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Oltre ai casi in cui la determinazione dell'oggetto dipende da criteri convenzionali o legali relativi alla fonte contrattuale dell'obbligo, si parla di oggetto relativamente indeterminato a proposito delle obbligazioni generiche, alternative e facoltative. A sua volta l'ultima ipotesi è distinta dai rapporti obbligatori con oggetto complesso in cui le prestazioni dedotte nel rapporto non soltanto sono plurime ma devo essere eseguite dal debitore (obbligazioni cumulative). Quando l'obbligazione è di genere, e non è predeterminata la quantità delle cose che sono oggetto della prestazione, la determinazione si avrebbe con la fase dell'individuazione (1378), che può coincidere con la consegna di beni di qualità non inferiore alla media (1178). Perplessità nascono sulla nozione di relativa indeterminatezza dell'obbligazione ove al debitore sia attribuita la facoltà di liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, che sia anche l'unica dedotta nell'obbligazione (obbligazione con facoltà alternativa o facoltative). La c.d. indeterminatezza non dipende da un'oggettiva incertezza sulla prestazione che risulterà in ultima analisi dovuta. Non vi è complessità: l'obbligazione ha una sola prestazione; e si estingue, come ogni altra obbligazione, nel caso dell'impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore. Un caso legalmente riconosciuto è costituito dal legato di cosa altrui: il soggetto, a cui il testatore ha imposto l'obbligo, è tenuto ad acquistare il bene dal proprietario, ma può liberarsi versando il giusto prezzo al destinatario dell'attribuzione mortis causa; e, se l'unica prestazione diventa impossibile l'obbligazione si estingue. Quel che si aggiunge al contenuto semplice dell'obbligazione è l'attribuzione al debitore della facoltà che influisce sull'attuazione del vincolo. Di norma è escluso che il debitore possa liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta ancorché di valore superiore (1197). Si avrebbe un'inesatta esecuzione della prestazione sotto il profilo qualitativo, ovvero si avrebbe un'inadempimento (1218). Se il creditore accetta invece di ricevere una prestazione diversa, che il debitore non aveva facoltà di eseguire in alternativa, l'ipotesi è regolata dal codice come prestazione in luogo dell'adempimento (datio in solutum 1197-1198). Distinte sono le ipotesi in cui non vi è predeterminazione di una facoltà alternativa ma al debitore è attribuito un generale ambito di discrez 818b17i ionalità nella scelta delle modalità di attuazione del rapporto. E' questo il caso esemplare dell'obbligazione alimentare in cui il debitore può liberarsi così in denaro che in natura. Quando invece le prestazioni siano tutte dedotte nel rapporto ma siano poste in alternativa l'una con l'altra, l'oggetto è complesso e relativamente indeterminato, seppure siano precisamente individuate le singole prestazioni. (1285-1291) L'alternativa può essere multipla quando le prestazione dedotte nel rapporto siano più di una. Si parla di alternatività soggettiva con riguardo alle ipotesi in cui debba ancora procedersi alla scelta del creditore tra una pluralità di soggetti.
Nel caso delle obbligazioni alternative non è possibile affermare in origine quale sarà la prestazione su cui si concentrerà, semplificandosi, l'obbligazione stessa, sia che tale effetto segua alla scelta, ovvero all'estinzione dell'altra prestazione per impossibilità sopravvenuta non imputabile. Si presuppone che le prestazioni siano tutte originariamente possibili, almeno in origine, in fatto o in diritto; altrimenti l'obbligazione sarebbe semplice. Inoltre l'alternatività presuppone che all'origine le prestazioni siano tutte sullo stesso piano. Dopo la concentrazione il rapporto è regolato come una comune obbligazione: il debitore si libera eseguendo la prestazione che residua, purché l'adempimento sia alla medesima integralmente riferito e non si tratti della somma delle parti delle diverse prestazioni. (1285)
Diversa è l'ipotesi in cui tutte le prestazioni sono imposte al debitore. L'obbligazione è determinata fin dall'origine e non è destinata a diventar semplice. Il debitore si libera con l'esecuzione di tutte le prestazioni. (beni e servizi) Quando si parla di obbligazioni con oggetto relativamente indeterminato, si fa dunque riferimento a rapporti di natura diversa. La presenza di una discrezionalità di scelta che influisce sulla struttura del rapporto o sulle modalità di adempimento, accomuna le singole ipotesi.
Le obbligazioni che consistono nella consegna di cose determinate nel solo genere sono sottoposte a talune regole speciali. Nel caso delle obbligazioni di genere non si applicherebbero, secondo un indirizzo giudiziale consolidato, le disposizioni, dettate per le cose di specie, che regolano la garanzia per vizi: il creditore può esigere la sostituzione delle cose con altre immuni da difetti; si rammenti inoltre che la convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di cose mobili rinvia alla qualità che il creditore si può attendere in base a un'interpretazione di buona fede del contratto. Il tema è approfondito dalla letteratura giuridica tedesca, la quale ammette che si possa ricorrersi all'azione per esatto adempimento e che possa pretendersi una nuova consegna regolare; ma si deve anche prendere atto che i termini di prescrizione non differiscono da quelli previsti per gli obblighi di garanzia.
Regole di carattere generale sono previste con riguardo al luogo di esecuzione della prestazione generica. Si applica la disposizione secondo cui spetta al creditore chiedere l'adempimento, da compiersi al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza. (1182) Nel caso in cui il creditore rifiuti senza giustificato motivo di ricevere le cose generiche a lui dovute, può farsi con atto di intimazione, notificato nelle forme prescritte per gli atti di citazione, quell'offerta che costituisce il presupposto della situazione qualificata in termini di mora del creditore: primo stadio del procedimento che può condurre alla liberazione del debitore anche contro la volontà del creditore (liberazione coattiva 1210-1216). Non è scritto il principio secondo cui il debitore di cose generiche non è mai liberato dalla responsabilità nel caso di un perimento a lui non imputabile della prestazione promessa, poiché il genere per definizione non si estingue ed è sempre possibile procurarsi sul mercato i beni da consegnare (genus numquam perit), purché le parti non abbiano previsto che le merci siano da scegliere nell'ambito della provvista, ovviamente non illimitata, del debitore e quest'ultima perisca totalmente. Occorre precisarsi che la necessità di procurarsi le cose altrove può comportare, a vantaggio del debitore non imputabile, l'esonero dalla responsabilità per il ritardo nell'adempimento della prestazione dovuta (1256). Resta ferma l'esigenza di tener conto del tipo di impegno che è da attendersi dal debitore in considerazione del titolo del rapporto, del suo fondamento pratico, delle circostanze e anche del ruolo economico e sociale dell'obbligato. La lacunosa disciplina delle obbligazioni generiche ha comportato la tendenza a rifarsi in via analogica alla più ricca disciplina prevista per le obbligazioni alternative. Inoltre la limitata discrezionalità della valutazione del debitore nel consegnare le cose generiche di cui sia predeterminata la qualità riguarda direttamente l'esatta esecuzione della prestazione.
Nelle obbligazioni alternative (1285-1291) la scelta di una delle prestazioni alternativamente dedotte nell'obbligazione spetta, e al tempo stesso è imposta in linea di principio, al debitore (1286 comma 1). La scelta dev'essere esercitata in funzione della fase esecutiva. Nelle ipotesi previste dal codice la scelta cambia titolare come sanzione per l'inerzia nell'adempimento del relativo dovere (1287), salvi i casi in cui sia fatta dal giudice stesso (1286). La dichiarazione di scelta del debitore dev'essere portata a conoscenza del creditore, affinché possa prodursi irrevocabilmente l'effetto della concentrazione dell'obbligazione sulla prestazione residua.(1286) La scelta può compiersi anche per mezzo di un contegno concludente: in tal caso la liberazione del debitore è contestuale. La dichiarazione comporta invece che il debitore debba ancora liberarsi con l'esecuzione della prestazione a cui si riduce ormai l'obbligazione. Il creditore o il terzo, nel caso in cui il titolo lo preveda, hanno il potere-dovere di scegliere per il tramite di una dichiarazione che non può essere posta nel nulla o modificata, ossia è irrevocabile, una volta che sia comunicata all'altra parte, o a entrambe se sia fatta da un terzo. La natura dell'atto di scelta è discussa. Sembra prevalere l'opinione che si tratti di un atto giuridico in senso stretto. Si suole affermare che l'atto di scelta si riduce all'individuazione della prestazione dovuta e non comporta pertanto un mutamento giuridico, ma soltanto la determinazione di un elemento di fatto. Altri hanno fatto rientrare la scelta in un'attività rivolta all'adempimento e ha precisato che la scelta ha la stessa natura dell'atto di adempimento a cui è strumentale.
La facoltà di scelta deve essere esercitata entro un termine, sotto pena, in caso contrario, della decadenza e del passaggio della facoltà stessa all'altra parte. Il termine per la scelta può essere fissato dalle stesse parti. In mancanza, occorre distinguere a seconda che la scelta spettasse al debitore o a terzi o al creditore. Nei primi due casi il termine è fissato dal giudice su istanza del creditore o di entrambe le parti. (1287) Nella terza ipotesi il codice sembra prevedere che il termine possa essere imposto al creditore dal debitore stesso, con la conseguente decadenza e passaggio a lui della facoltà di scelta, ove il creditore si mantenga inerte. (1287) L'obbligazione alternativa diventa semplice sia nel caso in cui venga esercitata la facoltà di scelta sia nel caso in cui una delle prestazioni sia divenuta impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti. (l'obbligazione con facoltà alternativa, invece, si estingue) La disciplina si fa invece più analitica e complessa nell'ipotesi in cui una delle prestazioni sia divenuta impossibile per colpa del debitore o del creditore. Si possono avere le seguenti ipotesi: che la scelta sia rimessa al debitore e che l'impossibilità sia imputabile a lui o al creditore; che la scelta sia rimessa al creditore e che l'impossibilità sia imputabile a lui o al debitore. Se una delle prestazioni diviene impossibile per causa imputabile al debitore e la scelta spettava a lui, egli è tenuto ad eseguire l'altra prestazione. (1289) Se una delle prestazioni diviene impossibile per causa imputabile al creditore, si danno due possibili conseguenze a seconda della decisione presa dal debitore, a cui la legge consente ancora di scegliere la prestazione che non è più possibile. Difatti egli può considerarsi liberato dall'obbligazione; salva la facoltà di scegliere, se lo reputi opportuno, la prestazione che resta possibile: nel qual caso può pretendere che il creditore risarcisca il danno. Nei casi in cui la scelta è rimessa al creditore, analoga è la giustificazione razionale della disciplina del codice. Se una delle prestazioni diventa impossibile per causa imputabile al debitore, al creditore è data la possibilità di richiedere il risarcimento del danno o di pretendere l'esecuzione dell'altra prestazione. (1289) Se una delle prestazioni diventa impossibile per causa imputabile al creditore, egli ha la possibilità di considerare liberato il debitore ovvero di pretendere l'esecuzione dell'altra prestazione, salvo il risarcimento del danno relativo alla prestazione divenuta impossibile per sua colpa. (1289) E' previsto anche il caso in cui tutte le prestazioni dedotte nel rapporto siano diventate impossibili. L'impossibilità può non essere imputabile ad alcuna delle parti. L'obbligazione si estingue in base alla regola generale, che qui può darsi per presupposta, sì che il legislatore non ha sentito l'esigenza di ribadirla con riguardo alle obbligazioni alternative. Può anche capitare che l'impossibilità di una delle prestazioni sia imputabile al debitore o al creditore; e che l'impossibilità dell'altra dipenda da una causa non imputabile. La disciplina tiene conto ancora della distinzione tra il caso in cui la scelta spettasse al debitore o al creditore, ma regola in maniera espressa soltanto l'ipotesi in cui l'impossibilità di una delle prestazioni sia imputabile al debitore. Se la scelta è attribuita al debitore, egli deve pagare l'equivalente di quella che è divenuta impossibile per ultima. (1290) Se la scelta spettava al creditore, egli può domandare l'equivalente dell'una o dell'altra. (1290)
Tra le disposizioni generali in materia di obbligazioni il legislatore ha posto in prima evidenza la regola della correttezza (1175). E' questo un criterio di valutazione del comportamento di entrambe le parti. La diligenza rileva, invece, per espressa previsione della norma successiva, soltanto con riguardo al debitore, ossia alla prestazione dovuta e alla sua natura. Negli anni immediatamente successivi all'entrata in vigore del codice civile fu posta in dubbio la vigenza dell'art. 1175. La disposizione sembrava strettamente legata nel contenuto ai principi di solidarietà corporativa. Quell'opinione, ove fosse accolta avrebbe privato l'ordinamento di un utile strumento elastico di valutazione e ricostruzione del comportamento delle parti. In termini applicativi c'era l'eloquente conferma del notevole rilievo che la clausola generale della buona fede oggettiva (242 B.G.B.) poteva assumere nella pratica. Era ancora discussa la tendenza a servirsi della clausola come porta di ingresso dei valori costituzionali nel sistema di diritto civile (drittwirkung). Ma la discussione non era provocata dal timore di contaminare il diritto con le ideologie. Sembrava pure perdere importanza l'analisi dei criteri distintivi tra la nozione di correttezza e la nozione di buona fede in senso oggettivo. Buona fede oggettiva e correttezza sono concetti analoghi che consentono all'interprete di valutare il comportamento delle parti in relazione al contenuto del rapporto e alle circostanze del fatto. La letteratura prevalente ravvisa in tali criteri la fonte di altrettanti obblighi integrativi. Si tratta di comportamenti imposti nella fase esecutiva tanto al debitore quanto al creditore, esigibili in via autonoma e tali da rendere fin dall'origine complessa la struttura del rapporto obbligatorio.
Soltanto al debitore è riferito il canone di
valutazione generale costituito dalla diligenza (1176 comma 1). Un tale
criterio è previsto con all'esecuzione della prestazione, secondo il parametro,
molto discusso nelle sue origini e nel significato moderno, del comportamento
che deve tenere il buon padre di famiglia. La legge fa anche riferimento alla
conoscenza e all'applicazione delle regole tecniche richieste soprattutto da talune
specifiche attività professionali (1176
comma 2). In una nozione tanto ampia è compreso pertanto il concetto di
"perizia", che ha un carattere più estrinseco e più oggettivo (presuppone
infatti la conoscenza di regole tecniche che non sono patrimonio di tutti). Nel
codice napoleonico la diligenza è presa in considerazione con riguardo alle
prestazioni di dare e si lega strettamente alla loro custodia; i compilatori
del codice napoleonico per primi avvertirono la necessità di avvalersi di un
criterio duttile ma tendenzialmente unitario e ripudiano l'elaborazione del
diritto intermedio sui tre gradi della colpa (lievissima, lieve, grave); prese
a delinearsi la figura della diligenza e quindi della colpa professionale che è
strettamente legata alle nozioni della perizia e dell'esecuzione a regola
d'arte. Al termine di questa evoluzione, all'antica diligenza della custodia si
è ormai sostituito un criterio generale: che è esteso a un'ampia gamma di
rapporti con contenuto eterogeneo ma che non subisce le dubbie suggestioni
della dottrina sui gradi della colpa. La diligenza del debitore suole essere
richiamata anche quando si procede alla valutazione dell'imputabilità al
debitore della causa che ha reso impossibile l'adempimento della prestazione.
L'art. 1218 afferma che il debitore è responsabile del mancato o del tardivo
adempimento, se non provi: 1) che il credito è rimasto insoddisfatto per causa
a lui non imputabile; 2) che il credito è rimasto insoddisfatto a causa di un
evento che ha reso impossibile
Il singolo rapporto obbligatorio è composto
nei suoi tratti essenziali dai comportamenti del debitore e del creditore. Il
creditore esercita la facoltà di pretendere
Con l'espressione "analisi delle vicende" si vuole alludere sia alla successiva modificazione sia alla all'estinzione del rapporto obbligatorio. Nel quadro delle vicende modificative assumono configurazioni legali tipiche le ipotesi in cui il rapporto rimanga inalterato nel suo contenuto ma subisca una modificazione soggettiva dal lato del creditore o dal lato del debitore. Nel quadro delle vicende estintive si devono distinguere le ipotesi legate all'adempimento o alla protrazione del rapporto a causa dell'inadempimento dalle figure legali che portano per altra via all'effetto estintivo.
Più volte si è notato che la parte dedicata nei codici civili alla disciplina delle obbligazioni costituisce anche la materia delle sistemazioni concettuali di più antica ed consolidata tradizione. Al rapporto di credito-debito in quanto tale meglio parve a lungo riferirsi l'immagine, cara alla codificazione francese, della raison ècrite parzialmente sottratta al corso inesorabile dei tempi. L'immagine è stata usata per respingere l'idea della forma dei sistemi e per favorire all'opposto i tentativi di procedere all'uniformazione totale tra le discipline di ordinamenti caratterizzati da tradizioni affini. Il "Progetto italo-francese" di un codice unico delle obbligazioni e dei contratti fu in tal senso esemplare. Era stato elaborato da un giurista italiano, Vittorio Scialoja, durante la prima guerra mondiale e fu promulgato nel 1928; ma, a parte le modifiche di carattere tecnico o formale, non contenne grandi novità, se si escludono: la diversa formulazione della norma sulle fonti; la previsione dell'azione generale per ingiusto arricchimento; l'introduzione della clausola generale dell'abuso di diritto. Il problema della riforma del diritto delle obbligazioni è stato affrontato, in età contemporanea, in Germania, non soltanto con riguardo alla disciplina dei contratti e dei fatti illeciti ma anche con riguardo ai temi fondamentali della parte generale. Gli atteggiamenti della letteratura giuridica italiana sembrano improntati nel complesso a maggior cautela. Vi è chi pensa che a tale fine sia inopportuno rinunciare alla categoria generale del diritto delle obbligazioni, poiché alle esigenze di maggiore specificazione già può contribuire una nuova dogmatica capace di conferire al sistema un elevato grado di flessibilità. In definitiva, si accentua l'esigenza di distinguere tra la parte generale, che per sua natura presenta un maggiore grado di astrazione, e le discipline già introdotte o comunque raccomandate con riguardo a talune aree nevralgiche del diritto privato. Con riguardo al rapporto obbligatorio in generale, è comprensibile che gli interventi siano più sporadici, sebbene non possano trascurarsi le iniziative promosse dal Consiglio d'Europa nel settore dei debiti pecuniari. In linea di principio, la norma sovranazionale o convenzionale uniforme deve essere correlata in via sistematica con il diritto di produzione interna e contribuisce all'approfondimento dei significati della norma nazionale.
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