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COSA NOSTRA
La vita di Cosa Nostra è disciplinata da regole rigide non scritte ma tramandate oralmente, che ne regolamentano l'organizzazione e il funzionamento ("nessuno troverà mai elenchi di appartenenza a Cosa Nostra, attestati o ricevute di pagamento"):
La cellula primaria è costituita dalla "famiglia", una struttura a base territoriale, che controlla una zona della città o un intero centro abitato da cui prende il nome (famiglia di Porta Nuova, famiglia di Villabate e così via).
La famiglia è composta da "uomini d'onore" o "soldati" coordinati, per gruppo di dieci, da un "capodecina" ed è governata da un capo di nomina elettiva, chiamato anche "rappresentante", il quale è assistito da un "vice capo" e da uno o più "consiglieri".
Qualora eventi contingenti impediscano o rendano poco opportuna la normale elezione del capo da parte dei membri della famiglia, la "commissione" provvede alla nomina di "reggenti" che gestiranno pro tempore la famiglia fino allo svolgimento delle normali elezioni.
L'attività delle famiglie è
coordinata da un organismo collegiale, denominato "commissione" o "cupola", di cui fanno parte i
"capi-mandamento" ,
cioè i rappresentanti di tre o più famiglie territorialmente contigue.
Generalmente, il "capo mandamento" è anche il capo di una delle
famiglie, ma, per garantire obiettività nella rappresentanza degli interessi
del "mandamento" ed evitare un pericoloso accentramento di poteri
nella stessa persona, talora è accaduto che la carica di "capo mandamento"
fosse distinta da quella di "rappresentante" di una famiglia.
La commissione è presieduta da
uno dei capi-mandamento: in origine, forse per accentuarne la sua qualità di primus inter pares,
lo stesso veniva chiamato "segretario" mentre, adesso, è denominato
"capo". La commissione ha
una sfera d'azione provinciale ed ha il
compito di assicurare il rispetto delle regole all'interno di ciascuna
famiglia e, soprattutto, di comporre le vertenze fra le famiglie.
Le strutture mafiose sono
presenti nell'intera Sicilia (no Messina e Siracusa);
La mafia palermitana ha esercitato, pur in mancanza di un
organismo di coordinamento, una sorta di supremazia su quella delle altre
province, nel senso che queste ultime si adeguavano alle linee di tendenza
della prima.
In tempi recenti, è sorto un
organismo segretissimo, denominato "interprovinciale",
che ha il compito di regolare gli affari riguardanti gli interessi di più
province.
I requisiti richiesti per l'arruolamento sono: salde doti di
coraggio e di spietatezza; una situazione familiare trasparente e assoluta
mancanza di vincoli di parentela con autorità statali, chiamate familiarmente
"sbirri".
La prova di coraggio ovviamente non è richiesta per quei personaggi che rappresentano la "faccia
pulita" della mafia e cioè professionisti, pubblici amministratori,
imprenditori che non vengono impiegati generalmente in azioni criminali ma
prestano utilissima opera di fiancheggiamento in attività illecite.
Il soggetto in possesso di questi requisiti viene cautamente avvicinato per
sondare la sua disponibilità a far parte di un'associazione avente lo scopo di "proteggere i deboli ed eliminare le
soverchierie". Ottenutone l'assenso, il nuovo seguace viene
condotto in un luogo riparato dove, alla presenza di almeno tre uomini della
famiglia di cui andrà a far parte, si svolge la cerimonia del giuramento di fedeltà a Cosa Nostra. Egli prende fra
le mani un'immagine sacra, la imbratta con il sangue sgorgato da un dito che
gli viene punto, quindi le dà fuoco e la palleggia fra le mani fino al totale
spegnimento della stessa, ripetendo la formula del giuramento che si conclude
con la frase: "Le mie carni debbono bruciare come questa santina se non manterrò fede al giuramento". Lo status di "uomo d'onore", una
volta acquisito, cessa soltanto con la morte. L' "uomo
d'onore", dopo avere prestato giuramento, comincia a conoscere i segreti
di Cosa Nostra e ad entrare in contatto con gli altri associati. In ogni caso, le conoscenze del singolo "uomo
d'onore" sui fatti di Cosa Nostra dipendono essenzialmente dal grado che
lo stesso riveste nell'organizzazione, nel senso che più elevata è la
carica rivestita maggiori sono le probabilità di venire a conoscenza di fatti
di rilievo e di entrare in contatto con "uomini d'onore" di altre
famiglie. Ogni "uomo d'onore"
è tenuto a rispettare la "consegna del silenzio": non può
svelare ad estranei la sua appartenenza alla mafia né tanto meno i segreti di
Cosa Nostra; è questa la regola più ferrea di Cosa Nostra, quella che ha
permesso all'organizzazione di restare impermeabile alle indagini giudiziarie e
la cui violazione è punita quasi sempre con la morte. All'interno
dell'organizzazione la circolazione delle notizie è ridotta al minimo
indispensabile e l' "uomo d'onore" deve astenersi dal fare troppe
domande, perché ciò è segno di disdicevole curiosità ed induce in sospetto
l'interlocutore. Quando gli
"uomini d'onore" parlano tra loro, però, di fatti attinenti a Cosa
Nostra hanno l'obbligo assoluto di dire la verità e, per tale motivo, è
buona regola, quando si tratta con "uomini d'onore" di diverse
famiglie, farsi assistere da un terzo consociato che possa confermare il
contenuto della conversazione. Chi non dice la verità viene chiamato "tragediaturi" e subisce severe sanzioni che vanno
dalla espulsione (in tal caso si dice
che l' "uomo d'onore è posato") alla morte. Così, attraverso
le regole del silenzio e dell'obbligo di dire la verità, vi è la certezza che la circolazione delle
notizie sia limitata all'essenziale e, allo stesso tempo, che le notizie
riferite siano vere.
Questi concetti sono di importanza fondamentale per valutare le dichiarazioni
rese da "uomini d'onore" e, cioè, da membri di Cosa Nostra e per
interpretarne atteggiamenti e discorsi. Se non si prende atto della esistenza
di questo vero e proprio "codice" che regola la circolazione delle
notizie all'interno di "Cosa Nostra" non si riuscirà mai a
comprendere come mai bastino pochissime parole e perfino un gesto, perché
uomini d'onore si intendano perfettamente tra di loro.
Così, ad esempio, se due uomini d'onore
sono fermati dalla polizia a bordo di un'autovettura nella quale viene
rinvenuta un'arma, basterà un impercettibile cenno d'intesa fra i due, perché
uno di essi si accolli la paternità dell'arma e le conseguenti responsabilità,
salvando l'altro. E così, se si apprende da un altro uomo d'onore che in una
determinata località Tizio è "combinato"
(e, cioè, fa parte di Cosa Nostra), questo è più che sufficiente perché
si abbia la certezza assoluta che, in qualsiasi evenienza ed in qualsiasi
momento di emergenza, ci si potrà rivolgere a Tizio, il quale presterà tutta
l'assistenza necessaria.
Anche la "presentazione" di
un uomo d'onore è puntualmente regolamentata dal codice di Cosa Nostra allo
scopo di evitare che nei contatti fra i membri dell'organizzazione si
possano inserire estranei.
E' escluso,
infatti, che un
"uomo d'onore" si possa presentare da solo, come tale, ad un altro
membro di Cosa Nostra, poiché, in tal
modo, nessuno dei due avrebbe la sicurezza di parlare effettivamente con
un "uomo d'onore". Occorre, invece, l'intervento di un terzo membro
dell'organizzazione che li conosca entrambi come "uomini d'onore" e
che li presenti tra loro. E' sufficiente che l'uno venga presentato all'altro
con la frase "Chistu
è a stissa cosa" perché si abbia la
certezza che l'altro sia appartenente a Cosa Nostra.
L'arresto e la detenzione non solo non
spezzano i vincoli con Cosa Nostra: infatti gli "uomini
d'onore" in condizioni finanziarie disagiate ed i loro familiari vengono
aiutati e sostenuti, durante la detenzione, dalla "famiglia" di
appartenenza; e spesso non si tratta di aiuto finanziario di poco conto, se si
considera che, come è notorio, "l'uomo d'onore rifiuta il vitto del
Governo" e, cioè, il cibo fornito dall'amministrazione carceraria, per
quel senso di distacco e di disprezzo generalizzato che la mafia nutre verso lo
Stato.
Unica conseguenza della detenzione, qualora a patirla sia un capo famiglia, è che questi, per tutta la durata della carcerazione, viene sostituito dal suo vice in tutte le decisioni, dato che, per la sua situazione contingente, non può essere in possesso di tutti gli elementi necessari per valutare adeguatamente una determinata situazione e prendere, quindi, una decisione ponderata. Il capo, comunque, continuando a mantenere i suoi collegamenti col mondo esterno, è sempre in grado di far sapere al suo vice il proprio punto di vista, che però non è vincolante, e, cessata la detenzione, ha il diritto di pretendere che il suo vice gli renda conto delle decisioni adottate. Unica deroga al principio della indissolubilità del legame con Cosa Nostra è la espulsione dell'uomo d'onore decretata dal "capo famiglia" o, nei casi più gravi, dalla "commissione" a seguito di gravi violazioni del codice di Cosa Nostra, e che non di rado prelude all'uccisione del reo. L'uomo d'onore espulso, nel lessico mafioso, è "posato". Pertanto l'espulso continua ad essere obbligato all'osservanza delle regole di Cosa Nostra. L'uomo d'onore posato non può trattenere rapporti con altri membri di Cosa Nostra, i quali sono tenuti addirittura a non rivolgergli la parola. Altra regola fondamentale di Cosa Nostra è l'assoluto divieto per l'"uomo d'onore" di fare ricorso alla giustizia statuale, unica eccezione riguarda i furti di veicoli.
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