantità di cose fungibili che, al momento della costituzione del rapporto obbligatorio, una parte dà all'altra, quale conferma dell'adempimento, di cui segna quasi un'anticipata e parziale esecuzione.

Se il contratto viene adempiuto, la caparra deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta.

In caso di inadempimento, invece, se inadempiente è la parte che ha dato la caparra, l'altra può recedere dal contratto e ritenere la caparra; se inadempiente è la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra; in entrambi i casi, se la parte che non è inadempiente preferisce domandare l'esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali e la caparra sarà trattenuta in conto dei danni che saranno liquidati;


Caparra penitenziale (Art. 1386): in tal caso, la somma che una parte dà all'altra non rappresenta una cautela contro l'inadempimento, ma è il corrispettivo per l'attribuzione della facoltà di recesso del rapporto contrattuale.

Una volta versata la caparra, i contraenti si riservano la scelta tra l'adempimento ed il recesso.

L'esercizio del potere di recesso può essere conferito anche disponendo a carico del recedente una multa penitenziale.

In quest'ultima però, a differenza della caparra penitenziale, il corrispettivo non è versato al momento della stipulazione, ma solo promesso.


Differenza tra caparra e clausola penale


La caparra si differenzia dalla clausola penale per i seguenti motivi:

In primo luogo è ammessa, per i soli contratti a prestazioni corrispettive (e non per qualsiasi obbligazione;

In secondo luogo, è dovuta solo in caso di inadempimento (e non anche per il ritardo nell'adempimento);

Infine, non ha la funzione di liquidare preventivamente il danno: perciò la parte adempiente può incamerarla come anticipo per il pagamento dei danni che saranno liquidati dal giudice qualora, invece di ritenerla e recedere dal contratto, intenda chiedere l'esecuzione del contratto stesso oppure la risoluzione dell'obbligazione, oltre al risarcimento del danno secondo le regole generali.







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