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INTERMEDIAZIONE, INTERPOSIZIONE, APPALTI DI MANODOPERA E DI SERVIZI, LAVORO "TEMPORANEO"

giurisprudenza



INTERMEDIAZIONE, INTERPOSIZIONE, APPALTI DI MANODOPERA E DI SERVIZI,

LAVORO "TEMPORANEO"


Evoluzione della legislazione: dal divieto del cottimo collettivo autonomo all'articolato intervento repressivo desincentivante in tema di decentramento, all'introduzione del lavoro temporaneo.


Pure sembrando l'evolversi l'uno dell'altro la mediazione privata 545b12f fra domanda ed offerta del lavoro ed il divieto di intermediazione e di interposizione ed appalto di manodopera, la sottile soglia che li separa è in grado di motivare o demotivare l'imprenditore verso particolari scelte, prima considerate patologiche e man mano più fisiologiche del sistema del lavoro.

Infatti volendo considerare l'imperativo divieto di mediazione privata nel mercato del lavoro, questa era da considerarsi l'attività di ricerca selezione ed incontro tra le parti ante contratto, mentre il divieto di intermediazione e di interposizione ed appalto di manodopera opera dal contratto fra le parti in poi.


Tale fenomenologia in francese detta "marchandage du travail" consiste principalmente di operare per mezzo di imprenditori interposti che fasullamente sono tali, ma che servono ad imprenditori effettivi nei momenti in cui serve lavoro eccezionale senza farsi carico delle procedure assuntive.




Tra il 1958 ed il 1962 troviamo dapprima la disciplina sul lavoro a domicilio, poi la 1369/60 e la 230/62 sul lavoro a tempo determinato.


Ad accomunare queste tre discipline è il decentramento produttivo, sia effettuato con commissioni esterne all'azienda che interne all'azienda con personale di altra ditta.

La 1369/60 considerante patologica questa tipologia decentrativa della produzione rende se pure legale questi contratti molto scomodi da avvalersene.


Cogli anni 80 il fenomeno del decentramento assume accezione positiva, giusto per i nuovi processi di imprenditorialità leggera e minima che contraddistingue i processi lavorativo più vicini a noi.


I gravi e frequenti incidenti sul lavoro che si hanno cogli appalti e subappalti conducono poi alla 626/94 e nel 1997 finalmente anche in Italia troviamo il lavoro interinale.


La legge 1369/60: le fattispecie vietate.


L'articolo 1 della 1369/60  vieta ad un'impresa, ad un'azienda dello Stato, ad un Ente pubblico di affidare in appalto, in subappalto o qualsiasi altra forma lo svolgimento di mere prestazioni lavorative mediante l'impiego di manodopera assunta e retribuita dall'appaltatore o dall'intermediario, ed in particolare affidare ad intermediari, siano dipendenti, terzi o società, lavori da eseguire a cottimo da prestatori assunti e retribuiti da tali intermediari.


LA norma vuole evidentemente scongiurare l'uso del lavoro a cottimo, e mira nella sua riuscita ad  identificare l'imprenditore genuino colui che gode di una certa discrezione nell'opera che va ad eseguire e che non sia solo un'appendice dell'imprenditore vero che vuole godere dell'elasticità della manodopera così assunta.


In tale fenomeno patologico vanno a configurarsi tre attori :il pseudo appaltante (intermediante/interponente) cioè colui che fruisce veramente di tutti i benefici di tale situazione, il pseudo appaltatore (intermediario/interposto), colui che riceve l'incarico e che assume e retribuisce i lavoratori; i lavoratori, prestatori non solo di manodopera ma anche di funzioni impiegatizie e dirigenziale.


E' importante sottolineare che la dottrina considera applicabile il divieto di cottimo anche ai datori di lavoro non imprenditori come precisa il Mantovani.


I fenomeni patologici di tali contratti non sempre sono evidenti, anzi a volte bene mascherati, e l'individuazione comporta un'analisi sia genetica che sincronica degli accadimenti delle due o più aziende coinvolte, e d una volta le prove, non è necessario provare l'esistenza fraudolenta dell'accordo, in quanto il divieto opera oggettivamente.


LA fattispecie sanzionatoria di tali episodi civilmente si configura con l'inquadramento a tutti gli effetti dei lavoratori da parte dell'interponente, cioè dell'imprenditore che ha realmente usufruito di tali lavoratori, e penalmente è prevista una contravvenzione, inoltra l'appalto tra interposto ed interponente è considerato nullo, e resta in capo al lavoratore l'opportunità di consolidare come contratto di lavoro a tempo indeterminato in capo dell'interponente, mentre d'ufficio e da chiunque abbia interesse può frasi valere la nullità del contratto fraudolento.


I rapporti dei lavoratori assunti dall'interposto per l'interponente sono da alcuni fatti considerare come ex lege in capo all'interponente, mentre altri lo considerano diversamente.


Le fattispecie regolate.



L'articolo 3 della 1369/60 prevede pure la disciplina dei casi in cui l'appalto è giusto ed indispensabile per una società lavorativa.

Dapprima c'era l'articolo 1676 c.c. dell'azione diretta che permetteva ai dipendenti dell'appaltatore di rifarsi verso il committente dell'inadempienza del loro datore, ma poi le cose vengono ulteriormente regolamentate dall'articolo tre che prevede un trattamento minimo insindacabile a carico solidale del committente e dell'appaltatore, altresì sono tenuti in solido per gli adempimenti previdenziali ed assistenziali.




La particolare norma dell'articolo tre non è comunque assoluto infatti i lavoratori dell'appaltatore possono godere del pari trattamento e della solidarietà tra i due imprenditori solo per la durata dell'appalto più un anno, oltre questo termine si riapplica la disciplina dell'azione diretta del 1676.


Tutti i lavori per cui è possibile utilizzare l'articolo tre e dunque l'uso legittimo dell'appalto sono elencati nell'articolo 5, enucleazione che comunque non sembra seguire nessuna particolare ratio, alcuni esempi sono: trasporti esterni, facchinaggio, manutenzione ordinaria, montaggio macchinari. Costruzioni edilizie all'interno di uno stabilimento.


La legge 24 giugno 1997 n. 196: la disciplina del lavoro temporaneo.


La legge 196/97 istituisce anche nel nostro ordinamento il lavoro interinale, e come nel resto dell'Europa è strutturata la legislazione in maniera da non potere essere utilizzata contro il diritto dei lavoratori.

Contrattualmente l'istituto è intermedio all'avviamento e selezione del lavoro ed il contratto a termine.


Il contratto interinale è di tipo triangolare con il lavoratore, l'impresa utilizzatrice e l'impresa di fornitura c.d. agenzie.

Tale triangolarità si concretizza con due diversi contratti, uno tra l'impresa fornitrice e quella utilizzatrice che ne fa domanda per carenze o esigenze temporali di impiego, l'altro contratto tra l'impresa fornitrice ed il lavoratore di tipo lavoro subordinato a tempo pieno o parziale, contratto che può essere a tempo determinato o tempo indeterminato, ed in tale caso nei periodi di inoperatività del lavoratore, questo dovrà percepire un'indennità di disponibilità, pare comunque logico che tale aspetto sarà poco utilizzato.


Le imprese fornitrici devono essere munite di particolari requisiti come la buona consistenza economica e la diffusione sparsa sul territorio nazionale.

L'articolo tre della 196/97 prescrive che il contratto di lavoro interinale sia per iscritto ad substantiam come per il contratto di fornitura ed abbia particolari requisiti detti elementi obbligatori come i motivi per cui l'impresa utilizzatrice utilizza tale contratto, date e tempi del lavoro da svolgersi etc.

LA fornitura del lavoro temporaneo è possibile solo per i casi elencati dagli accordi sindacali o in mancanza da sostituzione temporanea di lavoratori anche se per ferie, mentre è espressamente vietato per le mansioni che richiedono esigua professionalità, per la sostituzioni di lavoratori in sciopero per i lavoratori dell'organico vacante per licenziamento effettuato negli ultimi dodici mesi dalla richiesta del lavoro temporaneo.



L'articolo 4 della 196/97 prevede la parità di trattamento per i lavoratori interinali, mentre l'articolo 10 prevede diverse sanzioni tra le quali in caso di lavora temporaneo con persone mancanti dei requisiti di legge si rinvia alle sanzioni civili e penali della 1369/60, mentre se le imprese fornitrici operino onerosamente per il lavoratore oltre ad elevate sanzioni penali vi è quella amministrativa della cancellazione dallo speciale albo tenuto presso il ministero del lavoro.


Le sanzioni per i vizi formali tra impresa fornitrice e lavoratore si concretizzano con l'assunzione a tempo indeterminato da parte dell'impresa, mentre per lavoro svolto presso l'impresa utilizzatrice per dieci giorni dopo la scadenza o la proroga si ha diritto per il lavoratore di una maggiorazione retributiva del 20%, se dopo il decimo giorno nulla cambia questo deve essere considerato assunto a tempo indeterminato dalla scadenza del termine, senza nessun effetto retroattivo.


Il distacco (o comando) ed il collegamento fra le imprese.


L'analisi seguente è incentrata  su due casi particolari, il primo è quello del c.d. distacco o comando, cioè nello spostamento del luogo lavorativo di un dipendente.



In pratica tratta dell'ordine impartito da un datore di lavoro ad andare a lavorare presso un altro datore.

Ovviamente questa norma sembra rasentare il divieto di intermediazione, la dottrina in proposito divide in due casi l'ordine:

Primo caso "comando"

il primo caso è dell'ordine in senso improprio, ed è il caso dell'appaltatore che manda suoi lavoratori svolgere la loro mansione presso l'appaltante, e qui il problema torna sulla genuinità o meno dell'imprenditore appaltatore.

Il secondo caso tratta del comando o distacco proprio, che comporta una duplicità di datore da parte del lavoratore, infatti in capo al primo imprenditore resta l'onere contributivo e retributivo, mentre al secondo datore il diritto di dirigere il seduto, e tale distacco è rasente se non avallante il divieto di intermediazione nel rapporto di lavoro, la cui disciplina sembra a ragione avere anticipato la 196/97.


Per il diritto del lavoro privato riguardo i comandi non ci sono norme legislative ma solo giurisprudenziali che tollerano tale figura solo se di natura temporanea e se ci sono oggettivi vantaggi economici per l'imprenditore interposto al collocamento del lavoro.


La legislazione dei primi anni  90 sembra prendere in esame il distaccamento ma solo dalla parte dei lavoratori ed in funzione di una loro veloce assunzione sempre temporaneo presso altra impresa.


Nel gruppo di imprese internazionali è sempre più frequente il distaccamento all'estero, che viene studiato in giurisprudenza soprattutto riguardo la necessità o meno del consenso del lavoratore.

Inoltre per il trasferimento all'interno dei confini comunitari vige la c.d. opzione zero per cui il principio dell'assoggettazione al lavoratore della disciplina del paese ospite viene stemperata.




Secondo caso


Il secondo caso, a volte strettamente collegato a quello del comando tratta della mobilità di lavoratori all'interno di gruppi di imprese, che pure se diversamente interpretate sul campo economico e giuridico mai sono state regolamentate ad hoc.

Potrebbe infatti capitare che più imprese, di fatto collegate verticalmente (in maniera gerarchica) o orizzontalmente (in sinergie produttive), sia dominate da una sola entità e che utilizza tale strumento ed ogni volta utilizza un numero di dipendenti inferiore alle 16 unità per non intercorrere negli obblighi che altrimenti ne deriverebbero.


La Cassazione ritiene in linea di principio che non da vita a nessuna persona giuridica il collegamento esistente tra più imprese, mentre la giurisprudenza, e sporadicamente la Corte cost., sembrano dare una parvenza di unitarietà a tali imprese.


La 223/91 e la 608/96, la prima dal punto di vista della CIGS che permette alle imprese artigiane di accedere alla cassa in periodi di fluttuazione della domanda anche di una sola impresa (presupposta proprietaria), e la seconda in tema di anzianità dei dipendenti che abbiano svolto con più imprese dall'assetto proprietario pressoché coincidente, sono le uniche leggi che trattano dei gruppi di lavoro, ma tali supposti sono difficilmente esportabili al di fuori delle loro applicazioni.







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