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DISCIPLINA IN GENERALE - FIGURE SPECIALI - L'INTERESSE ANCHE NON PATRIMONIALE DEL CREDITORE

diritto



DISCIPLINA IN GENERALE

Nella comune cultura giuridica per diritto delle obbligazioni si intende quella parte del diritto privato che regola la nascita, le vicende ed i modi di estinzione dei rapporti tra creditori e debitori.In questa materia hanno avuto modo di esprimersi i due atteggiamenti dei giuristi: l'uno rivolto alla creazione di schemi razionali capaci di tramandarsi nel tempo; l'altro sensibile alla forza economica dei fatti. L'innovazione continua cui sono sottoposte è il frutto dell'innovazione subita dai fatti o fonti che più spesso danno vita a rapporti di credito e di debito: i contratti e gli eventi che provocano danni risarcibili.Dl libro delle obbligazioni è cambiato assai poco a distanza di quaranta e più anni dalla codificazione; scarsamente hanno inciso sui dati normativi gli interventi legislativi, le pronunce della Corte Costituzionale e le nuove tecniche di pratica commerciale. Anche in un manuale Francese molto noto si legge che "il diritto delle obbligazioni, dalla antica Roma, ha subito a causa dell'influsso dei fattori economici e sociali una profonda evoluzione nel suo esprit, ma ha conservato un'impronta costante nella sua technique.

Nel passato i tentativi di individuare o di costruire principi generali con riguardo al rapporto di credito e di debito in quanto tale si sono rivelati quasi sempre fallaci, poiché lo schema neutro delle obbligazioni considerate in astratto sembra essere incompatibile con la duttilità del giudizio di valore.Sono ancora da ricordare le vivaci notazioni con cui è stata disconosciuta la dignità di principio generale dell'ordinamento alla teoria ottocentesca del c.d."favor debitoris". Le singole ipotesi per cui, per tradizione, al debitore si applicano regole favorevoli non giustificano la costruzione di una regola generale applicabile a tutti i casi.

La disciplina del rapport 242h76c o obbligatorio nel quarto libro del codice vigente si distacca dalla modello ottocentesco del codice napoleonico in cui le obbligazioni erano disciplinate nel libro terzo tra i "modi di acquistare e di trasmettere la proprietà e gli altri diritti sulle cose.Delle obbligazioni in generale si occupa un gruppo di norme (1173-1320) che precedono la disciplina del contratto in generale. Dopo la disposizione di apertura che si limita ad elencare con formula non rigida le fonti (1173) i rapporti di debito e credito sono presi in considerazione secondo un'interna ripartizione, non esplicita, tra una parte generale (art.1173-1276) e una parte specie (art.1276-1320). La prima si occupa dell'origine, della struttura, delle vicende estintive e modificazione dei rapporti.La seconda regola alcune "specie" di obbligazioni, quasi a conferma che anche la sistemazione più generale deve sempre tener conto del nesso, che è una costante nella storia del pensiero giuridico, con la pluralità delle singole manifestazioni del fenomeno regolato.Sulla nuova sistemazione della materia delle obbligazioni nel nostro codice ha influito notevolmente l'unificazione con la disciplina del codice di commercio, tradizionalmente orientata verso alla regolamentazione dei rapporti posti in essere dapprima dai commercianti e in seguito anche con gli imprenditori.Le nuove norme del codice civile sono quindi regole già in parte sperimentate nel codice di commercio ottocentesco.In breve le innovazioni sistematiche che il codice vigente presenta rispetto ai codici ottocenteschi si compendiano soprattutto nella separazione del regime del rapporto obbligatorio dalla disciplina generale del contratto e delle altre fonti e nella più forte autonomia assunta dalle figure speciali.Occorre fin da ora accennare che lo studio delle conseguenza da inadempimento e il relativo obbligo di risarcimento del danno provocato, è parte integrante dello studio delle obbligazioni in generale e suole essere denominato"RESPONSABILITA' CONTRATTUALE". Questa ricomprende tutte le obbligazioni, anche quelle di fonte non contrattuale.



FIGURE SPECIALI

L'eterogeneità degli schemi ricompresi nelle quattro Sezioni dedicate ad "alcune specie" è palese.La disciplina delle obbligazioni alternative e delle obbligazioni che in vario modo sono poste a confronto con la sistemazione delle obbligazioni con pluralità di soggetti ancora evoca, per il diretto riferimento all'oggetto, alle modalità di attuazione del rapporto e ai soggetti, problemi strutturali e vicende che si riverberano direttamente sulla teoria generale dell'obbligazione. Carattere di specialità del tutto distinto dagli altri ha la regolamentazione delle obbligazioni pecuniarie (che aprono la parte che segue la disciplina generale). Occorre ora accennare alla sorte delle obbligazioni cosiddette di "dare".Il vocabolo dare ormai è utilizzato per descrivere la materiale consegna in pagamento di cose e in particolare del denaro; ma un tempo designava nel lessico dei giuristi l'effetto traslativo della proprietà.Con l'affermazione del principio del "consenso traslativo" la consegna di cose diviene ormai la materia di obbligazioni dirette soprattutto al passaggio materiale del bene, poiché la proprietà già è trasferita in virtù del contratto; e pur quando si renda necessaria un'ulteriore attività diretta a individuare la cosa tale effetto ha un fondamento nel contratto più che nel pagamento. L'obbligazione di dare in senso stretto ancora compare tuttavia in alcune figure tipiche, ove al debitore è imposto di prestare il consenso al trasferimento di un diritto.(Sono prestazioni dovute che hanno come oggetto la stipulazione di un contratto o comunque di un atto traslativo: il mandatario senza rappresentanza è obbligato a trasferire al mandante l'immobile acquistato in nome proprio e per conto di costui.)

Il primato dei crediti di somme di denaro e l'importanza che continuano ad assumere i "pagamenti" si riverberano sulla disciplina della parte generale; la quale assai spesso, in materia esplicita o implicita, prende a modello le prestazioni che si esauriscono nella consegna di denaro o altre "cose".I termini giuridici che delimitano il nucleo essenziale di una così ampia nozione di rapporto sono costituiti dalla PRESTAZIONE, quale comportamento attivo ovvero omissivo a cui il debitore è tenuto nei confronti del creditore, e dalla PRETESA, in cui si compendiano le iniziative giuridiche rilevanti che il creditore ha facoltà di assumere nell'esercizio del suo diritto allo scopo di sollecitarne la normale soddisfazione. L'affermazione secondo cui il creditore avrebbe soltanto un'aspettativa tutelata al conseguimento dell'oggetto della prestazione induce a svalutare un aspetto essenziale del vincolo obbligatorio, il cui rilievo non trova espressione soltanto nella fase dell'esercizio della tutela in giudizio, ma si manifesta in una serie di comportamenti del creditore che hanno un sicuro senso giuridico già nel contesto dell'esecuzione del rapporto considerato nel suo complesso.Il modello generale presupposto dal legislatore è, pertanto, basato sulla simmetria delle situazioni reciproche.Il presupposto legale è paritario.Il rilievo sistematico delle obbligazioni nell'ordinamento e nelle teorie dei giuristi non è rimasto confinato all'interno di una delle grandi suddivisioni del diritto privato patrimoniale. All'obbligazione si è fatto riferimento come a un modello per più ampie analisi di teoria generale del diritto, nel confronto con le altre ipotesi in cui fossero ravvisabili gli estremi di un rapporto giuridico.Una tale forza espansiva della disciplina e dello studio delle obbligazioni, come si è accennato, si è manifestata anche nell'interpretazione dei rapporti di cui è parte lo stato.Certo è che è stata messa in dubbio l'interpretazione tramandata di alcune disposizioni di carattere speciale che sembrano sottrarre i debiti dello stato alle regole generali del diritto privato: si pensi all'opinione, fondata sulla disciplina della contabilità dello stato secondo cui il credito del cittadino non può essere in alcun modo leso dall'amministrazione pubblica prima del completamento della procedura amministrativa che conduce all'emissione del "titolo di spesa.Una "svolta" all'orientamento dei giudici è rappresentata dalla pronuncia in cui si è affermato che il rispetto delle regole di contabilità pubblica non comporta che il credito sia privo di tutela fino al completamento d ella procedura amministrativa, ma soltanto giustifica il ritardo nei pagamenti, purché la mora non sia imputabile alla pubblica amministrazione, secondo le regole generali che impongono a tutti i debitori di comportarsi secondo diligenza e correttezza.Gli interessi di mora chiesti dai privati sono dovuti anche in data anteriore, se non è fornita la prova che il mancato adempimento dipende dal rispetto delle procedure legali e non già all'inerzia dello stato debitore.La disciplina dettato per lo stato e che sembra interferire con il rapporto obbligatorio con il cittadino tende più spesso ad essere interpretata con riferimento al fondamento delle singole regole; si riduce così il rischio della formazione in via giudiziale di privilegi diretti ad introdurre deroghe alla generale regolamentazione delle obbligazioni contenuta nel codice civile.

Occorre inoltre rilevare che il diritto di credito non è munito soltanto di azione in giudizio ma anche da una garanzia generica sul patrimonio del debitore, il quale risponderà dell'inadempimento con tutti i suoi beni presenti e futuri (2740).Per mantenere integro il patrimonio del debitore sono inoltre previsti appositi strumenti come ad esempio l'azione revocatoria o la surrogatoria.

Il codice civile non fornisce una definizione di obbligazione pur definendo il contratto (1321) e si è pertanto mantenuto aderente al modello napoleonico.Sebbene un compito indirettamente definitorio sia affidato alle disposizioni preliminari (1173-1176), non sono mancati tentativi di definizioni: "l'obbligazione è quel rapporto giuridico in virtù del quale una persona determinata, chiamata debitore, è tenuta ad un comportamento patrimoniale valutabile al fine di soddisfare un interesse, anche non patrimoniale, di altra persona determinata, chiamata creditore, la quale ha diritto all'adempimento".

1) L'INTERESSE ANCHE NON PATRIMONIALE DEL CREDITORE.

Il riferimento all'interesse del creditore può sembrare ridondante per due ordini di motivi:

1) la finalità essenziale del rapporto obbligatorio consista nel far conseguire al creditore l'oggetto del suo diritto;

2) se si ammette che il credito è un diritto, l'unico interesse che può assumere rilevanza giuridica è già ricompreso nell'oggetto del diritto senza bisogno di un'apposita menzione. La norma di cui all'art. 1174 non menziona soltanto l'interesse del creditore ma afferma anche che l'interesse può essere non patrimoniale.In tal senso la disposizione assume un valore classificatorio ed esplicativo: vale ad includere nell'ambito dell'obbligazione anche prestazioni, di per sé economicamente valutabili, che consentono di soddisfare bisogni culturali o morali del creditore.E' dubbio che un significato più pregnante possa attribuirsi all'interesse del creditore, se si interpreti l'indicazione legislativa quale criterio distintivo tra i rapporti "non giuridici" ed i rapporti giuridici seppur gratuiti. I primi sarebbero contraddistinti dal disinteresse, già ravvisabile per il fatto che sia oggettivamente incontestabile nelle circostanze del caso un atteggiamento diretto a mantenere il rapporto al di fuori del controllo del diritto.Nei secondi l'interesse a ricevere la prestazione e il corrispondente impegno nell'adempierla permarrebbero anche in assenza di un corrispettivo in denaro. L'ordinamento ha alcuni parametri per attribuire rilievo giuridico a un interesse quale oggetto del credito; e l'interprete tiene conto nell'applicarli della specificità del caso. L'interesse rinvia all'accordo e l'accordo richiama l'idea dell'intento giuridico positivo, diretto ad assoggettare il rapporto, nei casi di dubbia qualificazione, ad un vincolo legale specifico, purché resti ferma la valutazione del rilievo oggettivo che l'obbligo assume alla stregua dei generali canoni fissati dall'ordinamento.In diversa linea di analisi della struttura del rapporto obbligatorio, all'interesse del creditore è stato attribuito un rilievo significativo soprattutto nel senso di escludere che siano ravvisabili rapporti obbligatori nei casi in cui non sia possibile procedere ad una sicura imputazione giuridica del credito.La valutazione concreta dell'interesse del creditore,nel confronto con la valutazione legale,tipica o astratta,può assurgere dunque il significato con riguardo al contenuto della fonte:"l'art.1174 ha trasferito sul terreno dell'obbligazione un requisito che opera sul terreno delle fonti ed,in particolare,sul terreno del contratto";ovvero,quando il rapporto è ormai sorto con riguardo: 1) all'esercizio del credito; 2) alla misura della tutela dell'interesse durante lo svolgimento del vincolo;3)alla persistenza o all'estinzione del rapporto purché operi come causa di sopravvenuta inefficacia "della fonte generatrice dell'obbligazione".Nel primo ordine di casi il legislatore presuppone che il contratto sia valido a condizione che sia diretto al perseguimento di "interessi meritevoli di tutela".Ne deriva anche la necessaria "apprezzabilità" giuridica dell'interesse del creditore.Il nesso con la rilevanza in concreto dell'interesse del creditore è eventuale,non necessario. E trova conferma sia nell'opportunità di non separare l'analisi del rapporto dal fatto costitutivo sia l'esigenza di una distinzione concettuale tra i due momenti delle valutazioni dell'interprete. L'interesse apprezzabile è parso talvolta come la chiave che il giurista ha usato tanto per sciogliere l'enigma della giuridicità del rapporto,nel duplice senso della sua rilevanza sul piano della semplice cortesia o ancora della mancanza di "serietà" del vincolo, tanto per controllare nel merito l'operazione contrattuale,anche in presenza di ipotesi in cui non sia ravvisabile l'illiceità del contratto. I criteri di valutazione sarebbero tratti in tal caso dall'intero sistema di valori e di interessi di cui l'ordinamento è espressione.Sta di fatto che la teoria dell'apprezzabilità dell'interesse è stata posta alla base di costruzioni ambigue o di scarso rilievo nella pratica:l'apprezzamento sociale non si è mai appuntato sulla congruità del mezzo giuridico rispetto allo scopo pratico;ma si è quasi sempre risolto nella semplice negazione moralistica del "capriccio individuale che non dà conto di sé. Nel secondo ordine di casi, il problema non concerne la nascita dell'obbligazione ma il limite di legittimità all'esercizio e alla tutela del credito. Il controllo generale sull'esercizio del credito è affidato alla regola della correttezza, che è applicabile in mancanza di previsioni specifiche(1175). In tale linea è stata considerata anche la possibilità di chiedere lo scioglimento del rapporto contrattuale, per il fatto che l'inadempimento del debitore sia da considerare di scarsa importanza con riferimento all'interesse del creditore. L'ulteriore aspetto in cui il problema può essere preso in considerazione ha per oggetto il difetto sopravvenuto dell'interesse del creditore e i limiti in cui tale evento può influire sull'esistenza del rapporto. La regola del secondo comma dell'art.1256, nel prevedere che l'obbligazione si estingua se l'impossibilità temporanea della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore perduri fino a quando il creditore non abbia più interesse a conseguirla in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, dimostra che la valutazione dell'interesse non è integralmente rimessa all'arbitrio soggettivo del creditore, ma deve essere possibile in base a parametri oggettivi, secondo quella linea continua tra titolo, contenuto della prestazione e delimitazione dell'obbligo,a cui il codice civile spesso rinvia in maniera espressa o implicita. Con riferimento alla risoluzione dei contratti con prestazioni corrispettive una tale direttiva generale del sistema trova conferma nel caso in cui la prestazione attesa dal creditore sia divenuta parzialmente impossibile. Il creditore può recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale.(1464-2 comma). La conferma della rilevanza dell'automatico venir meno dell'interesse del creditore soltanto quando sia possibile accertarne gli estremi in base al titolo si trae dall'art. 1457, poiché la risoluzione di diritto del rapporto presuppone che l'essenzialità del termine, oltre il quale il creditore non ha più interesse a ricevere la prestazione, possa ricostruirsi in base all'interpretazione del contratto. La rilevanza oggettivamente apprezzabile del venir meno dell'interesse del creditore dev'essere posta a confronto con le numerose prese di posizione della giurisprudenza in materia di interruzioni del lavoro a causa di scioperi a singhiozzo o di condizioni di "morbilità eccessiva" dei lavoratori,quali fatti che i giudici hanno considerato rilevanti non già in via automatica ma nel quadro di altre regole di carattere pur sempre generale: tali il "motivo legittimo" di licenziamento ovvero il "motivo legittimo" di rifiuto della prestazione residua, secondo la norma dell'art. 1206. Quanto al raggiungimento del risultato atteso dal creditore per via diversa dall'adempimento, esso può aversi, oltre che in alcune discusse ipotesi legali, in virtù di fatti naturali o dell'uomo i quali, piuttosto che rendere impossibile la prestazione, la rendono ormai inutile. In tali casi ci si domanda se siano applicabili i criteri relativi alla distribuzione del rischio relativi alle disposizioni sull'impossibilità sopravvenuta, con i correttivi delle regole sull'adempimento parziale, sebbene si tratti di figure non sempre ricomprese tipicamente nel quadro dell'impossibilità estintiva che comporti la mancata soddisfazione dell'interesse del creditore. L'interesse che sta a fondamento del rapporto e a misura della tutela del credito ha gli stessi confini che sono propri di tutte le clausole di contenuto ampio. Un primo criterio di delimitazione dovrebbe trarsi già dall'art. 1174, la dove si fa riferimento alla necessità del collegamento con una prestazione che sia suscettibile di valutazione economica(abbia, cioè, natura patrimoniale).





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