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Al reato sono collegate sanzioni penali: pena e misure di sicurezza

diritto



Al reato sono collegate sanzioni penali: pena e misure di sicurezza, che hanno lo scopo di difendere la società è di educare il delinquente.

Il reato si basa su tre principi:

- materialità: non c'è reato se la volontà criminosa non diventa comportamento

- necessaria lesività: il comportamento deve ledere beni giuridici

- colpevolezza: il comportamento è attribuito penalmente se l'autore rimproverava bene per averlo commesso.

La pena ha doppia funzione: deterrente per i consociati (prevenzione generale) e serve di impedire al delinquente di ripetere l'atto (prevenzione speciale).

Il diritto penale deve assicurare le condizioni essenziali per la convivenza, istituendo la pena più drastica, la limitazione della libertà personale, per difendere i beni giuridici.

I beni giuridici meritevoli di protezione penale non sono una categoria chiusa e fissa, hanno anzi il carattere dinamico. Il bene giuridico è meritevole in quanto utile alla vita sociale, al punto che a volte risultano sacrificabili per altri scopi determinati beni; infatti spesso il diritto penale punisce solo determinati comportamenti verso lo stesso bene.



E' bene giuridico quell'interesse che realizza un determinato scopo per il sistema 929f56j sociale. La tutela dei beni giuridici ha scopo strumentale: non è la giustizia ideale, ma un obiettivo socialmente utile dal quale dipende da convivenza pacifica. L'utilizzo della disciplina penale deve essere strettamente necessario e questo principio risulta rispettato quando si tutelano beni giuridici essenziali, nonostante ciò nei moderni ordinamenti esistono ancora fattispecie a tutela di beni dubbi ed incerti.

Il bene sociale nasce dalla teoria di Birnbaum che criticava l'intenzione illuministica della soppressione dei fatti lesivi del patto sociale, sostenendo che il bene giuridico avesse due caratteristiche: entità prenormativa e carattere dell'offensività.

Per limitare la potestà punitiva dello Stato, Liszt sostiene che il diritto penale debba soddisfare bisogni sociali preesistenti alla legge e quindi il legislatore deve agire prescindendo dalla propria visione del contenuto antisociale del fatto. Rocco sostiene che non si possa prescindere dalla norma, il bene giuridico finisce così col coincidere con l'oggetto tutelato dalla norma già emanata.

Secondo la concezione metodologica il bene giuridico si riduce a mera abbreviazione dello scopo della norma penale, risultato di una interpretazione di scopo. Il bene protetto coincide così con la ratio legis, bastando a giustificare la sanzione decisa liberamente dal legislatore.

Nelle moderne democrazie si è palesato il bisogno liberale di far prescindere il diritto penale dalla morale religiosa corrente. Si sostiene così che possono essere legittimi beni giuridici come entità realmente ledibili. Il limite di questa teoria consiste nell'impossibilità di dare criteri univoci per l'individuazione degli stessi beni giuridici.

Per impedire l'arbitrio del legislatore una parte della dottrina ha indicato la costituzione come fondamento per i criteri per la scelta di ciò che ha reato. Questo permetterebbe di avere un bene giuridico preesistente alla norma e, al contempo, svincolerebbe ebbe la scelta del legislatore.

Articolo 25 comma 1 Cost - legislatore penale camere o governo.

Articolo 27 comma 1 Cost - carattere personale della responsabilità penale

Articolo 27 comma 3 Cost - funzione rieducativa della pena

Articolo 13 Cost - inviolabilità della libertà personale, pone diritto penale come estrema ratio

La pena sacrifica valori primari, incidendo sui diritti protetti dagli articoli 2 e 3.

Il ricorso alla pena trova quindi giustificazioni se tutela beni di rango costituzionale, anche se sono beni riconosciuti solo implicitamente. Non è strano che il diritto penale tuteli beni non citati nella costituzione, in quanto la costituzione dà l'indirizzo alla società e all'ordinamento, mentre il sistema penale deve prevenire azioni dannose alla società. Questa teoria rende ammissibile la tutela di beni inesistenti nel periodo di compilazione della costituzione. La presenza di tutela costituzionale non impone al legislatore l'obbligo di creare norme penali che tutelino quel bene. La costituzione dà solo una legittimazione negativa, per indicare cosa non potrebbe mai essere costituzionalmente reato. Bisogna dunque stabilire se l'aggressione al bene sia così grave da rendere inevitabile una sanzione punitiva.

Il problema di compatibilità con la costituzione dell'ordinamento si pone su due aspetti: la sufficiente definizione del bene tutelato e la costituzionalità delle tecniche di tutela del bene. Per quanto riguarda il primo aspetto si parte dal principio dello Stato non può imporre ai soggetti adulti una concezione morale. Se poi il bene tutelato è collettivo, l'oggetto perde di concretezza, dando tutela a situazioni collettive anche mediando tra interessi confliggenti.

La corte non può sindacare sulle scelte del legislatore in merito a tutela di determinati beni giuridici, ma, incentrando il controllo sul rapporto tra norma denunciata e le libertà costituzionali, ha spesso operato sui beni giuridici tutelati dal nostro ordinamento.

Sentenze di rigetto: fattispecie contrastanti con i diritti di libertà, salvate considerando rilievo costituzionale delle fattispecie stesse.

Sentenze manipolative del bene: l'esigenza di conservare figure di reato ha portato la corte a riformulare l'oggetto tutelato per renderlo compatibile. La ridefinizione è lecita se discende oggettivamente dalle norme coinvolte, diventa indebita se questa lascia aperta la scelta a opzioni politiche.

Sentenze di accoglimento: la norma penale comprime le libertà della costituzione senza che ci sia giustificazione a ciò [tutela di altri beni].

L'esistenza del bene meritevole di tutela non giustifica la pena inflitta, che deve anche essere conforme allo scopo. Il principio di sussidiarietà prevede l'utilizzo del diritto penale come estrema ratio e non è che una specificazione del principio di proporzione per il quale la descrizione dei diritti dei singoli è permessa solo se strettamente necessaria [circolare presidente consiglio ministri 19/12/1983].

A parità di efficacia, secondo una versione ristretta del concetto, il legislatore dovrebbe optare per lo strumento che meno comprime diritti del singolo. Secondo una concezione più ampia, la sanzione penale sarebbe preferibile anche se non necessaria quando potranno avere più forte funzione di prevenzione.

La meritevolezza di pena vuole che questa sia applicata in ragione di una lesione tale da risultare intollerabile. Tanto più elevato è il grado gerarchico del bene, tanto maggiore sarà la meritevolezza di pena. Il principio di frammentarietà vede il bene protetto da specifiche, non tutte, aggressioni, ciò che rileva penalmente è dunque molto più limitato di ciò che è considerato solo antigiuridico, posto che ciò che è penalmente rilevante non coincide con ciò che è moralmente riprovevole.

Binding sostiene che il diritto penale altro non sia che il rafforzamento di precetti di altri rami del diritto, ogni condotta sarebbe già disciplinata con natura non penale. La tesi è stata respinta, nonostante il diritto penale in quanto estrema ratio possa solo seguire gli interventi degli altri settori.

Il principio di legalità ha come esigenza di vincolare poteri dello Stato alla legge. Il divieto di irretroattività della legge è basato sul pensiero che sia gravemente lesivo punire successivamente un'azione non sanzionata al momento del suo compimento. La sanzione è misura arbitraria sia applicata senza preventiva minaccia, collegando così conciato della prevenzione generale attuata dalle norme.

Articolo 25 comma 2 Cost: nessuno può essere punito in forza di una legge entrata in vigore dopo il fatto; norma ripresa dall'articolo 1 del codice penale.

Il principio di legalità ha quattro sottoprincipi:

- riserva di legge

- tassatività

- irretroattività



- divieto di analogia

Riserva di legge: divieto di punizione in assenza di legge preesistente, sottrazione della competenza in materia penale all'esecutivo per esigenze di garanzia. Solo l'iter legislativo sembra lo strumento adeguato per tutelare i diritti delle minoranze e delle opposizioni di sindacare sulle scelte della maggioranza. Si tratta di una riserva assoluta: il legislatore non può demandare il potere normativo a fonti inferiori. È comunque accettata la componente tecnica integrativa su parametri legislativamente predeterminati.

Per la dottrina e la prassi sono considerate fonti del diritto penale anche i decreti legge o i decreti legislativi anche se passibile di critiche: i primi a causa dell'urgenza della loro emanazione quando invece servirebbe ponderazione, i secondi per la capacità di eludere garanzie date dagli artt 70/74 Cost con l'iter parlamentare.

AI sensi dell'art 3 Cost è escluso l'uso di leggi regionali penali, che minerebbero l'eguaglianza tra i cittadini [sentenza 487/89: i consigli regionali non hanno la visione generale dei bisogni della società, quindi non possono scegliere quali valori proteggere]. La legge regionale può funzionare, senza abrogare, da scriminante con cause di giustificazione per alcuni comportamenti.

Integrazione tra fonti:

- la legge demanda determinazione delle condotte punibili - norme in bianco [dipende]

- la fonte secondaria disciplina elementi di descrizione dell'illecito penale [tollerata]

- l'atto subordinato da specificazione tecnica a fattispecie legislative [legittima]

- la legge consente la scelta fra comportamenti dati [illegittima]

la consuetudine, sia essa incriminatrice, aggravatrice o abrogratice, non è assolutamente considerabile fra le integrazioni della norma penale. È invece ammissibile la consuetudine scriminante: le norme che istituiscono cause di giustificazione non hanno carattere penale, quindi appare possibile che abbiano alla base una fonte con secondaria.

La riserva di legge, in quanto riferita alla legge statale, non permette legittimità alla legge comunitaria come fonte. Può però contribuire alla descrizione della fattispecie in chiave tecnica. La legislazione europea può condizionare l'applicazione della legge interna a causa del principio di primato e la legittimazione delle norme a immediata esecuzione come regolamenti, direttive analitici o trattati.

Cardine del principio di legalità è il principio nulla poena sine lege, per il quale non sarebbe legittima una legge che preveda la fattispecie ma non la pena, rimettendola all'arbitrio del giudice. Questo non significa che il giudice non possa esercitare discrezione, anzi sta alla sua sensibilità adattare la pena alla fattispecie concreta e alla rieducazione del delinquente. Resta necessaria la ragionevolezza della legge nello stabilire i limiti della pena.

Il principio di legalità verrebbe eluso se la norma descrivesse il reato in termini così generici da non ricondurla a un fatto ben preciso. Per impedire abusi del potere giudiziario interviene il principio di tassatività della fattispecie, che impone sufficiente precisione nella descrizione della fattispecie criminosa intesa come reato. La precisione serve anche per garantire un'efficace funzione di guida del comportamento per chi la deve rispettare. Risulterebbe inoltre impossibile difendersi dall'accusa di un reato non ben descritto e precisato. Circolare presidente consiglio ministri 5/2/86: criteri orientativi per la formulazione delle fattispecie penali.

Capita che legislatore, per evitare compilazioni di svariati casi, li riunisca tutti sotto una definizione teorica, lasciando ad una fonte esterna il parametro di giudizio per l'applicazione della norma [atti osceni]. I cosiddetti elementi descrittivi, hanno integrazione nella realtà sociale. Gli elementi normativi, invece, hanno integrazione con altre norme giuridiche o extragiuridiche.

il divieto di irretroattività della norma penale è sancito dall'art 11 delle preleggi. La norma ha rango costituzionale, per la parte penale, nell'art 25 comma 2.

L'art 2 comma 1 ribadisce irretroattività, ma ai commi 2 e 3 permette la retroattività delle norme favorevoli al reo. Ciò anche in accordo con l'art 3 cost, a titolo di uguaglianza fra le punizioni per lo stesso reato, anche per ciò che riguarda le condizioni di punibilità. Il comma 2 dell'art 2 prevede che in caso di abrogazione della norma penale gli autori del reato, anche con condanna definitiva, non siano punibili e si estinguano gli effetti penali della condanna. Se una nuova norma riformula il contenuto di una vecchia, modificando gli elementi costitutivi, subentra anche nei passati rapporti solo se sussiste il rapporto di continenza: un rapporto strutturale tra le fattispecie astratte per il quale la norma successiva sia speciale rispetto alla prima.

Per stabilire quale legge applicare ad un reato bisogna stabilire il tempo del commesso reato. La dottrina ha specificato tre criteri:

- condotta: reato commesso nel momento in cui si compie l'azione criminosa

- evento: reato commesso quando si palesa la lesione procurata dall'atto

- mista: il reato si considera indifferentemente commesso all'evento o alla condotta

gli ultimi due criteri sono respinti in quanto porterebbero a retroattività della norma applicata, resta applicabile il criterio la condotta.

l'art 14 preleggi esclude l'analogia e in caso di legge penale. Questa disciplina è ripresa dall'art 1 cp che vuole il reato espressamente previsto e l'art 199 cp che vuole previste le misure di sicurezza.

È interpretazione estensiva e non l'analogia la soluzione che rientra in ogni possibile significato letterale dei termini del testo della legge. Il divieto di analogia è relativo, in quanto è stato riconosciuto l'uso dell'analogia delle norme di favore (art 25 c 2). L'analogia risulta preclusa in caso di norme sull'immunità, cause di estinzione del reato e della pena, cause speciali di non punibilità.

L'ambito di validità della legge penale nazionale si determina con 4 principi:

- territorialità: obbliga tutti coloro che si trovano nel territorio dello Stato

- difesa o personalità passiva: applicazione della legge dello Stato a cui appartengono di interessi offesi oppure il soggetto passivo del reato

- personalità attiva: ad ogni autore di reato si applica la legge dello Stato cui appartiene.

- universalità: la legge penale nazionale si applica a tutti delitti ovunque commessi e a chiunque.



art 6 c 2: principio dell'ubiquità: lo Stato ha sempre interesse alla punibilità nella doppia valenza che volontà criminosa sia esteriorizata nel territorio, oppure si abbia identificazione dell'evento offensivo.

Se l'azione o l'omissione è in parte avvenuta in Italia assume rilevanza penale sé è essenziale al modello criminoso, anche se ciò non parrebbe ai sensi dell'art 56: se l'azione non si compie o l'evento non si verifica.

Ubiquità e concorso di persone: reato commesso nel territorio dello Stato sia che l'azione inizi all'estero e prosegua in Italia o viceversa, sia che un qualsiasi atto di partecipazione sia compiuto in Italia anche se reato è stato eseguito interamente all'estero o viceversa.

Ubiquità e reato continuato: applicabilità dell'articolo 6 ogni volta che sia vantaggioso per l'imputato.

Il codice prevede alcune ipotesi di reati commessi all'estero punibili incondizionatamente (art 7) la maggior parte dei quali sono ispirati al principio di difesa, ed altri casi che sono punibili condizionatamente:

Art 8 delitto politico: può essere inteso in senso oggettivo ed è tale in base alla natura del bene o dell'interesse leso. Si tratta di un delitto che offende un interesse politico dello Stato come l'integrità del popolo o del territorio, l'indipendenza, le forme di governo, nonché un diritto politico del cittadino. In senso soggettivo è inteso come delitto comune determinato da motivi politici attinenti alla struttura dei poteri e ai rapporti tra Stato cittadino, non da motivi sociali, la condotta dell'agente non è dunque determinata in funzione della visione della società.

Art 9/10 delitto comune del cittadino all'estero: occorrono due condizioni: che si tratti di un reato per il quale la legge stabilisce la reclusione per almeno tre anni/ un anno, che l'autore sia presente nel territorio dello Stato. Se si tratta di diritto punibile con la pena inferiore a tre anni occorre: presenza nel territorio del reo a richiesta del ministero della giustizia a istanza o querela dell'offeso. Se si tratta di un delitto commesso all'estero a danno di uno Stato estero o di uno straniero occorre la richiesta del ministero di giustizia a meno che non sia stata concessa o accettata l'estradizione. Per l'art 10 occorre la presenza del reo, la richiesta del ministero di giustizia e la reclusione per almeno tre anni e che l'estradizione non sia stata accettata. La Cass ha stabilito che l'art 9 c 3 vada applicato solo se lo Stato estero è soggetto passivo specifico.

L'art 11 tratta del rinnovamento del giudizio e sottolinea che le sentenze straniere non hanno efficacia preclusiva di un nuovo giudizio in Italia. Questa non è disciplina fissa in quanto l'art 12 ammette il riconoscimento della sentenza straniera per fini secondari per esempio stabilire la recidiva o applicare misure di sicurezza previste dalla legge italiana. La ratio di questi articoli si fonda nella inderogabilità della giurisdizione italiana e nella sfiducia dell'amministrazione della giustizia di stati terzi.

Estradizione: consegna di un individuo da parte di uno Stato ad un altro Stato. Attiva: quando è lo Stato italiano il richiedente. Procedimento preventivo amministrativo senza garanzie giudiziarie dello Stato estero perché saranno poi accertate dal ministero di giustizia italiano. Passiva: quando il richiedente a uno Stato estero, la procedura ha carattere amministrativo, ha competenza iniziale spetta al ministero della giustizia che presenta la domanda al procuratore generale verso la corte d'appello che presenta la sua requisitoria alla corte. Nella fase giurisdizionale saranno pienamente tutelati i diritti della difesa. La sentenza favorevole del giudice ha valore di condizione necessaria ma, non sufficiente per l'estradizione perché la decisione finale spetterà al ministero. L'estradizione è vincolata al principio di specialità: vale solo per il fatto per cui è stata concessa, impedisce restrizioni di libertà per altre cause. Limiti dell'estradizione: è concessa solo se prevista dalle convenzioni internazionali, non è concessa nel caso di reato politico e in un paese in cui vige la pena di morte, non viene concessa se esiste il timore che il soggetto possa essere sottoposto a trattamenti disumani.

La definizione formale vuole il reato come fatto umano a cui la legge  ricollega una sanzione penale, facendo leva sulla reazione dell'ordinamento, in funzione delle conseguenze giuridiche. Questo appare però insufficiente. Il reato ha alcune caratteristiche:

- creazione legislativa, solo la legge formale può creare fattispecie penali

- formulazione tassativa, la legge deve usare la maggiore precisione possibile nelle descrizioni del reato

- carattere personale, è vietata ogni responsabilità per fatto altrui

Il civile si distingue da penale perché non vige il principio di riserva di legge, tassatività, e personalità della responsabilità. Il penale e l'amministrativo, in seguito alla 689/81 sulla depenalizzazione, ha caratteristiche simili, quali la riserva di legge e l'irretroattività. La distinzione opera in base alla natura della sanzione, del procedimento e dell'organo competente.

Il reato va definito come lesione o tentata tale del bene giuridico meritevole di tutela penale, in base delle direttive della costituzione, se l'aggressione fa sembrare inevitabile la pena, le sanzioni non penali sono insufficienti.

il codice Rocco distingue fra delitti e contravvenzioni in base alla gravità dell'illecito. Secondo Beccaria e i diritti sono offese ai diritti di natura, e contravvenzioni violano le leggi che promuovo il pubblico bene. Teoria troppo giusnaturalistica. Se o con le contravvenzioni sono azioni contrarie all'interesse amministrativo dello Stato. La dottrina tradizionale distingue con criterio quantitativo in base alla gravità della violazione. Il diritto di gente distingue con criterio formale: a seconda delle pene inflitte (art 39) e precisamente per il delitto ergastolo, reclusione e multa; per le contravvenzioni al resto e ammenda (art 17). I delitti richiedono il dolo, l'eccezione è la colpa; le contravvenzioni non distinguono dolo o colpa. Il tentativo è previsto solo per i delitti.

È autore è colui che compie un'azione conforme ad una fattispecie di reato. Può essere sola persona umana e ogni persona umana. In base alle idoneità di subire certe conseguenze ci sono tre capacità penali: alla pena -imputabilità-, di sicurezza -pericolosità sociale-, immunità a titolo di incapacità penale. Reati comuni: l'autore può essere chiunque. Reati propri: l'autore deve avere alcune caratteristiche.

L'art 197 prevede un'obbligazione di garanzia della personalità giuridica in caso il rappresentante compia un reato, si deduce così il principio per cui la società non può essere considerata soggetto attivo. Gli inconvenienti di questa regola si manifestano quando reato è frutto di una precisa scelta di gestione, chi fa sì che le responsabilità penali vengano accollate ingiustamente ad un altro soggetto. Secondo una parte della dottrina l'art 27 c 1, nello stabilire che la responsabilità è personale, confermerebbe la non imputabilità della società per un fatto compiuto da un suo organo. Inoltre la società non potrebbe adempiere al principio di colpevolezza, non potendo sviluppare volontà colpevole. A questa teoria si risponde riconoscendo la soggettività dell'ente in nome di un rapporto di rappresentanza tra ente e persone fisiche, rendendo imputabile la persona giuridica degli atti dei suoi organi. Si è proposto di adeguare misure di sicurezza per avvalorare la teoria, ma l'idea non si armonizza con i principi penali, mancando anche il requisito della pericolosità sociale a base dell'utilizzo di misure di sicurezza. Si ripiega così su sanzioni alternative di tipo civile o amministrativo.

Il sogg passivo del reato il titolare del bene protetto dalla norma di parte speciale, viene altrimenti detto persona offesa dal reato, l'oggetto materiale del reato che spesso coincide con l'offeso e vittima dell'attività delittuosa. Non va confuso col danneggiato dal reato che è colui che subisce danno risarcibile ed è legittimato a costituirsi parte civile del processo penale. Il soggetto passivo può anche essere indeterminato per reati contro interessi di persone non determinabili. Le caratteristiche del sogg possono assumere rilevanza penale ai fini della configurabilità del reato (reati su minori), ai fini del mutamento del titolo del reato (la qualifica del soggetto stesso). Incidono anche le relazioni che intercorrono fra soggetto attivo e passivo per conferire rilevanza al fatto, determinare la non punibilità o applicare un'aggravante. Assume rilevanza la condotta tenuta prima, durante o dopo il compimento del reato. Esistono reati senza soggetto passivo nei casi in cui non sia facile individuare l'appartenenza del bene giuridico (comune sentimento del pudore). L'individuazione del soggetto passivo è necessaria ai fini della querela e del consenso dell'offeso a titolo di scriminante.



Scomposizione analitica del reato, secondo la concezione tripartita i presupposti per la punibilità del fatto sono:

- reato: il fatto umano corrispondente ad una specifica figura criminosa. Fatto tipico.

- fatto conforme alla fattispecie astratta e veramente realizzato. Il contrasto tra fatto tipico e ordinamento si riassume nel giudizio di antigiuridicità.

- fatto riconducibile all'autore. Colpevolezza.

Vantaggi: riflette le componenti strutturali del reato, scandisce il processo mentale del giudice e unisce teoria e prassi.

Nella teoria bipartita il reato è composto da due elementi: elemento oggettivo, fatto tipico, elemento soggettivo, colpevolezza. L'antigiuridicità è l'essenza stessa del reato non può essere quindi un suo elemento.

Nella tipicità è inclusa la lesione del bene giuridico, ruolo dogmatico del bene. Se la contrapposizione tra tipicità e offesa è illusoria si ha mera tipicità apparente. Un fatto può essere penalmente rilevante ma, la sua antigiuridicità può non risultare confrontandolo con altre norme dell'ordinamento. In questo caso in base al principio di non contraddizione dell'ordinamento alla fattispecie diventa lecita in tutto ordinamento stesso. La presenza di esimenti annulla l'antigiuridicità della fattispecie.

Nella concezione tripartita l'antigiuridicità ha carattere oggettivo, ciò vuol dire che è autonoma e distinta dalla colpevolezza e ciò spiega l'operatività delle scriminanti anche se non conosciute. La categoria del fatto seleziona i tipi di offesa sanzionabili penalmente mentre le cause di giustificazione si deducono dall'intero ordinamento, perdendo funzione penale pura. Da qui l'integrazione del diritto penale per mezzo delle scriminanti per mezzo della tutela del bene, a livello penale, debba lasciare il posto alla tutela di un interesse extra penale che diventa causa di giustificazione; così ciò che la norma penale rende reato, la tutela dell'ordinamento e rende facoltà o dovere. L'integrazione delle scriminanti non è sottoposta a riserva di legge essendo, le norme sulle scriminanti, extra penali: è dunque possibile estensione analogica.

L'antigiuridicità materiale considera le ragioni sostanziali alla base delle incriminazioni come l'anti socialità del fatto e la lesione del bene. Secondo una parte della dottrina questo concetto eticizza eccessivamente il principio di antigiuridicità. L'antigiuridicità si ha quando la condotta assume illiceità derivata da una norma diversa da quella incriminatrice, in genere si tratta di elementi che riferiscono ad una disposizione extra penale.

La colpevolezza riassume le condizioni psicologiche che consentono l'imputazione personale del fatto di reato all'autore. Nel giudizio di colpevolezza rientra il legame tra fatto e autore nonché le circostanze di natura personale e non. Oggi non si disputa più sul libero arbitrio del soggetto ma si conosce l'idea della responsabilità umana come dato costante dell'esperienza della nostra coscienza morale e vita sociale. Il diritto penale come strumento di controllo sociale non può attendere la dimostrazione scientifica della libertà del volere. Fino a che predominava la concezione retributiva, la pena era una reazione per compensare la colpevolezza del reo -compensazione dettata dal fatto che il reato era frutto di scelta fondata sulla libertà di volere del soggetto- la ratio di questa teoria si trova nella necessità di assecondare l'efficiente prevenzione del sistema con le libertà del singolo.

La legge penale utilizza dolo e colpa come presupposti della responsabilità per punire il soggetto nei limiti di ciò che poteva essere evitato, per permettergli di decidere delle proprie azioni senza rischiare sanzioni penali. Sentenza 364/88: la corte ha stabilito che la garanzia della libertà di scelta permette al soggetto di rispondere penalmente solo per situazioni da lui causate, senza assoggettarlo al caso fortuito. La corte ritiene il principio di colpevolezza un limite alla arbitrio del legislatore che indica i requisiti minimi di imputazione che rendono legittima la pena; per l'appunto Il dolo e la colpa.

I reati di evento incriminano un evento esteriore legato con un nesso di causalità all'azione. Se il legislatore prevede le modalità che portano alla lesione si ha reato di evento a forma vincolata, se questa previsione non esiste si ha reato di evento a forma libera. Con la forma libera si ha una tutela maggiore del bene perché sono sanzionate tutte le modalità di aggressione adesso. I reati di azione incriminano l'autore dell'azione vietata senza il necessario verificarsi di un evento successivo.

Un'altra classificazione prevede reati commissivi e omissivi a seconda che la condotta sia un agire o un omettere. Si ha reato omissivo improprio quando la lesione dipende dalla mancata azione dovuta secondo il principio per cui non impedire un evento equivale a cagionarlo (art 40). il reato omissivo proprio consiste nel mancato compimento di un'azione prevista da una norma penale di comando a prescindere dalle conseguenze prodotte.

si ha reato istantaneo quando è impossibile che la lesione del bene giuridico persista nel tempo (omicidio). Si ha reato permanente quando l'offesa viene reiterata per volontà dell'autore (sequestro). In questo genere di reati ha rilevanza giuridica sia l'azione iniziale sia il mantenimento della stessa, dunque la fattispecie astratta non viene soddisfatta se l'azione è realizzata senza il suo mantenimento per un periodo apprezzabile di tempo. Il reato permanente cessa nel momento in cui il mantenimento cessa o diventa impossibile. I reati abituali sono una categoria di dottrina per i quali la lesione si realizza con la reiterazione nel tempo della stessa condotta; differisce dal reato permanente in base alla reiterazione intervallata del tempo di condotte almeno omogenee. Si distingue ancora reato abituale proprio e reato abituale improprio. Nel primo caso se si considerano autonomamente le varie condotte non c'è rilevanza penale. Nel secondo caso ogni atto integra la fattispecie criminosa.

con la distinzione tra reati propri reati comuni è rilevante per determinare la volontà criminosa col presupposto della conoscenza della qualifica e nel caso di concorso di persone.

l'illecito di danno e di pericolo si distinguono a seconda che il fatto comporti la lesione effettiva del bene o la sua semplice messa in pericolo, il problema nasce in presenza di un bene di tipo ideale per il quale si avrà difficoltà a distinguere tra danno e messa in pericolo (pudore, onore). Si distingue ulteriormente tra pericolo concreto e pericolo presunto: il concreto è elemento costitutivo della fattispecie e il giudice deve verificarne la presenza; il presunto non è previsto tra i requisiti espliciti della norma nella quale viene tipizzata una condotta che generalmente mette in pericolo un determinato bene, una volta compiuta l'azione viene presunta l'esistenza del pericolo.






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