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L’accertamento d’imposta
Attraverso l’accertamento si rende realizzabile l’obbligazione tributaria, in quanto consente di individuare il soggetto passivo, la base imponibile, il debito d’imposta e di rendere esigibile tale debito. L’accertamento si articola in 3 fasi:
Fino a qualche tempo fa quando da un controllo risultava una somma a debito, tale importo veniva direttamente iscritto a ruolo, comunicato al concessionario alla riscossione che notificava al contribuente una cartella di pagamento. Oggi, invece, l’amministrazione finanziaria prima di iscrivere qualsiasi somma a ruolo, invia al contribuente un avviso (c.d. avviso bonario) con cui gli dà la possibilità di pagare subito usufruendo di uno sconto sulle sanzioni o di far valere le proprie ragioni presso l’ufficio senza dover attivar una procedura di contenzioso.
Un primo controllo, c.d. di liquidazione, viene effettuato automaticamente dall’Anagrafe tributaria su tutte le dichiarazioni; un secondo controllo (controllo formale) viene eseguito, su campioni, dagli 222c24c uffici dell’Agenzia. Una terza fase (controllo sostanziale) è diretta alla rettifica dei singoli redditi dichiarati e alla individuazione dei soggetti che, pur essendo tenuti alla presentazione della dichiarazione, non vi hanno provveduto.
La disciplina dei controlli è contenuta negli artt. 36bis e 36ter del D.P.R. 600/73. Il D.P.R. 600/73 all’art. 1 impone a tutti i soggetti passivi di presentare annualmente una dichiarazione dei redditi posseduti, anche in assenza di debito d’imposta; dunque, il sistema impositivo italiano, per le imposte dirette, si basa sulla dichiarazione ed autoliquidazione delle imposte dovute. Le dichiarazioni presentate, dunque, sono sottoposte a 2 tipi di controllo: formale e sostanziale.
Il controllo formale è volto ad accertare se l’imposta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi sia stata calcolata direttamente dal contribuente ovvero se debba essere riliquidata. Dal 1° gennaio 1999 questa tipologia di controllo è scissa nelle 2 fasi della liquidazione dell’imposta e del controllo formale vero e proprio. Dapprima, ai sensi dell’art. 36bis D.P.R. 600/73, l’amministrazione una volta ricevuti i dati della dichiarazione provvede a controllarli sulla base dei dati in possesso dell'Anagrafe tributaria (c.d. "liquidazione") al fine di rilevare e correggere eventuali errori materiali e di calcolo, ridurre eventuali detrazioni, deduzioni o crediti d’imposta superiori in base alla legge, verificare la congruità e la tempestività dei versamenti dell’imposta.
Se risultano irregolarità l’amministrazione invia un avviso al contribuente o al sostituto d’imposta per consentirgli di chiarire la propria posizione o, se riconosce fondato il rilievo dell’ufficio, di pagare una sanzione ridotta. La comunicazione del risultato della liquidazione automatizzata deve avvenire anche quando esso coincide con il dichiarato (c.d. comunicazione di regolarità). La procedura di liquidazione deve concludersi entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno successivo.
Con la seconda fase (art. 36-ter) viene svolto su talune dichiarazioni, selezionate in base a criteri fissati dal Direttore dell’Agenzia, il controllo formale. Tramite il controllo formale, che deve concludersi entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, viene verificata la conformità dei dati esposti in dichiarazione alla documentazione conservata dal contribuente e ai dati desunti dalle dichiarazioni presentate da altri soggetti o trasmessi per legge da enti previdenziali ed assistenziali, banche e imprese assicuratrici.
A questo fine il contribuente o il sostituto d’imposta la cui dichiarazione è sottoposta a controllo formale è invitato dall'ufficio ad esibire o trasmettere la documentazione attestante la correttezza dei dati dichiarati e a fornire chiarimenti nel caso siano riscontrate difformità tra questi ultimi ed i dati in possesso dell'Agenzia.
L'esito del c.f. è comunicato al contribuente, il quale se, entro 30 giorni dal ricevimento della notificazione, riconoscendo valide le ragioni dell’ufficio, provvede al versamento delle somme richieste, beneficia di una riduzione delle sanzioni. Qualora il contribuente non paghi e non riesca a fare valere le proprie ragioni, le somme dovute sono iscritte a ruolo e successivamente riscosse a mezzo di cartella di pagamento.
In alcuni casi, gli Uffici possono procedere ad un controllo sostanziale o di merito, diretto alla rettifica del reddito complessivo del contribuente (accertamento generale) o solo di alcune tipologie di reddito (accertamento parziale).
L’accertamento generale può essere svolto con modalità differenti, in particolare, con riferimento alle persone fisiche che non possiedono redditi d’impresa o di lavoro autonomo, esso può essere analitico, sintetico o d’ufficio.
Con l’accertamento analitico l’Ufficio, sebbene la dichiarazione sia incompleta o infedele, è in grado di determinare analiticamente, ossia voce per voce, il maggior reddito conseguito o le indebite detrazioni effettuate dal contribuente. Qualora dall’accertamento analitico emerga un reddito non adeguato a quello attribuibile, sulla base di elementi certi, l’Ufficio potrà ricorrere all’accertamento sintetico disciplinato dall’art. 38 del D.P.R. 600773. per le sue caratteristiche l’accert. sintetico è esperibile solo nei confronti di persone fisiche non titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo. Ciò può accadere, ad esempio, quando l’ufficio dimostri (sulla base di elementi e circostanze di fatto certi) che, nel periodo d’imposta, il contribuente ha sostenuto spese superiori all’ammontare del reddito complessivo netto accertato analiticamente. Il contribuente può, comunque, dimostrare con idonea documentazione, che le cause dello scostamento (dovuto, per esempio, a redditi esenti o a vendita di beni patrimoniali o a redditi conseguiti da altri componenti della famiglia).
In caso di omessa presentazione della dichiarazione l’ufficio procede all’accertamento d’ufficio, determinando il reddito complessivo del contribuente sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolte o di cui sia venuto a conoscenza con facoltà di avvalersi di presunzioni non qualificate (cioè, prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza) e di prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze delle dichiarazioni o delle scritture contabili del contribuente.
Gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate, inoltre, possono limitarsi ad effettuare un accertamento parziale, cioè volto ad accertare unicamente una tipologia di reddito evaso o un maggior reddito imponibile di quello dichiarato. Ciò è possibile sulla base di accessi, ispezioni e verifiche.
L’accertamento nei confronti di possessori di redditi d’impresa e di lavoro autonomo
Anche nei confronti di tali soggetti l’accertamento sostanziale può essere parziale o generale, con la differenza che ad essi non può applicarsi l’accertamento sintetico, mentre è previsto il c.d. accertamento induttivo.
Si procede ad accertamento analitico quando la dichiarazione del contribuente NON è conforme alle risultanze delle scritture contabili. Al riguardo vanno segnalate 2 novità introdotte con il D.L. 223/2006, che hanno come finalità di rendere più difficile l’evasione da parte degli esercenti arti e professioni. Una prima disposizione impone a questi contribuenti di tenere uno o più conti correnti, bancari o postali, relativi all’attività. La seconda disposizione, invece, stabilisce che i compensi superiori a 100 € debbano essere riscossi esclusivamente con assegni non trasferibili o bonifici o altre specifiche modalità di pagamento.
In via eccezionale è ammesso l’accertamento induttivo prescindendo dalle scritture contabili e dalle risultanze del bilancio e avvalendosi di dati e notizie comunque in suo possesso, quando:
quando il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
quando dal verbale d’ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha sottratto all’ispezione una o più scritture contabili ovvero quando le scritture non sono disponibili per forza maggiore;
quando le omissioni, le falsità, e le inesattezze delle scritture contabili sono così numerose e gravi da far ritenere inattendibili le stesse;
quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti degli uffici previsti dalla normativa IVA.
A causa della gravità delle infrazioni commesse la legge autorizza l’Ufficio ad avvalersi di presunzioni NON qualificate, prive cioè dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Per quanto riguarda l’accertamento d’ufficio vale quanto detto per le persone fisiche.
Metodologie impiegate negli accertamenti
induttivi Nel tentativo di arginare il fenomeno
dell’evasione, l’amministrazione finanziaria ha da tempo elaborato indici che
consentono di stimare i redditi posseduti dai contribuenti. Si tratta di
strumenti statistico-matematici con cui si effettua un controllo preventivo nei
confronti dei contribuenti; in particolare stiamo parlando dei parametri
contabili e degli studi di settore. In un primo momento furono individuati dei coefficienti di controllo che, sulla
base di presunzioni, consentivano di stabilire un ricavo minimo da dichiarare;
a seguito di grosse difficoltà operative, a decorrere dal periodo d’imposta
’98, l’accertamento induttivo si basa sugli studi di settore (ad eccezione per
i comparti di attività per cui non sono stati ancora approvati gli studi di
settore o per quei contribuenti nei confronti dei quali gli studi di settore
non siano applicabili, in cui si applicano ancora i parametri contabili).
Gli
studi di settore rappresentano uno strumento ideato dal legislatore al
fine di rendere più efficace l'azione accertatrice da parte degli uffici
dell'Agenzia delle entrate. In estrema sintesi, gli studi di settore si basano
su parametri pre-impostati che, applicati alla realtà aziendale o
professionale, consentono la determinazione dei ricavi o dei compensi che con
massima probabilità il contribuente sarebbe in grado di generare nello
svolgimento della propria attività. Il risultato che si ottiene attraverso
l'applicazione degli studi di settore alla realtà aziendale o professionale
rappresenta una presunzione relativa che può essere posta a base di avvisi
di accertamento, senza che gli uffici siano tenuti a fornire specifiche
motivazioni in ordine ai risultati ottenuti (l'assenza di motivazione negli
atti di accertamento basati sugli studi di settore dipenderebbe dal
«tecnicismo» degli elementi utilizzati per la determinazione dei risultati,
benché la metodologia alla base degli studi di settore si fondi su
«ragionamenti presuntivi»). Gli studi di settore costituiscono, quindi, uno
strumento a disposizione dell'Amministrazione finanziaria che consente di
individuare i soggetti (imprenditori e professionisti) che dichiarano un
reddito inferiore rispetto a quello che presumibilmente dovrebbero
realizzare in relazione all'attività esercitata, all'insieme degli strumenti di
cui dispongono, alla forza lavoro di cui si avvalgano, ecc.. Tali elementi, opportunamente combinati ed
attraverso un ragionamento presuntivo, producono una serie di parametri che
dovrebbero essere, ragionevolmente, rispettati dai soggetti esercenti
un'attività avente quelle determinate caratteristiche. Le modalità di utilizzo
degli studi di settore ai fini dell'accertamento sono stabilite
dall'art. 10 della L. 146/1998, che è stato recentemente novellato dall'art.
37, D.L. 223/2006, e dall'art. 1 della L. 296/2006 (c.d. Finanziaria 2007). Prima dell'intervento normativo operato dal D.L. n. 223/2006, l'art. 10 stabiliva
che i contribuenti in contabilità ordinaria (per natura e per opzione)
erano soggetti alla regola del «due su tre» secondo la quale
l'accertamento basato sugli studi di settore scattava qualora in almeno due
periodi di imposta su tre consecutivi considerati, compreso quello da
accertare, l'ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli
studi risulta superiore all'ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con
riferimento agli stessi periodi di imposta. L'accertamento nei confronti dei soggetti suddetti scattava, inoltre, in
caso di non congruità per un solo anno (indipendentemente dalla regola
del «due su tre») qualora si fossero verificate significative situazioni di
incoerenza economica, patrimoniale e finanziaria (contabilità inattendibile). L'art.
37 del D.L. n. 223/2006 ha modificato l'art.
Se il risultato dello studio di settore differisce dal ricavo dichiarato allora c’è un accertamento, cioè un avviso di rettifica della dichiarazione, di fronte al quale il contribuente ha le seguenti possibilità:
Acquiescenza: se il contribuente rinuncia ad impugnare l’avviso di accertamento o a presentare istanza di accertamento con adesione e paga le somme complessivamente dovute entro 60 gg. le sanzioni sono ridotte ad ¼ del minimo;
Concordato: l'accertamento con adesione (o "concordato") può essere proposto sia dal contribuente che dal Fisco e consente di patteggiare l'imponibile:
quando si è ricevuto un accertamento o anche prima di averlo ricevuto;
quando si è subito un controllo da parte dell'Amministrazione.
E’ una sorta di trattativa con
l’ufficio finanziario: se non va a buon fine si può fare ricorso perché l’accertamento in adesione sospende
per 90 gg. i termini per il ricorso (60gg.); se va a buon fine si chiude
totalmente la controversia con l'Amministrazione finanziaria, che non potrà
fare altri accertamenti sull'imponibile concordato; a tal fine viene redatto un
atto in cui sono indicate la motivazioni dell’adesione, le maggiori imposte, le
sanzioni e gli interessi dovuti..
Con l'accertamento con adesione, inoltre, le pene previste per i reati
tributari sono ridotte fino alla metà e non si applicano le sanzioni
accessorie; le sanzioni sono ridotte ad un quarto del minimo previsto dalla
legge. Il pagamento va fatto in F24
entro 10 gg. Riguarda tutte le imposte dirette ed indirette, essendo uno
strumento deflativo del contenzioso tributario. L’accertamento con adesione NON
dà assoluta sicurezza al contribuente; se, infatti, l’Amministrazione viene a
conoscenza di elementi che portano ad un aumento dell’imponibile superiore al
50% può nuovamente emanare un avviso di accertamento;
Contenzioso: qualora il contribuente non intenda utilizzare uno degli strumenti di riduzione del contenzioso, in quanto convinto della legittimità del proprio comportamento, può rivolgersi alle Commissioni Tributarie per chiedere l’annullamento totale o parziale dell’atto con cui gli uffici hanno manifestato l’accertamento di maggiori imposte e sanzioni. Il processo tributario prevede 2 gradi di giudizio:
Il termine per ricorrere è di 60 gg. dalla notifica dell’atto. Per le controversie aventi ad oggetto tributi di valore superiore a € 2.582,28 è necessaria l’assistenza di un professionista abilitato (compresi i consulenti del lavoro);
Conciliazione giudiziale: consente di chiudere un contenzioso con l’amministrazione finanziaria iniziato mediante la presentazione di un ricorso in commissione tributaria. Si tratta di uno strumento volto ad evitare la prosecuzione della lite evitando, per entrambe le parti, il rischio ed i costi della sua conclusione nei modi ordinari. Per effetto della conciliazione giudiziale le sanzioni amministrative sono ridotte ad 1/3, le pene previste per i reati tributari sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie, le spese di giudizio sono compensate e soprattutto si estingue completamente la controversia in corso. Come il concordato, anche la conciliazione giudiziale si conclude con un atto in cui sono indicati gli elementi addotti a favore della conciliazione e le somme a qualsiasi titolo dovute, e si perfezione con il pagamento delle medesime.
Se all’atto di accertamento non fa seguito un ricorso l’ufficio iscrive a ruolo le somme a lui dovute e le riscuote attraverso la cartella di pagamento.
Tra gli strumenti di riduzione del contenzioso tributario dobbiamo ricordare anche:
ad 1/8 del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di 30 gg. dalla data della sua commissione;
ad 1/5 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione o, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro 1 anno dall’omissione o dall’errore;
ad 1/8 del minimo di quella prevista per l’omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata, se questa viene presentata con ritardo non superiore a 90 gg.
Il pagamento delle sanzioni deve essere eseguito contestualmente al pagamento del tributo o della differenza, nonché degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno.
L’autotutela
L’istituto dell'autotutela, introdotto nel nostro ordinamento
dall'art. 68, comma 1, del D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287, prevede che: «salvo
che sia intervenuto giudicato, gli uffici dell'Amministrazione Finanziaria
possono procedere all'annullamento dei propri atti riconosciuti illegittimi
o infondati con provvedimento motivato comunicato al destinatario
dell'atto». Successivamente,
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