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POLITECNICO DI MILANO
INGEGNERIA EDILE - ARCHITETTURA
Storia dell'architettura
GIUSEPPE TERRAGNI
VILLA BIANCA a Seveso (Milano)
Sulla Statale dei Giovi, si erge nelle sue linee architettoniche la Villa Bianca, esce
fuori dalle solite sagome di ville, case o rustici, perché chi l'ha ideata era un
architetto che la storia classifica un genio per le sue opere. Un precursore della linea
moderna avanzata.
Ideatore ne fu l'architetto Giuseppe Terragni che la ideò per il fratello Angelo, 545d32f
costruttore edile, nell'anno 1936.
Attorno alle piante esotiche fatte giungere appositamente dal Giappone, si staglia
questa villa nel suo candore dei muri a ricevere nelle sue ampie vetrate il riflesso dei
raggi del sole.
Dalle linee moderne appare la fantasia inesauribile dell'architetto che lo spinge verso
forme sempre più complesse e varie pur rimanendo sempre nei limiti della classicità.
Una delle sue caratteristiche sia nelle molteplici opere come in questa villa, consiste
nel concepire le strutture a grandi masse staccate o adiacenti in gioco armonico fra
loro, collegate da piani sottili.
In questa costruzione, l'obiettivo di aggredire la scatola edilizia per dissolverla ed
evidenziare il "dietro la facciata" è abbandonato. Terragni non vede più il motivo di
risucchiare lo spazio esterno ed immetterlo all'interno del volume. Quindi il prisma
resta e non ha più bisogno di essere sollevato dal terreno.
La fabbrica diviene fonte di emissione che lancia messaggi: in basso la piattaforma;
in mezzo l'ardito balcone e le finestre a nastro appena sporgenti; in alto lo
sventagliare di liberi setti orizzontali nel cielo.
Asimmetria, dissonanze sfociano in un metodo costruttivo spazio temporale inedito.
DIFFERENZE E ANALOGIE CON ALTRE OPERE
La Villa Bianca, con la Casa del Floricoltore e la Villa sul Lago entrambe progettate
nello stesso periodo (1936-1937), forma un unico capitolo compositivo.
Nella Villa sul Lago è possibile notare analogie nello sviluppo planimetrico,
nell'utilizzo di finestre a nastro e nella presenza di tetti giardino su vari livelli
collegati fra loro da varie scale interne ed esterne al solido prismatico.
Anche nella Casa del Floricoltore a Rebbio (Como) il Terragni mantiene le finestre in
lunghezza introducendo la cornice che verrà ripresa in maniera più accentuata nella
Villa Bianca.
La presenza dei pilastri è l'unico elemento che differenzia queste due costruzioni
dalla Villa Bianca, questi hanno il compito di staccare dal terreno l'edificio quasi a
volere riprendere uno dei punti a cui Le Corbusier si riferiva nelle sue costruzioni
(quello riguardante la funzione dei pilotis). Terragni, nelle sue opere, in particolare in
quelle appena citate, cioè quelle più vicine strutturalmente alla Villa Bianca segue i
cinque punti della nuova architettura dettati negli anni venti dall'architetto svizzero
francese, resi noti dal CIAM:
I pilotis, cioè i pilastri che dovevano staccare l'edificio dal terreno.
I tetti giardino, il tetto non deve essere spiovente ma incavato, deve raccogliere le
acque all'interno.
Pianta libera, realizzabile grazie all'introduzione di un nuovo materiale, il
cemento armato.
Finestre in lunghezza.
Facciata libera
Questi punti sono tutti presenti tranne che quello relativo ai pilotis.
INQUADRAMENTO PLANIMETRICO
La Villa Bianca, terminata nel 1939, si trovava su un lotto di forma rettangolare in
una zona alla periferia di Seveso circondata dalla campagna. Quindi pensando alla
situazione del '39 stonava eccezionalmente pensando al contesto naturalistico
che la circondava. Per molti abitanti di Seveso era come un "pugno in un occhio".
Oggi, al contrario, la zona circostante ha subito una intensa opera di urbanizzazione,
quindi la villa è perfettamente integrata nell'area in quanto accerchiata da una serie di
complessi edilizi per la maggior parte a tetto piano.
VILLA BIANCA, STUDIO PIANTE
Il corpo di fabbrica è costituito da un piano seminterrato che può essere raggiunto
dall'esterno da una scala posta nella parte posteriore dell'edificio o da una rampa di
accesso per autovetture.
Internamente è presente un locale adibito a ricovero auto con annesso un ampio
ripostiglio. Questi locali sono collegati ad un locale destinato a lavanderia e altri due,
di minore dimensione, costituiti da una piccola camera e da un bagno destinati
probabilmente al custode.
Mediante una scala posta in posizione centrale, rispetto l'intera costruzione, è
possibile raggiungere il piano rialzato, in particolare il locale adibito a cucina.
Il piano rialzato è accessibile da una scalinata posta parallelamente alla facciata
principale, da altre due scale parallele alle facciate laterali e da una rampa di accesso
sul retro della costruzione. Tale piano è costituito da tutti quei locali che formano la
zona giorno di un edificio (cucina, soggiorno, salette varie, studio).
Mediante un'altra scala, posizionata nella stessa zona centrale è possibile raggiungere
il piano primo, destinato interamente a zona notte, se non per una parte, destinata a
tetto giardino, a cui si può accedere da due porte finestra dalle camere ad esso
adiacenti.
Da questo giardino interno all'edificio è possibile accedere mediante una scalinata ad
un terrazzo collegato alla copertura piana praticabile.
VILLA BIANCA, STUDIO DEI MATERIALI E DEI PROSPETTI
La struttura, presenta la particolarità di essere costruita in cemento armato, come un
edificio moderno, dei giorni nostri. La scelta di questo tipo di struttura ha permesso di
realizzare delle finestre a nastro in lunghezza, e altri elementi difficilmente
realizzabili con un altro sistema strutturale.
Le murature portanti, nella parte a contatto con il terreno, per ovviare infiltrazioni di
umidità sono state isolate grazie ad una intercapedine realizzata costruendo una
doppia muratura, una esterna di protezione e una interna portante.
Anche la soletta non è a contatto con il terreno ma staccata, per questa scelta
strutturale si può ipotizzare un sistema di muretti posti a distanza costante su cui è
stato appoggiato un solaio di tipo tradizionale con elementi alleggeritori in laterizio.
Le fondazioni, come si può dedurre dalle varie sezioni redatte dall'architetto
dovrebbero essere di tipo continuo in calcestruzzo.
I solai, sono realizzati in laterocemento, come anche la copertura del tetto,
opportunamente isolata, piana e praticabile.
I tavolati interni sono in laterizio mentre le scale in cemento armato.
Una particolarità di questa costruzione è che il progettista ha fatto costruire sottili
alette in conglomerato armato, caratteristiche delle costruzioni di questo periodo
hanno uno scopo prevalentemente estetico, infatti rompono la monotonia del
prospetto, riempiono e completano le facciate che senza esse potrebbero sembrare
spoglie, incomplete e il progetto darebbe l'idea di non essere finito.
Le pensiline, furono attentamente studiate da Terragni e sono leggermente diverse
l'una dall'altra, differenze quasi impercettibili per chi osserva la casa dal basso, ma
visibili nei disegni e soprattutto da chi si ritrova sul tetto terrazza, dove i pilastri
insieme con le pensiline inquadrano il paesaggio circostante.
Le due lastre appoggiano su dei pilastrini quadrangolari in cemento armato larghi 20
centimetri. In termini pratici si pensa che tale dimensione fosse dovuta alle spese di
costruzione: al giorno d'oggi costruire un casserro di tale dimensione sarebbe quasi
impensabile per via dei costi della manodopera, ma nel '39 il cemento aveva costi
elevati e la manodopera in rapporto a oggi costava molto meno.
Per quanto riguarda le finiture il progettista ha fatto realizzare davanzali e cornici
delle finestre in marmo di Musso (Co), serramenti esterni in metallo e rampe di
accesso esterne in cemento armato con ringhiere in metallo dipinte di bianco.
Le facciate sono tinte in rosa, quindi la struttura si presenta come una combinazione
di grigio (marmo) e rosa (tinteggiatura).
PROFILO STORICO, RAZIONALISMO
Giuseppe Terragni è ritenuto uno dei più autorevoli esponenti del razionalismo
architettonico in Italia. Esso fece parte del Gruppo 7, organizzazione di architetti
fascisti laureati al Politecnico di Milano che si ispiravano alla corrente nata in
Germania nel 1920.
I punti significativi del programma possono riassumersi come segue:
individuazione delle funzioni prime di ogni elemento umano; creazione di tipi
standardizzati di tutti i beni d'uso, dagli oggetti quotidiani alle tipologie dell'edilizia
e dell'urbanistica come ricerca e invenzione di un prototipo; esclusione di ogni
atteggiamento di tipo sentimentale e imitativo; zonizzazione dell'urbanistica, cioè
divisione della città e del territorio in zone caratterizzate da diverse funzioni:
residenziali, commerciali e amministrative, industriali, agricole, mansioni quindi di
un architetto, non più solo artista, ma tecnico capace di affrontare il problema
dell'integrazione tra la diciplina architettonica e i problemi costruttivi, estetici,
urbanistici, sociali e politici nel complesso ciclo tecnologico che va dalla
progettazione industriale alla pianificazione urbanistica, infine la postulazione della
necessità di un lavoro di équipe.
L'affermato disinteresse per i problemi stilistici e la massima oggettivazione del
processo creativo, si accoppiavano a uno "stile spoglio" che conduceva alla
catalogazione dei segni e degli elementi primi della composizione, come già avveniva
nell'astrattismo nella pittura.
In Italia il razionalismo, dopo la formazione del lombardo Gruppo 7, nel 1926 diventa
corrente di importanza nazionale, nel 1928 con la formazione del MIAR (Movimento
Italiano per l'Architettura Nazionale), in cui il gruppo confluisce.
PROFILO STORICO, GRUPPO 7
Il razionalismo architettonico in Italia nasce, se vogliamo individuarne una data di
origine, con la formazione, nel 1926, di un nucleo di giovani architetti dell'ambiente
milanese. Coloro che ne facevano parte - Gino Pollini, Luigi Figini, Giuseppe
Terragni, Guido Frette, Sebastiano Larco, Carlo Enrico Rava, Ubaldo Castagnoli (al
quale subentrò, nel 1927, Adalberto Libera) - presentarono il loro programma per
mezzo di una serie di quattro articoli, con i quali espressero i concetti che sarebbero
stati a lungo alla base della loro attività progettuale e di quella di coloro che ad essi si
riferirono.
Questi punti davano le basi oggettive alla necessità di rinnovamento:
La coerenza costruttiva, nell'uso dell'acciaio e del cemento armato;
La coerenza funzionale, che permette di risolvere i nuovi programmi in impiamti
dalle regole compositive;
La coerenza igienica, che deriva sia dai nuovi materiali di finitura sia dalla ricerca
della disposizione ottimale rispetto a parametri di illuminazione naturale e di
ventilazione;
La coerenza impiantistica (elettricità, ascensori, riscaldamento centralizzato, aria
condizionata.)
In breve si può affermare che il Gruppo 7, dichiarandosi apertamente debitore nei
confronti di coloro che, in Europa, hanno iniziato il rinnovamento architettonico, e in
particolare di Le Corbusier, tende a collocare la propria idea della progettazione
nell'ambito internazionale.
La costituzione del gruppo 7 metteva in sincronia giovani laureati il cui pensiero
sull'architettura aveva già delineato con chiarezza gli obbiettivi e anche i limiti del
loro operare con un richiamo esplicito non più alla città utopica ma alla città storica,
reale e concreta del loro tempo considerata in tutte le sue implicazioni socio-
economiche.
Il Gruppo 7 aveva interessi progettuali quali il problema di una nuova monumentalità
del contesto urbano, il problema della costruzione in serie di tipologie collaudate.
Le parole d'ordine sono quelle di Le Corbusier (lo spirito nuovo, la funzionalità, il
cemento armato), la scelta strategica è riassunta nella formula "bisogna portare
l'Europa in Italia e l'Italia in Europa".
Anzi, i componenti del gruppo dichiarano abbastanza presto che l'Italia dovrà tornare
ad assumere il ruolo di paese guida che, in campo architettonico, gli è stato
riconosciuto nei secoli passati.
TERRAGNI E IL FASCISMO
Fra coloro che avevano dato vita al Gruppo 7 (questa sorta di associazione non ebbe
carattere "professionale" e fu sciolta già intorno al 1930), colui che assunse ben
presto la maggiore notorietà fu senza dubbio Giuseppe Terragni. Questo
intraprendente architetto esordì con opere che suscitarono echi assai notevoli ed
ampie polemiche, si tratta del cosiddetto Novocomum, un edificio per appartamenti
che egli eresse a Como nel 1928 e la Casa del Fascio del 1932.
Se si volesse descrivere cosa significa essere fascista in architettura si potrebbe
rispondere in sette punti:
Disinteresse per i contenuti e le funzioni sociali;
Simmetria
Schema prospettico, che privilegia un punto di vista, quello frontale in generale;
Compattezza volumetrica;
Avversione alle strutture leggere;
Spazi statici chiusi rispetto l'esterno;
Isolamento dell'oggetto architettonico e conseguente violenza al tessuto
ambientale.
Se questo è fascismo in architettura, dobbiamo chiederci quanti edifici realizzati in
regime democratico, in Italia e nel mondo, presentano i connotati su elencati. Il loro
numero è spaventoso.
Quanto a Terragni, nonostante è considerato architetto fascista che lavorò anche per il
regime:
Studia appassionatamente i contenuti e le funzioni derivandone le forme.
Brucia la simmetria ed accentua le dissonanze nella Casa del Fascio, nella Villa
Bianca, persino nella Casa del Fascio a Lissone.
Le cavità fruite sono pensate dinamicamente, qualificandole con la luce, ed
instaurano un colloquio tra interni ed esterni.
BREVI CENNI SULLA VITA DI GIUSEPPE TERRAGNI
Giuseppe Terragni nacque a Meda, un paese in provincia di Milano il 18 aprile 1904,
dopo aver frequentato l'Istituto Tecnico di Como, si iscrive alla facoltà di
Architettura presso il Politecnico, dove si laurea nel 1926 all'età di 22 anni. Già
allora dai suoi professori era visto come un fuoriclasse.
Nel 1927 apre uno studio a Como insieme al fratello ing. Attilio, esercitando la
propria brillante professione tra Como e Milano.
ALCUNE OPERE DI GIUSEPPE TERRAGNI
1925/26 Villa G. Saibene, Como, primo progetto documentato di Terragni. Lo
redige quando non si è ancora laureato. Stile medievaleggiante, in apparenza
antitetico alla precedente eversione michelangiolesca.
1927 Albergo Metropolie Suisse, Como, ristrutturazione della facciata. Prima
realizzazione professionale dopo la laurea conseguita il 16 novembre 1926.
1926 monumento ai caduti, Como, nella prima gara Terragni rischia di essere
escluso perché "troppo moderno".
1927/28 edificio ad appartamenti, "Novocomum", Como, gesto rivoluzionario
compiuto illegalmente presentando un progetto d'impronta classicista e
costruendo, di sorpresa, un edificio che s'innesta nell'avanguardia europea. Crea
uno scandalo ma ormai Terragni ha vinto la sua battaglia per la nuova architettura.
1927 officina per la produzione del gas, Como, progrtto.
1928/32 monumento ai caduti, Erba Incino (Como).
1931/33 monumento ai caduti, Como.
1930/35 Albergo Posta, Como. Altra vicenda professionalmente sfortunata. Dopo
controversie con la Commissione Edilizia trovò una soluzione neoclassica,
soluzione estrema, che avrebbe dovuto servire da tavola di salvezza nel caso di un
naufragio delle precedenti sei soluzioni non approvate.
1932 Cattedrale in cemento armato, progetto.
1932 Casa per vacanze, tappa fondamentale della ricerca sull'abitazione
unifamiliare che approderà nella Villa Bianca a Seveso. Si notino in questa
costruzione le pareti lastra, che non formano volume e la distribuzione dissonante
delle finestre.
1932/36 Casa del Fascio, Como.
1934 Piano Regolatore di Como, patrimonio dell'urbanistica moderna, creato in
collaborazione con altri architetti.
1936/37 Asilo Infantile S. Elia, Como.
1936 Villa sul Lago, incrocio calibratissimo ed esemplare tra Le Corbusier e Mies
Van Der Rohe.
1936/37 Villa per un floricoltore, Rebbio, Como.
1936/37 Villa Bianca, Seveso (Milano).
1936 Biblioteca Cntonale, Lugano
1938/39 Casa del Fascio, Lissone (Milano), in questa opera viene ripreso il
classicismo fascista. Progettata in collaborazione con Antonio Carminati.
Ultimo suo progetto fu uno schizzo di una cattedrale nel 1943.
CURIOSITA' RIGUARDANTI LA VILLA
Il nome Bianca, non ha origine alla colorazione originaria della facciata, infatti,
documentazioni dell'epoca dimostrano che il colore di origine come già detto in
precedenza è il rosa. Si suppone che il nome Bianca abbia origine dal nome della
moglie di Angelo Terragni e secondo indiscrezioni anche il colore della facciata non
fu scelto a caso, esso doveva ricordare una cugina scomparsa da poco di nome Rosa.
BIBLIOGRAFIA:
Bruno Zevi Giuseppe Terragni Ed. Zanichelli
David Waltkin Storia dell'architettura Ed. Zanichelli
occidentale
F. Brunetti Tecnologia delle Ed. Le Monnier
costruzioni
R. Aloi Ville nel mondo Ed. Hoepli
A. Colucci Storia dell'arte
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