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LE MISURE CAUTELARI

diritto ed economia



Le misure cautelari


Le misure cautelari sono quei provvedimenti provvisori, ma immediatamente esecutivi, che tendono ad evitare che il trascorrere del tempo possa provocare uno dei seguenti pericolo: il pericolo per l'accertamento del reato; il pericolo per l'esecuzione della sentenza; il pericolo che si aggravino le conseguenze del reato o che venga agevolata la commissione di ulteriori reati. Le misure cautelari hanno varie caratteristiche che le differenziano dagli altri provvedimenti che possono essere emanati dal giudice penale :

la strumentalità: la caratteristica fondamentale è la strumentalità rispetto al procedimento penale;

l'urgenza: la misure cautelari tendono ad evitare i pericoli sopra menzionati e che sono definiti dal codice esigenze cautelari;

la prognosi di colpevolezza: l'applicazione di una misura cautelare richiede l'accertamento di gravi indizi di colpevolezza (art. 273). L'accertamento è bas 848b19i ato sugli elementi di prova che l'accusa sia riuscita a raccogliere sin dall'inizio delle indagini. Il nuovo art. 292 impone al giudice di esporre i motivi per i quali gli elementi a carico assumono rilevanza e le ragioni per le quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi a discarico dell'indagato;



l'immediata esecutività: la necessità di evitare pericoli, che derivano dall'attendere la sentenza definitiva, impone l'immediata esecutività del provvedimento cautelare (art. 293);

la provvisorietà: gli effetti del provvedimento sono provvisori e cioè non condizionano la decisione finale del giudice;

la previsione per legge: le misure cautelari comportano la limitazione delle libertà garantite dalla costituzione. Quest'ultima esige che la legge preveda espressamente i casi ed i modi nei quali il provvedimento dell'autorità giudiziaria può porre limiti alle libertà garantite;

la giurisdizionalità: le misure cautelari sono disposte con un provvedimento emanato dal giudice. Da ciò deriva che, di regola, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria non hanno il potere di disporre misure cautelari;

la impugnabilità: nei confronti dei provvedimenti cautelari è possibile presentare impugnazione. La Costituzione (art. 111, comma 7) impone al legislatore di prevedere, quanto meno, il ricorso per cassazione per violazione di legge contro quella categoria di provvedimenti che comporta una limitazione alla libertà personale.

Le misure cautelari possono essere adottate dall'Autorità giudiziaria sia nel corso delle indagini preliminari che nella seguente fase processuale; esse si dividono in misure cautelari personali e reali, le prime, poi, possono essere coercitive o interdittive. Ai fini dell'applicabilità di queste misure cautelari, è necessaria in primo luogo la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ed inoltre l'assenza di cause estintive del reato, della pena, di giustificazione e di non punibilità.

E' altresì necessaria la presenza di esigenze cautelari indicate tassativamente dall'art. 274. Il pubblico ministero, nel presentare richiesta motivata di disposizione di una misura cautelare, deve fornire elementi di prova che dimostrino in concreto sia l'esistenza di tutte le condizioni necessarie per applicare la misura richiesta, sia il ricorrere di una delle seguenti esigenze cautelari:

a)  la prima, comunemente chiamata pericolo di inquinamento delle prove, é inerente ad esigenze di indagine, in relazione al pericolo per l'acquisizione delle prove e la salvaguardia della loro genuinità. Il pubblico ministero deve dimostrare che vi sono in concreto situazioni di attuale pericolo sia per l'acquisizione che per la salvaguardia delle prove. Le indagini, cui queste si riferiscono devono essere relative al fatto reato per cui si procede. La situazione di pericolo deve essere fondata su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità (art. 292, comma 2);

b) la seconda sussiste qualora vi sia la fuga o il concreto pericolo di fuga dell'imputato, se il giudice ritiene che possa essere irrogata una pena superiore e due anni di reclusione;

c)  la terza, infine, posta a tutela della collettività, è integrata dal pericolo che egli commetta gravi delitti di violenza o contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Il pericolo deve essere desunto da specifiche modalità del fatto di reato o dalla personalità pericolosa dell'autore del fatto, con il limite che la pericolosità deve essere ricavata dai precedenti penale o da comportamenti o da atti concreti che devono essere specificamente indicati.

L'applicabilità delle misure coercitive incontra una soglia minima inerente alla gravità del delitto commesso, dovendo essere prevista una pena edittale superiore ad un certo limite. La condizione che il delitto addebitato sia di una determinata gravità non è posta, in verità dall'art. 273 (che prevede le condizioni generali si applicabilità) bensì dal successivo art. 280 (condizioni di applicabilità delle misure coercitive). il codice (artt. 280 e 287) dispone che non siano applicabile le misure coercitive ed interdittive nei procedimenti per quei reati che sono denominati contravvenzioni; in questi ultimi si possono adottare soltanto le misure cautelari reali (sequestro conservativo o preventivo). In secondo luogo l'art. 280 impedisce che, di regola, possano applicarsi misure coercitive ed interdittive al di sotto di una soglia minima di gravità del delitto addebitato; tale soglia fa riferimento alla pena detentiva stabilita nel massimo per il delitto. In base all'art. 278, per determinare la quantità della pena detentiva al fine di applicare le misure cautelari, il codice impone di considerare la pena detentiva prevista in astratto nel massimo per il singolo delitto consumato o tentato. Alla quantità così individuata devono essere aggiunti gli aumenti di pena previsti per le circostanze aggravanti speciali o ad effetto speciale: quindi devono essere operate le diminuzioni di pena previste per le circostanze attenuanti speciali o ad effetto speciale.

Le soglie di pena previste sono le seguenti:

a)  delitto punibile con l'ergastolo o con pena superiore nel massimo a tre anni, per le misure diverse dalla custodia in carcere;

b) delitto punibile con l'ergastolo o pena non inferiore nel massimo a quattro anni, per la misura della custodia in carcere;

c)  delitto punibile con l'ergastolo o pena non inferiore nel massimo a quattro anni, se l'esigenza cautelare da tutelare è quella del pericolo di commissione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede e la misura da adottare è la custodia cautelare.

Le misure cautelari - sottoposte ad un generale principio di riserva di legge dettato dall'art. 272 ("le libertà personali possoo essere limitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo") - devono essere applicate mediante un procedimento giurisdizionale (art. 279: sull'applicazione, revoca o modifica delle misure cautelari provvede il giudice che procede) e comunque con i criteri di adeguatezza e proporzionalità sanciti dall'art. 275. In particolare, nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto (art. 275, comma 1). Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata (art. 275, comma 2). Non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 416-bis c.p. (associazione mafiosa) o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l'età di settanta anni o che si trovi in condizioni di salute particolarmente gravi incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere.

Tra le condizioni generali di applicabilità l'art. 273 pone i gravi indizi di colpevolezza a carico dell'imputato. La disposizione indica la quantità minima di prova che deve essere presente per poter applicare una misura cautelare. Tali indizi devono essere capaci a resistere ad interpretazioni alternative sulla ricostruzione del fatto e sulla responsabilità dell'imputato, anche se può residuare un qualche margine di dubbio. La giurisprudenza richiede che siano accertate circostanze idonee a far ritenere, con elevata probabilità, verosimile la reità dell'indagato o imputato.

L'ultima condizione di applicabilità è descritta in modo analitico dall'art. 273, comma 2, e può essere così sintetizzata: occorre che il delitto addebitato all'imputato sia punibile in concreto. Ciò avviene, come spiega l'art. 273, se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di una causa di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata.

Le misure coercitive

Le misure cautelari coercitive incidono sulla libertà personale degli individui, possono essere applicate qualora sia prevista una pena edittale superiore nel massimo a tre anni, e si suddividono in:

a)  misure custodiali - che comportano la soppressione della libertà fisica - e sono la custodia cautelare in carcere, gli arresti domiciliari e la custodia cautelare in casa di cura. Il periodo di sottoposizione alle misure custodiali è detratto dalla eventuale pena da espiare con la sentenza definitiva;

b) misure non custodiali - che implicano la limitazione, ma non la soppressione della libertà fisica - e sono il divieto di espatrio, il divieto o l'obbligo di dimora, l'obbligo della presentazione alla polizia giudiziaria.

Tali misure sono adottate con ordinanza del giudice su richiesta del p.m. e sono revocate quando ne cessano i presupposti di applicazione.

La custodia cautelare in carcere

Con il provvedimento che dispone la custodia cautelare, il giudice ordina agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria che l'imputato sia catturato e immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell'autorità giudiziaria. Prima del trasferimento nell'istituto la persona sottoposta a custodia cautelare non può subire limitazione della libertà, se non per il tempo e con le modalità strettamente necessarie alla sua traduzione. Per determinare la pena da eseguire, la custodia cautelare subita si computa a norma dell'articolo 657, anche quando si tratti di custodia cautelare subita all'estero in conseguenza di una domanda di estradizione ovvero nel caso di rinnovamento del giudizio a norma dell'articolo 11 del codice penale.

Gli arresti domiciliari

Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza. Quando  è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono. Se l'imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte all'imputato. L'imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare.

La custodia cautelare in luogo di cura

Se la persona da sottoporre a custodia cautelare si trova in stato di infermità di mente che ne esclude o ne diminuisce grandemente la capacità di intendere o di volere, il giudice, in luogo della custodia in carcere, può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero, adottando i provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga. Il ricovero non può essere mantenuto quando risulta che l'imputato non  è più infermo di mente.

Il divieto di espatrio

Con il provvedimento che dispone il divieto di espatrio, il giudice prescrive all'imputato di non uscire dal territorio nazionale senza l'autorizzazione del giudice che procede. Il giudice dà le disposizioni necessarie per assicurare l'esecuzione del provvedimento, anche al fine di impedire l'utilizzazione del passaporto e degli altri documenti di identità validi per l'espatrio. Con l'ordinanza che applica una delle altre misure coercitive, il giudice dispone in ogni caso il divieto di espatrio.

Il divieto e l'obbligo di dimora

Con il provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi, senza l'autorizzazione del giudice che procede, dal territorio del comune di dimora abituale ovvero, al fine di assicurare un più efficace controllo o quando il comune di dimora abituale non è sede di ufficio di polizia, dal territorio di una frazione del predetto comune o dal territorio di un comune viciniore ovvero di una frazione di quest'ultimo. Se per la personalità del soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze cautelari previste dall'articolo 274, l'obbligo di dimora può essere disposto nel territorio di un altro comune o frazione di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell'ambito della regione ove è ubicato il comune di abituale dimora. Quando dispone l'obbligo di dimora, il giudice indica l'autorità di polizia alla quale l'imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo ove fisserà la propria abitazione. Il giudice può prescrivere all'imputato di dichiarare all'autorità di polizia gli orari e i luoghi in cui sarà quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di comunicare preventivamente alla stessa autorità le eventuali variazioni dei luoghi e degli orari predetti. Il giudice può, anche con separato provvedimento, prescrivere all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro. Nel determinare i limiti territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto è possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell'imputato. Quando si tratta di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell'ambito di una struttura autorizzata, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua. Dei provvedimenti del giudice è data in ogni caso immediata comunicazione all'autorità di polizia competente, che ne vigila l'osservanza e fa rapporto al pubblico ministero di ogni infrazione.

L'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria

Con il provvedimento che dispone l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il giudice prescrive all'imputato di presentarsi a un determinato ufficio di polizia giudiziaria. Il giudice fissa i giorni e le ore di presentazione tenendo conto dell'attività lavorativa e del luogo di abitazione dell'imputato.

Le misure interdittive

Le misure cautelari interdittive comportano la limitazione o la perdita di diritti e potestà e sono la sospensione dalla potestà di genitore; la sospensione da un pubblico ufficio o servizio; il divieto temporaneo di esercitare determinate attività imprenditoriali o professionali. Anche queste misure sono applicabili in presenza di una pena edittale superiore nel massimo a tre anni e sono adottate con provvedimento del giudice su richiesta del p.m.

La sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori

Con il provvedimento che dispone la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori, il giudice priva temporaneamente l'imputato, in tutto o in parte, dei poteri a essa inerenti. Qualora si proceda per un delitto contro la libertà sessuale, ovvero per uno dei delitti previsti dagli articoli 530 e 571 del codice penale, commesso in danno di prossimi congiunti, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1.

La sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio

Con il provvedimento che dispone la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice interdice temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti. Qualora si proceda per un delitto contro la pubblica amministrazione, la misura può essere disposta a carico del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1. Nel corso delle indagini preliminari, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice procede all'interrogatorio dell'indagato, con le modalità indicate agli articoli 64 e 65. La misura non si applica agli uffici elettivi ricoperti per diretta investitura popolare.

Il divieto temporaneo di esercitare attività professionali o imprenditoriali

Con il provvedimento che dispone il divieto di esercitare determinate professioni, imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, il giudice interdice temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti. Qualora si proceda per un delitto contro l'incolumità pubblica o contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio ovvero per alcuno dei delitti previsti dalle disposizioni penali in materia di società e di consorzi o dagli articoli 353, 355, 373, 380 e 381 del codice penale, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1.

L'applicazione delle misure coercitive ed interdittive

Le misure cautelari personali sono applicate con ordinanza del giudice su richiesta del P.M. Il giudice incontra un duplice limite nell'applicare la misura: non può andare oltre la richiesta del P.M., né può fondare la sua decisione su elementi di prova diversi da quelli forniti dallo stesso P.M.[1].

L'applicazione delle misure cautelari avviene in due fasi. Nella prima vi è una decisione fondata su di una richiesta che viene presentata da pubblico ministero senza che sia sentita la difesa , poiché la misura deve essere eseguita a sorpresa per essere efficace. Nella seconda fase vi è una qualche forma di contraddittorio perchè il giudice per le indagini preliminari deve interrogare l'indagato ed il difensore deve essere avvisato dell'atto e può essere presente.

Competente (funzionalmente) a decidere nel corso delle indagini preliminari e il G.I.P.; nel corso dell'udienza preliminare è il G.U.P.; nel processo il giudice presso cui si procede[2].

Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza[3]. L'ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio :

a)  le generalità dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo;

b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate;

c)  l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato;

d) l'esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze cautelari non possono essere soddisfatte con altre misure;

e)  la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché questa è disposta al fine di evitare l'inquinamento delle prove;

f)   la data e la sottoscrizione del giudice.

L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell'imputato, di cui all'articolo 358, nonché all'articolo 38 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie. L'incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione.

Salvo quanto previsto dall'articolo 156 (notificazioni all'imputato detenuto), l'ufficiale o l'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la custodia cautelare consegna all'imputato copia del provvedimento e lo avverte della facoltà di nominare un difensore di fiducia, informa immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato a norma dell'articolo 97 e redige verbale di tutte le operazioni compiute. Il verbale è immediatamente trasmesso al giudice che ha emesso l'ordinanza e al pubblico ministero. Le ordinanze che dispongono misure diverse dalla custodia cautelare sono notificate all'imputato. Le ordinanze dopo la loro notificazione o esecuzione, sono depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la stessa. Avviso del deposito è notificato al difensore. Copia dell'ordinanza che dispone una misura interdittiva è trasmessa all'organo eventualmente competente a disporre l'interdizione in via ordinaria.

Nel corso delle indagini preliminari, il giudice se non vi ha proceduto nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di indiziato di delitto procede all'interrogatorio di garanzia della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia (dieci giorni per le altre misure), salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita[5]. La misura custodiale perde immediatamente di efficacia se il giudice non procede ad interrogatorio entro il termine di cinque giorni (custodia cautelare) o di dieci (arresti domiciliari). Nel caso di assoluto impedimento dell'imputato, il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine per l'interrogatorio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della cessazione dell'impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso (art. 294, comma 2).

Mediante l'interrogatorio il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari previste dagli articoli 273, 274 e 275. Quando ne ricorrono le condizioni, provvede, a norma dell'articolo 299, alla revoca o alla sostituzione della misura disposta[6].

Ai sensi dell'art. 322 il difensore riceve avviso della data e dell'ora dell'interrogatorio nonché della facoltà di esaminare i documenti depositati che possono essere dallo stesso esaminati in cancelleria. Ai sensi dell'art. 294, comma 6, l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l'interrogatorio del giudice.

Nei casi in cui l'ordinanza che dispone la misura cautelare rimanga senza applicazione a causa della irreperibilità del soggetto destinatario, viene compilato il processo verbale di vane ricerche ai sensi dell'art. 295. Tale situazione può portare alla declaratoria di latitanza qualora la misura si sostanzi in una privazione della libertà personale.

L'estinzione delle misure coercitive ed interdittive

Le misure cautelari personali vivono all'interno del procedimento e possono perciò venire interessate da molteplici vicende sfocianti in una loro estinzione, modificazione o cumulo con altre misure.

Come sopra accennato, il primo momento nel quale il giudice dovrebbe se vi sono le condizioni per revocare o sostituire la misura cautelare applicata, è l'interrogatorio che si svolge successivamente all'esecuzione della misura (art. 294, comma 3).

Ai sensi dell'art. 299, le misure coercitive e interdittive sono immediatamente revocate quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità ovvero le esigenze cautelari oppure quando si accerti che siano venute meno completamente le esigenze cautelari. Qualora le esigenze cautelari risultino attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la misura con un'altra meno grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità meno gravose[7].

Occorre sottolineare che di regola sia la revoca, sia la sostituzione in meglio, possono essere disposte dal giudice a richiesta dell'imputato o del pubblico ministero (art. 299, comma 3); eccezionalmente possono essere concesse anche d'ufficio nel corso dell'interrogatorio di garanzia, in udienza o in situazioni ad esse equiparate. In ogni caso, prima di eliminare il provvedimento, il giudice deve sentire il pubblico ministero (art. 299, comma 3 bis). Il pubblico ministero deve essere avvisato ed ha due giorni per far eventualmente conoscere al giudice il suo parere, che non è vincolante.

Il giudice, valutati gli elementi addotti per la revoca o la sostituzione delle misure, prima di provvedere può assumere l'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini. Se l'istanza di revoca o di sostituzione è basata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli già valutati, il giudice deve assumere l'interrogatorio dell'imputato che ne ha fatto richiesta.

Quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose. Ciò avviene quando le esigenze cautelari risultano essersi aggravate (art. 299, comma 4), sia quando l'imputato ha trasgredito alle prescrizioni che concernono la misura (art. 276).

In ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell'imputato. Gli accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere è basata sulle condizioni di salute di cui all'articolo 275, comma 4 (madre incinta, ultrasettantenni ecc.), ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o risultano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla base degli atti, dispone con immediatezza gli accertamenti medici del caso, nominando perito, il quale deve tener conto del parere del medico penitenziario e riferire entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di rilevata urgenza, non oltre due giorni dall'accertamento.

Casi di estinzione automatica delle misure

Le cause di estinzione comportano il venir meno di diritto degli effetti della misura. In presenza del presupposto indicato dalla legge l'effetto estintivo si produce automaticamente, anche se occorre pur sempre che il giudice adotti i provvedimenti necessari per far cessare immediatamente l'esecuzione della misura cautelare.

Pronuncia di determinate sentenze

Le misure disposte in relazione a un determinato fatto perdono immediatamente efficacia quando, per tale fatto e nei confronti della medesima persona, è disposta l'archiviazione ovvero è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento. Se l'imputato si trova in stato di custodia cautelare e con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere è applicata la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, il giudice provvede a norma dell'art. 312. Quando, in qualsiasi grado del processo, è pronunciata sentenza di condanna, le misure perdono efficacia se la pena irrogata è dichiarata estinta ovvero condizionatamente sospesa. La custodia cautelare perde altresì efficacia quando è pronunciata sentenza di condanna, ancorché sottoposta a impugnazione, se la durata della custodia già subita non è inferiore all'entità della pena irrogata. Qualora l'imputato prosciolto o nei confronti del quale sia stata emessa sentenza di non luogo a procedere sia successivamente condannato per lo stesso fatto, possono essere disposte nei suoi confronti misure coercitive quando ricorrono le esigenze cautelari del pericolo di fuga o della pericolosità sociale.

Scadenza dell'esigenza cautelare probatoria

Le misure disposte per le esigenze cautelari di pericolo di inquinamento delle prove perdono immediatamente efficacia se alla scadenza del termine previsto dall'ordinanza che disponeva la misura, non ne è ordinata la rinnovazione. La rinnovazione è disposta dal giudice con ordinanza, su richiesta del pubblico ministero, anche per più di una volta, entro i limiti previsti dagli articoli 305 e 308. Quando si procede per reati per il cui accertamento sono richieste investigazioni particolarmente complesse per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese, ovvero per reati il cui accertamento è richiesto il compimento di atti di indagini all'estero, la custodia cautelare in carcere disposta per il compimento delle indagini non può avere durata superiore a trenta giorni. La proroga della medesima misura è disposta, per non più di due volte ed entro il limite complessivo di novanta giorni, dal giudice con ordinanza, su richiesta inoltrata dal pubblico ministero prima della scadenza, valutate le ragioni che hanno impedito il compimento delle indagini per le cui esigenze la misura era stata disposta e previo l'interrogatorio dell'imputato.

Scadenza dei termini per l'interrogatorio

La custodia cautelare disposta nel corso delle indagini preliminari perde immediatamente efficacia se il giudice non procede all'interrogatorio entro il termine previsto dall'art. 294. Dopo la liberazione, la misura può essere nuovamente disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, previo interrogatorio, allorché, valutati i risultati di questo, sussistono le condizioni indicate negli articoli 273, 274 e 275. Nello stesso modo si procede nel caso in cui la persona, senza giustificato motivo, non si presenta a rendere interrogatorio.

Ritardata decisione del Tribunale del Riesame

Ai sensi dell'art. 309/10, se la decisione sulla richiesta di riesame contro una misura coercitiva non interviene entro il decimo giorno, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia e l'indagato deve essere scarcerato.

La misura perde inoltre efficacia qualora l'autorità giudiziaria procedente, richiesta di inviare gli atti al Tribunale del riesame, non fa pervenire gli stessi entro cinque giorni dalla richiesta.

Scadenza dei termini per le misure non custodiali

Tutte le misure cautelari sono, per loro essenza, sottoposte a termini di durata massima, che costituiscono un limite invalicabile per il giudice.

Le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare perdono efficacia quando dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al doppio dei termini previsti dall'articolo 303 (termini di durata massima della custodia cautelare). Le misure interdittive perdono efficacia quando sono decorsi due mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di due mesi dall'inizio dell'esecuzione, osservati i limiti previsti dal comma 1 dell'art. 308. L'estinzione delle misure non pregiudica l'esercizio dei poteri che la legge attribuisce al giudice penale o ad altre autorità nell'applicazione di pene accessorie o di altre misure interdittive.

Omessa reiterazione della misura dopo la declaratoria di incompetenza del giudice

Ai sensi dell'art. 27, dopo l'adozione della misura cautelare, se il giudice si dichiara incompetente, entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti al giudice competente, quest'ultimo deve adottare nuovamente la misura, sotto pena di perdita di efficacia della misura già disposta.

Decorrenza dei termini massimi di custodia

Ai sensi dell'art. 303 la custodia cautelare perde efficacia quando[8]:

a)  dall'inizio della sua esecuzione sono decorsi i seguenti termini senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio ovvero senza che sia stata pronunciata una delle sentenze previste dagli articoli 442 e 561 (giudizio abbreviato), 448/1 e 563 (patteggiamento):

a.  tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

b.  sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni, salvo quanto previsto dal punto numero 3;

c.   un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni ovvero per uno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), sempre che per lo stesso la legge preveda la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni;

b) dall'emissione del provvedimento che dispone il giudizio o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna di primo grado:

a.  sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

b.  un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dal punto numero 1;

c.   un anno e sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni;

c)  dalla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna in grado di appello:

a.  nove mesi, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a tre anni;

b.  un anno, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a dieci anni;

c.   un anno e sei mesi, se vi è stata condanna alla pena dell'ergastolo o della reclusione superiore a dieci anni;

d) dalla pronuncia della sentenza di condanna in grado di appello o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi gli stessi termini previsti dalla lettera c) senza che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna. Tuttavia, se vi è stata condanna in primo grado, ovvero se la impugnazione è stata proposta esclusivamente dal pubblico ministero, si applica soltanto la disposizione del comma 4.

La durata complessiva della custodia cautelare, considerate anche le proroghe previste dall'articolo 305, non può superare i seguenti termini:

a)  due anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;

b) quattro anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dalla lettera a);

c)  sei anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a venti anni.

Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare

I termini di durata massima della custodia cautelare, previsti dall'articolo 303, sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, nei seguenti casi:

a)  nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato per impedimento dell'imputato o del suo difensore ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini per la difesa;

b) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori che rendano privo di assistenza uno o più imputati;

c)  nella fase del giudizio, durante la pendenza dei termini previsti dall'articolo 544, commi 2 e 3 (quindici giorni in caso non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi della sentenza; novanta giorni in caso di motivazione complessa);

I termini previsti dall'articolo 303 possono altresì essere sospesi, nella fase del giudizio, quando si tratta di reati indicati dall'articolo 407, comma 2, lettera a), nel caso di dibattimenti particolarmente complessi, durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni.

I termini previsti dall'articolo 303, comma 1, lettera a), sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, se l'udienza preliminare è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nei punti a) e b) del presente paragrafo.

In ogni stato e grado del procedimento di merito, quando è disposta perizia sullo stato di mente dell'imputato, i termini di custodia cautelare sono prorogati per il periodo di tempo assegnato per l'espletamento della perizia[9]. Nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero può altresì chiedere la proroga dei termini di custodia cautelare che siano prossimi a scadere, quando sussistono gravi esigenze cautelari che, in rapporto ad accertamenti particolarmente complessi, rendano indispensabile il protrarsi della custodia. Il giudice, sentiti il pubblico ministero e il difensore, provvede con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310. La proroga è rinnovabile una sola volta .

Le impugnazioni delle misure coercitive ed interdittive

Tutte le misure cautelari, sia personali che reali, sono impugnabili. Di solito sono presidiate da mezzi di impugnazione autonomi rispetto alla sentenza che definisce il giudizio onde garantire una pronta tutela al soggetto impugnante. Tuttavia, l'impugnabilità della misura coercitiva non implica necessariamente l'autonomia del mezzo di gravame: l'ordinanza cautelare coeva alla sentenza di merito - ad esempio - è impugnabile solo congiuntamente con la sentenza e con il mezzo per questa previsto.

I mezzi di impugnazione previsti per le ordinanze cautelari personali si articolano in due gradi, uno di merito e uno di legittimità:

a)  gravame di merito: riesame o l'appello, in alternativa tra loro;

b) gravame di legittimità: ricorso per cassazione.

Il riesame

Entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva (non anche interdittiva), l'imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di appello del pubblico ministero[11].

Il difensore dell'imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni dalla notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura[12]. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale della libertà del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza (art. 309). Il presidente cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini.

Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare i nuovi motivi davanti al giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima dell'inizio della discussione. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio (art. 127). L'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero presso il tribunale; esso è notificato, altresì, entro lo stesso termine, all'imputato ed al suo difensore. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia. Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l'inammissibilità della richiesta, annulla, riforma e conferma l'ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza. Il tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia.

L'appello

Fuori dei casi previsti per il riesame (l'appello ha infatti una valenza residuale), il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore possono proporre appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali, enunciandone contestualmente i motivi[13]. Dell'appello è dato immediato avviso all'autorità giudiziaria precedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale l'ordinanza appellata e gli atti su cui la stessa si fonda. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne la copia. Il tribunale decide entro venti giorni dalla ricezione degli atti. L'esecuzione della decisione con la quale il tribunale, accogliendo l'appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare è sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva.

La più importante differenza consiste nelle formalità che regolano la dichiarazione con cui le parti formulano l'appello; essa deve precisare a pena di inammissibilità i motivi per i quali il soggetto interessato ritiene che il provvedimento debba essere annullato o modificato. L'appello è una impugnazione ad effetto parzialmente devolutivo proprio perché il controllo esercitabile dal tribunale è limitato ai motivi di doglianza esposti nella dichiarazione di impugnazione dall'imputato o dal pubblico ministero.

Il ricorso per cassazione

Contro le decisioni sul riesame o l'appello emesse a norma degli articoli 309 e 310, il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura, l'imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 dell'articolo 309. Entro i termini previsti dall'articolo 309 commi 1, 2 e 3, l'imputato e il suo difensore possono proporre direttamente ricorso per cassazione per violazione di legge contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame. Il ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione ovvero in quella del giudice che ha emesso l'ordinanza. Il giudice cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla corte di cassazione. I motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti alla corte di cassazione, prima dell'inizio della discussione. La Corte di cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste dall'articolo 127.


La riparazione per l'ingiusta custodia cautelare

All'imputato è riconosciuto un vero e proprio diritto ad ottenere un'equa riparazione per la custodia cautelare subita ingiustamente (art. 314). Si tratta di una novità introdotta dal codice del 1988 in adempimento della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La domanda di riparazione è presentata dall'imputato dopo che la sentenza è divenuta irrevocabile; sulla richiesta decide la corte d'appello con un procedimento in camera di consiglio. Il presupposto del diritto ad ottenere l'equa riparazione consiste nella ingiustizia sostanziale e formale della custodia cautelare subita. La prima ipotesi di ingiustizia, prevista dall'art. 314, comma 1, è di tipo sostanziale. Il diritto all'equa riparazione spetta all'imputato che sia stato assolto per motivi completamente liberatori in punto di responsabilità di responsabilità, e cioè perché era innocente. È richiesta una sentenza irrevocabile di assoluzione con uno dei seguenti dispositivi: perché il fatto non sussiste, l'imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.

La seconda ipotesi di ingiustizia prevista dall'art. 314, comma 2, è di tipo formale. Ciò avviene quando la custodia cautelare risulta applicata illegittimamente a prescindere dall'esito del giudizio. Il diritto alla riparazione presuppone soltanto che sia stato accertato con decisione irrevocabile che il provvedimento custodiale è stato emesso senza che esistessero le condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 del codice.

L'art. 314 pone però alcuni ostacoli al diritto di riparazione. Il primo è previsto dall'art. 314, comma 4. Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte di custodia cautelare che comunque è stata computata ai fini della determinazione della quantità di pena detentiva che avrebbe dovuto essere scontata dall'imputato. Il secondo ostacolo è posto dall'art. 314, comma 1. L'imputato non ha diritto alla riparazione se ha dato causa o concorso a dare causa all'ingiusta custodia cautelare per dolo o colpa grave. (ad esempio nel caso di false dichiarazioni).

La domanda di riparazione deve essere proposta alla corte d'appello entro due anni dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile. Ai sensi dell'art. 315, comma 2, l'entità della riparazione non può comunque eccedere un miliardo di lire del vecchio conio.

Le misure cautelari di sicurezza

In pendenza di procedimento penale possono essere provvisoriamente applicate (in anticipo rispetto al giudicato penale) solo misure di sicurezza di tipo per-sonale. Le misure in esame consistono in misure di sicurezza assai raramente applicabili, nel corso del procedimento penale, nei confronti dell'inquisito in presenza di esigenze di cautela sociale e processuale.

I presupposti

La duplice natura delle misure in esame esige la contestuale presenza dei rispettivi presupposti:

  1. pericolosità sociale e criminale dell'inquisito, sotto i profili della sicurezza pubblica generale in generale e della difesa della società dal reato;
  2. esigenze cautelari di cui all'art. 274, trattandosi di misura pur sempre cautelare. Una persona ritenuta socialmente pericolosa, in assenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 274, può e deve essere sottoposta a misure di prevenzione. Qui l'esigenza di difesa sociale non sarebbe interna ad alcun procedimento penale, ma avrebbe vita al di fuori di esso.

Natura post delictum delle misure

Il profilo sostanziale delle misure di sicurezza appartiene al diritto penale; esse si suddividono in misure patrimoniali (cauzione di buona condotta e confisca) e personali. Quest'ultime sono ripartite in detentive (colonia agricola, casa di lavoro, casa di cura e custodia, ospedale psichiatrico, riformatorio giudiziario) e non detentive (libertà vigilata, divieto di soggiorno, divieto di frequentare osterie, espulsione dello straniero dallo Stato), secondo le previsioni del codice penale (artt. 199-240). Le misure di sicurezza non vanno confuse con le misure di prevenzione, giacché, pur presupponendo entrambe la pericolosità sociale della persona interessata, le misure di sicurezza riguardano i soggetti che hanno già commesso fatti-reato, quelle di prevenzione ne prescindono. Le prime sono post delictum, le seconde ante delictum.

La cautelarità dell'applicazione endoprocedimentale

Nel corso del procedimento non è innanzitutto ipotizzabile una applicazione «definitiva» di misure di sicurezza, perché la pericolosità sociale, che ne è l'indispensabile presupposto, è «definitivamente» accertata solo all'esito del processo, con la sentenza irrevocabile. Inoltre in pendenza di procedimento penale possono essere applicate solo le misure di sicurezza personali con esso compatibili e cioè il ricovero in casa di cura e custodia o in ospedale psichiatrico giudiziario (O.P.G.). Ad essi sono assoggettabili per esigenze processuali cautelari l'infermo di mente, l'ubriaco abituale, il tossico o alcooldipendente.

Le misure cautelari reali

Le misure cautelari reali sono misure che incidono sul patrimonio dell'imputato e determinano l'indisponibilità di cose o beni. Esse sono:

il sequestro conservativo sui beni mobili e immobili dell'imputato a garanzia delle pene pecuniarie, delle spese del procedimento e delle obbligazioni civili nascenti da reato;

il sequestro preventivo delle cose pertinenti al reato, la cui disponibilità potrebbe agevolare le conseguenze di esso o la commissione di altri reati.

Il sequestro conservativo

Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del processo di merito, chiede il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili dell'imputato o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento[14]. Il sequestro disposto a richiesta del pubblico ministero giova anche alla parte civile.

Il provvedimento che dispone il sequestro conservativo a richiesta del pubblico ministero o della parte civile è emesso con ordinanza del giudice che procede. Se è stata pronunciata sentenza di condanna, di proscioglimento o di non luogo a procedere, soggetta a impugnazione, il sequestro è ordinato, prima che gli atti siano trasmessi al giudice dell'impugnazione, dal giudice che ha pronunciato la sentenza e, successivamente, dal giudice che deve decidere sull'impugnazione. Dopo il provvedimento che dispone il giudizio e prima che gli atti siano trasmessi al giudice competente, provvede il giudice per le indagini preliminari. Il sequestro è eseguito dall'ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile per l'esecuzione del sequestro conservativo sui beni mobili o immobili. Gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione.

Contro l'ordinanza di sequestro conservativo chiunque vi abbia interesse può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell'articolo 324. La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento.

Se l'imputato o il responsabile civile offre cauzione idonea a garantire i crediti indicati nell'articolo 316, il giudice dispone con decreto che non si faccia luogo al sequestro conservativo e stabilisce le modalità con cui la cauzione deve essere prestata. Se l'offerta è proposta con la richiesta di riesame, il giudice revoca il sequestro conservativo quando ritiene la cauzione proporzionata al valore delle cose sequestrate[15].

Il sequestro conservativo si converte in pignoramento quando diventa irrevocabile la sentenza di condanna al pagamento di una pena pecuniaria ovvero quando diventa esecutiva la sentenza che condanna l'imputato e il responsabile civile al risarcimento del danno in favore della parte civile[16]. Sul prezzo ricavato dalla vendita dei beni sequestrati e sulle somme depositate a titolo di cauzione e non devolute alla cassa delle ammende, sono pagate, nell'ordine, le somme dovute alla parte civile a titolo di risarcimento del danno e di spese processuali, le pene pecuniarie, le spese di procedimento e ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato.

Il sequestro preventivo

Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato[17]. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che è notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi è richiesta di revoca dell'interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta è trasmessa non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella segreteria.

Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell'intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria, i quali, nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro è stato eseguito. Questi, se non dispone la restituzione delle cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l'emissione del decreto entro quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla ricezione del verbale, se il sequestro è stato eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti ovvero se il giudice non emette l'ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell'ordinanza è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.

Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell'articolo 324. La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento. Fuori da questi casi il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, possono proporre appello contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero. Sull'appello decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento. L'appello non sospende l'esecuzione del provvedimento.

Con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ancorché soggetta a impugnazione, il giudice ordina che le cose sequestrate siano restituite a chi ne abbia diritto, quando non deve disporre la confisca a norma dell'articolo 240 del codice penale. Il provvedimento è immediatamente esecutivo. Quando esistono più esemplari identici della cosa sequestrata e questa presenta interesse a fini di prova, il giudice, anche dopo la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere impugnata dal pubblico ministero, ordina che sia mantenuto il sequestro di un solo esemplare e dispone la restituzione degli altri esemplari. Se è pronunciata sentenza di condanna, gli effetti del sequestro permangono quando è stata disposta la confisca delle cose sequestrate. La restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all'imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell'articolo 316.





Il giudice potrà comunque applicare una misura di minore gravità per le misure coercitive (es. arresti domiciliari in luogo della custodia in carcere). Per quanto riguarda le misure interdittive, invece, basandosi queste su una differenziazione qualitativa, il giudice potrà solo ridurne la durata.

Il carattere di urgenza dei provvedimenti in esame legittima a provvedere anche il giudice incompetente con effetti provvisori: qualora il giudice competente non provveda entro venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti a disporre una nuova misura, quella adottata dal giudice incompetente perde efficacia.

Il giudice oltre che accogliere la richiesta può anche rigettarla - ritenendo l'insussistenza della gravità degli indizi e/o delle esigenze cautelari, ovvero per inammissibilità della richiesta (es. reato per cui non è ammessa la cattura) - oppure accoglierla parzialmente solo per taluni indagati o rispetto a talune imputazioni e rigettandola per altri soggetti o altre imputazioni.

L'ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell'ufficio e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l'imputato.

Se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l'interrogatorio deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire entro il termine di quarantotto ore se il pubblico ministero ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare. La Corte costituzionale, con sentenza 24 marzo-3 aprile 1997, n. 77 (Gazz. Uff. 9 aprile 1997, n. 15 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del presente comma (art. 294 comma 1) nella parte in cui non prevede che, fino alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, il giudice proceda all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio di esecuzione della custodia.

Per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice, qualora non ritenga di procedere personalmente, richiede il giudice per le indagini preliminari del luogo. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l'interrogatorio del giudice.

Il pubblico ministero e l'imputato richiedono la revoca o la sostituzione delle misure al giudice, il quale provvede con ordinanza entro cinque giorni dal deposito della richiesta. Il giudice provvede anche di ufficio quando assume l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare o quando è richiesto della proroga del termine per le indagini preliminari o dell'assunzione di incidente probatorio ovvero quando procede all'udienza preliminare o al giudizio. Il giudice, prima di provvedere in ordine alla revoca o alla sostituzione delle misure coercitive o interdittive, di ufficio o su richiesta dell'imputato, deve sentire il pubblico ministero. Se nei due giorni successivi il pubblico ministero non esprime il proprio parere, il giudice procede.

Nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione o per altra causa, il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diversi ovvero sia rinviato ad altro giudice, dalla data del procedimento che dispone il regresso o il rinvio ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia cautelare decorrono di nuovo i termini esaminati nel presente paragrafo relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento. Allo stesso modo, in caso di evasione dell'imputato sottoposto a custodia cautelare, i termini decorrono di nuovo, relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento, dal momento in cui venga ripristinata la custodia cautelare.

La proroga è disposta con ordinanza dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, sentito il difensore. L'ordinanza è soggetta a ricorso per cassazione nelle forme previste dall'articolo 311.

I termini previsti dall'articolo 303 comma 1 non possono essere comunque superati di oltre la metà.

Per l'imputato latitante il termine decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell'articolo 165. Tuttavia, se sopravviene l'esecuzione della misura, il termine decorre da tale momento quando l'imputato prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del provvedimento.

Nei termini previsti dai commi 1, 2 e 3 dell'art. 309 non si computano i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio, a norma dell'articolo 104, comma 3.

Si osservano le disposizioni dell'articolo 309 commi 1, 2, 3, 4 e 7.

Allo stesso modo, la parte civile può chiedere il sequestro conservativo dei beni dell'imputato o del responsabile civile se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato.

Il sequestro è altresì revocato dal giudice se l'imputato o il responsabile civile offre, in qualunque stato e grado del processo di merito, cauzione idonea.

Salva l'azione per ottenere con le forme ordinarie il pagamento delle somme che rimangono ancora dovute, l'esecuzione forzata sui beni sequestrati ha luogo nelle forme prescritte dal codice di procedura civile.

Quando tali presupposti risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell'interessato.




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