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La condizione femminile

sociologia



La condizione femminile

"Questo è un mondo che ha sempre appartenuto al maschio", scrive Simone de Beauvoir ne Il secondo sesso.

L'enunciato è probabilmente valido ancor oggi, ma senz'altro in misura meno intensa, meno perentoria, più sfumata. Riguarda soltanto alcune sfere dell'esistenza e non altre.
Tre secoli di femminismo hanno modificato la posizione della donna nella società. Il Novecento è stato un secolo particolarmente ricco di analisi sulla condizi 353d36d one femminile, alcune acute, altre, secondo me, a dir poco fantasiose. L'essere donna, il vissuto femminile, grazie soprattutto al contributo della psicoanalisi, è stato indagato con meticolosità e tutta la teoria e la pratica prodotte hanno influito non soltanto sull'autoconsapevolezza delle donne, ma anche su quella degli uomini.
Che oggi appaiono sempre più disorientati, incerti, dubbiosi, nella quasi totalità ormai renitenti a incarnare quel modello di maschio prepotente e oppressore, che sembra irreversibilmente tramontato.

La stessa società dei consumi, lungi dal richiedere virtù guerriere, ha femminilizzato un po' tutti.

Maschile e femminile sono due poli sempre più compenetrati e confusi e vanno a comporre personalità forse meno scisse che in passato, più tendenti all'androginia. La biologia e la psicologia ci hanno insegnato che maschile e femminile sono dentro ognuno di noi; le differenze tra maschio e femmina a livello psichico esistono, ma sono sottili, sfumate, questione di impercettibili e insondabili qualità e quantità.



Le femmine si affermano oggi nella scuola, dove sono mediamente più brave dei maschietti, nelle professioni, - tra i medici per esempio, le donne stanno superando numericamente i maschi -, nella società in genere, dove la pubblicità si rivolge di preferenza a un pubblico femminile, essendo le donne quelle che orientano e compiono di fatto la quasi totalità degli acquisti.

Un benefico caos domina dunque la società contemporanea. Un caos ricco di promesse e di opportunità, foriero di un nuovo ordine più complesso e articolato.

Forse, da maschietto, tendo a sottovalutare le disparità ancora esistenti tra uomini e donne. Ma mi sembra che alle donne di oggi non sia precluso praticamente alcunché e francamente mi dà noia il vittimismo querulo di chi invoca per le donne un trattamento di favore, come ad esempio delle quote fisse a loro destinate ai vertici delle aziende, delle università, della politica e della pubblica amministrazione. Le donne brave, abili, capaci possono oggigiorno affermarsi senza ricorrere a trucchi che le mortificano e vanificano nello stesso tempo i benefici della libera concorrenza.

Emergere, poi, raggiungere i vertici, è difficile per tutti, anche per gli uomini, particolarmente in Italia dove nepotismi, favoritismi, raccomandazioni, cooptazioni minano l'efficienza dell'intero sistema economico e la giustizia sociale. Temo che a volte le femministe tendano a idealizzare la vita dell'uomo, a crederla soltanto all'insegna dell'avventura, del gioco, del divertimento.
Credo, al contrario, che l'esistenza sia spesso più gratificante e ricca di possibilità per le donne delle classi sociali superiori che non per gli uomini appartenenti alle classi sociali inferiori, oggi come nel passato.

Già le etere greche o le matrone romane se la passavano meglio degli schiavi, le castellane meglio dei vassalli e dei servi della gleba, le regine meglio dei loro sudditi.

Nessuno oggigiorno può credere, in buona fede, alla superiorità dell'uomo sulla donna. I risultati raggiunti dalle donne nelle arti, nella scienza, nella letteratura, nella politica, nell'imprenditoria, nel corso dei secoli, e particolarmente oggi, sono tali che qualsiasi donna è autorizzata a impegnarsi con fiducia nel futuro e ad aspirare a un'esistenza ricca di significato quanto gli uomini.
Il processo di liberazione della donna, per quanto riguarda le ricche regioni dell'Occidente, mi sembra pressoché concluso. 
Se i ponderosi saggi delle femministe sono quasi spariti dalle librerie, mentre imperversavano sino alla fine del secolo scorso, significa che gli obiettivi di emancipazione della donna sono stati raggiunti.

Ora si tratta, a mio avviso, di ridare la parola alle donne di altre culture e di altri continenti. Le donne europee e americane hanno comunicato al mondo come volevano vivere. 
La libertà non si può imporre. Ora spetta alle altre dirci in cosa vorranno che consista la loro libertà.





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