Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

EDILIZIA

giurisprudenza



EDILIZIA

edilizia urbanistica sono sempre andate a braccetto infatti la prima è complementare alla seconda come emerge anche dall'articolo 1 della legge Bucalossi il quale recita: "ogni attività confortante trasformazione urbanistica ho edilizia del territorio comunale partecipa a gli oneri ad essere relativi e della esecuzione delle opere è subordinata alla concessione da parte del sindaco, ai sensi della presente legge". Si dice "ogni attività, questo per dire la generalizzazione dell'intervento pubblico in materia edilizia che un tempo era affidata alla libertà di cittadini oltre che dei singoli comuni, oggi non c'è un profilo che non sia disciplinato da una norma legislativa dettata in materia edilizia. L'articolo 31 della legge urbanistica del 42 si limitava dire l'attività di trasformazione edilizia svolta nel centro abitato è sottoposta a licenza edilizia. Prima non c'erano leggi che stabilivano altrettanto. La disciplina dei singoli interventi edilizi era rimessa alla libertà di Comuni i quali provvedevano volte a disciplinare in modo dettagliato l'attività di trasformazione edilizia del territorio. Parola licenza comunale non trovavano la fonte leggi statali ma solo in alcuni regolamenti comunali. L'articolo 31 circoscriveva l'obbligo di licenza edilizia alle costruzioni e seguissi nell'ambito del centro abitato, per le costruzioni al di fuori del centro abitato c'era una sorta di autorizzazione legislativa al disinteresse, una totale anarchia, salvo che non fosse diversamente previsto dei singoli regolamenti edilizi fuori dal centro abitato sussisteva una totale licenza a edificare. A licenza era una sorta di autorizzazione o abilitazione che costituiva il titolo, in base al quale l'interessato poteva intervenire sul territorio trasformandolo attraverso l'attività edilizia. Una disciplina più completa viene fornita dalla legge Mancini (legge 765 del 1967) che ha sostituito l'articolo 31 della legge urbanistica del 1942 (n. 1150). Leggiamo l'articolo 10 al primo comma il quale generalizza l'obbligo della licenza edilizia estendendola a tutto il territorio comunale per rimediare alla edificazione selvaggia cui aveva portato il vecchio articolo 31 utilizzando fra l'altro un criterio soggettivo ("chiunque intendeva") in luogo del criterio oggettivo precedentemente utilizzato ("ogni attività"). Primo comma: "chiunque intenda nell'ambito del territorio comunale eseguire nuove costruzioni, ampliare, modificare, o demolire quelle esistenti ovvero procedere alla esecuzione di opere di urbanizzazione del terreno, deve richiedere apposita licenza al sindaco". Secondo comma: "per le opere da eseguire su terreni demaniali compreso il demanio marittimo, ad eccezione delle opere destinate alla difesa nazionale compete all'amministrazione dei Lavori Pubblici, d'intesa con le amministrazioni interessate e sentito i comuni, accertare che le opere stesse non siano in contrasto con le prescriz 727d37h ioni del piano regolatore generale o del regolamento edilizio vigente nel territorio comunale in cui esse ricadono". Terzo comma: "per le opere da costruirsi da privati su aree demaniali deve essere sempre richiesta alla concessione al sindaco. Ciò per coprire un vuoto normativo perché si pensava che nella competenza dell'amministrazione demaniale rientrasse anche la competenza di rilasciare autorizzazioni a costruire. Quinto comma: "la concessione delle licenze comunque in ogni caso subordinata alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte dei comuni di attrezzare delle stesse nel successivo triennio o all'impegno dei privati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alle costruzioni oggetto della licenza". Ciò in un certo senso adombra il piano di lottizzazione che nel momento in cui questa legge è stata emanata era alquanto approssimativo prima il piano di lottizzazione era ammesso comunque essere poi la legge mancini loro era subordinato alla presenza del piano regolatore generale o di un piano con un programma di fabbricazione. L'articolo 8 della legge mancini aveva modificato in articolo della legge urbanistica del 42. Del resto ciò era indispensabile perché essendo il piano di lottizzazione un piano attuativo non può che essere attuazione di un piano normativo di carattere generale esistente. Sesto comma: "le determinazioni del sindaco sulle domande di licenza di costruzione devono essere notificata l'interessato non oltre 60 giorni dalla data di ricevimento delle domande stesse ho da quelle di presentazione di documenti aggiuntivi richiesti dal sindaco". Questa norma è superata ma ve ne parlo perché anche qui c'è un problema di silenzio, di rifiuto, di scadenze di termini entro i quali l'amministrazione è tenuta a provvedere, questa norma rappresenta una delle prime ipotesi di silenzio-rifiuto. Trascorso infatti sessantesimo giorno senza alcuna notizia, una licenza edilizia si considera rifiutata (oggi vige il sistema del silenzio-assenso) il settimo comma rappresenta un chiaro esempio di norma anticipatrice in materia di trasparenza. Esso sancisce che dell'avvenuto rilascio della licenza edilizia viene data notizia al pubblico mediante affissione all'albo pretorio, con alla specificazione del titolo e della località nelle quali la costruzione deve essere eseguita. L'affissione non far decorrere il termine per l'impugnativa. Quello che importa è notare come fosse prevista questa forma generale di pubblicazione, di comunicazione erga omnes dell'avvenuto rilascio della licenza edilizia, con l'indicazione delle persone cui questa licenza viene rilasciata e della località interessata. Tutto ciò per soddisfare esigenze di trasparenza per consentire un controllo democratico di questa attività provvedimentale in materia di licenza edilizia. Tant'è vero che nel comma successivo si legge: "chiunque può prendere visione presso gli uffici comunali delle licenze edilizie e dei relativi atti di progetto(si tratta di un'anticipazione del diritto di accesso)". Può pertanto prendere visione non solo della licenza edilizia perché semplice modulo per nulla dice, ma degli atti relativi al progetto. Nel 1967 sostano dalle questioni giuridiche non solo per la novità del fatto, ma perché alla rilascio di copie del progetto stavano diverse norme, intanto a norma delle legge del 1941 n. 133 sul diritto d'autore che fa divieto a chiunque sia depositario a qualsiasi titolo di un progetto, di un'opera di ingegno di rilasciarne copia. Quindi il sindaco era depositario di un progetto redatto da un architetto, ingegnere o ragion non era autorizzato a rilasciare copie di questo progetto perché si trattava di opere dell'ingegno, quindi soggette alla legge sul diritto di autore. Altro ostacolo: ci possono essere progetti di intervento edilizio che non possono essere portati alla conoscenza di chicchessia, pensiamo a progetti di opere militari, di costruzione di una banca. Nella pratica bisogna quindi valutare l'esistenza di fattori ostativi alla possibilità di rilasciare copie dei progetti la giurisprudenza penale era però sempre promessa consentire rilascio di una copia del progetto, è anche vero che la pretura penale era propenso di fronte a Dini giustificati a considerarli ingiustificati e a procedere alla condanna per omissione di atti di ufficio in quanto violata la norma seguente. La legge aggiunge che chiunque può ricorrere contro il rilascio delle licenze edilizie in quanto in contrasto con le disposizioni di legge o dei regolamenti o con le prescrizioni del piano regolatore generale e dei piani particolareggiati di esecuzione. Quindi era addirittura un doppio controllo su questo rilascio, in quanto chiunque può ricorrere contro il rilascio di questa licenza edilizia. Questo strumento è stato a lungo abusato fino alla decisione del Consiglio di Stato nel 1970 che ha chiarito come non chiunque può ricorrere. I perché se la legge fosse preso alla lettera l'espressione chiunque può ricorrere farebbe pensare ad un'ipotesi di azione popolare, cioè un'azione che spetta al cittadino uti civis, ma non è così perché non si tratta di un'azione popolare di tipo correttivo. (Le azioni popolari sono date al cittadino in materia elettorale qualunque elettore può fare ricorso contro qualsiasi risultato elettorale pur non essendo personalmente interessato le azioni popolari possono anche essere suppletive, quando suggeriscono l'inerzia dell'amministrazione per le difese degli stessi interessi dell'amministrazione.). Infatti l'espressione "chiunque" deve essere letta ulteriormente specificata, perché si deve trattare di un interesse specifico. Naturalmente anche prima di questa legge mancini vi erano stati ricorsi in materia edilizia, ma in quanto a norma dell'articolo 113 contro tutti gli atti amministrativi è ammesso ricorso quindi anche contro le licenze edilizie, ma da parte di chi prima di questa legge? Da parte di chi aveva interesse veramente ad impugnare questa licenza edilizia è fiera tale soggetto legittimato? Il proprietario confinante o quello del dirimpettaio (pensiamo al palazzo che oscura dalla visuale del confinante). Adesso invece è legittimato a ricorrere a chiunque abbia in una posizione di interesse connessa ad un insediamento abitativo nel quale la licenza viene ad incidere (non si tratta di azione popolare). Cioè se io abito a piazza Cairoli non posso ricorrere contro una licenza edilizia data ad uno che abita a provinciale non posso essere legittimato contro chi ha avuto una licenze edilizie a piazza Cairoli, nello stesso insediamento abitativo. L'interesse che possa avere può essere qualsiasi può trattarsi ad esempio di un interesse legato alle opere di urbanizzazione esistenti non sufficienti a sopportare un dato carico abitativo.



La licenza edilizia dura per un periodo determinato di tempo, un anno dalla rilascio, che avviene mediante notificazione della determinazione del sindaco. Entro quest'anno bisogna dare inizio ai lavori ma cosa si intende per inizio dei lavori? Le denunce di inizio lavori per essere fatta per evitare la decadenza per decorso dell'anno ma ad essa seguono degli accertamenti per verificare l'inizio effettivo dei lavori. In giurisprudenza esiste una casistica molto abbondante per stabilire di volta in volta se un certo intervento costituisca o meno un inizio dei lavori in senso tecnico. Ad esempio la recinzione del terreno, il deposito di materiale edilizio, lo sbancamento del terreno lo scavo delle fondazioni fu. Possesso sbancamento non è ritenuto sufficiente. Quindi si avrà inizio dei lavori purché si riesce a verificare la seria intenzione dell'interessato di costruire, come può risultare da un cantiere ben organizzato dall'acquisto di materiale edilizio e dal suo trasporto sul luogo. Se l'accertamento dell'inizio dei lavori è negativo si incorre in decadenza, il termine di un anno è perentorio ma c'è un termine perentorio di tre anni per il completamento dei lavori. Anche in questo caso ci sarà un accertamento per verificare lo stato di avanzamento dei lavori ciò è importante anche per quel fenomeno di decadenza delle licenze edilizie di cui avevamo parlato a proposito delle misure di salvaguardia eccezionali.


Volutamente avevo omesso di parlare della legge Bucalossi ma eravamo interessati alle procedure di rilascio delle licenze edilizie, ora vediamo che sentiamo parlare di concessioni edilizie. Dobbiamo veder appunto come si è passati dal regime delle licenze al regime delle concessioni edilizie. La distinzione fondamentale è stata fatta all'inizio del corso tra autorizzazione e concessione. L'autorizzazione presuppone l'attivazione da parte dell'ordinamento ad un soggetto di una facoltà, al quale però può essere esercitata solo dopo aver accertato che ricorrano determinati presupposti che escludano che l'esercizio incontrollato di questa attività possa essere di nocumento i terzi (es. per guida di un'autovettura la patente è un'autorizzazione). Si parla di una serie di attività materiali che rientrano in un diritto innato del soggetto il quale non può esercitarlo incontrollatamente (requisito dell'età e accertamento dell'esistenza di determinati presupposti). All'esistenza di certi requisiti si subordina questo titolo abitativo. In materia edilizia è la stessa cosa perché il diritto di un proprietario viene riconosciuto al suo esercizio è subordinato d'una serie di accertamenti al fine di evitare che questo si svolga in senso opposto alle direttive indicate nelle prescrizioni urbanistiche. In presenza di tali requisiti viene rilasciata la licenza che non è atto che comporta una sorta di conciliazione. Si parlava di licenza per indicare quelle attività che venivano controllate dall'autorità autorizzante anche durante il corso del suo svolgimento, affinché questo avvenisse in modo conforme alle prescrizioni ed eventualmente l'autorità stessa potesse esercitare poteri di intervento in funzione preventiva e repressiva. Quindi in sostanza si riteneva che questa licenza può autorizzazione edilizia fosse soltanto un provvedimento di rimozione di un limite all'esercizio di un diritto preesistente, in questo caso lo ius aedificandi faceva parte del diritto di proprietà. In seguito cominciarono a sorgere dei dubbi. Siamo veramente in un regime di autorizzazione? Dall'incidenza che un intervento edilizio può avere nei confronti di terzi siamo certi che si tratta di un esercizio di un diritto considerato solo rispetto al proprietario? Ci sono troppe connessioni con la comunità, con l'ambiente sulle quali vengono ad incidere, connessioni che fanno dubitare che si tratti di un vero e proprio diritto che per essere esercitato aspetta soltanto la rimozione di un limite. E allora prima ancora della legge Bucalossi ci fu qualche atto legislativo per risolvere la questione: il ministro dei Lavori Pubblici, aveva pensato addirittura di espropriare tutto il terreno edificabile e di darlo in concessione chi ne avesse bisogno: quest'esplorazione era senza pagamento di indennità perché lo Stato se ne riservava l'uso che poi chi volevo utilizzare in proprio un certo territorio doveva fare una domanda di concessione. Quest'idea sembrò molto malsana i tempi in cui fu formulata, comunque una certa idea si stava facendo strada in dottrina: considerare il territorio con un bene della collettività è che l'uso di questo territorio dovesse essere in un certo senso pagato perché ci si trovava ad incidere oltre che sul territorio anche sulla comunità. Il territorio veniva deformato e la comunità era costretta a sopportare il peso finanziario in termini di imposte per pagare le opere di infrastrutture necessarie per consentire l'utilizzo di questi edifici. Allora ci si domandò se veramente si trattava di un diritto acquisito, un diritto naturale per cui b a asta una semplice autorizzazione a consentire l'esercizio o invece bisogna parlare di concessione? La parola concessione fu formulata per la prima volta in dottrina da Felicino Benvenuti: fu proposta in un famosissimo congresso suscitò quasi uno scandalo perché certi concetti fondamentali che facevano parte ormai della nostra tradizione giuridica erano sconvolti da questa nuova concezione della concessione che doveva sostituire la licenza come semplice nulla-osta per esercitare un diritto proprio . Col tempo quest'idea andò maturando finché non si è tradotto nei principi costituzionali formatori della legge Bucalossi del gennaio 77 n. 10. La legge per la prima volta utilizza il termine concessione e si disse che lo ius aedificandi non facesse parte di quella potestà innata di diritti che venivano a costituire il contenuto del diritto di proprietà. Sapete bene che il codice civile non definisce la proprietà all'articolo 832 contiene una sorta di definizione del contenuto di una serie di diritti. La legge ha sancito che tra questi diritti, tra queste facoltà che contribuiscono a formare il diritto di proprietà non ci dovesse essere lo ius aedificandi. La titolarità di questo diritto non aspetta dunque al proprietario ma in un certo senso alla collettività: un bene comune da chiedere in concessione. La concessione è l'attribuzione di una facoltà, di un diritto, di una potestà, di un potere, di uno status ad un soggetto che prima non aveva tutto questo, quindi si crea in capo ad un soggetto, mediante diverse operazioni giuridiche, queste facoltà che prima non aveva o trasferendole dall'amministrazione all'interessato o creando ex novo concessioni rispettivamente traslative e costitutiva. (Es. La concessione della cittadinanza, anche se sarebbe più opportuno parlare di ammissione). La concessione quindi è questa costituzione in capo al soggetto di un diritto che trova titolo in questo atto concessori, nel caso specifico titolare del diritto ad edificare è la collettività che lo concede attraverso la concessione edilizia a chi ne ha diritto dietro pagamento. Ciò è implicito; quando si parlava di licenza edilizia non si parlava di pagamento perché si trattava di esercitare un proprio diritto, già connaturato, adesso il diritto di edificare non spetta al proprietario, non gli è connaturato, ma gli viene concesso dietro corrispettivo, una sorta di tassa che va a coprire le spese che la collettività sopporta per dotare quel terreno che va ad edentificarsi di tutto ciò che è necessario (strade, condotti idrici, fognature ecc.). Ogni attività confortante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio partecipa agli oneri ad essa relativi e l'esecuzione delle opere è subordinata a concessione da parte del sindaco ai sensi della presente legge. Prescrizione tassativa riguardo alla quale si dovrebbe valutare se si è aggravato il regime delle autorizzazioni licenze oppure si è alleggerito. In realtà l'espressione usata "ogni attività" è talmente omnicomprensiva da farli rientrare qualsiasi ipotesi di intervento. Resta da vedere quali sono i caratteri di questa concessione edilizia. Il primo è senza dubbio l'onerosità che si contrappone alla gratuita della vecchia licenza edilizia ciò non toglie che la stessa legge Bucalossi nell'articolo 9 prevede il caso di concessioni edilizie gratuite ad esempio opere da realizzare nelle zone agricole, comprese le residenze, in funzione alla conduzione del fondo e delle esigenze del coltivatore agricolo.


A fine gennaio del 1980 abbiamo la sentenza n. 5 della corte costituzionale. Sentenza epocale sui criteri da adottare per l'indennità espropriativa. In realtà la sentenza n. 5 dell' 80 riguardava la materia espropriativa non la legge Bucalossi, legge che viene toccata incidentalmente con riferimento solo a qualche articolo come l'articolo 14 che non riguardava la materia edilizia. Nel dover guardare l'indennità espropriativa non si può appiattire il valore anche quando c'è un valore aggiuntivo che non si può trascurare, come il valore edificatorio del terreno (una cosa è un terreno in montagna, un'altra è un terreno in pianura e in un centro abitato). C'è una valenza che va tenuto presente che è data da questa suscettibilità edificatoria. Quindi, indirettamente la corte costituzionale ha escluso che davvero la legge. Bucalossi avesse espunto, escluso dal diritto del proprietario lo ius aedificandi, il quale ha un valore e conferisce un valore alla proprietà. Ha detto che non è vero che c'è uno scorporo perché lo ius aedifcandi fa sempre parte della proprietà, soltanto che non si vuole (ecco il carattere oneroso della concessione edilizia) che l'intervento edificatorio a vantaggio di quest'ultimo ricade sulle spalle della collettività. Si deve pagare perché il nuovo intervento edificatorio la nuova trasformazione del terreno, del fondo, del territorio comporta delle spese (come la costruzione delle strade), e non si possono rilasciare concessioni edilizie senza preoccuparsi delle spese, dei costi finalizzati alla costruzione di opere pubbliche essenziali, difatti gli oneri pagati dal costruttore vengono accantonati nei bilanci comunali e destinati alla realizzazione di opere di urbanizzazione. Questi fondi non sono incassabili, sono caratterizzati da impignorabilità e in caso di espropriazione forzata del fondo comune si possono bloccare, perché sono fondi destinati alle opere pubbliche, finalizzati alla costruzione di infrastrutture primarie è secondarie.

LEZIONE DEL 28/04/99

che vuol dire onerosità della concessione edilizia? Pagare un corrispettivo che è costituito da due voci concorrenti o nere di urbanizzazione e contributi di costruzione si sono due voci che devono essere pagate che vanno a finire nella cassa comunale e vanno a vantaggio della collettività per finanziare l'urbanizzazione. Questi contributi di urbanizzazione sono stabiliti sulla base di tabelle predisposte dalla regione, che prevedono i limiti minimi e i limiti massimi di questi oneri di urbanizzazione. La determinazione in concreto dell'aliquota e affidata ai singoli comuni. Perché i limiti minimi e i limiti massimi? Perché la determinazione precisa dipende dalle caratteristiche del territorio. Ad esempio vi possono essere zone accidentate, che richiedono costi di urbanizzazione più elevati oppure si vuole ad esempio frenare l'edilizia o incentivarla (per esempio per scopi di finalità sociale, oneri più bassi sono previsti per la prima casa mentre oneri più alti sono stabiliti per la seconda casa ecc.). I costi di costruzione (sono la seconda voce) invece sono calcolati sulla base di un decreto ministeriale che stabilisce quale è il costo medio di costruzione sulla base di certe tabelle. Sì è discusso sulla natura giuridica di questi oneri di urbanizzazione alcuni vorrebbero assimilare alle tasse paralleli concessioni governative, alcuni alle imposte. La distinzione tra tasse e imposte di noi già la conosciamo: se fosse un corrispettivo vere prove di un servizio concretamente elargito alla collettività sarebbe una tassa, se invece fosse un contributo generico indistintamente destinato all'esigenza della collettività sarebbe un'imposta. Da questa qualificazione derivano dalle conseguenze. Per esempio io pago questi oneri per poi non costruisco, che cosa succede? C'è una certa pensi in che parificata questi oneri di urbanizzazione alle tasse per le concessioni governative e deduceva l'irripetibilità (perché le tasse per le concessioni governative sono irripetibili anche se non si è intrapresa concretamente questa attività in vista della quale il soggetto aveva pagato: per esempio la imposta di bollo sulla passaporto, se il passaporto non l'ho usato non posso riottenere indietro quanto pagato, l'unica ipotesi di restituzione in questi casi, e la restituzione in caso di errore ma queste sono ipotesi particolari). Importante corollario di questo discorso è che la legge Bucalossi ha creato è l'ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo comprensiva anche delle questioni attinenti a gli oneri di urbanizzazione. Vi potrebbe sembrare a prima vista, che, trattandosi di somme di denaro, la competenza spettasse al giudice ordinario, però invece si è venuta a creare quest'ipotesi nuova di giurisdizione che affida completamente la competenza al giudice amministrativo (la ratio di ciò non sta nell'incertezza circa la natura, diritto soggettivo o interesse legittimo, perché trattandosi di diritti di credito e di debito è certo che si trattava di diritti soggettivi, quanto piuttosto nel fatto che il legislatore ha preferito affidare l'intera materia urbanistica al giudice amministrativo, in considerazione della materia e quindi tutte le controversie in materia edilizia rientrano nella cognizione del giudice amministrativo comprese le controversie attinenti a gli oneri di urbanizzazione). Adesso con il decreto n. 80 dello scorso anno la notazione potrebbe sembrare anche superflua, scontata, dato che l'estensione massima che si è avuta dopo tale decreto, dei contenziosi di giurisdizione esclusiva, ma nel 77 quando fu emanata la legge Bucalossi bisognava prevedere espressamente i casi di giurisdizione esclusiva e questa era una scelta politica. La legge Bucalossi prevedeva anche sistemi di esecuzione coattiva per questi oneri di urbanizzazione che sono gli stessi sistemi coattivi previsti per la riscossione delle imposte. È importante precisare il carattere della concessione edilizia perché è nel nostro interesse chiarire la relazione tra questa concessione edilizia e la concessione amministrativa in senso proprio, perché la prima, nonostante si chiama concessione, non è una concessione amministrativa vera e propria, ci sono tratti differenziali importantissimi, potremmo dire che non è concessione ma un semplice atto di assenso che viene richiesto per consentire al soggetto di intraprendere la costruzione edilizia e realtà probabilmente è più un fatto demagogico: quest'atto non fa parte del diritto di proprietà ma è la collettività che lo concede. La concessione edilizia e una concessione perpetua, destinata a durare tasse, mentre la concessione amministrativa (concessione di beni, concessione di servizi) è sempre una concessione limitata che ha una scadenza (novennale); scadenza che invece non ha la concessione edilizia che non è che vale per 3,5, 10 anni vale per sempre perché una volta che la concessione edilizia    consente l'esecuzione dell'opera e che l'opera stessa sia stata eseguita il titolo legittimante la costruzione permane in eterno. La concessione edilizia è impersonale, mentre normalmente nei rapporti concessori dice invece l'intuitus personae: la pubblica amministrazione si interessa del soggetto concessionario, sceglie sulla base di certe caratteristiche il concessionario a cui rilasciare la concessione perché questi va ad utilizzare un bene della pubblica amministrazione o un servizio della stessa ed è interesse di questa che sia una scelta oculata condizionata dal possesso del concessionario di certe qualità, che possono garantire il corretto utilizzo di questi beni e di questi servizi. Nell'edilizia tutto questo non c'è: è indifferente alla persona a cui viene rilasciata la concessione edilizia. Si considera più il profilo oggettivo che quello soggettivo: il tipo di costruzione, dell'intervento che bisogna realizzare tantè che questa concessione edilizia accompagna e segue le sorti del bene, della costruzione e può essere trasmessa anche a soggetti diversi dal concessionario senza che sia necessario un atto di assenso preventivo della pubblica amministrazione (nelle concessioni, invece la legge esclude la possibilità di un subito concessionario a meno che non sia la stessa pubblica amministrazione ad acconsentirla, perché appunto in queste concessioni vale l'intuitus personae) nelle concessioni edilizie non interessa la pubblica amministrazione che costruisca, una volta che vi sono quelle caratteristiche obiettive che guidano la decisione sulla rilascio della concessione, non importa che a costruire sia l'uno o l'altro e quindi questa concessione può essere trasferita liberamente e si può chiedere l'intestazione della concessione edilizia che avviene in modo automatico (è un intervento dichiarativo non costitutivo). Spessissimo di fondi vengono trasferiti con la concessione edilizia. Quindi inpersonalità della concessione edilizia che si contrappone alla personalità delle concessioni amministrative vere e proprie. Altro profilo interessante è quello della revoca della concessione edilizia. La concessione edilizia è irrevocabile contrariamente alla concessione amministrativa che invece è revoca (per l'emersione di fatti nuovi, per ripensamento). Questo perché? Per evitare un inconveniente. Se venisse accettata la concessione edilizia e venisse quindi eseguita la costruzione un eventuale revoca della concessione edilizia che cosa comporterebbe? Comporterebbe la privazione della costruzione del titolo legittimante in base al quale era stata costruita, improvvisamente la costruzione diverrebbe priva di titolo. Ovviamente sempre possibile qualche altra forma di tutela che quella classica dell'annullamento di ufficio; possiamo considerare più forme di annullamento della concessione edilizia. Essa può essere annullata dalla stessa autorità che la emanata sulla base di riscontrati vizi di illegittimità originaria; può essere annullata a seguito di ricorso perché le concessioni edilizie possono essere sia impugnate che annullate dal giudice amministrativo o possono essere impugnate in via di ricorso straordinario e quindi, annullate con decisione del capo dello Stato. Se ne un'altra figura di annullamento straordinario di ufficio che compete all'autorità regionale non sempre gli interventi repressivi suin auto tutela dell'amministrazione sono puntuali e vengono fuori spontaneamente per determinazione dell'autorità emanante. Di fronte a possibili omissioni da parte all'autorità comunale, la legge prevede questo potere sostitutivo della regione, la quale può intervenire e disporre l'annullamento di ufficio di una concessione edilizia che considera illegittima ove l'autorità preposta, l'autorità comunale competente, non vi abbia provveduto nonostante sia stata sollecitata ad adottare provvedimenti di autotutela. Non può essere utilizzata la revoca perché essa si usa per vizi originari di merito. Una concessione edilizia è soggetta al termine di decadenza, la revoca invece è cosa diversa perché non riguarda l'illegittimità della concessione riguarda i requisiti di merito la concessione edilizia non è revoca, la pubblica amministrazione si interessa dell'accertamento dei requisiti che subordinano il rilascio della concessione, si interessa dell'esatta, puntuale esecuzione della concessione edilizia ma una volta rilasciata, la pubblica amministrazione si disinteressa della concessione. Nella concessione amministrativa tutto questo non accade: l'amministrazione anche dopo che ha dato la concessione amministrativa si preoccupa principalmente di controllare, vigilare sull'esatto uso di questa concessione. Non si può concepire nella concessione edilizia un ripensamento. La concessione edilizia è sottoposta delle decadenza. Decadenza che possono anche colpire le concessioni amministrative sarebbero sempre però legate ad inadempienze del concessionario di un bene o di un servizio (esempio non adempie regolarmente al suo servizio o non utilizza in giusto modo il bene che gli viene dato in concessione, ad esempio uso scorretto di un bene demaniale, utilizza il bene demaniale in modo diverso da quello che gli viene concesso) a carattere punitivo, nel caso invece della concessione edilizia si prevede decadenza nel momento iniziale della rilascio della concessione oppure in un momento successivo al rilascio della concessione si possono avere decadenza nella concessione edilizia in due ipotesi o per mancato inizio dei lavori (lavori devono essere iniziati entro un anno che decorrere dal giorno dalla notifica del rilascio della concessione: la legge prevede la notificazione del rilascio della concessione sia per informare il soggetto dell'avvenuto rilascio, sia per calcolare con esattezza il dies a quo dal quale far percorrere questo termine di di un anno che non ne assolutamente prorogabile) o per non ultimazione dei lavori entro tre anni che decorrono dall'inizio dei lavori, in quest'ultimo caso sono consentite delle deroghe: per casi di forza maggiore oppure per un provvedimento all'autorità amministrativa o giudiziaria che per esempio sospende i lavori per controversie sulle proprietà. Si discute se sia o meno necessario l'adozione di un provvedimento formale di decadenza pare di sì, si discute però se questo provvedimento abbia natura dichiarativa o costitutiva (se i tre anni sono decorsi, la concessione edilizia e già decaduta, non c'è bisogno di un provvedimento della autorità) anche se il provvedimento formale è richiesto ai fini di certezza nei rapporti. Caso diverso è la decadenza sopravvenuta per difformità con lo strumento urbanistico vigente: l'ipotesi che una concessione edilizia venga rilasciata sulla base di un certo strumento urbanistico e successivamente questo muti , che cosa succede a questo punto? La legge prevede la decadenza della concessione edilizia, condizione, però che i lavori non siano stati già iniziati, altrimenti la decadenza non opera.


L'apertura del cantiere, la predisposizione di materiale edilizio, l'assunzione di personale, operai, sono solo elementi che possono indicare un concreto inizio del lavoro sufficiente ad evitare la sanzione di decadenza. Iniziati i lavori scatta un altro termine decadenza questa volta triennale, dall'inizio dei lavori, entro il quale i lavori devono essere completati. Per l'inizio dei lavori non ci sono ostacoli e quindi non ci possono essere cause interruttive di questo termine annuale. Per quanto riguarda invece il termine per la conclusione dei lavori possono addursi anche cause giustificative di un eventuale ritardo. E oggetto di contenzioso quanto mai vivace stabilire con esattezza che cosa si intende per ultimazione dei lavori; non possiamo enunciare una regola di carattere generale perché un lavoro può considerarsi completato in relazione al tipo di lavoro da eseguire, in una casa di abitazione i lavori sono ultimati quando la casa è abitabile  giuridicamente abitabile; quando è stata completato il rustico? O quando si è già delineata la volumetria definitiva della casa? Ci sono tanti criteri che si sono succeduti nella giurisprudenza degli ultimi anni per cui si pensa che, in sostanza dovrebbe considerarsi ultimata una costruzione quando è potenzialmente fruibile anche se giuridicamente manca la licenza di abitabilità che avviene soltanto dopo determinati accertamenti. Vi sono casi di mancato completamento dovuto a causa di forza maggiore, per esempio la casistica indica casi di sciopero nel settore cementizio, non c'è il cemento, le fabbriche di cemento sono chiuse, quindi non si poteva acquistare materie prime o c'erano sciopero dei manovali del personale edilizio; oppure cosa più importante, più frequente il cosiddetto factum principis, cioè un provvedimento dell'autorità che impedisca l'esecuzione dei lavori, che blocca l'esecuzione dei lavori. Autore di questo atto può essere il giudice, per esempio un vicino di casa ha ottenuto un provvedimento urgente dal giudice per una sospensione dei lavori; questo periodo di sospensione dei lavori non può essere imputato, quindi va detratto dal computo del triennio, oppure c'è stato un ordine di sospensione da parte della stessa autorità comunale; anche qui, il periodo di sospensione viene detratto dai complessivi 3 anni, vi è un caso di contenzioso durato 15 anni, tutta una serie di provvedimenti, di sospensione, da parte dell'autorità, sindaco di Reggio, vi sono state cinque o sei interruzioni definite con giudizio del Tar. Giudizio del Consiglio di Stato e poi alla fine si sono dovuti contare i giorni in cui i lavori sono rimasti sospesi per detrarre questi giorni, dai giorni complessivamente, 365 per 3, assegnati per l'esecuzione dei lavori per vedere quanti giorni ancora sono rimasti, per vedere se effettivamente i lavori sono completati entro quel termine oppure no se il fattum principis può anche operare al momento dell'inizio dei lavori. Quello che più conta vedere e chi sono i soggetti legittimati a richiedere la concessione edilizia e quali sono le modalità di rilascio anche perché qui ci sono grosse novità. Per quanto riguarda i soggetti legittimati, la legge Bucalossi fa riferimento e non potevano farlo nonostante lo scorporo dello ius aedificandi, alla proprietaria, per cui il soggetto effettivamente legittimato a chiedere la concessione edilizia e il proprietario anche se lo ius aedificandi si considera fuori dal diritto di proprietà.


Fino a poco tempo fa, all'autorità principalmente preposte alla cura di questo settore era il sindaco titolare del potere di rilascio o meno della licenza edilizia di annullarla di ufficio. Adesso le cose sono cambiate, competente alla rilascio non è più il sindaco ma è un funzionario, con il decreto 29 del '93 che non si occupa solo del pubblico impiego ma è una legge fondamentale in senso normativo, legge delegata fondamentale, perché è stato il primo tentativo di separare, dall'interno dell'amministrazione, il ruolo politico da quello propriamente gestionale. Queste si è fatto con molta facilità, a livello ministeriale dove i due poli interessati, da un lato il ministro, autorità politica, si distingue dal vero titolare delle funzioni amministrative perché è invece un organo permanente, il direttore generale. C'è questo disegno di affidare le scelte di fondo all'autorità politica che agisce sulla base di un certo mandato politico ma, poi la gestione, la trattazione concreta sul piano amministrativo spetta al direttore generale. Si cercava di diminuire il più possibile le firme che il ministro era tenuto a mettere; fino al '93 tutte le carte venivano firmate dal ministro, qualcuna dal direttore generale. Adesso le cose sono cambiate, soltanto pochi atti sono rimasti di competenza dell'autorità politica, tutti gli altri sono passati all'autorità amministrativa, il direttore generale. Questo schema abbastanza grossolano mal si adatta ad amministrazioni diverse dallo Stato in cui questi ruoli non sono così nettamente separati. Ad esempio il rettore è un organo accademico preposto ad occuparsi della cultura e dell'attività dell'Università invece i nove decimi del suo tempo sono assorbiti da esigenze di carattere burocratico, firma un'infinità di atti quasi tutti gli atti sono firmati dal rettore. Solo da qualche tempo alcuni atti vengono firmati dai dirigenti, da quando è stata creata la dirigenza. Per cui nel '93 fu nominata una commissione di esperti per modificare il decreto 29 del '93 affrontando il problema della separazione di questi due ruoli anche in amministrazioni diverse da quella dello Stato per esempio a livello dei comuni dove c'è il sindaco ma c'è anche il segretario comunale di punta, nei grandi comuni c'è il segretario generale e dopo il segretario comunale in base alla legge più recente ci sono anche i direttori generali nei comuni con Milano Roma che non sempre si conciliano col segretario comunale. A livello regionale troviamo una burocrazia diversa. Sono stati esaminati con esperti questi pari rapporti dei lavori si sono conclusi con estrema puntualità (perché esse e se aveva imposto in termini di scadenze entro cui consegnare il lavoro 14 luglio) i due decreti nel mese di settembre hanno modificato, integrato e riscritto in buona parte il decreto n. 29 decreto scritto in maniera molto affrettata e approssimativa con imprecisioni di linguaggio sia di carattere tecnico, è lessicale che di grammatica. Negli anni successivi il decreto del '93 ha avuto continue modifiche fino al decreto 80 del '98 con cui il decreto 29 è stato ulteriormente modificato quella che ne caratteristico nella procedura di rilascio della concessione è la successione in termini di evoluzione storica legislativa dell'esecuzione di tale procedura. Non si può ripercorrere tutto questo cammino negare partiamo dalla legge fondamentale, alla legge urbanistica del 42 alla quale prevede che il sindaco dovesse lasciare la concessione edilizia entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda previo parere obbligatorio della commissione edilizia comunale; trascorsi i 60 giorni la concessione si considera rigettata quindi un'ipotesi classica di silenzio. Questo regime continuò fino al 82 quando è intervenuta la legge Nicolazzi che ha introdotto in materia edilizia la prima forma di silenzio assenso. Dalla legge aveva in realtà un precedente di quattro anni prima, nella legge 457 del 78 che aveva introdotto il silenzio assenso in materia edilizia non per le concessioni edilizie ma per le autorizzazioni edilizie, cioè per quegli atti assentivi che il sindaco rilasciava per alcuni interventi di modeste incidenza che non richiedevano un atto a ssentivo del tipo della concessione edilizia. La legge del 78 prevedeva che in caso di mancata risposta entro 45 giorni dalla domanda di autorizzazione si potesse procedere all'inizio dei lavori sulla base della presunta formazione di una sorta di silenzio assenso. La legge Nicolazzi del 82 espresse questo criterio anche alla concessione edilizia, rompendo in un certo senso col vecchio sistema. Quindi, decorsi sessanta giorni senza risposta il richiedente poteva considerarsi automaticamente concessionarie perché si era formato un silenzio assenso ad iniziare i lavori. Naturalmente quindi c'era una sorta di scommessa che faceva il costruttore con sé stesso, in sostanza il fatto che è decorso il termine di legge si fosse formato il silenzio assenso e il richiedente fosse legittimato...

LEZIONE DEL 23/04/99

per parlavamo la volta scorsa della procedura del rilascio è oggi mi sembra opportuno leggere questa norma del decreto legge del 23 dicembre '96 n. 662. Il comma 60 dell'articolo 2 di questa legge descrive minuziosamente questa procedura di rilascio che ricalcala. O almeno come idea generale o di ispirazione, la legge regionale che ha appunto previsto il ricorso al controllo sostitutivo in caso di mancato rilascio. Questo comma 60 dell'articolo 2 ci dice che "al momento della presentazione della domanda di concessione edilizia l'ufficio abilitato a riceverla comunica all'interessato il nominativo della responsabile del procedimento" si dà così all'attuazione concreta nel campo edilizio alle prescrizioni dell'articolo 4 e 5 della legge 241: se il responsabile del procedimento è quello che poi conduce concretamente nella procedura del rilascio: " l'esame delle domande si svolge secondo l'ordine di presentazione" non mi sembra una cosa del tutto banale questa precisazione perché è fatta apposta per evitare abusi, favoritismi facendo scavalcare l'ordine di presentazione cronologico, perciò è fatto obbligo sanzionato legislativamente, di seguire l'ordine senza precedenze o anticipazioni. " Entro sessanta giorni-tenete presente questa scansione di calendario-dalla presentazione delle domande il responsabile del procedimento cura l'istruttoria", eventualmente può essere agevolata questa istruttoria, per accelerare i tempi, indicendo una conferenza di servizi non solo come ci dice l'articolo 14 della legge 241, ma anche le modifiche che l'articolo 14 ha subito per effetto della legge Bassanini bis, la 127 del '97 la quale in materia di conferenza di servizi ha stabilito che se la conferenza non a termine con voto unanime se non si raggiunge la maggioranza, l'amministrazione che ha provocato la conferenza può assumere le sue determinazioni comunque; in base all'articolo 14 in caso di mancata concordia la decisione viene demandata al presidente del Consiglio dei Ministri, il presidente della regione o al sindaco. Tenete presente che il legislatore ha stranamente dimenticato il presidente della provincia. In questi casi l'autorità procedente non può far altro che rimettersi alle decisioni prese a seconda della competenza dalle suddette autorità. La legge Bassanini bis  ha invece stabilito che se al termine della conferenza non si raggiunge un consenso necessario allora l'autorità procedente nonostante il dissenso può senz'altro adottare le proposte determinazioni e viene riservato alle autorità sopra indicate una facoltà di opposizione, una specie di veto sospensivo che in base alla legge 127 del '97 si possono esercitare su questa determinazione assoluta dell'autorità procedente e si stabilisce un termini di 30 giorni entro i quali esercitare questa opposizione. Adesso la Bassanini ter ha aggiunto che in tal caso c'è in caso di opposizione, l'autorità procedente può adottare una nuova determinazione conformandosi alle indicazioni contenute nella opposizione. Quindi ormai il vecchio sistema dell'articolo 14 e abbandonato, nel senso che non è più competente ad adottare il provvedimento l'autorità, diciamo così, superiore, sovraordinata, cioè il presidente del consiglio, ad essa spetta soltanto la facoltà di opposizione alla determinazione, anche unilateralmente, adottata dall'autorità procedente in caso di dissenso ovviamente motivato la Bassanini terra ha soltanto aggiunto la possibilità dell'autorità procedente di uniformarsi alle osservazioni fatte nell'opposizione. Curata l'istruttoria eventualmente agevolata da una conferenza di servizi " redige una dettagliata relazione contenente una qualificazione tecnico giuridica dell'intervento richiesto della propria valutazione sulla conformità del progetto alle strutture urbanistiche ed edilizie. Il termine può essere interrotto" capite bene che qui il responsabile del procedimento quasi certamente è un tecnico comunale al quale, come vedremo in base a norme successive, viene attribuita la facoltà di rilasciare la concessione edilizia. "Il termine può essere interrotto-altrimenti è inderogabile-per una sola volta se il responsabile del procedimento richiede all'interessato entro 15 giorni dall'assunzione della domanda l'integrazione dei documenti" cioè all'atto della presentazione viene nominato subito il responsabile del procedimento, questo a termine di sessanta giorni per considerare la pratica, può entro 15 giorni dalla presentazione della domanda richiedere chiarimenti, ulteriori elementi documentali, in questo caso il termine viene interrotto e comincio a decorrere dal momento in cui l'interessato ha presentato i documenti richiesti. Entro dieci giorni dalla scadenza del termine il responsabile del procedimento formula una proposta alla autorità competente proposta di rigetto o di accoglimento della domanda, in ordine ai procedimenti presentati, il responsabile del procedimento deve richiedere nel termine di cui sopra il parere della commissione edilizia parere che è e obbligatorio ma non vincolante, nel senso che l'autorità preposta alla rilascio o anche discostarsi dal parere della commissione edilizia ma deve necessariamente richiederlo. Anche qui un'applicazione della legge 241: che cosa succeda nel caso in cui la commissione edilizia ritarda nell'emanazione del parere? Qualora la commissione edilizia non si esprima entro il termine suddetto il responsabile del procedimento è tenuto a formulare ugualmente una proposta, cioè in caso di mancata risposta alla richiesta di parere entro novanta giorni si può prescindere dal parere stesso e il responsabile del procedimento è tenuto a formulare ugualmente la proposta e redigere una relazione scritta al sindaco, o altra autorità competente, indicando i motivi per i quali il termine non è stato rispettato. La concessione edilizia deve essere rilasciata entro 15 giorni dalla scadenza del termine di sessanta giorni. Decorsi inutilmente il termine per l'emanazione del provvedimento conclusivo all'interessato può mettere in mora la commissione per mezzo di atto notificato con ogni invito alla emissione entro 15 giorni decorsi inutilmente questi quindici giorni, cioè può presentare istanza al presidente della giunta regionale affinché eserciti i suoi poteri sostitutivi il presidente riconosciuta la fondatezza della richiesta nomina entro 15 giorni un commissario ad acta che entro 30 giorni adotta il provvedimento. In sostanza adotta un sistema completamente nuovo rispetto a quanto previsto precedente: scaduti infatti sessanta giorni si formava il silenzio rifiuto (o silenzio assenso nel caso esattamente opposto). Adesso c'è una terza soluzione che prevede in base alla legge 71 del 78, un silenzio che equivale ad una ammissione qualificata ed in tal caso si può richiedere l'intervento della autorità dotata di potere di controllo sostitutivo che verrà esercitato ogni qualvolta l'autorità e tenuta ad adottare un provvedimento ancorché diffidata e non vi abbia provveduto. In sostanza il decorso del termine automaticamente qualifica questa inerzia dell'amministrazione, nel senso non che equivale ad assenso o dissenso ma che abilita il soggetto a mettere in moto la procedura per consentire l'esercizio del potere di controllo sostitutivo. Qui in Sicilia e esercitato dall'assessore dei denti regionali, o per i comuni in genere, nelle regioni a statuto ordinario ci si rivolge alla religione va alla presidenza della regione che può nominare un commissario ad acta entro il termine di 30 giorni adotta un provvedimento e ha i medesimi effetti della concessione edilizia. Anche quella norma è in un certo senso errata: intanto voglio richiamare alla vostra attenzione su questa scansione di termini per cui ogni attività è legata al rispetto di questi termini. Il provvedimento adottato dal commissario avrà i medesimi effetti della concessione edilizia solo se e un provvedimento di rilascio che te espressione impropria perchè il commissario si sostituirebbe alla autorità preposta alla rilascio, quindi il commissario è tenuto a provvedere alla domanda di rilascio. Poi c'è il comma successivo dove indica gli interventi edilizi per i quali nonna è necessaria la...

LEZIONE DEL08/05/2000

ci si deve ora occupare dei problemi delle sanzioni dell'edilizia, esistono tre tipi che abbracciano tutti i tre possibili campi di applicazione delle sanzioni: sanzioni civili, sanzioni penali e sanzioni amministrative. Quando fu emanata la legge Bucalossi nelle 77 ci fu un allarme generale per le grosse innovazioni soprattutto in materia di responsabilità. Già novità vi erano state nella legge Mancini che non soltanto avere generalizzato l'obbligo della licenza edilizia, ma aveva sanzionato penalmente molte ipotesi di abusivismo edilizio con tutta una serie di articoli dall'articolo 41 bis ecc. che prevedevano nuove figure di reati edilizi ma la legge del 77 ( legge Bucalossi) non soltanto ha attenuato le sanzioni penali, ma ha anche introdotto forme nuove di sanzioni (soprattutto civili) con forme di responsabilità sia disciplinari che penali addossate ai notai, perché viene stabilito una nullità degli atti giuridici anche stessi in forma pubblica relativa a beni immobili che fossero sprovvisti di abitabilità, sprovvisti di licenza di costruzione, cioè atti riguardanti il commercio giuridico di beni edilizi non legittimi. Quindi si ha la nullità di tali atti facendo carico di questo controllo sulla regolarità della costruzione, del fabbricato, dell'area, dei terreni, sugli stessi notai e chiamandoli a rispondere anche penalmente oltre che disciplinarmente. C'è quindi questo complesso sanzionatorio molto pesante. Occupandoci ora della legge 47 del '85 detta legge sul condono edilizio che ha dedicato un articolo ad hoc alla lottizzazione abusiva articolo 18 e vedremo che anche qui c'entrano i notai. Prima non c'era una forma specifica e ci si basava sulle pronunce giurisprudenzali della cassazione poi vi è stata questa legge sul condono edilizio (che poi non riguarda solo norma sul condono, ma nella prima parte riguarda norme sulla nuova disciplina della attività edilizia, delle sanzioni amministrative in materia di abusi edilizi.). Della sanatoria si parla nella seconda parte della legge 47 del '85 l'articolo 18 è una norma scritta male e poco chiara.Sono stati individuati due concetti di lottizzazione abusiva, ma i contorni di queste due forme di lottizzazione abusiva non sono sufficientemente chiari le due forme di lottizzazione sono la lottizzazione giuridica o cartitolare e la lottizzazione fisica. Lottizzazione fisica sta per suddivisione del fondo in singoli lotti in maniera da farli progetto di singoli interventi edilizi non coordinati in contrasto quindi con quei principi che vigono in materia di lottizzazione pubblica nella quale prima di procedere alla lottizzazione incerto terreno, prima che il terreno sia sottoposto ad un'attività edificatoria si rende necessaria una disciplina organica di questo nuovo assetto del territorio. Quindi questa suddivisione fisica del terreno rende la lottizzazione abusiva. Lottizzazione abusiva è anche il frazionamento giuridico (qui viene in considerazione il notaio che si presta a stipulare questa serie di atti da cui risulta la frammentazione del terreno che invece dovrebbe formare oggetto di un unico atto relativo all'intero contesto territoriale). La conseguenza è la nullità di tutti gli atti che riguardano questa frammentazione. Ci interessano particolarmente le sanzioni di carattere civile. Riguardo alle sanzioni amministrative c'è da dire che esse sono molto caratteristiche, prima erano molto lineari. Nella previsione della legge urbanistica e 42 vi sono gli articoli 32 e 33 che prevedevano una sospensione dei lavori quando l'attività svolta risultava in contrasto con norme edilizie o in contrasto con la licenza edilizia, poi vi poteva essere una diffida a demolire, non ottemperando alla quale si passava la fase della demolizione. Quindi c'era la sospensione dei lavori per fermare l'ulteriore aggravamento della situazione di abusivismo, poi diffida a demolire (il termine diffida l'abbiamo usato con riferimento al principio di esecutorietà. Abbiamo detto che una delle caratteristiche delle esecutorietà è una diffida il previo diffida mento, ciò significa che non si può portare forzatamente ad esecuzione un provvedimento, se non c'è questo momento diciamo dialettico per cui il privato e invitato a dare esecuzione al provvedimento in via e spontaneo). Anche qui l'intervento abusivo edilizio è rappresentato da questa diffida, da questo invito a demolire spontaneamente, ovviamente con una minaccia e cioè con la comminatoria di una sanzione più grave perché è appunto la sanzione demolitiva. La sospensione può avere la durata massima di 60 giorni entro i quali bisognava che l'amministrazione decidesse con provvedimenti definitivi consistenti o nel fare cadere la sospensione dei lavori e quindi farle proseguire o nell'emanare un decreto a demolire. Erano previsti a tal proposito termini diversi per il decreto di demolizione che variavano in relazione al tipo di intervento necessario per demolire, scaduti questi termini si passava all'ordine di demolizione, con la particolarità che questo ordine era ed è un provvedimento in cui il destinatario non è tanto il trasgressore quanto gli uffici tecnici del comune. Quando il sindaco era l'unico titolare di questo potere repressivo in materia edilizia impartiva l'ordine interno di demolizione ha gli uffici tecnici. Si parlava di demolizione d'ufficio e cioè di esecuzione d'ufficio a spese del trasgressore. Questo ordine di demolizione veniva poi comunicato a cura della parte al trasgressore per dargli la possibilità di potere sino all'ultimo momento osservare spontaneamente la diffida a demolire. Dopo di che si passa alla concreta demolizione. La demolizione in concreto era molto rara anche perché l'amministrazione trova alcune difficoltà (prima trovava difficoltà il sindaco che non era propenso ad adottare provvedimenti impopolari anche perché era difficile procedere materialmente alla demolizione perché bisognava prima andare in appalto il servizio di demolizione. Ma c'era un clima di omertà di collusione tra le imprese che avevano costruito l'abuso edilizio e le imprese che avrebbero dovuto partecipare alla gara di demolizione, perciò tutte le aste impartite dalla comune per affidare l'appalto a demolire erano deserte. ) Adesso il sistema è leggermente diverso soprattutto dopo la legge Bucalossi, la quale ha introdotto una forma nuova di sanzione amministrativa molto grave perché è la acquisizione gratuita della costruzione abusiva al patrimonio indisponibile del comune di, per intenderci una sorta di confisca della costruzione abusiva. In realtà nonna è una confisca, ma un acquisizione gratuita dell'immobile abusivo al patrimonio indisponibile del comune. Si trasferisce al comune non solo la costruzione abusiva, ma addirittura l'area sulla quale insiste alla costruzione abusiva. Si parla di "aria di sedime" per indicare l'area occupata materialmente alla costruzione con le pertinenza relative. Ciò costituisce una sorta di deterrente per i costruttori abusivi. Ormai non c'è la fase della diffida (però non c'è formalmente, nominativamente) e viene ordinata la demolizione della costruzione eseguita o senza concessione edilizia o con gravi difformità rispetto alla concessione edilizia. In questi casi quindi si ordina la demolizione e la legge prevede il termine fisso di 90 giorni entro il quale questa demolizione deve aver luogo. La minaccia in caso di mancata demolizione e l'acquisizione. Ora la legge Bucalossi che ha introdotto questa forma di acquisizione gratuita, si limita a dire che in caso di mancato adempimento all'ordine di diffida a demolire, si procede a questa acquisizione dopo provvedimento del sindaco vidimato (reso esecutivo) dal pretore. Questa ordinazione del sindaco, diciamo di confisca, è di carattere giudiziario. La legge 47 del '85 ha aggravato ulteriormente la situazione, si può prescindere dal provvedimento del sindaco introducendo l'acquisizione automatica cioè senza provvedimento dell'autorità ne del sindaco ne tantomeno giudiziale. Il sindaco (ma ormai non è pure il sindaco è il capo dell'ufficio tecnico che ha avuto assegnate tutte le funzioni che prima aveva il sindaco in materia edilizia) ordina la demolizione nel termine fisso di 90 giorni entro i quali la demolizione deve essere seguita, al novantesimo giorno l'autorità comunale fa un verbale di accertamento (che non è un'attività provvedimentale in senso tecnico) per appurare se è stato eseguito l'ordine di demolizione. Se la demolizione c'è stata si verbalizza e la pratica sanzionatorio si conclude se invece il verbale a destra che pure essendo scaduti i 90 giorni, la demolizione non è stata eseguita, si ha automaticamente quest'effetto reale del trasferimento della proprietà in capo all'amministrazione della costruzione abusiva, area di sedime, pertinenza, tutto passa in proprietà dell'amministrazione. Contro entrambi i provvedimenti (ordine di demolizione e verbale di accertamento) è ammesso ricorso. Il verbale di accertamento nonna è vero è proprio provvedimento ma proprio perché produce questo effetto reale del trasferimento diciamo coattivo della proprietà si ritiene fonte di lesione autonoma, suscettibile di autonomo ricorso. Ci si chiede se si possa chiedere la sospensione contro l'ordine di demolizione. Generalmente il TAR lo nega perché vede in questo ordine di demolizione una sorta di diffida dalla quale non deriva immediatamente una lesione concreta. Si tratta di un ordine di demolizione, che è una sorta di diffida, anche se non viene più chiamata diffida. Invece la giurisprudenza e propensa a dare la possibilità di esecuzione, quando viene impugnato il secondo atto dopo i 90 giorni. Di solito bisogna fare due ricorsi prima contro l'ordine di demolizione o in secondo ricorso contro il verbale di accertamento. Questa è la sanzione più grave. Una volta che il bene viene acquisito dall'amministrazione, viene acquisito al patrimonio indisponibile è l'amministrazione non lo può vendere, ma deve giudicare se è il caso di mantenerlo in proprietà o di demolire, se contrasta con gravi profili urbanistici. A volte può capitare che alla sanzione repressiva demolitiva si possa sostituire una sanzione pecuniaria, questo accade nei casi nei quali la demolizione nonna è possibile se non recando danno a costruzione legittime. Per esempio in una costruzione a più piani in cui il primo piano è abusivo, sennonché il secondo piano è regolare perché assistito da regolare concessione edilizia. Allora non si può demolire il primo piano, perché crollerebbe anche il secondo piano, invece legittimo. In casi del genere la legge propone di applicare il luogo della sanzione demolitiva una sanzione pecuniaria. Infine c'è un rimedio contenuto nell'articolo 13 della legge 47 del '85 che prevede una forma di sanatoria. Questa legge 47 del '85 che è poi diventata in Sicilia la legge 37 del '85 è una legge sul condono edilizio della sanatoria edilizia, ma sanatoria delle costruzioni abusive costruite entro una certa data (inizialmente settembre del 83 poi ci fu una proroga durante il governo Berlusconi e si coprì un altro decennio di abusivismo e si è arrivati alle costruzioni fatte sino al 93-94). Ma le costruzioni successive non possono godere della sanatoria; l'articolo 13 intitolato attestato di conformità riguarda le costruzioni formalmente abusive, cioè le costruzioni che si sarebbero potute eseguire regolarmente e per le quali si sarebbero potute ottenere concessioni edilizie solo che queste non sono state chieste delle costruzioni sono state eseguite lo stesso. La legge dice che può essere concessa sanatoria quando la costruzione alla quale questa sanatoria andrebbe riferita risulti conforme intanto allo strumento urbanistico vigente nel momento in cui la costruzione è stata eseguita, quando risulti questo strumento vigente al momento in cui viene richiesta questa sanatoria in base all'articolo 13. Quindi ci deve essere questa doppia conformità alla costruzione deve essere conforme allo strumento urbanistico vigente in quel momento in cui è eseguita e nel momento in cui è richiesta la sanatoria. Se c'è questa doppia conformità nulla osta alla concessione in sanatoria anche se per esempio si tratta di una costruzione fatta nel '99, quindi fuori dalla previsione del condono edilizio. Lo stesso discorso, perché nel caso in cui si tratta di lavori per i quali era prescritta autorizzazione, può essere richiesta l'autorizzazione in sanatoria previo pagamento sempre e gli oneri della auto urbanizzazione (perché ricordate che la concessione edilizia è onerosa. Qui diciamo che è doppiamente onerosa perché si è tenuti a pagare il doppio di quello che si sarebbe dovuto pagare se si fosse chiesta la concessione edilizia ordinaria). L'articolo 13 contiene poi un ulteriore disposizione secondo la quale se la amministrazione non risponde entro sessanta giorni è un silenzio dissenso perché non può essere prevista una concessione in sanatoria tacita, la richiesta quindi si considera rigettata. L'articolo 13 poi stabilisce che affinché venga la domanda di sanatoria non si può procedere a misure repressive. Perciò la pendenza della pratica di sanatoria sospende sia l'attività sanzionatoria amministrativa, sia il procedimento penale che dovesse essere promosso a carico del trasgressore. Queste sono grosso modo le sanzioni repressive in materia edilizia.

Articolo 11 in caso di annullamento della concessione illegittimamente asserita mediante silenzio assenso,... dispone la riduzione in pristino o se questo è nonna è possibile si applica una sanzione pecuniaria pari al doppio del valore penale dell'opera o delle parti abusivamente eseguite valutato dall'ufficio tecnico comunale.




Privacy




Articolo informazione


Hits: 6242
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024