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REGOLE E PRINCIPI NEI SISTEMI PROCESSUALI - I MODELLI PROCESSUALI: IL SISTEMA INQUISITORIO ED IL SISTEMA ACCUSATORIO

diritto ed economia



CAPITOLO I

REGOLE E PRINCIPI NEI SISTEMI PROCESSUALI


PROCEDURA iter necessario per applicare il diritto penale sostanziale.

ITER serie di atti collegati tra loro dal fine che in questo caso è il PROVVEDIMENTO GIURISDIZIONALE.




Lo scopo del processo penale è quello di accertare gli illeciti e applicare le sanzioni coordinando così due interessi in gioco, quelli dello Stato (difesa sociale) e quelli dell'individuo (libertà individuale). Si configura inoltre come NECESSARIO a differenza da quello civile che presenta il carattere dell'eventualità.


LE FONTI


  1. NORME COSTITUZIONALI: è possibile tracciare tre ampie categorie di norme:

Norme sulle garanzie attinenti alla figura del giudice


    • Art.101 "la Giustizia è esercitata in nome del popolo"

    • Art. 111 co.2 "Il processo deve svolgersi davanti ad un giudice terzo ed imparziale". Questo articolo si correla anche agli art. 101 co.2 "i giudici sono oggetti soltanto alla legge"; e all'art.108 co.2 "la legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali".

    • Art.102 "la funzione giurisdizionale è esercitata dai magistrati ordinari e non possono essere costituiti magistrati speciali". Questo articolo si presenta come un corollario dell'art.25 "Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge" Quindi ne discende che il cittadino non può essere sottratto al suo giudice naturale (giudice istituzionalmente competente) che deve essere predeterminato da legge antecedente al fatto.

Norme che regolano l'utilizzo dello strumento processuale


Art.112 " il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale" poiché egli è titolare di un potere-dovere dal quale non può esimersi, di conseguenza sono incompatibili le norme che regolano l'ammissibilità dell'azione da parte di soggetti diversi dal PM


Art.111 co.6 Riguarda l'istituto delle impugnazioni ed è caratterizzato dalla sola garanzia del ricorso per Cassazione, sempre ammesso per tutti i provvedimenti in materia di libertà personale



Garanzie riguardanti l'accusato


Art. 24 co.2 Sancisce il concetto di inviolabilità del diritto di difesa (difesa intesa come possibilità di far valere le proprie ragioni oppure come possibilità di avvalersi di assistenza tecnico professionale).

Ci si è chiesti se sia legittima costituzionalmente l'autodifesa. La corte costituzionale nella sent. 125/79 ha decretato l'irrinunciabilità del diritto di difesa ritenendo obbligatoria la presenza del difensore che assicuri la regolarità del dibattito. Successivamente nella sent. 373/94 ha affermato che l'autodifesa non esclude il diritto alla difesa tecnica purchè l'accusato sia dotato di sufficienti cognizioni.


  1. DIRITTO INTERNAZIONALE Sono due le convezioni importanti a riguardo " Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali" ed il " Patto internazionale sui diritti civili e politici"( Art. 14)

Norme sulle garanzie attinenti alla figura del giudice


Art. 14 Patto internazionale attribuisce importanza fondamentale ai principi di indipendenza e imparzialità


Art.6 Convenzione europea Si pone in termini del tutto corrispondenti al Patto.


Norme che regolano l'utilizzo dello strumento processuale


Art.14, n.5 Patto Sancisce l'impugnazione come un diritto dell'accusato a fare esaminare da una giurisdizione superiore la dichiarazione di colpevolezza rappresentandosi così come una risposta alla necessità di eliminare le condanne viziate o non corrispondenti a criteri di giustizia.

A questo punto però si nota una discrasia con le norme costituzionali che invece di riguardare il merito, riguardano solo la legittimità.


Garanzie riguardanti l'accusato


Art.14, n.2 Patto Presume l'innocenza fino a che la colpevolezza non sia legalmente accertata, a differenza dell'art.27 Cost non fa riferimento alla definitività della condanna bensì si riferisce al procedimento logico del giudice


I MODELLI PROCESSUALI: IL SISTEMA INQUISITORIO ED IL SISTEMA ACCUSATORIO


I sistemi penali sono dei complessi di norme di comportamento che regolano i rapporti sociali e che aspirano a controllare la criminalità. Tali modi di controllo sono variabili e quindi anche il processo penale è suscettibile di diverse funzioni a seconda degli strumenti di giudizio utilizzati.

Non possiamo quindi prescindere dall'esaminare i vari modelli processuali ai quali si sottendono diverse finalità da perseguire. I modelli sono due: ACCUSATORIO ed INQUISITORIO anche se no esistono modelli puri ma solo sistemi misti.


IL MODELLO INQUISITORIO Esso si basa sul principio di AUTORITA' ritenendosi che la ricerca della verità sia più agevole quando tutte le funzioni giurisdizionali sono affidate ad un unico soggetto che riveste il ruolo di giudice, accusa e difesa dell'imputato contemporaneamente; restando così in posizione marginale tutti gli altri soggetti del processo penale che subiscono le decisioni dell'organo.

L'iniziativa probatoria è ad appannaggio del giudice che gestisce il flusso degli elementi probatori, ricercando fonti ed usando se necessari i poteri coercitivi.

La custodia cautelare preventiva (preventiva intesa come anticipazione della pena) in questo processo è visto come uno strumento per indurre l'imputato alla confessione e non rileva come sia stata estorta. In questo tipo di processo l'imputato è presunto colpevole e l'onere della prova quindi grava sulla difesa e il processo non si svolge con contrapposizione dialettica. Dalle deposizioni raccolte è redatto verbale in forma scritta che si configura come supporto al giudice.

Nel modello inquisitorio quindi si confondono le funzioni del giudice che è contiguo all'accusa e quindi diventa inquisitore e sovrumano che raccoglie prove a favore e contro le parti.


IL MODELLO ACCUSATORIO In questo modello si ha la ripartizione tra difesa e accusa, contrapposte ad un giudice terzo ed imparziale.

Solo la parte deve indagare per ricercare le prove( per indagare s'intende formulare delle ipotesi ricostruttive dei fatti solo la parte perché se lo facesse il giudice perderebbe la sua imparzialità) ed il contraddittorio si forma nella formazione delle prove. Il giudice usa le prove per ricostruire il fatto avvenuto.

Per quanto concerne le prove dobbiamo distinguere tra:

PROVE COSTIUITE si formano fuori dal processo preesistendo ad esso (ad es foto). Non vi sono differenze tra i due modelli

PROVE COSTITUENDE Sono prove che si formano all'interno del processo e presentano differenze sostanziali a seconda del modello

Il fine del modello è di accertare la verità e a tale fine il processo affida ler testimonianze alle parti davanti al giudice, prima la parte che l'ha prodotta, poi la controparte..


Il legislatore della riforma ha optato per un sistema accusatorio però dalla lettura dell'art.358 c.p.p. si riscontra una reminiscenza di inquisitorietà perché impone al pm di svolgere indagini a favore dell'accusato. In realtà dal combinato disposto di art.358 e 326 si capisce come sia necessario un simile procedimento al fine di decidere se è il caso di procedere o no all'azione penale.


FASI E GRADI DEL PROCEDIMENTO


PRIMO GRADO:  INDAGINI PRELIMINARI

È la fase adibita alla ricerca di elementi probatori e spetta al pm perché le indagini servono a lui, anche se tendenzialmente anche l'altra parte ha i medesimi poteri. Si dice preliminare perché poi tutto è rifatto ex novo.

AZIONE PENALE ARCHIVIAZIONE

Si ha il RINVIO A GIUDIZIO nel caso in cui il    Se il fatto non sussiste o

Pm ritiene che il fatto sussista. Spetterà poi     per altri motivi

Al giudice decidere. La persona diviene imputabile

e il pm diviene accusatore. E' solo in questo

momento che il pm inizia ad agire per interesse

altrimenti nella fase preliminare agisce per interesse

di tutti

UDIENZA PRELIMINARE

Serve a verificare che la richiesta del pm abbia un senso, il magistrato è chiamato a confermare la sua richiesta di addivenire al dibattimento. E' una fase veloce e instaura il contraddittorio.  




DECRETO CHE DISPONE GIUDIZIO SENTENZA DI NON LUOGO

Si passa alla fase dibattimentale in cui

Gli elementi di prova vengono escussi

Con l'esame incrociato di difesa e

Accusa.



GIUDIZIO DI PRIMO GRADO




REGOLE E PRINCIPI DEL PROCESSO PENALE: IL FAVOR REI


Questo principio è presente nella parte sostanziale del diritto penale per indicare la ratio degli istituti, ma è anche previsto nella parte processuale quale principio generale del processo penale.

Il sistema prevede situazioni di parità tra le parti, ma anche situazioni di preminenza. Nei casi di preminenza prevale la parte che è portatrice di interessi pubblici, mentre nel caso di parità si applica il FAVOR REI in forza del quale, tra più opzioni ugualmente possibili, va prescelta quella più favorevole all'imputato. Nel nostro ordinamento non esiste una norma che cristallizza tale principio ma è possibile rinvenire molti istituti che vi si ispirano:

ES L'ASSOLUZIONE il codice la prevede nei casi di comprovata innocenza e di d'insufficienza di prove perché la ratio è rivenuta nel fatto che il legislatore preferisce assolvere un possibile colpevole piuttosto che condannare un possibile innocente. L'attuazione del favor rei prevede quindi che lo svolgimento del processo si arresti appena maturi la possibilità di pronunciare sentenza di proscioglimento.

Nei casi invece di assoluzione quando risulti che non sussiste il fatto il legislatore ha previsto una gerarchia tra le formule di proscioglimento distinguendole tra :


  • PROCESSUALI sono quelle mediante le quali l'imputato viene prosciolto per improcedibilità dell'azione penale o per l'estinzione del reato.

  • NEL MERITO sono quelle che scagionano l'imputato liberandolo dall'addebito che il magistrato ha contestato come imputazione.

L'art. 129 ha disposto la prevalenza delle formule di merito.


Al principio del favor rei s'ispira la previsione di sentenza di proscioglimento perché risulta che l'imputato è già stato condannato o prosciolto per quel fatto, cioè l'applicazione del principio NE BIS NE IDEM.

S'ispira anche il divieto di REFORMATIO IN PEIUS con il quale il legislatore ha voluto tutelare l'imputato dal rischio di vedersi infliggere in appello una sanzione più grave.

Il principio del favor rei quando è applicato alla materia della libertà personale diventa favor libertatis.


IL CONTRADDITTORIO ART. 111 COST.


Il principio del contraddittorio trova espressione nell'art.111Cost. che può essere interpretato in un duplice senso:


  • PROFILO OGGETTIVO DEL PRINCIPIO Il legislatore riconosce che il co.4 primo periodo dell'art.111 è una norma posta a tutela del processo penale cioè funzionale ad assicurare il contraddittorio che non è un contraddittorio sulla prova (cioè un dibattito di opinioni sui risultati dell'istruzione), ma è un contraddittorio per una prova che deve essere formata attraverso la contrapposizione di interventi.

  • PROFILO SOGGETTIVO DEL PRINCIPIO Il legislatore riconosce che il co.3 e il co.4 secondo periodo dell'art. 111 cost sono idonei a tutelare gli interessi ed i diritti dell'imputato o accusato e lo ha voluto sottolineare disponendo "la legge assicura che la persona accusata di un reato...abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico" e quando l'accusato non abbia potuto usufruire di tale diritto la legge pone il divieto probatorio che si configura come una sanzione che tutela la valenza soggettiva del principio.

LA PUBBLICITA', L'ORALITA', L'IMMEDIATEZZA E LA CONCENTRAZIONE


Il dibattimento è la fase che disegna meglio il processo penale ma si tratta di un procedimento complesso ed è per questo che il legislatore si è preoccupato di arricchire tale fase di un complesso di norme che tendono ad assicurare la giustizia della decisione e la libertà degli individui. Questa ratio si sottende ai 5 principi che informano il dibattimento:


  • PRINCIPIO DI PUBBLICITA' Per la pubblicità occorre l'intervento delle parti, ma anche quello del popolo per esigenze di garanzia della giustizia perché tale partecipazione da un lato rende trasparente l'indipendenza e l'imparzialità del giudice, dall'altro consente il controllo diretto dell'attività (in tale contesto tutti si sentono più obbligati a dire la verità e ad adempiere al massimo alle loro funzioni). L'ingresso nella sala è impedito a coloro che sono sottoposti a misure di sicurezza o appaiono in stato di ubriachezza o intossicazione e alle persone che portano oggetti atti a molestare lo svolgimento del processo.

Il nostro ordinamento conosce due tipologie di pubblicità:

1. IMMEDIATA consiste nella possibilità che il pubblico assista allo svolgimento del processo percependo senza alcun filtro tutto ciò che si dice. Tuttavia ci sono delle eccezioni nelle quali il giudice dispone l'udienza a porte chiuse e cioè quando la pubblicità può nuocere al buon costume, si diffondano notizie da mantenere segrete, si rechi pregiudizio alla riservatezza dei testimoni. Tuttavia ci sono dei casi in cui si procede a porte chiuse ma vi è la possibilità di pubblicare gli atti del dibattimento e cioè quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, sia necessario salvaguardare la sicurezza dei testimoni od imputati.

A tal proposito segnaliamo la L. 66/1996 e la L. 269/1998 e la L. 228/2003 che prevede il dibattimento a porte chiuse con facoltà di richiederlo solo per la parte offesa nei dibattimenti relativi a violenza sessuale o prostituzione minorile.


2. MEDIATA è quella che deriva dai mezzi di informazione (stampa, radio, televisione). Il giudice, se le parti lo consentono, può persino autorizzare riprese purché non ne derivi pregiudizio per il sereno svolgimento dell'udienza. Tuttavia l'autorizzazione può essere data anche senza il consenso delle parti quando l'udienza è di interesse sociale.


  • PRINCIPIO DI ORALITA' E' un principio che si lega strettamente alla pubblicità e la ratio è quella di garantire la genuinità degli atti perché la formazione degli atti si abbia durante il processo e non in un tempo anteriore.

LIMITI: non potendo rinunciare alle prove che si formano per iscritto, il principio viene salvaguardato con la lettura pubblica dell'atto

  • PRINCIPIO DI IMMEDIATEZZA La sentenza deve essere deliberata dagli stessi giudici che hanno presenziato alla fase dell'istruzione, la ratio è l'esigenza che il dibattimento si attui con la diretta e costante partecipazione di tutte le persone. Nel caso di impedimento di una componente del collegio dovrà provvedersi alla sospensione o al rinvio, salvo che si preferisca sostituire il giudice ma rinnovare integralmente gli atti.

Da tale principio derivano due corollari:

Deve esservi identità fisica tra il giudice che decide e quello che ha presenziato alle udienze. La decisione deve essere basata sulle prove che sono state acquisite in tale fase.

Art. 526 c.p.p., il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento


  • PRINCIPIO DI CONCENTRAZIONE Il dibattimento deve svolgersi quanto più possibile concentrato nel tempo e nello spazio.

SPAZIO si sostanzia nel principio della localizzazione cioè il dibattimento deve svolgersi in un luogo appositamente attrezzato per lo scopo nel quale devono trovarsi tutti coloro che possono partecipare al dibattimenti. ECCEZIONI: l'art.502 in forza del quale in caso di assoluto impedimento a comparire di testimone o perito, il giudice può disporre l'esame nel luogo in cui si trova.

TEMPO Si specifica nel principio di continuità per il quale una volta iniziato, il dibattimento, deve svolgersi senza soluzione di continuità. La ratio è che la soluzione deve formarsi solo in base a quanto è emerso nel dibattimento. Ex art. 477 quando non è possibile esaurire il dibattimento, il presidente dispone che venga proseguito nel giorno seguente non festivo e può sospendere il dibattimento per ragioni di assoluta necessità fino ad un massimo di 10 gg non festivi.

Le ipotesi di sospensione possono essere divise in tre gruppi

    1. contempla la necessità di accordare un termine ulteriore per la preparazione della difesa
    2. casi in cui all'udienza non sono presenti persone di cui è indispensabile la presenza
    3. ipotesi in cui bisogna procedere all'eliminazione di un ostacolo temporaneo.

IL DIRITTO DI DIFESA art.24 Cost.


L'art.24 Cost. dispone che " La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato o grado del procedimento". La norma si è preoccupata di attribuire all'imputato una tutela giudiziaria della sua posizione di libertà.

Sotto il profilo processuale è la reazione democratica al principio di autorità perché con la proclamazione di questo principio si vuole tutelare dagli abusi del regime totalitario.

EFFICACIA DELLA NORMA questa norma si configura come una enunciazione generale perché pone una direttiva che necessita di un successivo intervento legislativo per riprodurre il principio in tutte le fattispecie in cui dovrebbe operare e questo perché il legislatore non ha voluto irrigidire la norma, ma il prezzo da pagare è una sorta di indeterminatezza che necessita di un lavoro di specificazione.


Il secondo precetto dedicato a tale tutela è l'art.111 Cost. " la giurisdizione si applica mediante il gusto processo regolato dalla legge" (comma primo)

Il comma terzo della norma contempla il DECALOGO DELLE GARANZIE riconosciute alla persona accusata.

Dal punto di vista sostanziale però sono state mosse obiezioni di carente originalità al testo dell'articolo:

La norma riproduce sostanzialmente un diritto fondamentale già presente nel tessuto costituzionale (art.24)

Le singole garanzie sono già state tutte previste dall'art.6 della Convezione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.


A livello internazionale il diritto di difesa è presente in:


art.11 Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo

Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (art.6 "l'accusato può disporre del tempo necessario per preparare la difesa")

Patto internazionale sui diritti civili e politici


Dalla lettura delle norme internazionali e interne si può capire la funzione del diritto di difesa:

Molti ritengono che stia ad indicare una particolare prospettiva di processo caratterizzata da precise relazioni tra accusa, difesa e giudizio (è stata però mossa l'obiezione che il diritto di difesa prevede delle garanzie anche quando il processo non è improntato su tale schema e che quindi prescinde dal sistema processuale adottato).

Altra parte della dottrina invece fornisce una lettura in chiave utilitaristica vedendolo come strumentale ai fini della tutela giurisdizionale e quindi resterebbe legata alla costituzione (tale orientamento ha il pregio di mettere in evidenza la correlazione dinamica tra azione giudiziaria e diritto di difesa)


LA NON CONSIDERAZIONE DI COLPEVOLEZZA FINO ALLA CONDANNA


Le radici di tale convincimento sono nell'art.27 co.2 "l'imputato non è considerato colpevole fino a condanna definitiva".

La corretta applicazione di tale principio consente di verificare in modo concreto il livello di protezione delle garanzie poste a sostegno dell'intero comparto.

Le espressioni PRESUNZIONE DI INNOCENZA e PRESUNZIONE DI NON COLPEVOLEZZA sono sinonimi ma l'espressione presunzione di innocenza allude alla sfera etica, mentre la non considerazione di colpevolezza indica più propriamente la carta costituzionale per cui è preferibile anches e fondamentalmente non ci sono conseguenze sul piano delle garanzie costituzionali ma cambia solo il significato storico.

La non considerazione di colpevolezza è diventata uno dei principali cardini processuali.

L'ONERE DELLA PROVA spetta quindi all'accusa.

La nostra costituzione ha concepito il processo penale come accertamento della colpevolezza e non dell'innocenza e quindi in una simile ottica non considerare colpevole sino al passaggio in giudicato vuol dire negare la sua colpevolezza.

Uno degli aspetti più problematici della considerazione di non colpevolezza è rappresentato dal rapporto con l'esigenza delle misure cautelari, infatti l'art. 27 Cost si intende come LIMITE per il legislatore in questo ambito, in quanto quindi la presunzione di non colpevolezza è finalizzata ad arginare gli eccessi in materia cautelare personale.


IL PRINCIPIO DEL LIBERO CONVINCIMENTO


Alla fine della fase dibattimentale c'è il momento DECESORIO in cui si decide della responsabilità dell'imputato. Il codice non prescrive un modus operandi che viene lasciato alla libertà del magistrato. Il cardine di riferimento in questo caso è IL PRINCIPIO DEL LIBERO CONVINCIMENTO che però non deve essere confuso con il libero arbitrio che attiene invece all'atteggiamento psicologico del soggetto persuaso da qualcosa.

La ratio di questo principio è che la decisione deve essere effettuata senza pressioni e secondo propria razionalità.

Il principio non è enunciato in nessun articolo ma sono rinvenibili nell'ordinamento vaghi riferimenti.


La paura del legislatore che il libero convincimento si trasformi in libero arbitrio lo ha spinto a prevedere dei LIMITI:


  • ART. 190 DISCIPLINA DELLE PROVE sono le parti a chiedere l'ammissione delle prove che riguardano ex art. 187 un oggetto ben definito

  • Art. 496 e segg DISCIPLINA DELL'ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE

Un importante riferimento circa il ragionamento probatorio nel quale si realizza il libero convincimento è dato dall'art.192 "il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati". Attraverso l'onere della motivazione in cui il giudice indica il percorso logico effettuato. La motivazione deve altresì contenere l'indicazione delle prove poste alla base della decisione. Ne consegue che la valutazione delle prove deve essere un'attività legale perché si deve esercitare su prove legittimamente acquisite e razionale perché il giudice è tenuto a utilizzare criteri di ragionevolezza.


Il libero convincimento dovrebbe essere vincolato alla base probatoria, ma la realtà non è così perché il momento valutativo è un'area esclusiva del giudice in cui convergono le sue idee e i suoi valori e soprattutto ignota agli altri. Il giudizio quindi diventa un mistero bisognosa di contrappesi per bilanciare la libertà di movimento del decidente.

Elementi compensatori possono essere rinvenuti nelle REGOLE DI GIUDIZIO. Il giudice tende a ricostruire il fatto oggetto dell'accusa per accertare le responsabilità, quindi il dibattimento diviene il locus di ricostruzione del fatto. In realtà il giudice non verifica il fatto in sé ma la verità dell'affermazione di esistenza di quel fatto. Quando si afferma un fatto non ci si basa sulla diretta conoscenza ma sull'estensione ad esso di un criterio generale che ci insegna che secondo logica e le leggi di natura un fatto può essere avvenuto o meno. Comunque qualsiasi sia il metodo utilizzato il risultato non porterà alla certezza assoluta propria della logica, ma ad un giudizio di alta credibilità. Quindi il giudice quando decide lo fa senza ignorare che le cose potrebbero essere andate diversamente e questo in dottrina è noto come PUNTO DI CONVINCIMENTO cioè un momento che sfugge alle regole della logica.


Diverse sono le opinioni su quale debba essere il ragionamento del giudice. La problematica s'incentra sui tipi di metodologia utilizzati dal giudice nella ricostruzione dei fatti. Secondo alcuni si dovrebbe ricorrere alla logica affinchè si raggiunga una soluzione che possa contare su un'alta probabilità scientifica. Da qui l'idea di applicare le teorie logico-matematiche alla valutazione delle prove, ma l'applicazione di queste teorie non ha dato i risultati sperati e portava spesso a soluzioni incerte.

Bisogna invece aderire all'indirizzo interpretativo che vede la soluzione migliore nel circolo ermeneutico dove convergono metodologie logiche, leggi scientifiche e massime d'esperienza che portano ad un più alto grado di probabilità in cui contenere il principio del libero convincimento.

PROCESSO PENALE ED INFORMAZIONE


Per molto tempo si è ritenuto che il processo penale dovesse svolgersi in un'aria di segretezza per metterlo a riparo da interventi che potessero vanificare i risultati. Da qui ci furono numerosi tentativi volti a sminuire un adeguato sistema informativo (utilizzati nei confronti dei soggetti per informarli delle modalità, prerogative..).

Sono molte le ragioni che hanno indotto a penare che la segretezza fosse indispensabile, ma sappiamo bene che non basta attribuire in astratto un diritto ad un soggetto, ma è necessario porlo al corrente della sua titolarità cosa che un modello di stampo inquisitorio non rende possibile.

Durante la vigenza del codice 1865 si effettuarono i primi passi verso l'informazione, infatti l'istruttore doveva considerare l'imputato come un soggetto che usa un suo diritto per tutelare la sua incolumità. La tendenza a considerare il sistema degli avvenimenti come uno strumento di tutela assume contorni più precisi con il CODICE 1973 che pone a carico dell'autorità l'obbligo di contestare il fatto all'imputato in modo chiaro e preciso.

Questa maggiore sensibilità del legislatore alle problematiche relative alla tutela dell'imputato ha portato a riconoscere un diritto al silenzio che garantisce la libertà di non collaborare e lo strumento più efficace è proprio l'avvertimento.

Il codice di procedura del 1930 si afferma in un periodo di cambiamento tra stato-cittadino, non vi è più distinzione tra imputato e colpevole e quindi viene soppressa ogni forma di avvertimento perché considerata superflua.

Con la Costituzione del 1948 viene rivalutata la figura dell'imputato titolare di garanzie difensive ex art. 24 Cost. e per questo libero di contribuire o meno all'istruzione probatoria.

Il legislatore del 1969 prevedendo gli art. 78 (facoltà dell'imputato di non rispondere) e l'art. 304 (obbligo del giudice di avvertirlo) lascia presagire che sarebbe stata la svolta decisiva.

Il legislatore del 1988 ha effettuato una scelta di fondo cercando di dare un'impronta accusatoria del processo penale che si traduce con un ampio riconoscimento del diritto dell'imputato che può negare ogni forma di collaborazione sotto il profilo probatorio tendente a scongiurare la misura cautelare come strumento di pressione per ottenere una confessione.


LA SEGRETEZZA COME RIMEDIO ALLA DISPERSIONE DELLA PROVA


Il segreto investigativo ha come finalità di proteggere la ricerca della verità contro gli atti che possono mettere in pericolo la genuinità delle prove. Ai sensi dell'art.329 cpp. per gli atti d'indagine compiuti dal PM è previsto l'obbligo del segreto, tale vincolo comporta che l'atto opera oggettivamente nei confronti di tutti i soggetti che siano a conoscenza ed il soggetto che rivela illegittimamente incorre in una sanzione. Il DIVIETO DI RIVELAZIONE permane fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza, e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari art. 329. Il codice tuttavia ha previsto la possibilità per il PM di ampliare l'oggetto del segreto:

  1. ipotesi di tenere segreti atti che sarebbero conoscibili
  2. l. 397/2000 è la facoltà del PM di esercitare il segreto anche sul fatto storico oggetto dell'atto.

Ci sono invece alcuni atti il cui compimento richiede il necessario preavviso del difensore che assiste al compimento dello stesso: si tratta dell'interrogatorio, ispezione e confronto, detti DIRITTI GARANTITI.

Vi è poi un'altra categoria di atti ATTI A SORPRESA ai quali il difensore ha la facoltà di assistere senza avere diritto di preavviso e si tratta di perquisizione e sequestri ex art. 365 cpp.

La conoscenza di questi atti permette all'indagato di verificare la credibilità della fonte di prova e soprattutto di ricercare prove a proprio favore e tali atti sono regolati in base all'art.111 Cost. secondo cui "l'accusato ha diritto ad essere avvisato nel più breve tempo possibile".

L'art. 415 bis. Cpp. prevede il divieto di pubblicazione degli atti fino alla chiusura delle indagini preliminari.


CONTRADDITTORIO, ESIGENZE PARTECIPATIVE ED INFORMAZIONE DEGLI ATTI PROCESSUALI.


L'esigenza di partecipazione si coordina con il principio della parità di armi fra le parti. Si tratta di riconoscere una serie di diritti alle parti di modo che la loro partecipazione possa svolgersi nel rispetto del principio del contraddittorio.

Perché si abbia una partecipazione personale attiva al processo è necessario che l'accusato sia messo nelle condizioni dell'andamento, cioè che indispensabile che venga avvisato tempestivamente dell'esistenza del procedimento a suo carico. Questa prerogativa è stata riconosciuta dall'art.111 co.3, ma il nostro sistema non aveva uno strumento il cui fine fosse quello di avvisare l'indagato. La l.392/69 si ha L'AVVISO DI PROCEDIMENTO atto con il quale l'autorità informava l'indagato del procedimento. Ma questo strumento fu presto visto come una gogna per cui nel 1988 il codice fu ribattezzato INFORMAZIONE DI GARANZIA e rappresenta il compromesso tra due tendenze:

  • Necessità di salvaguardare il buon esito delle indagini svolte
  • Il diritto dell'indagato a essere informato del procedimento tempestivamente.

Il nuovo codice è invece meno garantista, infatti l'art. 304 vecchio stabiliva che la comunicazione giudiziaria deve essere invitata dal primo atto d'istruzione, mentre l'attuale 369 stabilisce che l'informazione di garanzia debba essere data dal PM solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere.

La L.60/2001 ha introdotto una nuova garanzia L'INFORMAZIONE DELLA PERSONA SOTTOPOSTA ALLE INDAGINI SUL DIRITTO DI DIFESA cioè al primo atto cui la difesa deve assistere il PM deve notificare all'indagato la comunicazione di nomina del difensore per garantire l'esercizio della difesa. Questa comunicazione ex 369 bis può essere doppione della 369.


LE ESIGENZE PARTECIPATIVE E L'ESERCIZIO DELL'AZIONE PENALE.


Per una piena partecipazione dell'imputato deve essere data la possibilità di prendere visione degli elementi raccolti dall'accusa nei suoi confronti.

Gli art. 416 e 555 della L. 234/1997 sanciscono la nullità della richiesta di rinvio a giudizio se non è preceduto dall'invito dell'autorità all'indagato di presentarsi per rendere l'interrogatorio.

Questo invito interveniva nel momento in cui l'indagato era ancora all'oscuro degli elementi dell'accusa, così l'interrogatorio diventava rischioso per la sua posizione. Con la LEGGE CAROTTI fu introdotto l'art. 415 bis secondo cui questo invito è finalizzato a consentire all'imputato di difendersi attraverso prove poiché gli permette di valutare le prove raccolte dall'accusa a sua carico, quindi gli permette di esercitare la difesa prima ancora che l'azione penale sia esercitata.

L'avvertimento della conclusione delle indagini include anche una serie di avvertimenti che informano l'indagato sulle facoltà che la legge gli riconosce, prima fra tutte la POSSIBILITA' DI VISIONARE IL FASCICOLO DELLE INDAGINI. Una volta presa conoscenza del contenuto del fascicolo all'indagato e al difensore è data la possibilità di intraprendere delle iniziative ex 415 bis cpp.( presentare entro 20 gg memorie, chiedere di rilasciare dichiarazioni, depositare documenti relativi all'attività investigativa).

Con l'avvertimento ex 415 bis si chiude la fase delle indagini preliminari e si passa alla fase giurisdizionale.

Quindi in conclusione la funzione dell'avvertimento ex 415 è INFORMARE IL DESTINATARIO DEI DIRITTI DI CUI DISPONE.


LA FUNZIONE DEGLI AVVISI, DEGLI AVVERTIMENTI, DELLE AMMONIZIONI E DELLE ESORTAZIONI: UN DISTINGUO IMPRESCINDIBILE.


GLI AVVISI assolvono all'esigenza di fornire ai soggetti che vengono coinvolti i mezzi per poter contribuire al processo.


Dobbiamo però distinguere gli avvisi in avvertimenti dalle ammonizioni ed esortazioni in base al loro valore processuale:


AVVERTIMENTI hanno il compito di porre all'attenzione del destinatario la situazione giuridica in cui viene a trovarsi senza intaccare la sua sfera di autodeterminazione.


AMMONIZIONI ED ESORTAZIONI mirano a stimolare o impedire un comportamento da parte di un soggetto.


Altri sostengono che la distinzione debba essere fatta in base al contenuto dell'avviso:


AVVERTIMENTI contengono la mera descrizione di facoltà ed obblighi del destinatario. Hanno funzione di garanzia rappresentando al destinatario situazioni che altrimenti l'uomo comune non sarebbe in grado di comprendere, proprio perché se il soggetto non fosse a conoscenza di queste cose sarebbe neutralizzato nel processo. Si tratta di strumenti più incisivi per combattere l'ignorantia legis.


ESORTAZIONI E AMMONIZIONI riguardano dei doveri specifici dei destinatari.


Prima della legge 2/1999 il diritto all'informazione era tutelato dall'art. 24 Cost., con la riforma del 1999, l'art.111 Cost. al co. 3 assicura alla persona di essere informata tempestivamente per evitare che il passar del tempo abbia riflessi negativi sulla difesa.

Ma la costituzione non è l'unica fonte perché a livello internazionale ci sono la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo ed il Patto internazionale sui diritti civili e politici dove si sottolinea bene il diritto della persona sottoposta a procedimento ad essere informato nel più breve tempo possibile.


Sottolineamo infine che al diritto di essere informato si contrappone l'obbligo per l'apparato giudiziario ad informare


GLI AVVERTIMENTI COME STRUMENTO DI TUTELA PROCESSUALE: L'INTERROGATORIO DELL'INDAGATO


Abbiamo visto come gli avvertimenti scongiurano l'ignorantia legis.

Essi s'indirizzano sia all'imputato che a soggetti diversi e in base a questo possiamo suddividere gli avvertimenti in due categorie:

  1. QUELLI CHE RIGUARDANO ESCLUSIVAMENTE LA PERSONA CONTRO CUI SI PROCEDE Il più discusso degli avvertimenti di questa categoria è quello ex ° art. 64 cpp. il cui comma 3 (come modificato l.63/2001) prevede che l'indagato riceva informazioni prima che l'interrogatorio abbia inizio. Con questo avvertimento si mette in guardia l'indagato del possibile utilizzo delle sue dichiarazioni.

° Il secondo avvertimento è quello che riguarda la FACOLTA' DI NON RISPONDERE ad alcuna domanda e l'obbligo di rispondere secondo verità alle domande riguardanti la sua identità. Ma perché si abbia una completa garanzia a riguardo è necessario che l'indagato venga informato dell'esistenza di questo diritto.


Avvertimento introdotto dalla L. 63/2001: l'indagato è avvertito che se renderà dichiarazioni su fatti concernenti la responsabilità di altri, assumerà per tali atti l'ufficio del testimone. Tale avvertimento va rivolto a qualunque indagato perché nel momento in cui viene chiamato a rendere le dichiarazioni non è ancora chiara la sua posizione, allora se risulta una connessione ex art. 12 lett c o ex 371 la posizione sarà quella di testimone; se si tratterà di coimputati nel medesimo reato resterà l'esame delle parti poiché vi p incompatibilità con la qualifica di testimone. Secondo il vecchio 197 l'incompatibilità interessava tutti gli imputati connessi o collegati; nel nuovo testo all'interno delle ipotesi di connessione è stato distinto il legame più stretto (concorso di reato) e legame più attenuato (connessione teleologica) e solo nella prima ipotesi è stata prevista l'incompatibilità con la figura del testimone.

I coimputati del medesimo reato possono accusare e successivamente sottrarsi al contraddittorio poiché non hanno l'obbligo di dire la verità. All'interno di questa categoria distinguiamo:

    • COLORO CHE RENDONO DICHIARAZIONI SU FATTO PROPRIO l'audizione segue le regole ordinarie (503- 513)
    • DICHARAZIONI ETEROACCUSATORIE cioè sull'altrui responsabilità per poter sentire di nuovo il soggetto, in questo caso dovranno seguirsi le regole previste per l'esame delle persone indagate in procedimento connesso (art. 210). L'indagato potrà non rispondere ma ha l'obbligo di comparire.
    • La l. 534/1977 ha introdotto la categoria dei collaboratori di giustizia, mantenuta poi dal legislatore del 1988 per salvaguardare il principio di non dispersione della prova che la disciplina della connessione non appagava nei casi in cui questi si fossero avvalsi della facoltà di non rispondere. Il vecchio 513 prevedeva la lettura delle dichiarazioni delle persone del 210 solo nelle ipotesi in cui non fosse stato possibile sentile personalmente. La S.254/1992 dichiarò la sua illegittimità costituzionale, però il problema era che sempre più persone si avvalessero della facoltà di non parlare. La L. 267/1997 intese però porre rimedio dettando una disciplina contrastante all'orientamento della corte così che il testo del 513 consentisse su richiesta di parte la lettura delle dichiarazioni dell'imputato assente o che si rifiutava di parlare, con l'utilizzabilità solo degli imputati che avessero prestato consenso. L'art. 513 introduceva così il PRINCIPIO DI DISPONIBILITA' DELLA PROVA A CARICO rendendo il dichiarante arbitro dell'esito del processo.

Con la S.361/1998 la Corta in nome del principio di non dispersione della prova ha bocciato il progetto di oralità nel contraddittorio del legislatore del 1997 dichiarando illegittimo il nuovo 153 nella parte in cui non prevede che il dichiarante rifiuti o ometta di rispondere su fatti riguardanti la responsabilità di altri oggetto delle sue precedenti dichiarazioni. Inoltre ha dichiarato l'illegittimità del 210 nella parte in cui non ne rende l'applicabilità anche all'esame dell'imputato nel medesimo processo di fatti concernenti la responsabilità altrui..

La figura del dichiarante è stata assimilata a quella del testimone con riferimento all'imputato sia del medesimo che di altro procedimento.


  1. QUELLI CHE VENGONO RIVOLTI A SOGGETTI DIVERSI DALL'ACCUSATO

AVVERTIMENTO EX 63 CPP si pone in una posizione intermedia alle due categorie. Qualora una persona diversa da quella sottoposta ad indagini rilasci, dinanzi a all'autorità, una dichiarazione da cui emergono indizi della sua reità, l'autorità deve interrompere il dichiarante ed avvisarlo che tali dichiarazioni potranno portare ad indagini sul suo conto e lo invita a nominare un difensore. La FINALITA' della norma è tutelare la persona che abbia inconsapevolmente rilasciato delle dichiarazioni a sé sfavorevoli.


SEGUE: L'INFORMAZIONE DI GARANZIA EX ART. 369 CPP


Il primo problema posto dal diritto di difesa riguarda il momento in cui il soggetto viene a conoscenza del processo a suo carico di modo che possa cercare le fonti tempestivamente e difendersi.

Questa funzione è assolta dall'avvertimento ex 369 cioè INFORMAZIONE DI GARANZIA il cui scopo è informare l'indagato sul procedimento a suo carico.

Deve essere inviata in piego chiuso raccomandato alla persona sottoposta alle indagini e in caso di urgenza notificato dalla polizia giudiziaria inviata anche alla persona offesa dal reato.

Secondo l'art. 369 va inviata solo nel momento in cui il PM deve compiere un atto a cui il difensore ha diritto di assistere (atto garantito).

In realtà sostenere che l'esigenza sorgeva solo con il primo atto garantito sembrava una presa in giro. La giurisprudenza inoltre negava il diritto all'informazione sull'iscrizione nel registro delle notizie di reato con la conseguenza che l'indagato era all'oscuro del procedimento perché il Pm non aveva posto nessun atto garantito.

Quindi la disciplina previgente era inadeguata quindi l'unica soluzione era la MASSIMA ANTICIPAZIONE DELLA CONOSCENZA DEL PROCEDIMENTO(sempre nella compatibilità della riservatezza investigativa).


SEGUE: L'INFORMAZIONE SUL DIRITTO DI DIFESA EX ART. 369-BIS CPP


E' di recente introduzione questo tipo di avvertimento e consiste nella comunicazione contenente tutti gli elementi che informano l'indagato di tutti gli obblighi e le facoltà connesse alla difesa tecnica. (facoltà di nominare il difensore di fiducia, dell'obbligatorietà alla difesa tecnica, il nominativo alternativo del difensore d'ufficio, l'indicazione di retribuire il difensore d'ufficio qualora non sussistano le condizioni per accedere al beneficio)

Questo avvertimento deve essere dato prima dell'esplicazione di un atto garantito cui il difensore deve assistere di modi che l'indagato abbia il tempo necessario per organizzare la sua difesa.




SEGUE: L'AVVISO DI CONCLUSIONE DELLE INDAGINI PRELIMINARI EX ART. 415 BIS.CPP.


E' un avviso di esclusiva prerogativa dell'imputato e deve essere inviato prima che le indagini preliminari siano concluse e solo nell'eventualità che il PM non debba richiedere archiviazione ex art. 408 e 411.

Si tratta di una norma di chiusura inserita dalla LEGGE CAROTTI. Questo avvertimento ha il compito di mettere l'indagato nelle condizioni di interloquire sul contenuto del fatto per il quale si procede attraverso una serie di facoltà(presentazione di memorie, rilascio di dichiarazioni e documenti, sollecitazioni al PM.

La disposizione in esame impone al PM di "scoprire le carte" prima di formulare l'atto imputativo al fine di evitare l'equivocità del materiale raccolto. Infatti l'art. 415 bis dispone che il PM se non deve formulare la richiesta di archiviazione, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore avviso della conclusione delle indagini preliminari.

Risulta quindi uno strumento di collaborazione per la buona riuscita del processo rispondendo all'esigenza dell'indagato di prendere coscienza delle contestazioni e degli elementi raccolti dal PM per realizzare un processo partecipato.


L'avviso contiene una enunciazione del fatto per il quale si procede, le norme che si assumono violate nonché data e luogo dell'avvertimento. Si allega inoltre l'avvertimento che la documentazione è depositata presso la segreteria del PM e che l'indagato ed il difensore possono prenderne visione (co.2)

L'avviso contiene anche l'avvertimento per l'imputato del fatto che entro 20 giorni può presentare memorie, produrre documentazioni del difensore e rilasciare dichiarazioni, ovvero sottoporsi ad interrogatorio (il PM sarà obbligato a procedervi).


Quando il PM, a seguito delle richieste dell'indagato, dispone nuove indagini queste devono essere compiute entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta ed il termine può essere prorogato dal GIP , su richiesta del PM, per una sola volta e per non più di 60 giorni.


L'informazione di conclusione delle indagini preliminari si colloca tra due momenti importanti ai fini della conoscenza dell'accusa: informazione di garanzia (rispetto alla quale ha qualcosa in più ) e richiesta di rinvio a giudizio (rispetto alla quale ha un qualcosa in più) quindi si configura come una informazione intermedia.


Per quanto riguarda le conseguenze giuridiche dell'omesso avvertimento sono diverse le norme che contengono disposizioni a riguardo:


  • ART. 64 CO.3 cpp. prevede una duplice conseguenza innanzitutto le dichiarazioni rese dell'indagato sui fatti che concernono la responsabilità di terzi non sono utilizzabili ed in secondo luogo l'indagato non potrà assumere la qualità di testimone sulle dichiarazioni rese in assenza dell'avvertimento.

  • ART. 416 cpp prevede la nullità del rinvio a giudizio

Queste disposizioni sono l'espressione del passo avanti che è stato compiuto perché nel codice previgente si prevedevano una varietà di norme stilisticamente differenti e con dubbi interpretativi che non prevedevano mai un'espressa sanzione.

Tuttavia restano ancora molti aspetti problematici, si pensi ad esempio al caso in cui si decreti la nullità della richiesta di rinvio a giudizio. In questo caso il Pm deve inviare l'avviso, valutare la documentazione e se c'è infondatezza della sua azione la logica prevederebbe la richiesta di archiviazione al GIP. In realtà molti ritengono che questa soluzione violerebbe il principio di irretrattabilità dell'azione penale per cui il PM sarebbe sempre obbligato ad esercitare l'azione penale, spettando solo al giudice di prosciogliere. Ma questa soluzione oltre a contrastare con l'economia processuale, comporta una regressione del procedimento e quindi non ha senso parlare di irretrattabilità dell'azione se no c'è azione da ritrattare.


Questo discorso mette alla luce un altro problema e cioè che l'atto processuale non è fine a se stesso, ma è inserito in un procedimento caratterizzato da una serie di atti q quindi l'invalidità di un atto si diffonda sugli altri. A tal proposito è importante individuare la natura del rapporto tra i vari atti. La giurisprudenza a tal proposito ha dapprima collegato gli atti sulla base di dipendenza cronologica, poi sulla causalità esclusiva cioè no basta che i due atti siano legati da dato cronologico, ma è necessario che vi sia un nesso di causalità di tipo sostanziale, cioè un RAPPORTO DI DIPENDANZA NECESSARIA.

Con il codice attuale è divenuto pacifico che è necessario che gli atti siamo in RAPPORTO DI DERIVAZIONE effettiva e non solo causale, perciò l'omissione dell'avvertimento rende nullo non solo quell'atto processuale ma anche tutti gli altri eventuali se sono legati da dipendenza logica.


LA GIURISDIZIONE


Il legislatore non fornisce un concetto di giurisdizione,ma per analizzarla dobbiamo esaminare i due profili di cui essa si compone:


  • STATICO giuridicità come espressione di sovranità per mezzo della quale lo stato esercita lol ius dicere

  • DINAMICO la giurisdizione come strumento per lo stato per tradurre in precetti concreti gli aspetti normativi

Si può quindi delineare un sistema nel quale la figura del giudice deve presentare i requisiti di imparzialità (art. 102 co.3 Cost "i giudici sono soggetti solo alla legge") ed indipendenza (art. 104 Cost "Il CSM come ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere") senza i quali non si potrebbe avere la iurisdictio.

Ma l'importanze del giudice terzo di evince anche da altre disposizioni come l'art.112 Cost che sancendo l'obbligatorietà dell'azione penale esalta la regola dell'imparzialità del giudice imponendogli di non farsi carico dell'azione penale che ne pregiudicherebbe la terzietà.


La giurisdizione è esercitata da giudici ordinari e speciali:


  • GIUDICI ORDINARI hanno competenza generale a giudicare tutte le persone e sono istituiti e regolati dalle norme dell'art.112 Cost.
    • Giudici ordinari di primo grado: Corte di Assise, Tribunale in composizione monocratica e collegiale; giudice di pace; tribunale per i minorenni
    • Giudici ordinari di secondo grado: Corte di assise di appello; corte di appello; sezioni delle corti di appello per i minorenni.

Al vertice della giurisdizione ordinaria vi è la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE con sede a Roma con competenza nazionale e davanti alla quale possono essere impugnate tutte le sentenze per motivi di legittimità.

In forza dell'art. 106 Cost. la giur. Ordinaria è formata da magistrati professionisti la cui nomina avviene per concorso pubblico. Tuttavia al co.2 della presente norma si prevede la nomina di magistrati elettivi c.d. onorari.

Inoltre elementi non appartenenti alla magistratura detti "laici" intervengono per coadiuvare la magistratura professionale nella formazione dei collegi giudicanti.


  • GIUDICI SPECIALI Hanno competenza a giudicare solo talune persone in ragione delle loro caratteristiche soggettive. Si tratta di giudici militari e della Corte costituzionale (competente a giudicare i reati di alto tradimento e di attentato alla costituzione da parte del presidente della repubblica). Questa giurisdizione è nata per salvaguardare i privilegi legati alle classi sociali, ma la cost. all'art.102 ne fa espresso divieto.

LE QUESTIONI PREGIUDIZIALI


L'accertamento della responsabilità penale può richiedere la risoluzione di questioni di natura non penale ma dal cui esito dipende l'esistenza del reato le c.d. QUESTIONI PREGIUDIZIALI.

Si tratta di questioni di carattere civile o amministrativo che costituiscono antecedente logico-giuiridico alla decisione del giudice ( es reato di appropriazione indebita, si pone prima il problema di accertare la titolarità).


La regola generale a riguardo ex art.2 co.1 cpp. Stabilisce che il giudice deve risolvere ogni questione da cui dipende l'esito del processo senza osservare limiti probatori per mettere l'imputato nelle condizioni di esplicare al meglio la sua difesa .

La decisione assunta ex art.2 co.2 non ha efficacia vincolante in nessun altro processo.

Tuttavia vi sono alcune eccezioni all'art. 2 dettate per evitare che vi siano fenomeni di contrasto logico di giudicati:

  • Questione civile o amministrativa di particolare complessità ex 479
  • Sia già in corso un procedimento nella sede competente
  • Il giudice può sospendere con ordinanza il dibattimento fino a che la questione non sia decisa. Se il processo civile o amministrativo non si conclude entro un anno si da al giudice di sospendere o revocare l'ordinanza di sospensione

Si prevede una situazione particolare per le situazioni pregiudiziali attinenti allo stato di famiglia o di cittadinanza, vale anche in questo caso la regola generale però i poteri di accertamento del giudice sono più limitati perché è vincolato ai limiti di prova stabiliti dalle leggi civili ex art. 193.


Se la questione pregiudiziale è seria, ex art.3, si da la possibilità al giudice di sospendere fino a che non ci sia il passaggio in giudicato che definisce la questione.


L'INTRODUZIONE DEL GIUDICE UNICO


Una figura storica era il pretore che decideva del dibattimento come giudice singolo per tutti i reati fino ad un max di pena di 4 anni.

Con la legge 51/1998 la figura del pretore è stata soppressa e sostituita dal giudice unico. Obiettivo della riforma è di porre rimedio al problema della lunghezza del procedimento.

  • Al giudice unico sono affidati tutti i processi in cui la pena edittale arriva a 10 anni. Il processo davanti al giudice unico si può svolgere secondo due modelli procedurali
    • Reati di minore gravità: è caratterizzato dall'essenza di udienza preliminare. L'esercizio dell'azione avviene tramite la citazione diretta a giudizio del PM senza vaglio di legittimità.
    • Reati più gravi: prevede lo svolgimento dell'udienza preliminare al pari delle udienze in tribunale collegiale.

  • Al tribunale collegiale (3 giudici) sono assegnati tutti i processi aventi ad oggetto reati puniti con pena massima superiora a 10 anni nonché quelli previsti da specifiche disposizioni di legge

IL GIUDICE NATURALE


L'ART. 25 Cost. stabilisce che "nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge", ove per giudice naturale s'intende il giudice più idoneo a trattare la causa.


Il codice individua tre criteri di individuazione della competenza:


  1. COMPETENZA PER MATERIA art. 5 e ss ha riguardo alla qualità del reato prendendo in considerazione il titolo del reato o la pena prevista e quindi avremo
    • CORTE DI ASSISE:reati che prevedono l'ergastolo o la reclusione non inferiore al massimo di 24 anni
    • GIUDICE DI PACE: regolamentata dal d.lgs 274/2000 finalizzata allo snellimento e alla semplicità delle forme
    • TRIBUNALE COLLEGIALE: reati con pena superiore a 10 anni o reati specificatamente indicati dalla legge
    • TRIBUNALE MONOCRATICO: competenza residuale della collegiale e cioè reati fino a 10 anni o reati relativi alle sostanze stupefacenti

Il difetto di attribuzione è eccepita dalla parte o rilevata ex officio entro la conclusione dell'udienza preliminare o degli atti preliminari. Si potrebbero venire a creare due situazioni:

  • REGRESSIONE DEL PROCESSO: Riguarda i procedimenti assegnati al tribunale in composizione monocratica. Si ha quando un procedimento che avrebbe dovuto prevedere l'udienza preliminare giunge al dibattimento tramite una citazione diretta del PM. Il giudice in questo caso rilevato il vizio d'ufficio o su citazione di parte trasmette gli atti al PM affinché questi si rivolga al giudice dell'udienza preliminare con la richiesta del rinvio a giudizio in quanto l'udienza preliminare è fondamentale in quanto garanzia per l'imputato.
  • Si tratta dei casi in cui il procedimento è assegnato al tribunale in composizione collegiale quando invece dovrebbe essere trattato in composizione collegiale. Il giudice deve trasmettere gli atti al giudice del tribunale in composizione corretta (art.33 septies).

  1. COMPETENZA PER TERRITORIO art. 8 cpp Serve ad individuare il giudice della sede giudiziaria competente. La regola generale è stabilita dall'art.8 cpp " il luogo in cui il reato è stato consumato". Questa regola si presta bene per i reati istantanei ma se deriva la morte di una persona la competenza sarà determinata così:

REATO PERMANENTE: luogo in cui è cominciato il reato

REATO TENTATO: luogo in cui è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto


Può tuttavia accadere che nessuno dei criteri possa essere applicato e in tal caso il legislatore ha previsto delle REGOLE SUPPLETIVE ex art. 9 cpp. Secondo cui per l'individuazione della competenza per territorio si dovrà tener conto del luogo in cui è avvenuta solo una parte della condotta e se neanche questo è individualizzabile si prenderà in considerazione luogo di residenza o domicilio dell'imputato.

Tuttavia se neanche con queste norme è risolvibile la questione è prevista una NORMA DI CHIUSURA secondo cui la competenza spetta al luogo in cui si trova il PM che ha provveduto per primo all'iscrizione del reato nell'apposito registro.

Regole particolari riguardano i processi che coinvolgono come imputato un magistrato. La necessità di salvaguardare la terzietà impone che non siano i giudici della stessa sede giudiziaria a giudicare. Il sistema originario prevedeva che fosse l'ufficio giudiziario del capoluogo del distretto della corte d'appello più vicina, ma si poneva il problema della "competenza incrociata". La legge 420/1998 ha posto rimedio prevedendo una TABELLA CIRCOLARE che serve proprio ad evitare tale problema.


  1. COMPETENZA PER CONNESSIONE art. 12 cpp Determinati reati non sono commessi isolatamente (art.12). In tutti questi casi se non ci fosse la connessione ci sarebbero tanti processi quanti sono gli imputati di qui la necessità che tutti i reati siano giudicati in un unico processo, con un unico giudice che sarà individuato in base a colui il quale offre maggiori garanzia.

La connessione non opera in nessun caso se taluni reati sono di competenza del tribunale per i minorenni ed altri di competenza del giudice ordinario perché s'impone trattamento separato per i minorenni.


Art. 16 COMPETENZA PER TERRITORIO DETERMINATA DALLA CONNESSIONE Si pone il problema delle competenza per territorio fra più giudici ugualmente competenti per materia. In questo caso sarà competente l'ufficio del giudice del luogo in cui è stato commesso il reato più grave e in caso di parità di gravità nel luogo del primo reato commesso.

Al co.2 prevede il caso di connessione se n'è derivata la morte, in questo caso è competente il giudice del luogo in cui si è verificato l'evento morte.


LA RIUNIONE E LA SEPARAZIONE DEI PROCESSI


Nel processo penale potrebbe rendersi utile che i processi iniziati separatamente vengano riuniti, la ratio è il risparmio di energie processuali. In questo caso il giudice può disporre la RIUNIONE DEI PROCESSI "purché ciò non comporti un ritardo nella definizione degli stessi" ex art. 12. La riunione è possibile nelle stesse ipotesi di competenza per connessione.


Potrebbe invece accadere che un procedimento con una pluralità di accusati comporti una dispersione di energie ed in tal caso s'impone al giudice ex art. 18 cpp. Di disporre tramite ordinanza, la SEPARAZIONE DEI PROCESSI salvo che il giudice non ritenga la riunione assolutamente necessaria.

Anche le parti, in accordo tra loro, possono chiedere la separazione dei processi.


INCOMPETENZA


Art.21 INCOMPETENZA PER MATERIA si ha se l'incompetenza si concretizza nell'assegnazione a un giudice inferiore rispetto a quello competente per la causa. L'incompetenza è rilevabile ex officio o eccepita dalle parti in ogni stato e grado del procedimento.

Se il procedimento invece è stato assegnato ad un giudice superiore è rilevabile sia dal giudice che dalle parti nel termine perentorio stabilito dall'art.23 dopo il quale la questione non potrà più essere sollevata e sarà decisa dal giudice de quo. Si ha questa discrasia perché in caso di giudizio di giudice superiore per l'imputato si realizza una garanzia maggiore di quella che gli spetterebbe.


Art.21 co.2 INCOMPETENZA PER TERRITORIO è rilevata dal giudice d'ufficio o dalle parti, ma anche in questo caso è previsto un termine cioè prima della conclusione dell'udienza preliminare o se questa manca entro gli atti preliminari.


Il giudice che dovesse accorgersi che la competenza spetta ad un altro giudice dichiara con sentenza la propria incompetenza indicando il giudice ritenuto competente ed ordina la trasmissione degli atti ex art. 23 co.1 cpp.


Ma quali sono le sorti degli atti compiuti dal giudice incompetente? Secondo l'art. 26 cpp. L'incompetenza non produce inefficacia delle prove già acquisite e se il giudice incompetente ha disposto una misura cautelare questa non viene caducata automaticamente qualora dovessero perdurare le esigenze cautelari, ma il nuovo giudice avrà 20 gg per emettere un nuovo provvedimento con cui confermare la misura, trascorso tale termine la misura cessa di avere efficacia (art.27 cpp.).


I CONFLITTI DI GIURISDIZIONE


In qualsiasi stato e grado del procedimento potrebbe verificarsi che uno o più giudici ordinari assumono di essere competenti in relazione al medesimo fatto di reato, si ha in questo caso il CONFLITTO DI COMPETENZA O GIURISDIZIONE POSITIVO


Quando invece uno o più giudici negano contemporaneamente di essere competenti in relazione al medesimo reato si avrà il CONFLITTO NEGATIVO DI COMPETENZA ex art.28.


Nessuno dei due ordinamenti può essere ammesso dall'ordinamento da qui la necessità di prevedere un sistema veloce per la risoluzione di tali conflitti.

La regola generale è che ogni organo è giudice della propria competenza per cui i conflitti cessano nel momento in cui uno dei giudici dichiara la propria incompetenza o la propria competenza art. 29. Ma se ciò non avviene il conflitto perdura e si dovrà rimettere la questione alla corte suprema di cassazione inviando tutti gli atti utili ex art. 30 cpp.


Potrebbe tuttavia accadere che il giudice non sia a conoscenza della situazione, in questo caso le parti possono segnalare la situazione depositando una dichiarazione scritta e motivata nella cancelleria di uno dei giudici in conflitto e trasmettendo gli atti alla cassazione ma il procedimento in corso non si sospende.

ART. 32: I conflitti sono decisi in camera di consiglio senza la presenza del pubblico ma con la possibilità delle parti di essere sentite art. 127. il provvedimento conclusivo ha forma della sentenza che individua il giudice competente e la sua efficacia futura è subordinata al permanere della situazione (rebus sic stantibus) e viene immediatamente notificata ai giudici, al PM e alle parti.


LA TERZIETA' ED IMPARZIALITA' DEL GIUDICE


La terzietà ed imparzialità sono requisiti fondamentali per il giudice, questo rende necessario la previsione di rimedi per le situazioni che pongono a rischio la terzietà.

Il giudice deve sempre avere una posizione equidistante e se si verifica una situazione che pregiudica tale equilibrio il giudice non può giudicare.

Potrebbe inoltre accadere che il giudice benché possieda degli interessi personali sa comunque in grado di svolgere le sue funzioni, ma comunque non basta perché è necessario che il giudice sia terzo anche all'apparenza esterna.


L'imparzialità del giudice potrebbe essere minata sia da:


  • SITUAZIONI SOGGETTIVE il giudice potrebbe aver concorso o giudicato un provvedimento implicante una valutazione di merito circa i fatti oggetto del processo, da qui deriva l'incompatibilità del giudice. Non tutti i provvedimenti comportano l'invalidità del giudice, ma solo quelli ex art. 34 cpp. a cui il legislatore attribuisce la capacità di provocare incompatibilità.

Il legislatore ha predisposto delle ipotesi tassative che impongono al giudice di astenersi (art. 36 cpp). La dichiarazione di astensione va presentata al presidente del tribunale ovvero al presidente della corte d'appello e decideranno con decreto senza l'osservanza di particolari formalità.

Qualora il giudice non lo fa può essere RICUSATO dalle parti (art. 37 cpp.), tuttavia le parti non possono ricusare ex lett H dell'art. 36 (per il caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza) perché le parti potrebbero abusarne.

La ricusazione può essere richiesta dalle parti entro determinati termini a pena di decadenza (nell'udienza preliminare fino a che non siano conclusi gli accertamenti e comunque sempre prima del compimento dell'atto da parte del giudice). La necessità di prevedere dei termini deriva dalla necessità di evitare che le parti utilizzino lo strumento della ricusazione in maniera impropria per invalidare le attività processuali sino a quel punto svolte.

Se si verificasse un CONCORSO TRA ASTENSIONE RICHIESTA DAL GIUDICE E PROPOSTA DI RICUSAZIONE è l'astensione che viene sempre accolta ex art. 39 cpp. Competente a decidere è la corte d'appello se riguarda un giudice del tribunale o la corte d'assise se è della corte d'appello. La corte dovrà valutare l'ammissibilità della richiesta (avere diritto per farlo e osservanza di termini previsti) e se si riscontrerà uno di tali vizi dichiara l'inammissibilità della richiesta tramite ordinanza.

Se il ricordo è ammissibile la corte decide in camera di consiglio senza la presenza del PM e con la possibilità delle parti di presentare memorie in cancelleria 5 gg prima e di essere sentite secondo le forme dell'art. 127. Dal momento in cui il giudice riceve comunicazione della ricusazione non può più compiere nessun atto mentre sarà lo stesso provvedimento a stabilire quali atti conservano efficacia ex art. 42.

Il giudice astenuto o ricusato sarà sostituito dal altro giudice e qualora sia impossibile la sostituzione il nuovo giudice sarà individuato secondo i criteri ex art. 11cpp.


  • SITUAZIONI OGGETTIVE art. 45 Il codice all'art. 45 individua determinate ipotesi che sono capaci di minare all'imparzialità del giudice per cui si rende necessario che il processo venga rimesso in una sede giudiziaria diversa. In questo caso la deroga al principio del giudice naturale si giustifica nella necessità di salvaguardare la terzietà ed imparzialità.

La richiesta di rimessione può essere presentata al procuratore generale presso corte d'appello o dal PM presso il giudice che procede o dall'imputato. Il giudice dovrà immediatamente ex art. 46 trasmettere gli atti alla corte di cassazione competente a decidere.

La presentazione della richiesta non sospende automaticamente il processo, tuttavia il giudice o la corte possono disporre della sospensione fino a quando la suprema corte non avrà deciso. In tutti i casi, il giudice, dovrà sospendere il processo prima dello svolgimento delle conclusioni e della decisione art.47.

Nel caso di accoglimento è lo stesso provvedimento della suprema corte a designare il giudice che dovrà conoscere della causa. Gli atti mantengono la loro efficacia ma è nella facoltà delle parti di chiedere la rinnovazione di alcuni atti

Anche quando la richiesta è stata accolta Il PM e le parti possono riproporre istanza di rimessione del giudice basandola su motivi nuovi e diversi e può essere chiesta anche quando la precedente è stata accolta al fine di chiedere revoca o chiedere la designazione di un altro giudice art. 49.


LE PARTI PROCESSUALI


Il principio del ne procedat iudex ex officio implica necessariamente che l'intervento dell'organo giurisdizionale venga effettuato sulla richiesta di un altro soggetto processuale, questa funzione pubblica è nota come AZIONE PROCESSUALE ed è affidata al PM che ha l'obbligo di esercitarla ed è disciplinata dall'art. 112 Cost.

Dobbiamo però distinguere tra:


  • REATI PERSEGUIBILI D'UFFICIO per i quali l'obbligo di azione si ha dal primo giungere della notizia

  • REATI CHE HANNO BISOGNO CHE SI AVVERI UNA CONDIZIONE DI PROCEDIBILITA'per i quali non si può procedere se non viene presentata querela o istanza.

FUNZIONE DELL'OBBLIGATORIETA' garantire l'uguaglianza tra i cittadini ed evitare di affidare l'azione alla discrezionalità dell'organo preordinato perché poi in quel caso ci vorrebbe un altro organo preposto al controllo dell'esercizio di tale potere.


L'art. 112 Cost. comporta come conseguenza che per i reati di scarso disvalore sociale si debba esercitare obbligatoriamente l'azione penale con aggravio così per gli uffici giudiziari. Per ovviare parte della dottrina ha proposto il principio della    Non punibilità per concreta inidoneità offensiva del fatto. La critica che però è stata mossa è che si risolve in una valutazione discrezionale perché non c'è un criterio univoco per emettere il giudizio di inidoneità e quindi si baserebbe su di una valutazione soggettiva.


IL MAGISTRATO DEL PUBBLICO MINISTERO: L'ORGANO E LE FUNZIONI (ART.50)


Il PM è il soggetto processuale cui viene affidata l'azione penale (art. 50 "il PM esercita l'azione penale").

Il suo ruolo è esercitato da magistrato diverso a seconda del grado di giudizio:


  • INDAGINI PRELIMINARI E GIUDIZIO DI PRIMO GRADO sono esercitate dai magistrati della Procura della repubblica al cui vertice c'è un procuratore.

  • GIUDIZIO DI SECONDO GRADO è esercitata dal PM della Procura generale della repubblica presso la corte d'appello con capo procuratore generale. Nella corte di cassazione è istituita una Procura generale diretta da un procuratore generale.

Le caratteristiche del PM lo differenziano dal giudice anche se entrambi sono stati nominati in base al medesimo concorso e sono governati dal CSM, infatti il PM non ha le caratteristiche di terzietà e imparzialità perché è parte e portatore di un interesse. Ma sebbene sia terzo è chiamato a valutare gli elementi raccolti in modo obiettivo ed è proprio in questa ottica che si pone l'art. 358 che impone al magistrato di " accertamenti sui fatti e circostanze a favore della persona sottoposta ad indagini".

Tuttavia vi possono essere delle situazioni riconducibili al PM che gli impediscono di svolgere a pieno le sue funzioni; quindi il Pm dovrà ASTENERSI

Della domanda di astensione decidono il procuratore della repubblica presso il tribunale e il procuratore generale presso la corte di appello. Con l'accoglimento della richiesta viene sostituito.

Non è però prevista la possibilità di ricusarlo onde evitare un abuso dello strumento.

Della competenza decidono i medesimi criteri degli organi giurisdizionali. Se le parti non condividono possono chiedere la trasmissione degli atti al giudice che ritengono competente enunciando, a pena di nullità, le motivazioni. Il PM decide entro 10 giorni se accetta trasmette gli atti al giudice competente, se non provvede, la parte può entro 10 giorni chiedere al procuratore generale di determinare l'ufficio competente (decide entro 20 gg).

In caso di conflitti di competenza possono verificarsi due situazioni:


  1. art. 54 Si ha se il PM è convinto che la competenza sia di un altro magistrato e gli trasmette gli atti. A questo punto se il magistrato investito della questione ritiene che non sia sua competenza si verifica la STASI PROCESSUALE la cui soluzione è del procuratore generale presso la corte di appello, ovvero se sono di diverso distretto al procuratore generale presso la corte di cassazione.

  1. ART.54 Bis Si ha se due PM si occupano della stesa causa. Il primo che ne ha conoscenza deve informare l'altro chiedendogli si trasmettere gli atti in suo possesso, il destinatario a questo punto ha due possibilità o trasmettere gli atti, oppure informare il procuratore generale che stabilirà con decreto motivato il PM competente.

Tali regole vanno bene per le indagini preliminari, altrimenti dopo spetterà al procuratore.

Per i delitti di criminalità organizzata e mafia la competenza spetta ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia presso il tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il giudice competente.


AVOCAZIONE ART.372 CPP istituto mediante il quale si fa riferimento al potere attribuito ad un PM di rango superiore di esercitare poteri spettanti al PM di rango inferiore.


LA POLIZIA GIUDIZIARIA


Nel corso delle indagini preliminari il PM si avvale della polizia giudiziaria per lo svolgimento delle attività indicate nell'art. 55 cpp.

Le funzioni sono svolte dagli ufficiali appartenenti alle forze dell'ordine e dai soggetti indicati nell'art.57cpp..

Le funzioni della polizia giudiziaria si distinguono in base alla loro natura:


  • Attività svolte nella fase successiva alla commissione del reato, con finalità repressive

  • Le funzioni di pubblica sicurezza con natura preventiva per impedire la commissione dei reati

L'art.56 stabilisce che "le funzioni della polizia giudiziaria sono svolte alla dipendenza e sotto la direzione dell'autorità giudiziaria". Per quanto riguarda il concetto di dipendenza, si tratta di una dipendenza funzionale cioè è nel momento in cui l'agente esercita la funzione di polizia giudiziaria che si realizza la sua dipendenza nei confronti della magistratura.


Sotto l'aspetto gerarchico le forze di polizia solo parte integrante delle forze dell'ordine a cui appartengono nell'ambito dei rispettivi ministeri.


LA PERSONA SOTTOPOSTA A PROCEDIMENTO PENALE


L'IMPUTATO è uno dei protagonisti necessari del processo penale e la sua posizione è tutelata dall'art.27 Cost. che prevede la non colpevolezza fino a sentenza definitiva. Questo principio determina la nascita in capo all'accusato del diritto di essere trattato senza pregiudizi legati alla sua posizione fino all'atto conclusivo del procedimento. La conseguenza è che l'onere della prova spetta alla pubblica accusa.

L'art. 60 cpp. Prevede che la veste d'imputato sia ricoperta solo da colui nei cui riguardi il PM ha esercitato l'azione penale, infatti prima che l'azione venga esercitata la persona non ha la qualità di imputato. Lo status di imputato si conserva in ogni stato e grado del procedimento fino a che il procedimento non sia passato in giudicato e può essere riassunta ex art.60 co.3 nelle ipotesi di revoca della sentenza o di non luogo a procedere.


IL DIFENSORE


L'inviolabilità del diritto di difesa si fonda sulla necessità che l'imputato disponga di un'efficiente difesa (complesso di attività volto a sostenere le ragioni di una parte e a controbattere quelle ad essa contrarie).

DIFESA PERSONALE La difesa è esercitata direttamente dall'imputato per mezzo di una serie di facoltà (facoltà di non rispondere, chiedere di essere esaminato)

DIFESA TECNICA si traduce nel diritto dell'imputato ad essere assistito da un difensore, di fiducia o di ufficio. La necessità di un soggetto dotato di adeguate conoscenze è dato dalla necessità di assicurare all'imputato di potersi difendere e controbattere.

Le caratteristiche della difesa tecnica:

  • ASSISTENZA: Consiste nell'attività consultiva fuori dal processo oppure durante il processo con la cooperazione dell'imputato nel compimento di atti processuali
  • RAPPRESENTANZA: è l'attività del difensore che compie per conto dell'assistito operazioni.

Nel nostro sistema l'autodifesa non è ammissibile perché di fronte a molto tecnicismo impone la presenza di un soggetto dotato di conoscenze specifiche, tant'è che qualora il soggetto sia sprovvisto di un difensore di fiducia, l'art.97 prevede la nomina di un difensore d'ufficio.


LA PERSONA OFFESA DAL REATO


Il titolo VI del libro I disciplina i diritti e le facoltà della persona offesa, sia che sia persona fisica sia giuridica.

La persona offesa il più delle volte coincide con la parte civile, ma tra le due figure non vi è perfetta coincidenza perché può accadere che siano diverse.

FACOLTA' DELLA PERSONA OFFESA Presentare memorie, indicare elementi di prova, presentare querela, proporre istanza ex 346

DIRITTI DELL'OFFESO informazione e partecipazione al procedimento


L'AZIONE CIVILE NEL PROCESSO PENALE


L'art. 185 cp. " ogni reato che abbia cagionato danno patrimoniale o non obbliga il colpevole al risarcimento" è ripreso anche dall'art.74 cpp che chiarisce che il legittimato all'azione civile è colui al quale il reato ha recato danno.

Il fatto che ci sia un'azione civile all'interno del processo penale ha creato interrogativi soprattutto con riguardo al ruolo della parte civile. E' stata in proposito abbandonata la tesi secondo cui l'attività della parte civile sarebbe un contributo privatistico all'azione penale, ma si può dire che si tratta di finalità risarcitorie.

Le ragioni per le quali il legislatore ha permesso l'inserimento di un'azione civile nel processo penale è che si vuole evitare contrasto tra giudicati (civile e penale) a favore di una coerenza giuridica.


NATURA DEL DANNO RISARCIBILE esso è la conseguenza della lesione di un diritto soggettivo, è cioè necessario che il danno sia ingiusto e derivi da lesione di un interesse tutelato da norma giuridica. In passato si richiedeva che il danno fosse conseguenza diretta e immediata del reato, successivamente si è sostenuto che basta che il danno non sia mera conseguenza occasionale del reato.


L'azione civile prende inizio con la costituzione di parte civile del danneggiato e questo può avvenire solo nella fase processuale, tali termini sono parentori.

L'azione può essere esercitata solo da colui che è capace art. 75 cpp.

La dichiarazione di costituzione a parte civile può essere presentata direttamente in udienza o depositata nella cancelleria del giudice che procede, deve essere notificata alle altre parti e solo da tale giorno cominciano a decorrere gli effetti. In base all'art. 78 cpp la dichiarazione deve contenere una serie di formalità.

La parte civile partecipa al processo per mezzo di un difensore munito di procura speciale.

L'azione civile può essere revocata in ogni stato e grado del procedimento (art.82 cpp)


GLI ALTRI SOGGETTI DEL PROCEDIMENTO PENALE


Nel processo penale possiamo avere altri soggetti c.d. EVENTUALI:


  • RESPONSABILE CIVILE si ha nei casi in cui colui che ha posto in essere la condotta illecita non è lo stesso che dovrà accollarsi la responsabilità civile a termine del processo (es proprietario del veicolo responsabile in solido con il conducente)

Si realizza così la TRASLAZIONE DELLA RESPONSABILITA' CIVILE.

Il responsabile civile, su richiesta della parte civile è citato con decreto dal giudice (art.83 cpp)

Ma anche se non citato il responsabile civile può intervenire volontariamente nel processo penale (art. 85 cpp)

GLI ATTI DEL PROCESSO (Libro II)


L'atto processuale si contraddistingue per due caratteristiche:

  • CARATTERE SOGGETTIVO indica la provenienza dell'atto da soggetto legittimato
  • CARATTERE OGGETTIVO mette in evidenza come l'atto è posto nella dinamica processuale

La disciplina prescrive un modello legale (art. 125 c.pp.) in cui si stabilisce che gli atti del giudice devono avere forma di sentenza, ordinanza o decreto.


SENTENZA La sentenza è pronunciata in nome del popolo ed è la forma di procedimento con cui il giudice si spoglia del processo, dopo la sentenza il giudice non può più conoscere della causa. La sentenza è sempre motivata ex.111 co.6


ORDINANZA è la forma del provvedimento con cui il giudice risolve le singole questioni, il giudice non definisce il procedimento. Deve essere motivata a pena di nullità e può essere revocata dal giudice che l'ha emessa


DECRETO E' un atto a carattere meramente processuale che consente al giudice di impartire ordini. Motivato a pena di nullità


Se la legge non prescrive alcuna forma, il giudice è libero di adottare l'atto senza formalità, ma quando la legge richiede il preventivo espletamento del contraddittorio si deve procedere in camera di consiglio (art.127cpp.). Questo tipo di procedimento si caratterizza per l'assenza del pubblico e la presenza delle parti processuali. Ha origine con la fissazione della data, fino a 5 giorni prima possono essere presentate memorie ed il contraddittorio è garantito dalla possibilità di intervenire.


GLI ATTI ESEGUIBILI DALLE PARTI distinguiamo in questo gruppo gli atti di natura probatoria e quelli di carattere processuale.

  • ATTI DI CARATTERE PROCESSUALE: rientrano gli atti di carattere ordinatorio il cui fine è dare impulso al procedimento penale, se questi hanno come destinatari il giudice assumono di istanze e richieste che impongono al giudice l'obbligo di pronunciarsi
  • ATTI DI NATURA PROBATORIA: attengono alla ricerca ed acquisizione di prove e possono essere effettuati solo dalle parti. Prima della legge 397/2000 tali atti erano posti dalla pubblica accusa, ma questa legge ha aumentato i poteri delle parti facendo diventare più numerosi tali atti.

LA DOCUMENTAZIONE DEGLI ATTI ART. 134 CPP

La necessità di poter ricostruire ogni momento attraverso gli atti impone l'utilizzo di supporti materiali. Il legislatore prevede che alla documentazione si procede mediante verbale che è lo strumento che consente l'ingresso dell'atto nel processo penale. Esso può essere redatto un forma integrale o riassuntiva con l'ausilio di stenotipia o altro strumento meccanico (la redazione può essere manuale solo in caso di impossibilità dell'utilizzo di strumento meccanico), ma la forma riassuntiva (art. 140) deve essere accompagnata dalla riproduzione fonografica dell'atto e si può avere nel caso in cui gli atti da verbalizzare hanno contenuto semplice su disposizione del giudice.



I TERMINI PROCESSUALI ART. 172CPP


Il processo penale deve essere celebrato entro dati termini e l'art. 172 fissa le regole principali. I termini sono suddivisi in :


  • TERMINI PARENTORI ART. 173 Sono quelli che impongono un limite temporale ad una determinata attività, passato tale termine si ha la DECADENZA DEL DIRITTO. I termini sono parentori solo nei casi stabiliti dalla legge

  • TERMINI ORDINATORI In assenza di previsioni di legge i termini si considerano ordinatori. Questi termini prescrivono che il compimento di un atto avvenga entro un determinato termine, la cui decorrenza non determina la decadenza del diritto, ma si prevede solo una sanzione

  • TERMINI DILATORI Impongono che un atto non può essere compiuto prima del decorso di un determinato arco di tempo (es 429 cpp)

In considerazione delle gravi conseguenze della decadenza, il legislatore ha previsto un rimedio eccezionale per consentire l'esercizio dei diritti altrimenti perduti, si tratta della RESTITUZIONE IN TERMINI EX ART. 175. Se la parte prova di non aver potuto rispettare il termine perentorio per caso fortuito o forza maggiore, può chiedere al giudice che il termine gli venga restituito consentendo alla parte l'esercizio del diritto. I presupposti quindi sono l'esistenza di caso fortuito (impossibilità di osservare il termine per fatto non previsto né prevedibile) o forza maggiore (insorgenza di accadimento naturale o umano che provoca l'impossibilità di adempiere)


LA RESTITUIZIONE NEL TERMINE IN RELAZIONA ALLA SENTENZA CONTUMACIALE


Il meccanismo della restituzione in termini è stata utilizzata dal legislatore anche per le situazioni in cui il processo è giunto a sentenza definitiva senza che l'imputato sia intervenuto (PROCESSO IN CONTUMACIA).

Può infatti accadere che l'imputato, non per precisa volontà ma perché ignorava l'esistenza del procedimento, non sia intervenuto al processo (es è all'estero).

Le disposizioni in materia sono cambiate a seguito del D.l.60/2005. Il testo originale dell'art.175 prevedeva due ipotesi di restituzione nel termine:

  1. l'imputato prova di non aver avuto,senza sua colpa, conoscenza effettiva della sentenza
  2. l'imputato dimostra di non aver conoscenza della decisione notificata per estratto al difensore (art.159).

Questo rimedio però si è dimostrato di scarsa efficacia perché si ponevano problemi per dimostrare la non volontarietà della mancata conoscenza. Da qui si pose l'esigenza delle modifiche alla disciplina:


  • ELIMINAZIONE DELLA DISTINZIONE TRA LE DUE IPOTESI DI RESTITUZIONE introducendo un'unica possibilità è cioè quando il soggetto non abbia avuto conoscenza del procedimento o abbia rinunciato volontariamente a comparire o proporre impugnazione. Quindi s'impone all'imputato di preoccuparsi delle sorti del procedimento perché se il giudice prova che ne abbia avuto conoscenza a nulla serve il meccanismo in questione.
  • LA RICHIESTA Va proposta a pena di decadenza entro 30 gg da quello in cui l'imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. Si prevedeva invece un termine di 10 gg nella vecchia disciplina, termine irrisorio.
  • ACCERTAMENTO DEI PRESUPPOSTI La nuova disciplina prescrive che l'autorità giudiziaria possa procedere ad ogni verifica necessaria

LE NOTIFICAZIONI ART. 148 CPP


Le notificazioni sono lo strumento con cui l'atto compiuto nel procedimento viene portato a conoscenza dei soggetti coinvolti.

Il legislatore prevede un modello legale di notificazione che però può variare in ragione del soggetto che effettua la notifica, sia del destinatario.


  • MODELLO VARIATO IN BASE A CHI NOTIFICA: Se il mittente è il P.M. le notificazioni possono essere eseguite dalla polizia giudiziaria ex art. 151. La copia dell'atto è consegnata dalla segreteria del PM, o si ha mediante lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi sono dati dal PM verbalmente con valore delle notificazioni. Se il mittente sono le parti e la legge non dispone diversamente è consentito l'uso degli strumenti postali ex art.152

  • MODELLO VARIATO IN BASE AL DESTINATARIO: Se il soggetto è il PM (art. 153), le comunicazioni sono eseguite dalle parti o dai difensori mediante consegna dell'atto nella segreteria del PM. Se il destinatario è l'imputato art.156, la disciplina cambia in relazione allo status di questi: se è detenuto le notificazioni si hanno nel luogo di detenzione, se non è detenuto (art.161) la notifica si ha a domicilio eletto dichiarato , se non c'è stata dichiarazione del domicilio la notifica deve avvenire mediante consegna di copia alla persona. La legge 60/2005 ha modificato la disciplina delle notificazioni all'imputato non detenuto, la norma prescrive che una volta nominato il difensore le notificazioni vengono fatte mediante consegna al difensore.

Le notificazioni sono nulle se:

  • L'atto è notificato in modo incompleto
  • Se vi è incertezza assoluta sull'autorità sul mittente o il destinatario
  • Manca la sottoscrizione
  • Se sono violate le disposizioni circa la persona
  • Se non è stato effettuato l'avvertimento
  • Se è stata omessa l'affissione
  • Se non sono state osservate le modalità dell'art.150

L'INVALIDITA' DELL'ATTO PROCESSUALE ART. 177


Il nostro sistema prevede un rigido sistema sanzionatorio in caso di difformità e a seconda della difformità possono prevedersi tre categorie di invalidità:


INESISTENZA GIURIDICA è il massimo della difformità

NULLITA assimilabile all'annullabilità di diritto civile

IMPERFEZIONE che non ha conseguenze in termini di validità dell'atto processuale.


Fino a quando non viene accertata e dichiarata la nullità gli atti producono gli effetti. L'art. 177 enuncia il PRINCIPIO DI TASSATIVITA' cioè affinché un atto possa essere sanzionato è necessaria una previsione di legge, le conseguenze sono il divieto di interpretazione analogica e irrilevanza della esistenza di un pregiudizio derivante dall'atto viziato.


LE SPECIE DI INVALIDITA'


Se l'atto si discosta dal modello legale, la sanzione varia a seconda della natura giuridica del vizio:


  • INESISTENZA è la sanzione per le difformità più grossolane, tali vizi comportano l'inesistenza sotto il profilo giuridico.

  • INAMMISSIBILITA' è la sanzione che colpisce una richiesta avanzata dalle parti e impedisce al giudice di esaminare la richiesta stessa. Si tratta di violazione di norme. E' rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, sia dal giudice che dalle parti.

  • DECADENZA implica la perdita del potere di porre in essere un atto a causa del mancato espletamento dello stesso nel termine partentorio. L'atto compiuto nonostante il divieto è invalido

  • NULLITA' colpisce gli atti che sono stati compiuti senza l'osservanza di disposizioni di legge. Le nullità si distinguono in:

    • NULLITA' CHE RIGUARDA LA FONTE DI PREVISIONE ART. 178
    • NULLITA' CHE RIGUARDA IL REGIME GIURIDICO che sono a loro volta distinte in assolute, relative ed intermedie.

LE NULLITA' ASSOLUTE Sono quelle disciplinate più rigidamente in ragione dell'importanze del bene giuridico tutelato (relative ai vizi di condizioni di capacità del giudice, iniziativa del magistrato). Il vizio può essere rilevato di ufficio da giudice, ma è eccepibile anche dalle parti, in ogni stato e grado del processo (art.179)


LE NULLITA' RELATIVE riguardano tutte quelle previste in modo specifico dalla legge e che comunque non rilevano tra quelle generali o assolute. Sono rilevabili sono dalle parti ed è previsto un termine partentorio entro il quale eccepire la nullità


LE NULLITA' INTERMEDIE Sono quelle attinenti alla partecipazione del PM al procedimento, hanno regime giuridico più attenuato rispetto alle assolute, ma più rigido delle relative. Sono rilevabili dalle parti, ma anche dal giudice ed è previsto un termine perentorio entro il quale eccepirle( art.180)


Ovviamente per poterla eccepire è necessario che la parte non abbia contribuito al verificarsi del vizio all'origine della nullità (art.182). Quando la parte vi assiste la nullità dell'atto deve essere eccepita prima del suo compimento al fine di evitare manovre dilatorie dei termini.


SANATORIA DELLA NULLITA' art. 183 cpp Quando la parte rinuncia ad eccepire la nullità, ovvero quando ha accettato gli effetti dell'atto interviene la sanatoria che permette all'atto di produrre ugualmente gli effetti


EFFETTI DELLA NULLITA' DELL'ATTO ART.185 CPP La dichiarazione di nullità di un atto incide su tutti gli altri e quindi non importa che l'atto successivo è stato posto nel rispetto della disciplina. Perché però ci sia tale travolgimento è necessario che:

  • Vi sia consecutività cronologica tra gli atti
  • Vi sia interdipendenza logica nel senso che è necessaria una relazione tra i due atti.

La dichiarazione di nullità comporta, qualora sia possibile, la rinnovazione dell'atto (art.185) con la REGRESSIONE del procedimento allo stato e grado in cui è stato compiuto l'atto nullo. La regressione però non può riguardare la nullità di un atto probatorio.


  • INUTILIZZABILITA' art. 191 cpp L'art.191 stabilisce che "le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate". Questa categoria di invalidità colpisce il valore probatorio della prova cioè la sua idoneità di essere posta a fondamento del giudizio finale. Anche per l'inutilizzabilità vige il principio della tassatività che la ricollega ad una violazione di espresso divieto probatorio. E' rilevabile dalle parti e dal giudice in ogni stato e grado del procedimento.

La dottrina distingue due forme di inutilizzabilità:

    1. PATOLOGICA è quella causata dalla violazione di divieti probatori
    2. FISIOLOGICA: attiene alle prove che sono state acquisite nel corso del dibattimento e per questo non possono essere usate per la decisione finale in quanto occorre che la prova subisca il vaglio del contraddittorio

LE PROVE


Le prove sono gli strumenti che premettono di ricostruire il fatto oggetto di imputazione e consentono di dimostrare l'esistenza del fatto stesso.


OGGETTO DELLA PROVA ART.187 cpp


fatti che si riferiscono all'imputazione, alla punibilità, alla determinazione della pena o della misura di sicurezza.

Circostanze che concernono la punibilità dell'imputato come ad es l'assenza di cause di giustificazione

I fatti inerenti la responsabilità civile dell'imputato


IL sistema prevede che le funzioni inerenti alle prove vengano distribuite tra più figure processuali, in base all'art. 190 cpp le prove sono ammesse su richiesta di parte sancendo così il diritto di prova come punto cardine del diritto di difendersi conformandosi così alla costituzione ex art.111.

AL centro poi vi è il giudice che al termine del dibattimento deve fornire ricostruzione del fatto storico oggetto dell'imputazione e affinchè la sua ricostruzione sia attendibile e terza è necessario che egli non abbia alcun potere probatorio.


PROVE ED INDIZI


La prova è il procedimento logico mediante il quale da un fatto noto si giunge al fatto da provare.

Operiamo una distinzione tra:

PROVA RAPPRESENTATIVA: è lo strumento che consente di valutare l'esistenza di un fatto mediante un procedimento logico diretto che partendo dall'elemento di prova consente di rappresentare il fatto oggetto di prova

INDIZIO: è il procedimento logico mediante il quale da un fatto noto, attraverso l'utilizzo di massime di esperienza o leggi scientifiche, consente di pervenire ad un giudizio circa l'esistenza del fatto oggetto. Le massime d'esperienza si basano sull'osservazione di grande quantità di casi simili a quello oggetto della prova riuscendo così ad individuare quello che avviene nella maggior parte dei casi. L'indizio è una prova dotata di minor carattere probatorio e sarà idonea ad accertare l'esistenza del fatto quando ci sono altri elementi capaci di escludere ogni diversa ricostruzione ex art. 192.

Gli indizi possono dirsi concordanti quando si orientano tutti verso la stessa conclusione.


DALL'ONERE AL DIRITTO ALLA PROVA


Il sistema processuale introdotto dal codice 1988 è fondato su un più incisivo intervento delle parti nel momento della formazione della prova. Si riconosce un vero e proprio diritto di prova nei confronti delle parti pertanto il processo si configura come processo di parti.

L'art.190 cpp dispone che le prove sono ammesse su richiesta di parte prevedendo delle eccezioni in cui le prove sono ammesse d'ufficio.


Il diritto di prova si articola su due livelli:

  1. DIRITTO DI RICHIEDERE L'AMMISSIONE DI DETERMINATE PROVE
  2. DIRITTO DI OTTENERE LA PROVA RICHIESTA

ESCLUSIONE DELLA PROVA il giudice, dopo una valutazione di diritto, per un verso esclude le prove espressamente vietate dalla legge; per l'altro verso, dopo aver riscontrato l'insussistenza si divieti legislativi, dovrà escludere le prove che risultano manifestatamente irrilevanti.


IL CONTRADDITTORIO PER LA FORMAZIONE DELLA PROVA


Vediamo ora i riflessi dell'art.111 Cost. nell'ambito del procedimento probatorio.

Se la verità deve essere intesa come corrispondenza alla realtà, il contraddittorio è il miglior modo per eseguire questo accertamento. La giurisprudenza aveva ripetuta,mente ripetuto (prima della riforma del 111 Cost.) che la tutela giurisdizionale sul diritto del controverso deve essere garantita dal regolare contraddittorio.

La S. ha infatti affermato che in sistema prescelto, cioè l'accusatorio, ha prescelto il contraddittorio proprio perché più rispondente alle esigenze di ricerca della verità.

La S.111 precisa che la dialettica del contraddittorio può essere accolta in un sistema improntato sul principio di legalità solo perché finalizzata alla ricerca della verità intesa in termini realistici, quindi in quest'ottica le limitazione introdotte si giustificavano alla luce del principio del contraddittorio.

La S. afferma che da questo principio con il quale il legislatore ha dato riconoscimento al contraddittorio come metodo di conoscenza dei fatti da cui deriva anche il corollario del divieto di attribuire valore di prova alle dichiarazioni raccolte unilateralmente dagli organi investigativi.


IL PROCEDIMENTO PROBATORIO


Nell'ambito del procedimento penale vi è un altro procedimento definito probatorio che attiene alle dinamiche della prova. Questo procedimento ocnsta di 4 fasi:


  1. RICERCA DELLE FONTI DI PROVA: spetta alle parti e al PM l'onere di provare la responsabilità penale del soggetto indagato e all'accusato è data facoltà di ricercare tutti gli elementi per convincere il giudice della sua innocenza.

  1. AMMISSIONE DELLA PROVA: è effettuata su istanze di parte dal giudice che con ordinanza deve valutare che la prova attenga ai fatti da dimostrare e non sia vietata per legge (legge solo in senso processuale)

  1. ASSUNZIONE: è la fase in cui dalla fonte si perviene alla prova ed avviene con l'esame incrociato. Le parti hanno il compito di rivolgere domande al dichiarante secondo l'ordine stabilito dall'art. 498 cpp.

  1. VALUTAZIONE DELL'ELEMENTO PROVA: è una fase gestita dal giudice il quale dovrà valutare la credibilità delle fonti e successivamente la credibilità della narrazione del dichiarante. Nel valutare gli elementi di prova il giudice dovrà avvalersi dello strumento del LIBERO CONVINCIMENTO ex art.192 il quale stabilisce che il giudice deve dar conto dei risultati acquisiti e dei criteri adottati nel valutare gli elementi di prova. Le parti possono sottoporre a controllo il ragionamento probatorio del giudice, contenuto nella sentenza, impugnando la sentenza; sarà il giudice dell'impugnazione a valutare la bontà del ragionamento probatorio del giudice e se lo riterrà errato riformerà o annullerà la sentenza, altrimenti conformerà la sentenza stessa.

I MEZZI DI PROVA


Il mezzo di prova è lo strumento processuale che consente di ottenere l'elemento prova da utilizzare nella fase decisionale. IL legislatore disciplina 7 mezzi di prova detti TIPICI le cui modalità di assunzione sono disciplinati dal codice. Tuttavia il nostro codice non prevede tassatività dei mezzi di prova per cui accanto a quelli già previsti dal legislatore vi possono essere altri mezzi detti ATIPICI da cui deriva la prova INNOMINATA (quella che mira ad ottenere un risultato probatorio diverso da quelli previsti e tipizzati) ma in questo caso impone al giudice di sentire le parti sulle modalità di assunzione della prova prima di decidere con ordinanza sulla richiesta di ammissione.

Sempre in base al 189 cpp. la prova non disciplinata può essere ammessa se idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti


TESTIMONIANZA art.197cpp


La testimonianza è il mezzo di prova con il quale una persona diversa dalle parti coinvolte apporta il proprio contributo conoscitivo in relazione ai fatti. IL legislatore ha voluto tener distinta la testimonianza rispetto all'esame delle parti (art. 208).

La differenza infatti non è solo terminologica poiché coinvolge aspetti processuali e sostanziali del diritto penale. Il testimone ha l'obbligo di presentarsi al giudice e di attenersi alle sue prescrizioni; mentre le parti private possono essere ascoltate con procedimento diverso ex art.208 per l'appunto.

La qualità di testimone (che si assume solo quando il soggetto è chiamato a deporre) può essere assunta dalla persona che ha conoscenza dei fatti e non può essere assunta da chi versa in cause di incompatibilità.

La deposizione avviene nelle forme dell'esame incrociato ex 496 ed è fatta sui fatti che costituiscono oggetto di prova.

SE un testimone nel corso dell'esame rende dichiarazioni contraddittorie incomplete o contrastanti, il giudice lo rileva e ricorda le responsabilità previste per la falsa testimonianza.

L'art. 195 introduce il concetto di TESTIMONE INDIRETTO che può deporre sui fatti percepiti personalmente o apprese sulla base di una rappresentazione che altri hanno effettuato per cui si prevede una disciplina specifica. Occorre che il testimone sia in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso i fatti pena la inutilizzabilità della testimonianza.

Se il testimone si riferisce ad altri soggetti il giudice dispone che questi siano ascoltati pena l'inutilizzabilità della dichiarazione.

La l. 63/2001 ha introdotto una novità, infatti il co.4 dell'art.195 stabilisce che gli agenti di polizia non possano testimoniare sulle cose acquisite durante le indagini. Si tratta di un divieto di natura oggettiva.

L'obbligo di rendere testimonianza subisce delle eccezioni, infatti NON POSSONO ESSERE ASSUNTI A TESTIMONI:

  • Coimputati nel medesimo reato
  • Persone imputate in un procedimento connesso
  • Il responsabile civile e la persona civilmente obbligata alla pena pecuniaria.
  • Coloro che hanno svolto il ruolo di Giudici o PM
  • Difensore che abbia svolto attività investigativa

Tra i problemi più rilevanti della testimonianza abbiamo le DICHIARAZIONI ACCUSATORIE DELL'IMPUTATO. Gli orientamenti a riguardo si dividono in due grandi filoni:

  • Chi sosteneva che in questo modo l'imputato avesse rinunciato al diritto al silenzio diventando testimone
  • Chi sosteneva che l'imputato conservasse tale diritto.

La set. 381/98 affermava l'identità tra testimone ed imputato accusatore permettendo di usare tali dichiarazioni attraverso lo strumento delle contestazioni (l'imputato era portato in dibattimento e se non rispondeva alle domande subiva le contestazioni sulla base delle precedenti dichiarazioni).


La l.63/2001 si è posta l'obiettivo di evitare gli inconvenienti pratici e quindi ha introdotto nuove cause di incompatibilità con l'art.197 bis da cui si deduce velocemente che vi è incompatibilità a testimoniare per l'imputato in un procedimento connesso. A questa regola si pone una sola eccezione: procedimento connesso ex art. 12co.1 o art.371 co.2 (imputato non giudicato definitivamente) anche se il testimone non può essere obbligato a deporre su fatti che concernono la propria responsabilità. Viceversa se l'imputato è stato giudicato definitivamente può assumere l'ufficio del testimone. Anche se non può essere obbligato a testimoniare sui fatti per i quali è stata pronunciata la condanna nei suoi confronti se nel procedimento che lo riguardava aveva negato la propria responsabilità. In ogni caso è assistito da difensore di fiducia o di ufficio.

L'art. 197 bis conclude affermando che le dichiarazioni rese da coimputato vanno valutate assieme ad altri elementi di prova che possano confermare l'attendibilità i c.d. RISCONTRI.

Il codice di procedura penale per salvaguardare la terzietà del testimone, questi non può essere obbligato a testimoniare su cose che proverebbero una sua responsabilità, anche se il giudice può obbligarlo e se il testimone persevera nel rifiuto può aprire un procedimento penale a suo carico. Il suo rifiuto è illegittimo solo se giustificato dall'art. 384 (fermo di indiziato per delitto).

I prossimi congiunti dell'imputato non sono obbligati a deporre e se decidesse di non astenersi diverrebbe testimone, la ratio è garantire la terzietà del testimone che essendo parente e gravato dall'obbligo di dire la verità, non sarebbe sereno nel deporre. Tuttavia se i congiunti sono gli autori della denuncia o istanze non hanno la facoltà di astenersi.

Il codice prevede che talune categorie di professionisti indicate nell'art.200 cpp. possono astenersi dal rispondere a domande che comporterebbero la violazione del segreto professionale, tuttavia il co.1 dell'articolo esclude il segreto professionale per i casi in cui vi è l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria. Una volta opposto il segreto il giudice valuta se ha motivo di dubitare e se l'opposizione risulta infondata ordina al testimone di deporre.

Il codice prevede inoltre la possibilità di opporre anche IL SEGRETO D'UFFICIO (con pertinenza dei pubblici ufficiali o gli incaricati del pubblico servizio i quali devono astenersi dal deporre di fatti che devono restare segreti) ex 201cpp ed IL SEGRETO DI STATO (che riguarda gli atti e i documenti la cui diffusione sia idonea a recare danno alla integrità dello Stato).


LE INNOVAZIONI APPORTATE ALLA DISCIPLINA DEL SEGRETO DALLA L.124/2007


La rimodulazione della disciplina si è avuta per adeguare la disciplina all'evoluzione della realtà. Le modifiche riguardano:


  • AMBITO DI COMPETENZE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI L'attuale sistema prevede il potere-dovere in capo al presidente di apposizione del segreto di stato.

  • LA TUTELA AMMINISTRATIVA DEL SEGRETO E LE PROCEDURE DI ACQUISIZIONE INFORMAZIONI DA PARTE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO O DELL'AUTORITA' GIUDIZIARIA La legge ha altresì introdotto modifiche al codice con riguardo all'acquisizione di informazione da parte del presidente del consiglio secondo cui può applicarsi una deroga al segreto d'ufficio sugli atti d'indagine qualora il presidente richieda copia degli atti per lo svolgimento di attività connesse alle esigenze della sicurezza della repubblica. Se l'acquisizione avviene da parte dell'autorità giudiziaria questa ha l'obbligo di indicare in modo specifico i documenti e gli atti oggetto della richiesta dovendo poi procedere alla consultazione sul posto.

La legge infine prevede delle ipotesi in cui il responsabile dell'ufficio detentore dei documenti eccepisce il segreto. In questo caso la consultazione e l'acquisizione sono sospese fino a che non sopraggiunga entro 30 gg il parere del Presidente del Consiglio.

Altro aspetto è quello dell'istituto delle INTERCETTAZIONI TELEFONICHE dove dando per scontata l'inutilizzabilità di informazioni acquisite in questo modo, si prevede che qualora sussistano particolari esigenze cautelari le informazioni intercettate possono essere utilizzare con vaglio del presidente del consiglio.


  • LA DISCIPLINA DEL SEGRETO
    • La durata del segreto di stato non può essere superiore a 30 anni
    • L'art.40 ha modificato la disciplina della testimonianza infatti il nuovo 202 cpp propone un modello del tutto dissimile al vecchio in cui il presidente del consiglio emana parere motivato sulla sussistenza del segreto
    • Circa le intercettazioni si prevede che qualora il presidente ritenga insussistente il segreto, non può apporlo nuovamente sul medesimo oggetto.
    • Modifica sull'art. 240 circa i casi di esclusione del segreto: l'opposizione del segreto non sussiste infatti nelle ipotesi in cui risulti la speciale causa di giustificazione, in relazione alla classifica di segretezza, e in relazione alla corte costituzionale.

L'ESAME DELLE PARTI


L'esigenza di evitare che le parti siano gravate dall'obbligo di dire la verità ma che abbiano comunque la possibilità di fornire il loro apporto conoscitivo ha portato alla previsione dello strumento diverso dalla testimonianza: L'ESAME DELLE PARTI

Il regime giuridico prevede una serie di regole generali ed una serie di norme particolari:

  • NORME GENERALI trovano applicazione qualunque sia la parte ascoltata e sono rappresentate dall'obbligo di dire la verità e si applicano le disposizioni dell'art.195 e 198. Sono esaminate ai sensi dell'art.210 a richiesta di parte o d'ufficio. Questi hanno l'obbligo di presentarsi al giudice il quale le avverte che hanno la facoltà di non rispondere. Hanno diritto ad essere assistito dal difensore di fiducia o d'ufficio.
  • NORME PARTICOLARI Sono norme utilizzabili in relazione alla parte che rilascia la dichiarazione.

CONFRONTI, RICOGNIZIONI ED ESPERIMENTI GIUDIZIALI


  • CONFRONTO è ammesso esclusivamente fra persone che sono già state esaminate e va fatto sulla base delle dichiarazioni rese. Le modalità di svolgimento fanno capire le grandi prerogative spettanti al giudice, egli infatti richiamate le precedenti dichiarazioni chiede ai soggetti se confermano o le modicano invitandoli alle reciproche contestazioni.

  • LA RICOGNIZIONE è il procedimento con il quale si chiede ad un soggetto di riconoscere degli elementi a questi appartenenti e aventi caratteristiche similari. La ricognizione può essere personale o avere ad oggetto altri elementi suscettibili a percezione sensoriale. Se si procede a RICOGNIZIONE PERSONALE il giudice invita colui che deve eseguirla a descrivere la persona, gli chiede se abbia visto prima o dopo il fatto il soggetto da riconoscere e poi, allontanato chi deve eseguire la ricognizione gli sottopone almeno due persone simili anche nell'abbigliamento e invita il soggetto a scegliere. Questo meccanismo offre un grado abbastanza alto di attendibilità.

  • ESPERIMENTO GIUDIZIALE è ammesso quando occorre accertare se un fatto sia o possa essere avvenuto in un determinato modo, consiste nella riproduzione della situazione ed obiettivo dell'esperimento è quello di valutare la verosimiglianza di una ipotesi di ricostruzione del fatto emerso dagli atti processuali.

LA PERIZIA E LA CONSULENZA TECNICA


LA PERIZIA è lo strumento probatorio che viene usato quando è necessaria una valutazione che richiedono specifiche competenze tecniche.

A nominare il perito è direttamente il giudice su sua iniziativa o su istanza di parte scegliendo tra gli iscritti negli appositi albi. Se le indagini presentano notevole complessità il giudice nomina più periti.

Dopo aver accertato le generalità del perito, lo stesso accetta l'incarico al quale è obbligato e offre il suo parere. Qualora il perito ritenga di non poter dare immediata risposta chiede un termine al giudice, il quale, se ritiene esistente gli estremi, concede termine non oltre 90 giorni; qualora non ritenga esistente gli estremi provvede alla sostituzione del perito.

Con l'inizio delle operazioni peritali , il perito procede alle operazioni necessarie er rispondere ai quesiti posti dal giudice e a tal fine può essere autorizzato dal giudice a prendere visione degli atti e documenti prodotti dalle parti.

Conclusa la loro attività il perito redige la relazione peritale, anche se di regola è orale.


LA CONSULENZA TECNICA è l'esame tecnico disposto dalle parti che possono avvalersi dei propri esperti quando sia già stata disposta la perizia, oppure quando la perizia non è stata effettuata o quando il giudice non ha disposto la perizia:


  • Se è stata disposta perizia il PM o le parti hanno facoltà di nominare i propri consulenti tecnici in numero non superiore a quello dei periti. I consulenti possono assistere al conferimento dell'incarico e fare osservazioni nonché partecipare alle operazioni peritali proponendo al perito specifiche indagini

  • Se non è stata disposta perizia, ciascuna parte può nominare fino a 2 consulenti tecnici che al termine della loro attività possono esporre al giudice il loro parere. Il giudice a richiesta del difensore può autorizzare il consulente del PM o di una parte ad esaminare le cose poste sotto sequestro e l'autorizzazione è disposta dal PM a richiesta del difensore.

  • Se i consulenti tecnici sono stati nominati dopo le operazioni peritali questi possono esaminare le relazioni ed essere autorizzati dal giudice a esaminare cosa luogo e oggetto della perizia.

LA PROVA DOCUMENTALE art. 234 cpp.


Il documento è il supporto materiale che contiene la rappresentazione di un fatto, di una persona formatosi all'esterno del procedimento penale. Si tratta di una prova PRECOSTITUITA che violerebbe il principio del contraddittorio nella formazione della prova, ma il legislatore propende per il principio della non dispersione della prova che impone l'utilizzo della stessa in assenza di contraddittorio.

Secondo l'art.234 cpp. è consentita l'acquisizione di scritti o altri documenti che rappresentano fatti persone o cose mediante fotografia, cinematografia, fonografia; mentre è VIETATA l'acquisizione di documenti sulle voci correnti tra il pubblico introno ai fatti o sulla moralità delle parti, testimoni o consulenti e periti.

Perché un documento possa essere ammesso è necessario conoscerne l'autore anche ai fini di verificarne l'attendibilità; tuttavia fanno eccezione i documenti che costituiscono corpo del reato e che devono essere acquisiti a prescindere dall'autore o detentore.

Sono considerati documenti anche i verbali di prova di altri procedimenti se si tratti di prove assunte nell'incidente probatorio o nel dibattimento. La L.63/2001 ha modificato questa disciplina stabilendo che i verbali delle dichiarazioni rese possono essere utilizzate contro l'imputato solo se il difensore ha partecipato all'assunzione della prova. In mancanza di consenso i verbali potranno essere utilizzati solo per le contestazioni ex art.500

Anche le sentenze divenute irrevocabili possono essere acquisite come documenti ai fini della prova del fatto in esse accertato anche se il legislatore ha voluto coprire questa disciplina di ulteriori cautele prevedendo che possano essere usate solo unitamente ad altri elementi di prova che ne confermino l'attendibilità.


LE ISPEZIONI, LE PERQUISIZIONI E I SEQUESTRI. Art.244 e ss.


Si tratta di mezzi di ricerca della prova le cui caratteristiche sono identiche ai mezzi di prova. Le differenza stanno nel fatto che:


mentre i mezzi di prova sono assunti solo in dibattimento (salvo eccezione), i mezzi di ricerca possono essere assunti durante le indagini preliminari perché si tratta di elementi che preesistono al procedimento penale.


In secondo luogo mentre i mezzi di prova entrano nel fascicolo del dibattimento solo se compiuti in incidente probatorio, i mezzi di ricerca entrano direttamente nel fascicolo del dibattimento in quanto atti irripetibili (art. 431).


ISPEZIONE Regolata dagli art. 244/246 cpp. ed è un mezzo di ricerca della prova con FINALITA' DESCRITTIVA di persone, cose, luoghi e viene eseguita quando occorre accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato. Se il reato non ha lasciato tracce o se sono scomparse l'art.244 dispone che l'autorità giudiziaria debba descrivere lo stato attuale e verificare quello preesistente individuando il modo delle eventuali modificazioni.

L'ispezione è disposta con decreto motivato.


Particolari accorgimenti devono adottarsi per le ISPEZIONI PERSONALI infatti prima di procedere la persona deve essere avvisate del diritto di farsi assistere da persona di fiducia, purché prontamente reperibile e comunque l'ispezione deve aversi nel rispetto di dignità e pudore della persona.

Se l'ispezione riguarda COSE O LUOGHI a colui il quale ne ha disponibilità deve essere consegnata prima dell'inizio delle operazioni copia del decreto.

Se per esigenze di indagine è necessario assicurare la presenza o meno di persone, l'autorità elencando i motivi nel verbale ordina l'allontanamento di tali persone.

Se durante le indagini la polizia giudiziaria teme che le cose e le tracce possano alterarsi compie i necessari accertamenti e rilievi sullo stato di luoghi o cose.


LA PERQUISIZIONE art.247 cpp Si tratta di un mezzo di reperimento di oggetti utili ai fini dell'accertamento dei fatti e consentire l'arresto e deve essere eseguita quando vi è fondato motivo di ritenere che qualcuno occulti su di esso il corpo del reato o cose pertinenti al reato. Se si ha fondato motivo che siano occultate in un luogo si dispone la perquisizione locale. Se si ricerca una cosa determinata s'invita a consegnarla e se questo viene fatto si può evitare la perquisizione.

Si dispone con decreto motivato.


La perquisizione può essere PERSONALE e in questo caso prima di procedervi deve essere consegnata al soggetto copia del decreto ed informarlo della possibilità di farsi assistere da persona di fiducia purché prontamente reperibile. La perquisizione deve avvenire nel rispetto di dignità e pudore.

Se la perquisizione riguarda i LUOGHI viene consegnata copia del decreto all'imputato e a chi ha disponibilità del luogo e informarlo della possibilità di farsi assistere da persona di fiducia purché prontamente reperibile.


Nel corso delle indagini preliminari la polizia giudiziaria può procedere di propria iniziativa a perquisizione personale o locale nei casi di flagranza, evasione o qualora ritenga che possano essere occultate tracce. In virtù della riserva di giurisdizione ex art. 13 cost. la polizia giudiziaria deve trasmettere all'ufficio del PM entro 48 ore il verbale delle operazioni e se ricorrono i presupposti il PM convalida la perquisizione.


SEQUESTRO PROBATORIO ART. 253 CPP. Caratteristica è creare un vincolo di indisponibilità su una cosa mobile o immobile per via di uno spossessamento coattivo. Caratteristica dell'oggetto è essere CONSIDERATA CORPO DEL REATO ( cose con le quali o mediante le quali è stato commesso il reato) o COSA PERTINENTE (quelli che sono serviti anche indirettamente alla consumazione dell'illecito).

Il sequestro viene disposto dall'autorità giudiziaria con decreto motivato e perdura fino a quando sussistono le esigenze probatorie cessate le quali le cose vengono restituite, anche dopo che la sentenza sia diventata definitiva a meno che venga disposta la confisca ex 240.

Contro il decreto di sequestro l'interessato può proporre il riesame ex 324. presso il tribunale del capoluogo nel quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento. Se invece si contesta il permanere delle esigenze l'interessato può presentare istanza di dissequestro al PM che provvede con decreto motivato disponendo la restituzione anche se poi gli interessati possono proporre opposizione sulla quale il giudice provvede in camera di consiglio ex 127.

Sebbene il potere di disporre il sequestro probatorio spetti all'autorità giudiziaria la polizia giudiziaria può sequestrare il corpo del reato o le cose pertinenti ex 354 se vi sono motivi d'urgenza. Il PM a questo punto se sussistono le condizioni nelle 48 ore successive convalida il sequestro o dispone la restituzione. Copia del decreto è notificato alla persona interessata e contro tale provvedimento si può proporre entro 10 giorni dalla notifica richiesta di riesame ex 324.


LE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE E AMBIENTALI ART. 266 CPP


Il legislatore non fornisce una definizione e di conseguenza è stata creata da una elaborazione giurisprudenziale che le ha considerate come "forma di captazione di conversazione tra due o più soggetti che agiscono con l'intenzione di escludere altri e con modalità rivolte allo scopo attuato da soggetto estraneo alla stessa".

La particolare invasività di questo mezzo di ricerca unito alla tutela della segretezza della corrispondenza ha portato il legislatore a prevedere una disciplina rigorosa prevedendo quindi possibili le intercettazioni solo nei procedimenti:

  • Delitti non colposi per i quali è previsto ergastolo o della reclusione fino a max 5 anni
  • Delitti contro pubblica amministrazione per i quali è prevista reclusione fino a max 5 anni
  • Delitti circa sostanze stupefacenti
  • Delitti concernenti armi e sostanze esplosive
  • Delitti di contrabbando
  • Reati di ingiuria, usura molestia
  • Delitti di pornografia minorile

Le intercettazioni telefoniche sono disposte solo se necessarie alla prosecuzione delle indagini ex art. 267 o in presenza di gravi indizi di reità ( questa espressione si differenza da "gravi indizi di colpevolezza" che è l'espressione usata per le misure cautelari e la differenza non è solo terminologica perché gli indizi di colpevolezza richiedono l'elemento in più consistente in indizi che convergono verso la responsabilità della persona).

INTERCETTAZIONI DI COMUNICAZIONI tra presenti può essere disposta negli stessi casi delle intercettazioni telefoniche con l'ulteriore limite che se avvengono in dimora privata, vi deve essere fondato motivo che ivi si svolga l'attività criminosa altrimenti è vietata.

Una particolarità delle intercettazioni consiste nella partecipazione del GIP in fase autorizzativa, su richiesta del PM, con decreto motivato nel quale deve indicare modalità e durata (max 15 giorni prorogabili con decreto motivato del giudice).

Nei casi di urgenza cioè quelli in cui il ritardo provochi pregiudizi, il PM senza aspettare l'autorizzazione del GIP può disporre l'intercettazione con decreto motivato che va comunicato al giudice entro 24 ore. Il giudice entro 48 ore convalida il decreto e se non lo fa l'intercettazione non può continuare.

Le intercettazioni sono iscritte in un apposito registro tenuto dal PM in cui sono iscritti i decreti.

Le operazioni di intercettazione vengono effettuate dal PM o dalla polizia giudiziaria. Le comunicazioni intercettate sono registrate ed è redatto il verbale. Se le operazioni sono effettuate da agenti di polizia i verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al PM ed entro 5 giorni depositati in segreteria per il tempo fissato dal PM. Tuttavia se da tale deposito può derivare pregiudizio alle indagini il giudice autorizza il PM a ritardare tale operazione (ma non oltre la chiusura delle indagini preliminari).

Ai difensori delle parti è data immediata comunicazione della possibilità di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni, dopo il giudice dispone l'acquisizione e alla trascrizione delle conversazioni (iscritte nel registro del dibattimento) che non siano palesemente irrilevanti stralciando quelle inutili.

Per quanto riguarda la DISCIPLINA SANZIONATORIA è prevista l'inutilizzabilità delle intercettazioni che siano state eseguite fuori dai casi previsti, in quel caso il giudice ne ordina la distruzione.

Le intercettazioni possono essere usate anche in procedimenti diversi da quelli per i quali sono state previste. Ex 270.

Particolare disciplina è prevista per le INTERCETTAZIONI TRA MEMBRI DEL PARLAMENTO Per le intercettazioni dirette L'art.68 (immunità parlamentare) cost. prevede che per sottoporli ad intercettazione è necessaria l'autorizzazione della camera a cui appartengono. Per le intercettazioni indirette la legge 140/2003 prevede che sui risultati di una captazione il giudice decida in camera di consiglio. sE ritiene irrilevanti i risultati ne ordina la distruzione altrimenti chiede l'autorizzazione alla camera di appartenenza e qualora non venga data , il giudice ordina la distruzione o comunque saranno inutilizzabili in violazione di tale regola.

La corte cost. con la S. ha affermato che tale disciplina esorbiterebbe dalle garanzia ex art. 68 cost. eludendo l'art.3 Cost. che afferma la parità di trattamento. Secondo la Corte tale regola eluderebbe anche l'art. 24 Cost. cioè il diritto alla difesa di altre persone che potrebbero usare quella intercettazione per scagionarsi; ma sarebbe violato anche l'art. 112 Cost. in quanto comprimerebbe l'obbligo all'azione del PM.

Alla luce di tutto questo la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittime le parti dell'art.6 l. 140/2003 che stabiliscono che la disciplina si applica anche quando le intercettazioni debbano essere utilizzate nei confronti di soggetti diversi dai membri del Parlamento.




LE MISURE CAUTELARI


La Costituzione all'art. 13 enuncia "la libertà personale è inviolabile", tuttavia nel medesimo articolo si capisce come le restrizioni della libertà sono ammissibili per atto motivato dell'autorità giudiziaria nei soli casi previsti dalla legge; quindi le restrizioni non sono altro che un'eccezione al principio generale.

L'art. 272 cpp stabilisce che "Le libertà della persona possono essere limitate con misure cautelari solo a norma di disposizioni del presente titolo" non consentendo quindi che sia altra fonte a premettere tale restringimento. Si stabilisce quindi una RISERVA DI LEGGE con fine di garanzia contro qualsiasi utilizzo persecutorio dello strumento delle misure cautelari.

Si prevede inoltre una RISERVA DI GIURISDIZIONE che stabilisce che all'applicazione e alla revoca di tali misure provvede il giudice che procede o il GIP (art.274).

Ma oltre all'art. 13 Cost, la costituzione prevede anche altre disposizioni a riguardo, come l'art. 27 che impon4e un utilizzo meno disinvolto dello strumento cautelare che non deve fungere da anticipazione della pena, bensì solo assolvere alla funzione di salvaguardare le esigenze cautelari.


IL CONCETTO DI MISURA CAUTELARE


Tra il momento in cui il reato è stato commesso e il momento in cui viene accertato può trascorrere un lasso di tempo nell'arco del quale possono verificarsi fatti che possono compromettere l'accertamento stesso. Occorre quindi prevedere degli strumenti che possano scongiurare tali pericoli noti come ESIGENZE CAUTELARI art. 274 cpp ( comportamenti che mettono in pericolo l'esecuzione della sentenza, comportamenti idonei ad aggravare la conseguenza del reato).

Caratteristica comune alle esigenze cautelari è l'urgenza di porre rimedio tanto da non poter aspettare la fine del procedimento penale

Lo strumento è proprio la MISURA CAUTELARE. L'applicazione di tale misura comportando la compressione di diritto garantiti impone una valutazione circa la responsabilità penale del soggetto cioè della sussistenza di gravi indizi (non si tratta di prove) di colpevolezza. L'accertamento però è sommario perché le indagini sono ancora in corso. Non bisogna però confondere il concetto di accertamento sommario (vuol dire la misura è provvisoria) con accertamento superficiale perché comunque l'ordinanza deve contenere un'adeguata motivazione.

Il provvedimento mantiene la sua esecutività fino alla sentenza definitiva e con l'eventuale sentenza di proscioglimento perde del tutto efficacia (art. 532).


Il codice prevede varie categorie di misure cautelari in ragione del bene giuridico posto in pericolo:


  • MISURE CAUTELARI PERSONALI sono le misure che comportano una compressione della libertà personale o della libertà di autodeterminarsi

Queste misure si dividono in tre categorie:

    1. LE MISURE COERCITIVE suddivise in OBBLIGATORIE (divieto di espatrio con il quale il giudice dispone che l'imputato non possa uscire dal territorio nazionale; obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria alle ore fissate dal giudice; divieto di dimora con il quale il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla dimora abituale; allontanamento dalla casa familiare introdotto con la L. 154/01 con la quale il giudice impone di allontanarsi dalla casa familiare) e CUSTDIALI ( arresti domiciliari con i quali si prescrive al soggetto di non allontanarsi dalla propria abitazione; custodia cautelare in carcere l'imputato è catturato e condotto in istituto di custodia art. 285)
    2. MISURE INTERDITTIVE si sostanziano nell'imposizione di divieti. Sono la sospensione dell'esercizio della potestà dei genitori con il quale il giudice priva temporaneamente il soggetto dei poteri relativi alla potestà; la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio con il quale interdice temporaneamente delle attività a essi inerenti; il divieto di esercitare determinate professioni art.290
    3. MISURE PROVVISORIE A CARATTERE CAUTELARE ART.312 sono misure di sicurezza applicate provvisoriamente per scopi cautelari dal giudice su proposta del PM quando sussistano gravi indizi sulla commissione del fatto e non ricorrono cause di giustificazione


  • MISURE CAUTELARI REALI sono quelle che incidono sui beni mobili o immobili tendendo a creare un vincolo di indisponibilità. Sono il sequestro conservativo che si basa sul pericolo che si disperdano le garanzia di pagamento della pena pecuniaria art. 316 e può essere richiesta sia dalle parti che dal giudice in ogni stato e grado del procedimento. La caratteristica è che può essere esercitata solo sui beni dell'imputato o del responsabile civile cioè solo dopo che è stata esercitata l'azione penale e non è possibile durante le indagini preliminari. L'altra misura è il sequestro preventivo art.321 si ha quando la libera disponibilità del bene possa aggravare o protrarre la conseguenza del reato o agevolare la commissione di altri reati, allora il giudice dispone il sequestro. Qualora non fosse possibile per mancanza di condizioni questo può essere revocato immediatamente su richiesta del PM o dell'interessato trasmessa al giudice. Nel corso delle indagini preliminari,quando non è possibile per urgenza attendere il provvedimento del giudice, al sequestro procede il PM con decreto motivato, se il PM non è ancora intervenuto al sequestro procede la polizia giudiziaria che entro 48 ore trasmette il verbale al PM che lo convalida con un decreto.

Con il proscioglimento o il non luogo a procedere il giudice ordina che le cose sequestrate siano restituite.


RICHIESTA DI RIESAME: contro il sequestro l'imputato ed il suo difensore possono proporre richiesta di riesame ex 324.


Diverso è il SEQUESTRO PROBATORIO che ha la finalità di acquisire la prova, il procedimento è diverso perché qui non interviene il giudice, ma solo il PM con decreto.


LA DISCIPLINA GENERALE DELLE MISURE CAUTELARI


La disciplina varia in base alla misura cautelare disposta.


  • In primo luogo, davanti alla richiesta di misura cautelare, bisogna valutare la gravità del reato che è un requisito fondamentale per la misura stessa. A tale individuazione si giunge osservando la qualità del reato.

Le misure coercitive possono essere applicate solo quando si procede per delitti per cui è previsto l'ergastolo o la reclusione superiore a 3 anni.

La custodia cautelare in carcere si prevede per i delitti consumati o tentati per i quali si a prevista la pena non inferiore nel massimo a 4 anni art. 280.

Le misure interdittive sono applicate solo quando si procede per cui è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a 3 anni art. 287


  • Sarà in secondo luogo necessario valutare gli elementi probatori per accertare che vi siano grandi elementi di colpevolezza richiesti dal codice. La legge 63/2001 al fine di applicare le regole del giusto processo ha previsto alcuni divieti probatori come il divieto di utilizzare le dichiarazioni senza indicazione della persona che ha conoscenza dei fatti e il divieto di usare intercettazioni telefoniche illegittimamente acquisite

  • Ulteriore requisito è verificare se sussistono le esigenze cautelari ex art. 274 cpp (esistenza di una situazione di concreto e attuale pericolo; pericolo di fuga; pericolo di commissione di reati )

  • Una volta accertata la presenza di tali esigenze è necessario stabilire quale misura applicare. A tal fine il legislatore ha fissato alcuni criteri guida:
    1. tener conto dell'idoneità della misura alla natura e grado delle esigenze cautelari da soddisfare
    2. Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione.

Se il procedimento ha ad oggetto reati di criminalità organizzata, il legislatore ritiene che l'unica misura è la custodia in carcere e se il giudice decide di non avvalersi di tale misura dovrà indicare gli elementi in base ai quali applica una misura meno favorevole art. 275



IL PROCEDIMENTO CAUTELARE


Il procedimento cautelare è la sequenza di atti che attengono all'applicazione della misura cautelare e parte con la richiesta del PM e termina con il giudicato cautelare.

Le misure sono disposte su istanza del PM che presenta al giudice gli elementi su cuoi la richiesta si fonda art. 291. Non tutti gli elementi rientrano, il magistrato può operare una selezione tra gli elementi, dopo la riforma della l.332/1995 deve includere tutti gli elementi a favore dell'imputato anche se non ci sono stati cambiamenti visto che non vi è nessuna sanzione che colpisca l'omissione.

Il giudice può accogliere la richiesta o può discostarsene applicando una misura meno grave o addirittura respingerla. Il codice però vieta una misura più grave.

Il giudice decide con ordinanza nella quale indica le esigenze cautelari e gli elementi di fatto da cui sono desunti e i motivi.

Una volta emessa, l'ordinanza è eseguita dalla polizia giudiziaria che deve consegnare al soggetto copia del provvedimento e avvertirlo della possibilità di nominare il difensore di fiducia che è avvertito direttamente dalla polizia oppure avverte il difensore d'ufficio, redige il verbale e lo trasmette al giudice e al PM.

Dopo l'esecuzione il giudice deve procedere all'interrogatorio della persona, non oltre 5 giorni e alla luce delle risultanze il giudice avrà modo di valutare se permangono le condizioni di applicabilità e se ne ricorrono le condizioni provvede alla revoca.

La legge 332 ha finalità di garanzia imponendo l'obbligo di depositare in cancelleria anche la richiesta del PM. Ha inoltre disposto che l'interrogatorio del PM non possa precedere quello del giudice poiché potrebbe tradursi in una pressione psicologica.

L'interrogatorio è condotto dal giudice con le modalità ex art. 64-65 cpp.

Al termine dell'interrogatorio il giudice può valutare se sussistono le condizioni per mantenere la misura cautelare o magari la revoca o la sostituisce. La revoca o la sostituzione in peius può essere disposta solo su richiesta del PM quando le esigenze risultano aggravate.


CAUSE DI ESTINZIONE DELLE MISURE CAUTELARI proscioglimento, omissione di interrogatorio della persona in custodia etero 5 gg dall'esecuzione dell'ordinanza; superamento dei termini massimi


TERMINI DELLE MISURE CAUTELARI la cloro caratteristica essenziale è quella di essere proporzionati alla gravità del reato, il codice prevde una serie di termini di durata massima. Possiamo operare una distinzione tra:

  • TERMINI COMPLESSIVI: si computano dal momento in cui ha avuto esecuzione il provvedimento cautelare fino ala passaggio in giudicato della sentenza
  • TERMINI INTERMEDI: si ricollegano alla durata della custodia cautelare in relazione alle varie fasi o gradi del procedimento penale. Tali termini sono autonomi gli uni dagli altri.

Primo termine interfasico dall'inizio dell'esecuzione delle misura fino al provvedimento che dispone il giudizio

Secondo termine interfasico dall'emissione del provvedimento fino alla pronuncia della condanna di primo grado

Terzo termine interfasico dalla condanna di primo grado fino alla sentenza di condanna in appello

Quarto termine interfasico dalla condanna in appello alla sentenza irrevocabile di condanna (tale termine non opera se si verifica il doppio conforme cioè se vi è stata condanna in primo grado e quella in appello è stata confermativa)


  • TERMINI FINALI: Sono i termini oltre i quali la custodia cautelare non può protrarsi e anche questi possono essere "finali intermedi" (sono il doppio di quelli previsti per i termini intermedi) o "finali complessivi" (termine massimo complessivo aumentato fino alla metà)

SOSPENSIONE I termini di durata massima possono essere sospesi in ragione della necessità di difesa sociale ed in tal caso il termine ricomincia a decorrere dalla data in cui termina la sospensione.

Le categorie di sospensione sono due:

  1. OBBLIGATORIA il giudice non può esimersi dal sospendere il decorso della misura
  2. FACOLTATIVA: il giudice può ma non è obbligato.

Ultimo stadio del procedimento cautelare è il RIESAME, si tratta contro un'ulteriore misura di garanzia ma è eventuale perché spetta all'imputato scegliere se avvalersi o meno di questo ulteriore vaglio. La richiesta può essere proposta entro 10 giorni e decide il tribunale in composizione collegiale nelle forme previste dall'art.127 e viene fatta comunicazione almeno 3 giorni prima. Oggetto del riesame è il provvedimento che applica inizialmente la misura coercitiva e non tutti i provvedimenti successivi. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi.


IL SISTEMA DI CONTROLLI SULLE ORDINANZE DE LIBERTATE


I provvedimenti cautelari possono essere sottoposi ad impugnazione portando all'instaurarsi del procedimento incidentale che ha il compito di controllare la legittimità dell'uso dello strumento cautelare.

Le parti possono proporre appello ex 310 cpp. Si tratta di un mezzo d'impugnazione che consente di controllare tutti i provvedimento emessi dal giudice. Il PM, il difensore e l'imputato possono proporre appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari purchè enuncino i motivi. Per il PM è l'unico strumento perché gli è precluso l'uso del riesame.

Dell'appello è dato immediato avviso all'autorità giudiziaria che entro il giorno successivo trasmette al tribunale gli atti. Il procedimento davanti al tribunale si ha in camera di consiglio secondo le forme del 127 cpp. Fino al giorno dell'udienza gli atti vengono depositati e restano in cancelleria con la facoltà per il difensore di esaminarli. Il tribunale decode entro 20 gg.

Ulteriore mezzo d'impugnazione è il ricorso in cassazione ex 311 ccp. E' una decisione limitata alla legittimità del provvedimento cautelare. Contro le decisioni del PM, l'imputato, il difensore possono proporre ricorso per cassazione entro 10 gg dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso del deposito in cancelleria.

E' possibile adire alla Cassazione senza servirsi di riesame e appello. La sentenza è irrevocabile ed è conditio sine qua non per poter avanzare domanda di riparazione per ingiusta detenzione. Ovviamente per avere riparazione per ingiusta detenzione è necessario che l'imputato non abbia concorso all'emissione del provvedimento cautelare per dolo o colpa grave.

L'ingiustizia può essere SOSTANZIALE quando l'imputato è stato prosciolto perché il fatto non sussiste o in senso FORMALE quando l'imputato è sottoposto a custodia cautelare senza che sussistessero le condizioni di applicabilità.






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