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LE REGOLE DEL METODO SOCIOLOGICO - Che cos'è un fatto sociale

sociologia



LE REGOLE DEL METODO SOCIOLOGICO

mile Durkheim 1895


Introduzione

Problema del fondamento metodologico della scienza sociale: obbiettivo del volume è quello di costruire un metodo di ricerca adatto ai fenomeni sociali partendo dai risultati pratici ottenuti nelle ricerche. Questo metodo era già stato implicitamente presentato nell'opera la divisione sociale del lavoro.

I grandi sociologi, infatti, che all'epoca sue erano considerata dei classici Spencer e J. Stuart Mill nelle loro opere non si sono mai occupati del metodo di ricerca concentrandosi sulla dimostrazione della possibilità di applicare delle leggi universali alla società (Spencer con la legge dell'evoluzione), oppure MIll con la presentazione delle difficoltà intrinseche della sociologia).


I capitolo: Che cos'è un fatto sociale




Il fatto sociale non può essere definito in base alla sua generalità al­l'interno della società.

Caratteri distintivi del fatto sociale:

la sua esteriorità rispetto alle coscienze individuali;

l'azione coercitiva che esercita o è suscettibile di esercitare su queste coscienze. Applicazione di tale definizione alle pratiche stabilite e alle correnti sociali. Verifi­cazione della definizione.

Un' altra maniera di caratterizzare il fatto sociale: lo stato di indipen­denza in cui si trova rispetto alle sue manifestazioni individuali.

Ap­plicazione di questa caratteristica alle pratiche stabilite e alle correnti sociali.

Il fatto sociale si gener 656e45g alizza 'perché è sociale, anziché essere sociale perché è generale.

Come questa seconda definizione rientra nel­la prima.

In quale maniera i fatti di morfologia sociale rientrano in questa stes­sa definizione.

Formula generale del fatto sociale.


Un fatto sociale è:

  • ogni modo di fare, più o meno fissato capace di esercitare sull'individuo una costrizione esterna.

Esistono infatti modi di agire, di pensare  e di sentire che hanno proprietà tali da esistere al di fuori delle coscienza individuali, hanno capacità coercitiva sugli individui e a loro si impongono (sia in modo che questi stessi se ne accorgano sentendoli come coercitivi sia che questi si conformino a loro spontaneamente non sentendo questo senso di coercizione), la coercizione rimane intrinseca dei fatti sociali. Questo si sperimenta nelle norme del diritto, ma anche nelle consuetudini dell'abbigliamento, nella lingua di un paese.ecc. anche quando un individuo innovatore cerca di sottrarsi a questa coercizione per imporre una innovazione per riuscire a emergere deve scontrarsi con queste regole e ne sente per reazione una resistenza. Il termine coercizione è da intendersi nel senso che non esiste l'individualismo assoluto: ogni persona vive immersa in idee, tendenze elaborate in un'altra dimensione quella sociale e da qui imposte all'individuo. Non viene esclusa la coscienza individuale.


un modo di fare che ha un'estensione generale nella società e che ha un'esistenza propria indipendente dagli individui. I fatti sociali sono una nuova specie di fatti da non confondere con fenomeni organici o psichici: sono fatti il cui substrato non è l'individuo ma la società e rientrano nel campo di studio della sociologia.


Il fatto sociale si dà solo dove c'è un'organizzazione definita: qui porta l'esempio del comportamento della folla rispetto alla quale l'individuo si sente di accettare e anche di elaborare ciò che invece gli è imposto. Quando rimane senza la folla può anche accadere che l'individuo rinneghi e non senta come proprio quello che nella follo riteneva suo e si accorge di aver subito anziché prodotto qualcosa. Questo è valido anche per i movimenti di opinione duraturi che si manifestano nella società e nelle cerchie ristrette della politica, della religione, dell'arte.esempio per tutti l'educazione del bambino: gli insegnamenti dei genitori lo costringono a comportamenti che non avrebbe se lasciato libero e questi insegnamenti ad un certo punto non sono più necessari perché sono diventati abitudini e sono state interiorizzate. Spencer ritiene che i bambini andrebbero lasciati liberi, ma poiché non accade in nessuna società non è possibile un riscontro reale.


Non è la generalità che distingue il fatto sociale, la generalità deve associarsi al fatto di essere distinto dai fatti individuali e da esistere anche a prescindere dagli individui. Il fatto sociale è generale perchè collettivo, si trova nel tutto e quindi nelle parti e non è collettivo perché è generale, cioè nel tutto come somma delle parti. Questo è vero per la maggioranza dei fenomeni sociali che ci vengono dalla tradizione, ma anche quando il fatto sociale è dovuto alla nostra partecipazione: un'assemblea non esprime la somma dei sentimenti dei partecipanti, ma la risultante prodotta dalle azione e reazioni dei componenti che deve la sua forza di imposizione sui partecipanti per il fatto di avere un'origine collettiva.


La sociologia si occupa solo di questo gruppo di fenomeni e li riconosce in base a questi criteri:

Potere di coercizione esterna sugli individui.

Il potere di coercizione si rivela con l'esistenza di una sanzione per i trasgressori oppure dalla resistenza che il fatto oppone alle iniziative individuali volte a opporsi a lui.

Il fatto sociale esiste indipendentemente dalle forme individuali che assume diffondendosi è quindi generale ed oggettivo


    • Tra il fatto "sociale strutturato e le libere correnti della vita sociale" esistono diversi fatti morfologici o fisiologici che presentano diversi gradi di consolidamento, forme di vita cristallizzata.

II capitolo: Regole relative all'osservazione dei fatti sociali

La regola fondamentale: considerare i fatti sociali come cose.


Prima parte

La prima regola impone di considerare i fatti sociali come cose.


La fase ideologica che tutte le scienze attraversano, elaborando no­zioni volgari e pratiche anziché descrivere e spiegare le cose:

Siccome l'uomo non può vivere nella realtà senza farsene un'idea sulla base della quale regola la sua condotta, elabora delle nozioni (anche per interpretare i fenomeni fisici ed ecco le credenze magiche o religiose) che sono per gli individui più famigliari, semplici e gestibili dei fatti e fenomeni reali che le hanno ispirare. Queste nozioni tendono a sostituirsi alla realtà e a diventare queste oggetto di speculazione: gli individui le studiano, le combinano ma producono ideologie non scienza. I fatti diventano secondari e vengono considerati solo per confermare o smentire le ideologie. Questo metodo non può dare risultati oggettivi, ma è anzi pericoloso perchè, costruisce un velo che si interpone tra noi e le cose.

Una scienza di questo tipo tende a trasformarsi in arte: sembra in grado di fornire, non solo la conoscenza necessaria a comprendere ciò che è, ma anche la prescrizione dei mezzi per attuarlo. Si tratta di una conoscenza finalizzata all'individuazione di rimedi a dei bisogni e la sua dimensione temporale è il futuro e non il presente e il passato. Questo modo di ragionare è conforme all'inclinazione naturale dello spirito umano e differenzia l'alchimia dalla chimica, l'astrologia dall'astronomia.


Perché questa fase doveva prolungarsi nella sociologia più che nelle altre scienze. Se questo è vero nelle scienza naturali lo è ancora di più nella sociologia: gli uomini da secoli hanno elaborato idee sul diritto, la famiglia, la società perché gli erano necessarie per vivere e queste prenozioni (Bacone) si sono sostituite alla realtà alle cose e sono diventate la realtà stessa, infatti sembra che siano prodotte come sviluppo delle idee che gli uomini o una società ha in merito a se stessa (stato, famiglia, religione.). Questo trova conferma nel fatto che la mente umana non è in grado di controllare la molteplicità e la complessità della realtà sociale. Non ci sono punti di riferimento forti e solidi, per reagire a questa insicurezza gli uomini hanno elaborato delle idee schematiche e sommarie che costituiscono delle prenozioni e servono per gli usi correnti della vita quotidiana. L'autorità di queste prenozioni deriva dall'abitudine, dalla ripetitività e dal fatto che sentiamo una resistenza se cerchiamo di renderci a loro indipendenti. Questa forza che sentiamo resistere alla nostra volontà è reale e questo contribuisce a farci credere che in queste predizioni risieda la vera realtà sociale.

Sviluppo del concetto: La sociologia fin ad oggi (1895) si è effettivamente occupata di concetti e non di cose.


Fatti tratti dalla sociologia di Comte, da quella di Spencer, dalla situazione attuale della morale e dell' economia politica, che mostrano come questo stadio non sia stato ancora oltrepassato.

Comte parlava dei fenomeni sociali come a fatti naturali ma quando ha cercato si applicare questa indicazione metodologia alla pratica della ricerca, ciò che prendeva come oggetto di studio erano le idee. Infatti egli nella sua elaborazione filosofica si occupa del progresso dell'umanità attraverso i tempi. Il concetto stesso di progresso di una società rispetto ad un'altra è una idea soggettiva perché il progresso inteso come l'evoluzione delle società in cui ogni società successiva è un miglioramento della precedente non esiste. I fatti non si presentano in questa semplicità: un popolo che sostituisce un altro non è lo stesso con qualcosa di nuovo, è un popolo diverso e il susseguirsi delle società non si può rappresentare con una linea geometrica, ma piuttosto come un albero i cui rami vanno in direzioni divergenti. L'idea di Comte di sviluppo storico non era tanto diversa da quella comune del volgo e procedendo in questo modo si fa oggetto della sociologia un concetto e un'idea piuttosto che dei fatti.

Spencer egli scarta il concetto di progresso di Comte, ma ne sostituisce un altro di analoga natura. Non fa dell'umanità l'oggetto di studio ma si concentra sulle società: ma nel momento stesso in cui parla di società ne fa sparire la dimensione reale per sostituirla con la prenozione soggettiva che lui ha di società. Infatti non si occupa di definire cosa sia la società (la considera una cosa evidente) ma stabilisce che la società esiste quando alla giustapposizione di sostituisce la collaborazione. Segue poi distinguendo due tipi principali di società in base alla natura di questa cooperazione: quelle che perseguono scopi privati (società industriali) e quelle che perseguono scopi di interesse pubblico nettamente riconosciuti (società militari). Si tratta di una definizione che enuncia una prospettiva dello spirito cioè l'idea che Spencer ha della società. Non c'è dietro questa analisi alcuna metodologia di ricerca (passare in rassegna tutte la manifestazioni dell'esistenza collettiva per dimostrare che queste sono tutte forme di cooperazione), che renda scientificamente legittima questa proposizione. Anche se utilizza a sostegno della sua teoria dei fatti questi vengono impiegati per illustrare la teoria stessa piuttosto che per dimostrarla.

Stuart Mill in economia politica la parte dell'indagine teorica è ristretta e grande energia è dedicata a sapere se è meglio che lo stato intervenga nell'economia (idee socialiste) o meno (idee individualiste) e le leggi teoriche sono precetti pratici travestiti da leggi come quella della domanda e dell'offerta: questa esprime la maniera in cui è bene (razionale, logico, utile ecc.) che i fatti economici ci verifichino, e per questo non è una legge scientifica. Legge scientifica è quella che esprime i rapporti secondo i quali i fatti si concatenano e non la maniera in cui è bene che questo avvenga. Le leggi naturali considerate dagli economisti sono tali solo nel senso che sembra naturale che per raggiungere uno scopo si utilizzi questo mezzo, ma non nel senso che si è induttivamente dimostrato che in ogni fenomeno economico si verifica l'utilizzo di questo mezzo, così come avviene invece nella spiegazione dei fenomeni naturali.


Ragioni per oltrepassarlo:

i fatti sociali devono essere considerati come cose perché costituiscono i data immediati della scienza, men­tre le idee, di cui essi sono stati ritenuti lo sviluppo, non sono da­te immediatamente;


I fatti sociali sono cose e come tali devono essere trattati senza ricorrere a filosofie sulla loro natura né cercare analogie con fenomeni di altra natura.

Fatto sociale non è l'idea di morale, ma le regole che determinano realmente il corso delle relazioni e la condotta delle persone, non l'idea di utile o di ricchezza, ma la molteplicità dell'organizzazione economica. Lo nozioni che regolano la vita sociale sono date attraverso la realtà fenomenica in cui queste nozioni si esprimono. Le idee che stanno dietro la realtà fenomenica non sono date a priori e non si sa neppure se queste idee esistano.

Bisogna studiare i fenomeni sociali come fatti esterni ai soggetti coscienti che li rappresentano. Se l'esteriorità è apparente si dissolverà nel corso dell'indagine scientifica. Ma la soluzione non può essere presupposta.

Il fatto sociale è esterno ai soggetti coscienti e questo è una condizione oggettiva che si dimostra da sé nel momento in cui il fatto sociale non si può modificare con il semplice decreto della volontà individuale e perchè questo avvenga è necessario porre una forza notevole per vincere la resistenza. Il fatto sociale è uno stampo in cui siamo costretti a versare le nostre azioni.


essi hanno tutti i caratteri della cosa. Analogie di questa riforma con quella che ha recentemente tra­sformato la psicologia: motivi per sperare, nel futuro, in un rapido progresso della sociologia.

Durkheim vede necessaria in sociologi una riforma analoga a quella che ha interessato la psicologia che ha da tempo considerato i fenomeni psicologici come naturali (allo stesso modo di come Comte e Spencer avevano considerato naturali i fatti sociali) continuando ad applicare nella ricerca un metodo ideologico come in sociologia avevano fatto i classici. Si tratta di passare dallo stadio soggettivo alla fase oggettiva del metodo scientifico di ricerca. In questo la sociologia è facilitata dal fatto che, a differenza del fenomeno psicologico che è di natura introspettiva e soggettiva, il fatto sociale ha le caratteristiche oggettive della cosa: il diritto scritto nei codici, i movimenti sociali descritti dalla statistica e nei monumenti della storia..


Seconda parte

Corollari immediati della regola precedente La regola fondamentale: considerare i fatti sociali come cose.


Scartare sistematicamente tutte le prenozioni. Come nella fondazione del metodo scientifico moderno di Cartesio che Bacone abbiano messo in discussione il principio di autorità e tutte le idee tramandate dalla tradizione scientifica precedente, così nella fondazione del metodo scientifico in sociologia bisogna che il sociologo nell'individuazione dell'oggetto della ricerca e nel corso delle dimostrazioni:

o    Si astenga dall'uso dei concetti non scientifici, false evidenze, dalle categorie empiriche.

o    Liberarsi dal sentimento che accompagna le credenza personali in politica e il religione. Alcuni temi come la morale per il solo fatto di venir sottoposti ad analisi come fatti esterni all'individuo, come cose rende la ricerca intollerabile e pone il ricercatore al di fuori del sentire comune. Il sentimento, diventa oggetto della scienza e non è criterio della verità scientifica.

Assumere come oggetto di ricerca soltanto un gruppo di fenomeni precedentemente definiti in base a caratteri esterni ad essi comuni. Infatti una teoria può essere controllata solo se si conoscono i fenomeni di cui si occupa. Inoltre deve esprimersi in merito alle proprietà inerenti ai fenomeni, quindi all'inizio è necessario comprendere tutti i fenomeni che hanno le stesse caratteristiche esteriori e solo successivamente procedendo in profondità fare delle cernite e distinzioni.

a.  Ad esempio si osserva che in tutte le società esiste una società parziale formata da individui consanguinei unti da vincoli giuridici. Se chiamiamo famiglia questo aggregato riuniremo sia la famigli patriarcale che quella matriarcale, il clan ecc. andando contro il senso comune.

b.  Il senso comune in questo processo scientifico può essere utile come indicatore di una possibile direzione di ricerca per la sua capacità di vedere i fenomeni all'ingrosso e sinteticamente.

Durkheim passa in rassegna alcuni casi ricerche sociologiche in cui non è stato seguito questo metodo e ne mette in risalto il risultato discutibile.

o    Spencer: nello studio sul matrimonio si serve del termine monogamia senza definirlo ripulendolo dai significati che gli vengono dati dal senso e uso comune. Poiché egli osserva che la monogamia si trova sia nelle società "inferiori" che i quelle "elevate" egli deduce che non ci sia rapporto regolare tra avanzamento progressivo del tipo famigliare verso la perfezione e l'analogo progresso sociale verso la società superiore. Ma questo è perché ha utilizzato il termine monogamia con non scientificità ma come lo utilizza il senso comune. Nelle società semplici o primitive la monogamia è legata non ha norme giuridiche ma ha necessità vitali legate all'insediamento e alla mancanza di risorse del gruppo familiare, nelle società progredite invece è regolata da norme precise. Ritratta quindi di due forme molto diverse nella sostanza che presentano tratti comuni in superficie.

o    Garofalo nella sua opera Criminologia 1891 precisa che la criminologia si deve fondare sulla nozione sociologica di reato, ma nel costruire questa nozione procede in modo non scientifico: infatti non paragona tutti gli atti che nei diversi  tipi sociali vengono repressi da pene regolari, ma solo alcuni di essi e cioè quelli che offendono il senso della morale comune. Quindi la scelta dell'oggetto dell'analisi non è fatta sulla base di criteri oggettivi ricavati dalle caratteristiche dell'oggetto di analisi, ma dall'idea soggettiva del ricercatore. Inoltre come è già stato acquisito dalle scienze biologiche la malattia non si contrappone alla salute ma sono due gradi diversi del medesimo fenomeno della vita. così il reato e il comportamento secondo le norme sono lo stesso fenomeno con un grado diverso di manifestazione: le forme morbose e le forme normali hanno la stessa natura. Quindi a maggior ragione trattando di reati non ha senso operare un separazione tra tipi di reati in cui si scambia una differenza di specie in una differenza di genere.



Quando il sociologo si accinge ad esplorare un fatto sociale lo deve fare dal lato in cui si presenta isolato dalle sue manifestazioni individuali cioè i caratteri esteriori devono essere oggettivi. Ad esempio la solidarietà sociale va studiata in base alle regole giuridiche che la regolano ed esprimono. Solo successivamente, dopo che l'analisi è stata fondata su basi solide lontane dalla soggettività dell'osservatore, si può avvicinare la ricerca alla vita concreta mediante accostamenti progressivi.  



III capitolo: Regole relative alla distinzione tra normale e patologico

È necessario adesso porre l'attenzione su due varietà di fatti sociali che pur avendo al stessa natura sono di diversa varietà: i fenomeni normali e i fenomeni patologici.


Domanda: La scienza ha i mezzi per distinguere questi due tipi di fatti sociali?

In molte scuole scientifiche è diffusa la teoria che la scienza non dice nulla su come le cose dovrebbero essere, non giudica e non ha l'obiettivo di essere utile. "illumina il mondo ma lascia la notte nei cuori" (l'illusoria neutralità della scienza anche in merito ai problemi ecologici contemporanei). Secondo questa impostazione la scienza dovrebbe solo indicare le cause dei fenomeni e dare agli uomini quindi la capacità di riprodurre con i propri mezzi tali fenomeni artificialmente e realizzare in questo modo gli scopi della nostra volontà. Ma anche i mezzi sono a loro volta degli scopi parziali attuati per ottenere lo scopo finale.inoltre per attuare uno scopo è possibile perseguire vie diverse. Quindi secondo questa scuola di pensiero la scienza non è applicabile alle scelte volontarie né per gli scopi superiori (in generale scegliere i fini generali) né quelli inferiori legati alla scelta dei mezzi con cui arrivare all'obbiettivo superiore. Durkheim definisce questa posizione una sorta di "misticismo", che il metodo ideologico ha cercato di superare proponendo che i fenomeni presi in se stessi potessero essere giudicati e classificati riferendoli a qualche concetto dominante (pernozioni) che precedesse i fatti invece di derivare dall'osservazione dei fatti.


Risposta: per rivendicare i diritti della ragione senza cadere nell'ideologia è necessario trovare dei criteri per distinguere il normale dal patologico nei fatti sociali. Questo criterio sarà generale e si avvicinerà al caso particolare quando si avvicinerà al caso reale in questione. Come accade con il criterio generale di salute elaborato per il soggetto umano in generale e che viene poi adattato dal caso particolare quando ci si riferisce d individuo particolare. In questo modo è possibile che il passaggio dalla scienza all'arte avvenga senza soluzioni di continuità.


Prima parte

Si procede con analogia parallela tra biologia e sociologia: La sociologia non dispone delle certezze della biologia: non si può definire quando una società nasce o muore e gli stessi fenomeni che si presentano nelle società assumono comunque forme troppo varie per sapere se un dato fenomeno sociale sia legato ad un determinato avvenimento. Mancando questi dati certi scientificamente verificabili come in biologia, in sociologia si possono effettuare solo ragionamenti deduttivi le cui conclusioni hanno valore soggettivo e secondo le opinioni dello studioso diventano conclusioni positive (salutari) o negative (patologiche). Ad esempio l'economia capitalistica è un caso di teratologia sociale per il socialista, mentre per l'economista ortodosso il socialismo una forma di patologia sociale.

Il difetto di queste definizioni è la pretesa di attingere a priori all'essenza dei fenomeni.

Metodo di ricerca basato sulla regola precedentemente stabilite ci invita a cercare qualche segno esteriore, percepibile ma oggettivo riferito ai fenomeni che ci permetta di distinguere l'uno dall'altro (normale da patologico) i due ordini di fatti senza cercare di attingere prematuramente all'essenza dei fenomeni.

I fatti più comuni con caratteristiche più generali si definiscono normali e gli altri patologici o morbosi. Così come in biologia il tipo normale, sinonimo di tipo medio, è considerato sano e ogni divario da questo è considerato uno stato patologico. Emerge dall'applicazione di questo metodo come:

lo stato di patologico non è definito in termini assoluti ma relativi al confronto con lo situazione normale;

inoltre ogni stato va considerato in riferimento al grado di evoluzione  della forma sociale in cui si manifesta (un fenomeno è patologico nelle società evolute e normale in quelle primitive). Corollario di questa affermazione è che le forme sociali più comuni sono anche le più vantaggiose per la sopravvivenza della società stessa.


Seconda parte

L'utilità che deriva dal verificare i risultati del metodo precedente cercando le cause della normalità del fatto, cioè della sua generali­tà.

Una volta individuato il carattere oggettivo esteriore della generalità è necessario spiegare cosa si intenda per generalità. Questo è utile perché serve nella pratica dove è necessario sapere la ragione delle cose, ma anche perché dobbiamo conoscere questa ragione. In sociologia a differenza della biologia riconoscere la generalità del fatto sociale è particolarmente difficile nel caso di società in evoluzione che non hanno concluso un ciclo storico e quindi il tipo normale è riferito al passato senza relazioni con il presente, mentre la società si sta evolvendo verso una forma nuova che non di è ancora codificata.


Necessità di procedere a questa verificazione quando si tratta di fatti che si riferiscano a società che non hanno concluso la loro sto­ria.

Per risolvere questo dilemma si proceda come segue: dopo aver riconosciuto che il fatto è generale, bisogna risalire alle cause che determinano questa generalità nel passato. Poi si verifica se queste cause siano ancora valide oggi o siano mutate, se la cause sono ancora valide il fatto è da considerarsi normale, altrimenti no. Questo metodo o criterio va però utilizzato sono in modo complementare e secondario al metodo espresso nella prima parte riferito alla prima regola che invita a cercare qualche segno esteriore, percepibile ma oggettivo riferito ai fenomeni che ci permetta di distinguere l'uno dall'altro (normale da patologico).


Per quale motivo questo secondo criterio può venir impiegato soltanto a titolo complementare e in secondo luogo.

La definizione della normalità del fenomeno sulla base di elementi precedenti alla definizione di generalità che interviene successivamente come criterio di verifica della normalità è necessaria per considerare correttamente la relazione tra normalità ed utilità.

È vero che ciò che è normale è anche utile, ma non è vero che ciò che è utile è anche normale: questo perché non si può essere certi che le forme dell'esistenza possibili si esauriscano in quelle conosciute e che non ce ne possano essere altre non normali più utili. La nozione di utilità è più vasta di quella di normalità come la nozione di specie oltrepassa quella di genere.

Quindi la verifica della condizione di generalità permette di confermare il carattere normale del fenomeno sociale, da cui si ricavano le tre regole successive:

un fatto sociale è normale per un tipo sociale determinato considerato in una fase determinata del suo sviluppo, quando essere si presenta nella media delle società di quella specie, considerate nella fase corrispondente dalla loro evoluzione;

i risultati del metodo precedente possono essere verificati mostrando che la generalità del fenomeno dipende dalle condizioni generali della vita collettiva nel tipo sociale considerato;

questa verifica è necessaria quando il fatto si riferisce ad una specie sociale che non abbia ancora compiuto la sua evoluzione integrale.


Terza parte

Applicazione di queste regole ad alcuni casi, e soprattutto alla que­stione del reato.

La distinzione tra fatto normale e patologico in sociologia a differenza della biologia è operazione difficile, a causa della variabilità degli aspetti esteriori che assume la società.

Questo è evidente nel considerare il fatto sociale definito come reato. Secondo i criminologi il reato è un fatto patologico, anormale, una malattia della società. Se applichiamo le regole del metodo sociologico si arriva a stabilire il contrario:

  • per prima cosa il reato, con forme e definizioni diverse, è comune a tutte le società in tutti gli stati evolutivi: sempre comportamenti umani hanno attirato la repressione penale. Definire il reato un fatto patologico significa confondere quello che è fisiologico con quello che è patologico.
  • Il reato è quindi inevitabile e utile per la salute pubica parte integrante di una società sana.

Per quale motivo l'esistenza di una criminalità co­stituisce un fenomeno normale.

Il reato è normale perché una società priva di reati è impossibile: il reato è un fatto che offende certi sentimenti collettivi fortemente radicati e riconosciuti nettamente dalla società. Affinché atti criminali non venissero commessi sarebbe necessario che tutti gli individui di quella società interiorizzassero nello stesso modo questi sentimenti e li facessero propri in modo tale da frenare le azioni contrarie sul nascere. Anche ammettendo che questo avvenisse il reato non scomparirebbe ma assumerebbe nuove forme. Uniformità di reazione della collettività alle azioni contrarie ai sentimenti collettivi è impossibile perché troppo vario è il modo in cui ciascuno interiorizza tali sentimenti influenzato com'è dalle contingenza ambientali, culturali in cui vive. Ogni società esprime un tipo collettivo rispetto al quale c'è sempre qualcuno che differisce comportandosi in modo definibile come criminale.

Inoltre il reato è utile perché permette l'evoluzione della morale e del diritto che evolvono nella misura in cui riescono ad essere permeabili al mutamento non presentando una rigidità che impedisce la plasticità. Infatti nulla è indefinitivamente ed inconstabilmente buono. L'autorità morale deve consentire di essere smentita per non cristallizzarsi in forme immutabili lasciando spazio all'originalità individuale: questa può assumere la forma dell'idealista che mira ad oltrepassare il presente verso il bene futuro, oppure la forma del criminale che non riesce ad adattarsi al livello del proprio tempo. L'una deve esister per garantire l'altra. 

L'utilità del reato consiste anche nel permettere l'evoluzione della società verso forme più avanzate: come il ruolo dei riformatori in filosofia che vengono soppressi dai contemporanei ma aprono strade nuove per i posteri (Socrate, Galileo.). Il fatto criminale non appare più come un elemento non-sociale estraneo alla società da reprimere individuando delle medicine come per la malattia: poiché non ha nulla di morboso il reato deve essere affrontato con pene non finalizzati alla guarigione, ma finalizzate a qualcosa d'altro.


Esempio degli errori in cui si cade non seguendo queste regole: la scienza stessa diventa impossibile.

Non accettando la regola della generalità come criterio per stabilire la normalità del fenomeno sociale si cade in errori metodologici e scientifici che rendono impossibile la scienza e danno come risultato dei formalismi logici privi di fondamento nel reale.

Garofano, considerando il reato come forma morbosa tipica delle società inferiori, i socialisti considerando l'organizzazione capitalistica una deviazione dalla stato naturale, Spencer considerando l'accentramento amministrativo e l'estensione dei poteri del governo come un vizio anche se è un fatto generale che procede con l'evoluzione sociale.  Queste affermazioni si dimostrano a furia di dialettica. Il metodo basato sulla generalità dei fenomeni permette anche di ancorare il pensiero all'azione individuando dei limiti all'azione dell'immaginazione tese alla ricerca del meglio ed evitando da un lato la rinuncia al cambiamento di fronte a mete troppo ambiziose, e dall'altro le fughe rivoluzionarie. Lo scopo da perseguire è la perseveranza dello stato normale, il suo restauro quando viene perturbato e l'individuazione delle nuove condizioni a seguito dei cambiamenti intervenuti.


IV capitolo: Regole relativa alla costituzione dei tipi sociali


La distinzione tra normale e anormale implica la costituzione di specie sociali.

Un fatto sociale può essere riconosciuto come normale o anormale solo se riferito ad una determinata specie sociale.

Utilità del concetto di specie, come intermediario tra la nozio­ne del genus homo e quella di società particolari.

Utilità di considerare le specie sociale consiste nel supermento del nominalismo degli storici da un lato e del realismo dei filosofi dall'altro:

Gli storici: le società costituiscono delle individualità eterogenee non confrontabili in merito alle quali non è possibile alcuna generalizzazione. La storia è il susseguirsi di avvenimenti che si concatenano e cioè che è vero e bene per una società non lo è per un'altra.

I filosofi: tutte le forme di società non sono altro che forme contingenti e provvisorie prive di realtà propria che nella storia rappresentano il rappresentarsi delle leggi umane universali. Il vero e il bene di una società vale per tutte le società umane in ogni tempo.

Per uscire da questo dualismo e dagli estremi si può pensare che vi possa essere un concetto intermedio le specie sociali. Il concetto di specie infatti permette di mantenere la dimensione dell'unità confrontabile con altre specie e della molteplicità delle unità individuali che compongono la specie.

Il fatto che Comte non avesse riconosciuto le specie sociali lo ha portato a rappresentare il progresso umano come un fatto quantitativo identico per tutte le società misurabile dalla completezza in cui nelle diverse società si presentavano gli elementi caratteristici dell'umanità nel suo realizzarsi. Umanità considerata come specie unica con un grado di sviluppo minimo e massimo e molti intermedi. Considerando invece tipi sociali diversi e distinti lo sviluppo storico non avrà l'aspetto di una linea geometrica composta da segmenti accostabili perfettamente uno all'altro, ma si frammenterà in molteplici tronconi che non compongono alcune unità.


I.

Il mezzo per costituirle non è quello di procedere per via mono­grafica.

Impossibilità di raggiungere lo scopo per tale cammino e inutilità della classificazione che sarebbe costruita in questa ma­niera.

Costruire una monografia sull'osservazione esatta e completa di ogni società e in base a questa estrapolare una classificazione delle società non è un metodo sicuramente efficace ed utile alla ricerca. Infatti non è esatto affermare che una scienza possa istituire leggi dei fenomeni solo dopo aver osservato tutti i fatti regolati da queste leggi. La classificazione fatta in questa maniera costituisce un riassunto di quanto già fatto e non la base per guidare nuove ricerche.

Principio di metodo da applicare: distinguere le società in base al loro grado di composizione.

Come indicava Bacone nella ricerca vanno presi in considerazione i fatti decisivi e cruciali per se stessi indipendentemente dalla loro frequenza. Per questo nella costruzione dei tipi sociali si devono prendere in considerazione dei caratteri essenziali che saranno studiati dalla sociologia morfologica che si occuperà di costituirli e classificarli. Le parti salienti e costitutive delle specie e tipi sociali vanno cercati nel processo di composizione delle società che si formano per accumulazione di parti semplici verso forme complesse. Isolando le forme sociali più semplici che compongono la forma sociale che si vuole studiare è possibile classificare le società in base al modo in cui le forme semplici che le costituiscono si compongono tra loro.


II.

Definizione della società semplice: l'orda.

Spencer aveva compreso che la classificazione delle sopirà doveva essere fatta partire dalle forme più semplici in cui queste si manifestavano, ma aveva omesso di definire con precisione cosa si intende per società semplici. Per società semplici s'intende quella forma id società che non racchiude altre più semplici al suo interno e che quindi sono ridotte ad un unico segmento che non reca traccia di un segmentazione precedente. L'orda presenta queste caratteristiche perché si risolve immediatamente negli individui giustapposti atomicamente senza alcun aggregato intermedio. Quando l'orda diventa un segmento e non più la totalità della società questa muta e diventa un clan che è una società formata da orde.

Esempi di alcune ma­niere in cui la società semplice si compone con se stessa, ed in cui i suoi composti si compongono tra loro.

A seconda di come le orde e i clan si compongono tra loro si possono originare forme diverse di società: semplici giustapposizioni di clan senza elementi intermedi (società polisegmentate tribù irochesi o australiane, la fratria greca o la curia romana arcaiche), successivamente dalla composizione di società polisegmentate semplici si originano società polisegmentate doppiamente con la nascita di strutture intermedie.

All'interno delle specie costituite in questo modo occorre distin­guere le loro varietà, a seconda che i segmenti componenti siano co­alescenti o meno. Importante individuare nell'analisi dei fenomeni sociali non solo la natura semplice o più complessa delle componenti della società ma anche il modo in cui queste parti si compongono. Cioè se queste parti abbiano o meno una coalescenza (coesione) con il tutto che costituisce il corpo sociale, ad esempio se la divisione in clan originariamente basata su legami familiari si mantenga anche in ambito politico o meno: ad esempio la divisione in clan rimase tale per tutta la durata della tribù germaniche mentre col tempo nella polis e a Roma i e le gentes corrispondevano solo a raggruppamenti privatie non avevano più significato politico.

Enunciato della regola.

Il principio di classificazione si enuncia in questo modo: si comincerà a classificare le società in base la grado di composizione che presentano partendo dal grado più semplice o a segmento unico. All'interno d queste classi vanno distinte varietà differenti a seconda che si verifichi o meno la coalescenza completa degli elementi iniziali.


IlI.

In quale maniera quanto precede dimostra l'esistenza di specie so­ciali.

Le società sono combinazioni differenti di una medesima società originaria. Questa non può comporsi con se stesso e in componenti che ne risultano non possono comporsi tra loro se non in numero finito di modi e quindi la gamma delle combinazioni è un numero finito e si ripete forma la specie sociale. Vi sono quindi specie sociali per lo stesso motivo per il quale ci sono specie biologiche.

Differenze nella natura della specie in biologia e in sociologia.

Nel mondo naturale le leggi biologiche dimostrano che gli organismi hanno la duplice capacità di identità (invarianza) quella Durkhiem chiama generazione che garantisce la stabilità dei caratteri della specie nel tempo e l'evoluzione o cambiamento mantenuti dalla capacità autopoietica degli organismi di produrre i propri componenti all'interno della chiusura operazionale garantita dalla logica e dinamica interne della loro organizzazione). I sistemi sociali non hanno questa  capacità di identità o invarianza le società sono composte da generazioni di uomini che mutano e con loro i caratteri della società stessa. Le società generate sono diverse da quelle generatrici.





V capitolo: Regole relative alla spiegazione dei fatti sociali


I. Carattere finalistico delle spiegazioni in uso

La maggior parte dei sociologi ritiene di aver spiegato un fenomeno sociale una volta identificata la funzione sociale che assolve.

Comte spiega il progresso dell'umanità con il raggiungimento di una condizione migliore della precedente;

Spencer con il raggiungimento della felicità.

L'utilità di un fatto non ne spiega l'esistenza

L'errore comune sta nel fatto di credere che stabilire a che cosa sia utile un fatto sociale coincida con lo spiegare il motivo della sua esistenza, oppure spiegare le ragioni del perché esso sia com'è. Questo è errato perché la funzione è una proprietà specifica che caratterizza un fatto sociale ma non lo crea. I fatti sociali non hanno la loro origine nella funzione o nelle funzioni che assolvono. Neanche la volontà può generare un fatto sociale dato che esso esterno agli individui e li domina. Inoltre un fatto sociale può esistere senza servire a nulla sia perché non è mai servito sia perché ha cessato di essere utile e rimane per la forza dell'abitudine. Come i dogmi del Cristianesimo oggi hanno una funzione diversa da quella che avevano nel Medioevo oppure le parole che mantengono la stessa struttura modificando nel tempo il proprio significato.

Sicuramente la volontà degli uomini intervengono nell'evoluzione dei fatti sociali affrettandone ritardandone lo sviluppo. Ma per generare un fatto sociale è necessaria una causa efficiente. Infatti se accettiamo la prospettiva funzionalista dovremmo accettare il fatto che non si impone ad ogni individuo anche se in condizioni uguali agli altri suoi simili lo stesso scopo:ogni individuo si porrebbe scopi diversi e mezzi per raggiungerli: o cercherà di mutare le circostanze per adattarle ai propri scopi o si adatterà lui alle circostanze. Se lo sviluppo storico si realizzasse sulla base di scopi ben definiti e chiari a tutti i fatti sociali si presenterebbero nella più ampia variabilità, ma invece è il contrario: i fatti sociali si presentano con regolarità nelle stesse circostanze. Il ratto della fidanzata si presenta con regolarità in società con un determinato tipo familiare, il diritto di fare testamento si presenta in una determinata fase storica.esiste una generalità delle forme collettive che non sarebbe spiegabile se le cause finali (scopi) avessero in sociologia il predominio sulle cause efficienti.

Quando si spiega un fatto sociale bisogna distinguere la causa efficiente che lo produce e la funzione o causa finale che esso assolve.

Inoltre è utile affrontare prima la causa efficiente e poi la causa finale perché il vincolo di solidarietà che unisce la causa all'effetto ha un carattere di reciprocità (c'è un feed back continuo tra le causa e l'effetto in cui sicuramente il secondo trae origine dal primo, ma anche il primo viene condizionato dal secondo). Si tratta di energia: la reazione sociale rappresentata dalla pena deriva dall'intensità dei sentimenti offesi dal reato, ma la pena contribuisce a mantenere questi sentimenti allo stesso grado di intensità.

La funzione rimane comunque necessaria alla spiegazione completa del fatto sociale, in particolare è legata alla permanenza nel tempo del fatto sociale che affinché persista deve essere utile, se non serve a niente il suo mantenimento che costa energia risulterebbe nocivo all'organismo sociale in quanto causa di spreco di energia vitale.


II. Carattere psicologico del metodo di spiegazione generalmente se­guito. Questo metodo disconosce la natura del fatto sociale, che è irriducibile ai fatti puramente psichici per la sua stessa definizione.

Generalmente i sociologi spiegano un fatto sociale con un metodo che è teleologico e psicologico: la società è un sistema di mezzi istituiti dagli uomini per rispondere a certi scopi che provengono dagli individui che costituiscono la società. Secondo questa impostazione le leggi sociologiche non sono altro che dei corollari delle leggi generali della psicologia.

Comte riteneva che il fatto sociale determinante è progresso che dipende da un fattore psichico che spinge l'uomo a realizzare sempre più precisamente la propria natura. Anche Spencer metteva la dimensione  psichica ed individuale all'origine della società e della sua evoluzione e vedeva la società stessa finalizzata alla realizzazione della natura individuale. Tutta la società scaturisce da due sentimenti radicati negli individui la paura nei confronti degli altri esseri viventi e la paura dei morti. Tutto scaturisce dall'individuo e la società pur reagendo sugli individui non ha facoltà di generare fati sociali.

I fatti sociali possono essere spiegati soltanto da fatti sociali.

Se que­sta proposizione si applichi al fatto della formazione della società.

Rapporto positivo dei fatti psichici e dei fatti sociali. I primi costi­tuiscono la materia indeterminata trasformata dal fattore sociale: esempi. Se i sociologi hanno attribuito ad essi una funzione più di­retta nella genesi della vita sociale, ciò è accaduto perché hanno interpretato come fatti puramente psichici certi stati di coscienza che sono soltanto fenomeni sociali trasformati.

Enunciato delle regole in proposito. Per il fatto che queste sono misconosciute le spiegazioni sociologiche hanno un carattere trop­po generale che le scredita. Necessità di una cultura propriamente sociologica.


Secondo Durkheim applicando questo medito non si spiegano i fatti sociali ma si snaturano

Dal momento che la caratteristica fondamentale di un fatto sociale consiste nella sua capacità di condizionare dall'esterno un individuo (coercizione) questo è possibile solo perché il fatto sociale non deriva direttamente dalle coscienze individuali, e quindi la sociologia non è un corollario della psicologia. L'inibizione dell'individuo e la coercizione di un fatto sociale sull'individuo sono due movimenti diversi: il primo di natura psicologica ha un processo centrifugo dall'individuo verso l'esterno, mentre la coercizione del fatto sociale è un processo centripedo che dall'esterno procede verso l'interno. Si può dire che l'inibizione è il mezzo mediante il quale la costrizione sociale produce effetti psichici sull'individuo.

Come accade che le cose stiano cosi, benché la società abbia per ma­teria soltanto coscienze individuali. Importanza del fatto dell'asso­ciazione, che dà origine a un essere nuovo e a un ordine nuovo di realtà.

Scartata la dimensione individuale per spiegare il fatto sociale è necessario cercare la spiegazione nella natura della società stessa. Infatti il tutto non è identico alla somma delle parti le sue proprietà differiscono da quelle delle parti che lo compongono. Le anime individuali costituendosi in società aggregandosi creano una nuova individualità: la coscienza collettiva è distinta dalle coscienze individuali. Questa coscienza collettiva il più delle volte ci imposta: le condizioni della nascita, l'educazione ricevuta ecc. tutto ciò è vincolante ed ha origine fuori dall'individuo. Questo non significa che la sociologia si astrae dall'individuo: i caratteri generali della natura umana rendono possibile la vita sociale, ma non la determinano. Si tratta infatti, di forme e predisposizioni generali che costituiscono la materia plastica informe la quale non ha la forza di costituire le forme definite e complesse dei fenomeni sociali. Ad esempio si può confrontare il sentimento religioso individuale che si manifesta nel timore per le forze soprannaturali e la forma dell'istituzione religiosa con la sua organizzazione materiale e morale.

La spiegazione psicologica del fatto sociale lo snatura perché non prende in considerazione quello che il fatto sociale ha di specifico cioè l'elemento sociale

Soluzione di continuità tra la sociologia e la psicologia, analoga a quella che separa la biologia dalle scienze fisico-chimiche.

Altre prove a sostegno della medesima proposizione:

I) indipen­denza dei fatti sociali rispetto al fattore etnico, che è di ordine or­ganico-psichico;

2) l'evoluzione sociale non può essere spiegata in base a cause puramente psichiche.

I sentimenti e le inclinazioni culturali della specie o della razza hanno una caratteristica troppo generale per determinare lo sviluppo del fatto sociale: poiché questa loro generalità non implica necessariamente né l'una né l'altra forma sociale non ne possono spiegare nessuna.

La dimensione psicologica non può dare origine alla società se non ammettendo come Comte e Spencer che esiste nella natura umana una molla intrinseca predisposta all'evoluzione sociale. Comte infatti parlava di tendenza innata al progresso e Spencer di bisogno di sempre maggiore felicità. Ma, nel primo caso, si tratta di spiegare un fenomeno (il progresso) con una tendenza innata verso il progresso, e nel secondo bisognerebbe dimostrare che la maggiore complessità sociale produce maggiore felicità per l'individuo. Anche non volendo ammettere le difficoltà intrinseche ad una simile proposizione, questa teoria non dice niente in merito a come questa inclinazione si sia prodotta.

La causa efficiente deve dunque venir determinata indipendente­mente dalla funzione. Perché la prima ricerca deve precedere la se­conda: utilità di quest'ultima.

La regola perla spiegazione dei fatti sociali si enuncia: LA RICERCA DELLA CAUSA DETERMINANTE UN FATTO SOCIALE DEVE ESSERE CERCATA TRA I FATTI SOCIALI ANTECEDENTI E NON NEGLI STATI DELLA COSCIENZA INDIVIDUALE. Inoltre, LA FUNZIONE DI UN FATTO SOCIALE DEVE VENIR CERCATA NEL RAPPORTO IN CUI QUESTO FATTO SI TROVA CON QUALCHE SCOPO SOCIALE.


III.

Importanza primaria dei fatti di morfologia sociale nelle spiegazio­ni sociologiche: l'ambiente interno è l'origine di ogni processo so­ciale di qualche importanza.

L'ORIGINE PRIMA DI OGNI PROCESSO SOCIALE DI UNA CERTA IMPORTANZA VA RICERCATA NELLA COSTITUZIONE DELL'AMBIENTE SOCIALE INTERNO.

L'ambiente interno è composto da due elementi:

Le cose: oggetti materiali prodotti dell'attività sociale anteriore, il diritto, le consuetudini, le arti. Questi elementi non sono però in grado di sprigionare la forza viva che produce l'ambiente umano.

Funzione preponderante dell'elemen­to umano di questo ambiente.

Le persone: le proprietà dell'ambiente umano sono in grado di esercitare un'azione sul corso dei fenomeni sociali.

Il problema sociologico consiste per­ciò soprattutto nel trovare le proprietà di tale ambiente che agi­scono maggiormente sui fenomeni sociali. Due specie di caratteri ri­spondono in particolare a questa condizione: il volume della socie­tà e la densità dinamica misurata dal grado di coalescenza dei seg­menti.

Gli ambienti interni secondari: il loro rapporto con l'am­biente generale e con gli aspetti particolari della vita collettiva.

Le proprietà dell'ambiente umano sono:

o    Il volume della società: il numero di unità sociali 

o    La densità dinamica o il volume della società che dà il grado di concentrazione della massa. La densità dinamica è in funzione del numero di individui tra i quali insistono relazioni non solo commerciali, ma anche morali cioè vivono una vita comune. Si tratta quindi del grado di coalescenza tra i segmenti sociali: la densità di manica è bassa là dove i segmenti sociali vivono separati gli uni dagli altri perché le azioni degli individui sono localizzate in un solo segmento, mentre è alta là dove le società parziali si intersecano tra loro.

Di apri passo con la densità dinamica procede la densità materiale che in parte serve a misurarla:la coalescenza tra i segmenti sociali  può essere misurata dal numero di relazioni che vengono instaurate tra questi.

La vita sociale cosi intesa dipende da cause interne.

Quindi il volume della società e la densità dinamica rappresentano due principi per spiegare i fatti sociali, non vogliono essere dei fatti ultimi o cause prime al di là del quale non è possibile risalire: nella scienza non ci sono cause prime, ma un fatto è considerato primario quando abbastanza generale per spiegare un gran numero di altri fatti

Importanza della nozione di ambiente sociale.

L'aver individuato le caratteristiche dell'ambiente sociale significa considerarlo un fattore determinante l'evoluzione collettiva: questo permette alla ricerca sociologica di instaurare dei rapporti di causalità tra l'ambiente sociale e l'evoluzione collettiva

Il concatenarsi degli eventi che costituisce lo sviluppo storico non dimostra che lo stato in cui una civiltà è giunta  al momento X sia la causa determinante del suo stato di evoluzione al momento successivo Y. Il rapporto tra un evento precedente e uno successivo è solo di ordine cronologico e non causale perché il rapporto di causa ed effetto è possibile solo tra due fatti dati, mentre qui si tratta di una tendenza al mutamento che viene postulata ma non può essere dimostrata.

Per questa ragione nell'ambito della ricerca sociologica il numero delle relazioni causali molto limitato

Qualora la rifiuti, il sociologo non può più stabilire rapporti di causalità, ma solamente rapporti di successione che non comportano una previsione scien­tifica: esempi tratti da Comte e da Spencer.

In questo senso anche il contributo portato da Comte alla sociologia con la legge dei tre stati non fornisce alcun rapporti di causalità tra gli eventi:questa legge è un colpo d'occhio sommario sulla storia passata di natura empirica. Spencer ha elaborato una sociologia che non conosce leggi causali ma descrive la società contemporanea.

Durkheim si sforza al contrario di dimostrare che le cause dei fenomeni sociali vanno ricercate nella società, non nell'individuo, non nell'evoluzione storica.

Importanza della stes­sa nozione per spiegare come il valore di utilità delle pratiche sociali possa variare senza dipendere da assetti arbitrari. Rapporto della questione con quella dei tipi sociali.


VI.

Carattere generale di questa concezione sociologica. Per Hobbes il vincolo tra lo psichico e il sociale è sintetico e artificiale;

Due sono le concezioni della società riscontrabili nella filosofia.

La posizione di Hobbes e Rousseau secondo i quali non c'è soluzione di continuità tra individuo e società e gli scopi della società sono contrari a quelli dell'individuo. L'uomo è refrattario alla vista sociale e vi partecipa solo se costretto da un'organizzazione artificiale  costruita dall'uomo stesso: l'artificio del contratto sociale. La società quindi è un artificio creato dal nulla e modificabile per volontà degli uomini che l'hanno voluto.

per Spen­cer e per gli economisti è naturale ma analitico; a nostro parere è in­vece naturale' e sintetico.

Spencer e gli economisti ortodossi al contrario considerano la società come una  spontanea e naturale che sta alla base degli istinti fondamentali della natura umana.

Come possano conciliarsi questi due ca­ratteri: conseguenze generali che ne derivano.

Durkheim prende le distanze da entrambe le posizioni: se è vero che la capacità di costrizione sull'individuo è il tratta caratteristico del fatto sociale, è anche vero che questa forza è naturale. Non trae origine dalla volontà dell'individuo ma è generata dalla realtà. La società non risente del giudizio degli individui perché la sua superiorità non solo fisica, ma morale ed intellettuale. Infatti l'individuo non può che comprendere la superiorità della società e i vantaggi che la sua subordinazione può comportare. La costrizione è normale solo se esercitata dalla superiorità sociale (morale, intellettuale) sull'individuo e non intesa come prevaricazione del singolo sul singolo.

La naturalità della vita sociale dipende non già dal fatto che risiede nella natura dell'individuo, ma dal fatto che deriva dall'essere collettivo che ha una natura sua particolare derivata dall'elaborazione delle coscienze individuali che danno origine ad una nuova esistenza.



VI capitolo: Regole relative all'amministrazione della prova


I. Il metodo comparativo o sperimentazione indiretta è il metodo di prova in sociologia.

Per dimostrare la relazione di causalità tra i fenomeni bisogna dimostrare che l'uno è causa dell'altro: comparare fenomeni in cui certe circostanze sono simultaneamente presenti o assenti e in base alle diverse combinazioni che risultano da queste comparazioni riuscire a determinare come un fenomeno dipende dall'altro.

In sociologia, a differenza delle altre scienze sperimentali, la comparazione non può essere fatta isolando i fenomeni in laboratorio e producendoli artificialmente. Il metodo che conviene alla sociologia è quello comparativo, in cui si stabiliscono rapporti di causalità tra un fenomeno e la sua causa e la causa ai suoi effetti.

Inutilità del metodo chiamato storico da Com­te.

I sociologi precedenti come Comte avevano ricociuto questo metodo, ma secondo loro la sociologia non doveva fermarsi a ragionare sul rapporto di causalità tra i fenomeni, bensì interrogarsi sul senso dell'evoluzione dell'umanità.

Risposta alle obiezioni di Mill in merito all'applicazione del principio: a uno stesso effetto corrisponde sempre una stessa causa.

J.S. Mill considerava il metodo scientifico sperimentale inapplicabile alla sociologia: il fatto che il fenomeno sociale sia più complesso di qualsiasi altro fenomeno naturale non implica l'impossibilità dell'applicazione del metodo. (la semplificazione del metodo scientifico sperimentale ha dimostrato i propri limiti nella ricerca scientifica anche sui fenomeni naturali che non sono per nulla più semplici di quelli sociali). Inoltre la teoria scientifica di Mill si basa sulla considerazione che un effetto non viene prodotto sempre dalla stessa causa, ma può derivare da cause diverse. Questo rende il metodo causale inutilizzabile all'analisi scientifica e la negazione del principio di causalità. Questa negazione è roba da filosofi e non da scienziati, sembra credere Durkheim. Il metodo della scienza sperimentale si basa su questo principio e anche la sociologia vuole utilizzarlo, anche se per ultima, ma vuole utilizzarlo per fondare le sue ricerche.

Il metodo comparativo scientificamente applicato si basa sul principio di causalità: ad uno stesso effetto corrisponde sempre una stessa causa.


II. Per quale motivo tra i diversi procedimenti del metodo comparati­vo il metodo delle variazioni concomitanti costituisce lo strumento per eccellenza della ricerca in sociologia.

Tra i metodi comparativi utilizzabili nella ricerca non tutti si adattano all'oggetto di studio della sociologia:

Il metodo dei residui non è utile alla sociologia perché necessità di  un notevole numero di leggi e si adatta e scienze già progredite. Inoltre i fenomeni sociali sono troppo complessi perché sia possibile separare l'effetto da tutte le sue cause meno una;

Il metodo della concordanza e quello della differenza non sono facilmente utilizzabili dalla sociologia. Essi suppongono che i casi comparati concordino o differiscano in un solo punto. Ma in sociologia la complessità dei fenomeni studiati impedisce qualsiasi riproduzione in laboratorio e qualsiasi esperienza artificiale in grado si semplificare i fenomeni con simulazioni modellistiche, come è invece possibile nelle scienza fisico-chimiche.

Il metodo delle variazioni concomitanti non prevede che sino comparabili tutte le variazioni diverse da quelle o quella presa in esame siano state escluse. Il metodo si basa sul parallelismo dei valori attraverso i quali passano i due fenomeni da comparare purché sia stata dimostrata la loro relazione e, quindi, giustificata la possibilità di comparazione. il fatto che i fenomeni si sviluppino in modo concordante almeno a livello quantitativo dimostra una concordanza anche a livello della natura del fenomeno. Se variano in modo regolare l'uno rispetto all'altro, allora questo rapporto è certo anche quando uno dei due fenomeni non si presenta.

I risultati di questo metodo non permettono l'individuazione dei rapporti causali di primo acchito senza un'interpretazione, ma nessun metodo sperimentale permette di ottenere il rapporto di causalità senza che i fatti vengano interpretati. L'importante è che questa interpretazione venga fatto con metodo:

Utilizzando la deduzione e cercando di capire come un fatto abbia potuto produrre l'altro

E verificando tale deduzione con esperienze (confrontando ancora)

Qualora dal confronto non risultasse verificata l'ipotesi si partenza, è necessario un terzo fenomeno dal quale gli altri due dipendono allo stesso modo.

La superiorità del metodo delle variazioni concomitanti risiede nel fatto che:

per il fatto che coglie il legame causale dal di dentro;

per il fatto che consente l'impiego di documenti più scelti e meglio criticati. Non è più necessario ammassare infiniti documenti di origine diversa ma sono sufficienti alcuni fatti significativi scelti e criticati.

La so­ciologia, pur essendo ridotta a un solo procedimento, non si trova però in uno stato di inferiorità di fronte alle altre scienze a causa della ricchezza delle variazioni di cui dispone il sociologo. Necessi­tà di comparare soltanto serie continue ed estese di variazioni, e non già variazioni isolate.

Il metodo delle variazioni concomitanti funziona solo se applicato con rigore: non bisogna illustrare l'idea ma dimostrarla attraverso la comparazione di serie di variazioni regolarmente costruite i cui termini siano collegati reciprocamente mediante una gradazione il più possibile continua.


Da internet SITROPIA rivista di fisica un po' esoterica?

La formula E = mc2, da sempre associata all'immagine e al lavoro di Albert Einstein, fu in realtà pubblicata per la prima volta da Oliver Heaviside nel 1890 e successivamente perfezionata da Henri Poincaré (1900) e da Olinto De Pretto (1903), divenendo poi famosa con la relatività di Einstein (1905), il quale la integrò con il momento (la velocità) nell'equazione energia/momento/massa:

E2 = c2p2 + m2c4

In questa equazione, l'energia totale (E), in qualsiasi forma essa si manifesti, è il risultato della somma dell'energia presente nel momento (p) e nella massa (m), moltiplicate per la velocità della luce (c).


Una caratteristica delle radici quadrate è infatti quella di portare alla duplice soluzione positiva e negativa. Ne consegue che le soluzioni dell'equazione energia/momento/massa sono sempre due: +E e -E.


In base alla relatività di Einstein:

la soluzione positiva (+E) descrive energia che si muove nel verso a noi familiare, dal passato verso il futuro, propagando i suoi effetti in avanti nel tempo: causalità;

la soluzione negativa (-E) descrive energia che si muove a ritroso, dal futuro verso il passato, propagando i suoi effetti indietro nel tempo: retrocausalità.

Einstein indicava questa duplice causalità Übercausalität cioè supercausalità: da una parte cause meccaniche, dall'altra retrocausalità. Nei sistemi inerziali in cui la velocità (p) è pari a zero, cioè in quei sistemi in cui l'osservatore e l'oggetto osservato condividono le stesse velocità, la componente della velocità (il momento) si azzera, in quanto c2p2=0, e l'equazione si semplificava nella famosa E = mc2 con soluzione sempre positiva (+E) riducendo, quindi, la spiegazione alla sola causalità meccanica.

Tuttavia, nel 1924 Wolfgang Pauli, studiando l'emissione spettrale dei metalli alcalini, scoprì lo spin associato all'autorotazione degli elettroni. Lo spin degli elettroni corrisponde ad una velocità (p), ad un moto, che non può essere azzerato, in quanto parte costitutiva della materia stessa: infatti, anche un oggetto perfettamente immobile ha in sé il movimento che deriva dallo spin degli elettroni di cui è composto. Ciò tolse legittimità alla semplificazione della formula energia/materia/massa nella formula ad energia positiva: E = mc2, implicando quindi il passaggio dalla causalità meccanica alla supercausalità.

Nel 1926 Klein e Gordon inserirono l'equazione energia/momento/massa all'interno dell'equazione di propagazione delle onde di Schrödinger, al fine di rendere quest'ultima relativistica. Klein e Gordon si trovarono così di fronte al fatto che la loro formula, nota come equazione di Klein Gordon (o di D'Alambert), presentava due soluzioni: onde che si propagano dal passato verso il futuro (+E) e onde che si propagano a ritroso dal futuro verso il passato (-E).

Nel 1928 Paul Dirac cercò di risolvere l'assurdo dell'energia negativa e delle onde che si propagano a ritroso nel tempo applicando la formula energia/momento/massa allo studio dell'elettrone, rendendolo in questo modo relativistico (equazione di Dirac). Con sua grande sorpresa la "scomoda" doppia soluzione si presentò nuovamente, nella forma dell'elettrone e dell'antielettrone.

Nel 1932 Carl Anderson osservò l'antielettrone negli sciami di raggi cosmici e lo chiamò positrone. E' importante sottolineare che Anderson fu in questo modo il primo a dimostrare l'effettiva esistenza dell'energia negativa e delle onde che si propagano a ritroso nel tempo: non solo una "stranezza" matematica, dunque, ma anche e soprattutto una realtà empirica.

Nel 1934 Heisenberg, Pauli e Jordan rigettarono "d'autorità" l'esistenza dell'energia negativa "in quanto priva di senso". Nasce così il Modello Standard della fisica e lo scontro tra due concezioni dell'universo. La prima concezione si basa sull'equazione energia/momento/massa di Einstein, sull'equazione di Klein-Gordon e sull'equazione di Dirac e vede il presente come il prodotto di cause (onde) provenienti dal passato e di cause provenienti dal futuro (attrattori); la seconda concezione, nota anche come Modello Standard della fisica (SM, Standard Model), rifiuta "d'autorità" l'esistenza di cause collocate nel futuro e cerca di spiegare tutti i fenomeni osservabili nell'universo come prodotti della sola causalità meccanica (cause collocate nel passato).

Nel 1942 Fantappiè (uno dei maggiori matematici italiani) dimostrò che la soluzione positiva dell'energia (+E) è governata dalla legge dell'entropia, mentre la soluzione negativa dell'energia (-E) è governata da una legge simmetrica all'entropia, da lui chiamata sintropia. Studiando le proprietà della sintropia Fantappiè scoprì, con suo grande stupore, la coincidenza tra queste proprietà e le caratteristiche tipiche dei sistemi viventi, quali ordine, organizzazione, crescita e tendenza alla complessità; egli arrivò così ad affermare che le proprietà tipiche della vita sono la conseguenza di cause collocate nel futuro.

Prigogine ha mostrato come il rifiuto preconcetto della soluzione negativa dell'energia ha portato all'incapacità di comprendere i meccanismi che sottostanno le qualità proprie della vita, dividendo in questo modo la cultura in due: da una parte la scienza meccanicista, dall'altra la vita e le finalità, attualmente trattate al di fuori della scienza (religione). Si è venuto così a creare un equilibrio tra scienza meccanicista (cause collocate nel passato) e religione dogmatica (finalità e cause collocate nel futuro) alla quale Prigogine da il nome di "vecchia alleanza". Secondo Prigogine, l'allargamento della scienza alla soluzione dell'energia negativa porterà a ridefinire l'alleanza tra scienza meccanicista e religione dogmatica, aprendo così la strada ad una nuova cultura in cui scienza e religione si integrano e che lui definisce come "nuova alleanza".


4.1 Metodo sperimentale e metodologia relazionale: un confronto


Nella "Teoria unitaria del mondo fisico e biologico" Fantappiè afferma che i sistemi viventi dipendono dal principio della sintropia, sono cioè determinati da cause collocate nel futuro. Nonostante ciò, per lo studio dei sistemi viventi si utilizza quasi unicamente la metodologia sperimentale che implica il verso causale passato-futuro.

Le nostre sperimentazioni si sono finora basate sull'assunto che tutti i fenomeni naturali siano da noi riproducibili e manipolabili in laboratorio, in quanto governati da leggi causa-effetto1; con la teoria unitaria di Fantappiè si scopre, però, l'esistenza in natura, accanto ai fenomeni riproducibili e causabili (entropici), di fenomeni non riproducibili (sintropici), fenomeni che possiamo osservare, ma non riprodurre. Questi fenomeni sfuggono alle possibilità di indagine per mezzo del metodo sperimentale. Ciò comporta che, poiché la scienza si è finora basata unicamente sulla metodologia sperimentale, tutta l'immensa mole del sapere scientifico finora prodotto riguarda solo una parte dei fenomeni effettivamente esistenti, quelli entropici: gli aspetti sintropici sono, di fatto, ancora esclusi dall'indagine scientifica in quanto non possono essere studiati per mezzo del metodo sperimentale.

Nasce così l'esigenza di una nuova metodologia scientifica adatta allo studio dei fenomeni sintropici.

Già John Stuart Mill, nella sua opera "Sistema di logica deduttiva e induttiva" pubblicata per la prima volta nel 1843, afferma che al fine di individuare le relazioni tra i fenomeni è possibile, oltre al metodo delle differenze da cui nasce la metodologia sperimentale di Galileo, utilizzare il metodo delle variazioni concomitanti che si pone alla base del metodo correlazionale.

Questo tema viene ripreso da Raymond B. Cattell2, il quale divide le metodologie scientifiche in ANOVA (Analysis of Variance, cioè studio delle differenze) e CORAN (Correlational Analysis, studio delle concomitanze). Mentre l'ANOVA studia relazioni di causa-effetto ed è quindi applicabile alla metodologia sperimentale, la metodologia CORAN studia qualsiasi tipo di relazione ed è quindi applicabile sia per lo studio dei sistemi entropici che per lo studio dei sistemi sintropici. Cattell sottolinea che la metodologia sperimentale è adatta allo studio dei sistemi fisici nei quali è possibile controllare le variabili e ridurre l'errore, mentre nelle scienze della vita e del comportamento la metodologia CORAN risulta più efficace in quanto consente di studiare qualsiasi tipo di relazione (causale e non), non richiede né il setting sperimentale né la riduzione della varianza di errore, evidenzia la forza della relazione, e consente di studiare assieme un numero illimitato di variabili quantitative e qualitative. Cattell afferma così la superiorità della metodologia CORAN nello studio dei sistemi viventi.

Questa distinzione tra metodo sperimentale e metodo correlazionale è segnalata anche da altri autori3, i quali sottolineano la possibilità di utilizzare la metodologia correlazionale laddove risulta artificioso o impossibile l'uso della metodologia sperimentale.

In definitiva, possiamo affermare l'esistenza, accanto alla metodologia sperimentale basata sullo studio delle differenze, di una seconda metodologia basata sullo studio delle concomitanze, delle correlazioni e delle connessioni che possiamo perciò chiamare metodologia relazionale.

Come descritto da Stuart Mill, la metodologia relazionale parte dal principio che se tra due fenomeni si osservano ripetutamente eventi concomitanti (per esempio presenza-presenza, assenza-assenza) questi fenomeni sono tra loro in relazione.

La metodologia relazionale:


analizza contemporaneamente molte informazioni, sia di tipo quantitativo che qualitativo4;

grazie ai controlli a posteriori, consente di produrre informazione differenziata in grado di restituire la complessità dei fenomeni naturali;

non richiede condizioni controllate a priori, né gruppi omogenei e/o randomizzati5;

permette di paragonare gruppi provenienti da realtà diverse e di effettuare controlli avvalendosi di informazioni raccolte precedentemente (per esempio vecchie cartelle cliniche o altre rilevazioni).


Queste caratteristiche della metodologia relazionale permettono di lavorare direttamente sul campo, basandosi principalmente sull'osservazione dei fenomeni (attraverso schede, questionari e interviste) senza manipolare artificiosamente la realtà studiata. In questo modo, l'attività di ricerca diventa ecologica, accessibile a tutti, economica, e adatta ad affrontare qualsiasi tipo di problematica. Inoltre, la metodologia relazionale può essere applicata anche all'analisi dei dati raccolti attraverso il metodo sperimentale consentendo, così, di incrociare agevolmente i dati sperimentali con dati di altra natura. Attualmente la metodologia relazionale prende la forma di tabelle di contingenza, correlazioni, connessioni e analisi fattoriali.

In merito alle correlazioni, Fritjof Capra6 evidenzia che la scoperta dell'aspetto duale della materia e del ruolo fondamentale della probabilità ha distrutto la nozione classica di oggetti solidi. Le particelle subatomiche, non sono più "cose", bensì interconnes­sioni fra "cose", a loro volta interconnessioni fra altre "cose" ancora, e così via. Nella teoria quantistica non si trovano mai "co­se", ma si ha sempre a che fare con interconnessioni. Questo spostamento da oggetti a correlazioni ha implicazioni di vasta portata per la scienza nel suo complesso. Gregory Bateson7 ha sostenuto addi­rittura che le correlazioni dovrebbero essere usate come base per tutte le definizioni, e che questa nozione dovrebbe essere insegnata ai nostri bambini già nelle scuole elementari. Egli pensava che ogni cosa dovreb­be essere definita non per ciò che è in se stessa, ma per mezzo dei suoi rapporti con le altre cose.


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11. Il metodo logico e le altre scienze

Quando siano stati individuati e selezionati i fatti, si opera su di essi il confronto che solo può rivelare i nessi di causa-effetto. I metodi per operare questo confronto sono fondamentalmente due:

il metodo di concordanza consiste nel confrontare i casi in cui il fenomeno si presenta e nel confrontare casi differenti per constatare in che cosa essi concordino. Si può accogliere come principio regolatore di esso il canone seguente: se due o più casi del fenomeno, che è oggetto della ricerca, hanno soltanto una circostanza in comune, la circostanza nella quale sola tutti i casi concordano è la causa (o l'effetto) del fenomeno.

il metodo di differenza consiste nel confrontare i casi in cui il fenomeno ha luogo con dei casi, sotto altri riguardi simili, ma nei quali il fenomeno su cui si fa l'indagine non ha luogo.
Il principio regolatore del metodo di differenza può venir formulato con il seguente canone: se un caso nel quale un fenomeno si presenta e un caso nel quale esso non si presenta hanno comuni tutte le circostanze, tranne una sola, presentandosi questa soltanto nel primo caso, la circostanza per la quale sola i due casi differiscono è l'effetto, o la causa, o parte indispensabile della causa del fenomeno.
(Sistema di logica)

Vi sono poi altri due metodi che integrano i due precedenti, specialmente in casi di difficile «lettura».

Il metodo dei residui. Il principio di esso è semplicissimo. Sopprimendo da un fenomeno dato tutto ciò che, in virtù di antecedenti induzioni, può essere attribuito a delle cause note, ciò che resta sarà l'effetto degli antecedenti che sono stati trascurati o il cui effetto era ancora qualcosa di ignoto... Di tutti i procedimenti d'indagine sulla natura, esso è il più fecondo di risultati inattesi, facendoci spesso conoscere successioni nelle quali né la causa né l'effetto erano abbastanza manifesti per attirare l'attenzione degli osservatori.


Rimane una classe di leggi che non è possibile determinare con nessuno dei tre metodi che abbiamo cercato di descrivere. Tali sono le leggi di quelle cause permanenti, di quegli agenti naturali indistruttibili che è impossibile escludere e isolare in una volta, che noi non possiamo né impedire che siano presenti, né fare che essi si presentino da soli. Sembrerebbe, a prima vista, che non si possano in alcun modo separare gli effetti di questi agenti da quelli degli altri fenomeni con i quali non si può impedire che essi coesistano... Ad esempio noi non possiamo allontanare il pendolo dalla terra né la terra dal pendolo, per vedere se esso continuerebbe ad oscillare, qualora l'azione che la terra esercita su di esso venisse eliminata... In casi come questo è pur sempre possibile ottenere risultati scientifici.


Il metodo delle variazioni concomitanti permette di studiare questi fenomeni. Esso è sottoposto al canone seguente: un fenomeno che varia in una certa maniera tutte le volte che un altro fenomeno varia nella stessa maniera è o una causa o un effetto di questo fenomeno o è ad esso legato per qualche fatto di causazione.
(Sistema di logica)

Con questo «metodo logico» è possibile studiare anche il comportamento umano. L'uomo è, sí, libero; ma ciò non significa che il suo agire si pone fuori da ogni legge: «Se conosciamo la persona a fondo, e se conosciamo tutti i moventi che agiscono su di lui, possiamo predire la sua condotta con la stessa certezza con cui possiamo predire qualsiasi evento fisico». Ossia, di fronte ad una possibilità d'azione, l'individuo può sottrarsi al condizionamento del movente, ed agire altrimenti; in ciò è libero; ma anche la nuova azione sarà la conseguenza «necessaria» del nuovo «movente» assunto; in ciò il suo comportamento è sottoposto a legge.

La «scienza della natura umana» è la psicologia, che studia le «uniformità di successione» tra i vari stati psichici. Sulla base della psicologia è possibile fondare una nuova scienza, l'etologia, che studi le leggi in virtù delle quali le circostanze determinano il carattere individuale. Per studiare le leggi con le quali le circostanze agiscono sulla formazione del carattere collettivo di un popolo si ricorrerà poi alla sociologia, che mette in luce la «legge del progresso», per la quale è possibile prefigurare gli sviluppi futuri della società.

È evidente l'influsso di Comte, anche se questi non annoverava tra le scienze positive la psicologia, in quanto, sosteneva, l'osservato non può coincidere con l'osservante, come avviene appunto in psicologia. Tale influenza è notevole se si pensa che anche J. Stuart Mill propone una statica ed una dinamica sociale che costituiscano lo strumento per agire sulla storia.

Ma seguiamo ancora il discorso del filosofo inglese. Quando si vuole studiare scientificamente i fenomeni prodotti a livello di società umana dalla ricerca della ricchezza, allora si deve fare economia politica, che rappresenta anche lo strumento per prevedere gli esiti di eventuali nuove azioni economiche. Nell'opera Sistema di economia politica egli mostra di aver tesaurizzato quanto elaborato da Smith Malthus e Ricardo. Ma apporta anche nuovi contributi. Per lui il mondo economico è certamente soggetto a leggi; ma bisogna distinguere le leggi di produzione dalle leggi di distribuzione dei beni: le prime non dipendono dalla volontà umana, le seconde sí; perciò si può intervenire sulla distribuzione per ripartire piú equamente la ricchezza; si può intervenire o nella prospettiva individualista o in quella socialista; tuttavia il sistema socialista, pur assicurando una migliore distribuzione, non garantisce adeguatamente la libertà individuale anche sul piano economico; questa libertà è il solo limite all'azione del governo in materia di economia. Salvaguardando questa libertà c'è spazio politico, per il governo, per operare delle riforme che migliorino le condizioni collettive; queste possono comportare limitazioni all'individuo solo a condizione che esse tutelino gli stessi diritti individuali a tutti.

Per J. Stuart Mill dunque l'individualismo è la prospettiva migliore su cui modellare l'assetto della società. Esso tuttavia si radica nella visione etica dell'utilitarismo. L'individuo tende alla felicità, al piacere, che costituisce per lui l'utile e il bene. Ma, Mill avverte, l'uomo sceglie i piaceri anche in base a criteri qualitativi, e non solo quantitativi; cioè anche in base, per esempio, al criterio di maggiore nobiltà. Inoltre, egli sostiene sulla scia di quanto affermato da suo padre James Mill, la ricerca del piacere non chiude l'individuo nell'egoismo, anzi è essa stessa la fonte dell'altruismo, perché implica sempre, in misura maggiore o minore, la ricerca della felicità altrui. Anzi essa, nel progredire delle condizioni storiche dell'uomo, accresce il sentimento di unità tra gli individui, diventando fattore di progresso. E il mezzo per la sublimazione dell'egoismo, per la conciliazione tra interesse privato e utile collettivo, è la cultura.

Sociologia uniroma3

LE REGOLE DEL METODO SOCIOLOGICO

DURKHEIM critica i padri del positivismo Spencer (perché si è proposto soltanto di mostrare come la legge dell'evoluzionismo si applica alle società) e Compte  perché per lui sono importanti le verità delle credenze. Per DURKHEIM sono importanti le credenze indipendentemente dalla pretesa di provarne la verità.

DURKHEIM studia i FATTI SOCIALI: regole morali, giuridiche, religiose in grado di generare obbligazioni, collegate ad una sanzione. Questi FATTI SOCIALI sono esteriori (in quanto sussistono indipendentemente dall'individuo) e coercitivi.

Il compito della Sociologia è quello di accertare i fatti sociali ricorrenti e in grado di esercitare una pressione sociale. I FATTI SOCIALI devono essere trattati come cose, e per questo devono essere osservati, devono essere presi in considerazione nella misura in cui sono in grado di esercitare una pressione attraverso la ricorrenza e non per verità e giustizia.

Le prime categorie che rappresentano i fatti sociali sono quelle della RICORRENZA e della UNIFORMITA', la pressione sociale deriva da queste.

Il sociologo dovrà poi osservare l'omogeneità in fenomeni apparentemente distinti, considerare i collegamenti ricorrenti e costanti tra questi fenomeni. Dalle medie statistiche di queste ricorrenze si avrà il TIPO MEDIO.

Solamente con il reperimento della causa si possono spiegare i fatti sociali.

L'unica via è l'osservazione diretta.

ogni effetto ha una sola causa (e tra causa ed effetto c'è reciprocità)

causa ed effetto devono essere omogenei

Le cause dei fenomeni sociali possono essere solo fenomeni sociali. Un effetto sorge e sussiste solo se ha una causa e resta in vita solo se svolge una funzione positiva. Quindi tutti i fatti sociali per il solo fatto di esistere svolgono una funzione positiva.

Per determinare le cause sociali DURKHEIM parte dalla considerazione della formazione del TIPO MEDIO. Non esiste un Tipo Medio valido per tutte le società. Bisogna differenziare le società secondo la loro struttura.

Società segmentarie = solidarietà meccanica

Società organizzate = solidarietà organica

Si va dalla società più semplice che ci sia (orda o clan) a quelle più complesse (polisegmentarie doppiamente complesse). Per DURKHEIM  è fondamentale la densità della società. I TIPI SOCIALI sono le cause dei fenomeni sociali, i TIPI SOCIALI rispecchiano le condizioni di densità e dimensione della società.

Il TIPO NORMALE  di una società è costituito dalle ricorrenze statistiche proprie di quella società. Se si confronta il TIPO MEDIO con il TIPO NORMALE si avrà il grado di degenerazione patologica della società.

Per DURKHEIM bisogna fare ricerca scientifica, però nel campo sociale.


CAPITOLO II

REGOLE RELATIVE ALL'OSSERVAZIONE DEI FATTI SOCIALI

SPENCER

Società a cooperazione spontanea

Società a cooperazione cosciente

Società industriali

Società militari

DURKHEIM: il primo passo è individuare l'oggetto di studio "liberandosi da prenozioni". Nel momento in cui la ricerca sta per cominciare bisogna prendere in considerazione i soli caratteri esteriori, da risultare immediatamente percepibili. Assumere come oggetto di ricerca solo un gruppo di fenomeni precedentemente definiti da certi caratteri esterni ad essa comuni. ma affidandosi alle sensazioni. Non si può applicare la nostra morale a tutte le società, ogni società ha una propria morale. Dal momento che l'esterno delle cose ci è dato dalla sensazione, la scienza deve partire non già dai concetti che si sono formati senza di essa, ma dalla sensazione. Siccome la sensazione può essere soggettiva, il ricercatore deve prendere in esame quei caratteri che siano il più possibile oggettivi. Il sociologo deve avvicinarsi ai fatti sociali isolandoli dalle loro manifestazioni individuali.


CAPITOLO III

REGOLE RELATIVE ALLA DISTINZIONE TRA NORMALE E PATOLOGICO

Per la scienza non ci sono fatti giusti o meno. La scienza non giudica. Bisogna distinguere i fenomeni normali da quelli patologici.

I

La sofferenza è volgarmente considerata l'indice della malattia, però non è sempre così vedi: parto etc. La vecchiaia è una malattia? E come faremmo a distinguere un vecchio malato da uno sano? Il ciclo produce sofferenza, però la mancanza di ciclo in età fertile è patologia! Ci sono malattie utili, tipo i vaccini che ci inoculiamo. Una maniera oggettiva potrebbe essere quella di provare che in determinate condizioni si hanno meno possibilità di sopravvivere. Questo metodo è però impossibile in sociologia, non si può neanche stabilire in quale momento nasca una società. Gli avvenimenti che avvengono all'interno della vita sociale sono vari e innumerevoli che non si può determinare con precisione se uno di essi possa aver contribuito ad affrettare l'esito finale.

Si possono prendere in esame un certo numero di individui che abbiano in comune una sola ed unica anomalia e se ne può studiare l'influenza sull'organismo. Ma in sociologia ogni specie sociale conta soltanto un numero esiguo di individui, il campo di comparazione è troppo ristretto perché abbia valore dimostrativo, dunque sono possibili solo ragionamenti deduttivi. Si dimostrerà non che un certo avvenimento indebolisce l'organismo sociale, ma che esso deve avere questo effetto; a tale scopo si mostrerà che esso produce quella o questa conseguenza incresciosa. Ma anche questo non è possibile perché presupporrebbe a priori la definizione di fenomeno normale.

IN SOCIOLOGIA COME IN STORIA, LI STESSI AVVENIMENTO SONO QUALIFICATI SECONDO IL MODO DI SENTIRE PERSONALE DELLO STUDIOSO COME SALUTARI O MORBOSI. Non è possibile pretendere di determinare di primo acchito lo stato normale o patologico, bisogna semplicemente cercare qualche segno esteriore immediatamente percettibile ma oggettivo, che ci consenta di riconoscere l'uno rispetto all'altro.

Ogni fenomeno sociologico è suscettibile di assumere forme differenti a seconda dei casi ve ne sono due:

FATTI NORMALI: Possono essere generali per tutta l'estensione della specie, esse si ritrovano in tutti gli individui o almeno nella maggior parte di essi.

FATTI PATOLOGICI: Ve ne sono altre che risultano eccezionali, non soltanto appaiono in una minoranza ma accade spesso che laddove si verificano non durano per tutta la vita dell'individuo.

Si può' affermare che il TIPO NORMALE si confonde con il TIPO MEDIO e che ogni divario nei confronti di questo campione della salute è un fenomeno morboso.

UN FATTO NON PUO' VENIR DEFINITO PATOLOGICO SE NON IN RIFERIMENTO AD UNA DATA SPECIE. LE CONDIZIONI DI SALUTE/PATOLOGIA NON POSSONO VENIR DEFINITE IN MANIERA ASSOLUTA. Ciò che è normale per un selvaggio è patologico per l'uomo civile. BISOGNA RINUNCIARE ALL'ABITUDINE DI GIUDICARE UN'ISTITUZIONE, UNA PRATICA UNA MORALE COME SE FOSSERO BUONE O CATTIVE.

Bisogna tener conto delle variazioni che dipendono dall'età e questo vale anche per le società.

II

La generalità che caratterizza esteriormente i fenomeni normali è un fenomeno spiegabile ed ha una causa. Il carattere normale del fenomeno sarà ancora più incontestabile se si dimostrerà che il segno esterno non era solo apparente. Nei periodi di transizione da una società vecchia ad una nuova il tipo normale è quello passato. Nelle società nuove al sociologo mancano punti di riferimento, egli dovrà stabilire con l'osservazione se un fenomeno è generale (se lo è stato nel passato) e cercherà se vi sono ancora le condizioni nel presente (fenomeno normale) o se sono mutate (fenomeno non normale). ....

UN FATTO SOCIALE E' NORMALE PER UN TIPO SOCIALE DETERMINATO, CONSIDERATO IN UNA DETERMINATA FASE DEL SUO SVILUPO, QUANDO ESSO SI PRESENTA NELLA MEDIA DELLE SOCIETA DI QUELLA SPECIE, CONSIDERATE NELLA FASE CORRISPONDENTE DELLA LORO EVOLUZIONE.

POSSIAMO VERIFICARE I RISULTATI DEL METODO PRECEDENTE MOSTRANDO CHE LA GENRALITA' DEL FENOMENO DIPENDE DALLE CONDIZIONI GENERALI DELLA VITA COLLETIVA NEL TIPO SOCIALE CONSIDERATO;

QUESA VERFICAZIONE E' NECESSARIA QUANDO IL FATTO SI RIFERISCE AD UNA SPECIE SOCIALE CHE NON ABBIA ANCORA COMPIUTO LA SUA EVOLUZIONE INTEGRALE.

III

La caratteristica patologica del REATO è indiscutibile eppure esso è un fenomeno che appartiene a tutte le società (dunque è normale). Normale è semplicemente il fatto che esista una criminalità. Classificare il reato tra i fenomeni normali non significa solo dire che esso è inevitabile ma anche che è fattore della salute pubblica. Ciò è a prima vista allucinante. Il reato è normale perché la società che ne fosse esente è impossibile. Il reato offende certi sentimenti. Affinché gli omicidi scompaiano occorre che l'orrore per il sangue sia maggiore.

Il reato è necessario. Per alcune società è reato un'ingiuria e per altre il delitto (non esiste una società buona). Il reato precorre la morale che verrà (ad es la libertà di pensiero non esisterebbe se qualcuno non l'avesse infranta quando era reato). In quest'ottica il criminale è un agente regolatore della società. Quando il tasso ei reati scende al disotto della soglia è sinonimo di mutamento sociale (es. carestia). Affinché la sociologia sia scienza delle cose, occorre che la generalità dei fenomeni sia assunta come criterio di normalità.


CAPITOLO IV

REGOLE RELATIVE ALLA COSTITUZIONE DEI TIPI SOCIALI

Nell'idea di specie si ritrova sia l'unità che la diversità. Per COMTE non esistono specie sociali. Per sapere se un fato sia generale in una specie non è necessario osservare tutte le società bastano alcune di esse. Scegliere in base ai caratteri essenziali. Bisognerà arrivare a conoscere la società più semplice che esiste la società più semplice è quella che non ne racchiude altre: orda, poi si passa al clan (riunione di più orde). Ogni tipo superiore è formato dalla ripetizione della società del medesimo tipo immediatamente inferiore.


CAPITOLO V

REGOLE RELATIVE ALLA SPIEGAZIONE DEI FATTI SOCIALI

La costituzione della specie è un mezzo che permette di raggruppare i fatti per renderne più facile l'interpretazione. La maggior parte dei sociologi ritiene di spiegare i fenomeni mostrando a cosa servono e quale funzione assolvono. Però mostrare a cosa un fatto sia utile non significa né come sia nato né come è.

Ogni fatto sociale è una forza che domina la nostra, ha una sua natura propria. ....un fatto può esistere senza servire a nulla o anche se non è più funzionale (verificare).

Le cause che fanno vivere un fatto sociale sono indipendenti dagli scopi. Nessuno scopo si impone a tutti gli uomini. Per giungere allo stesso fine si possono percorrere più vie.

QUANDO SI VUOLE SPIEGARE UN FENOMENO SOCIALE BISOGNA RICERCARE SEPARATEMENTE LA CAUSA EFFICIENTE CHE LO PRODUCE E LA FUNZIONE CHE ASSOLVE.

La causa e l'effetto hanno vincolo di reciprocità.

La causa dei fenomeni sociali non consiste nell'anticipazione mentale della funzione che essi sono chiamati ad assolvere. Anche se bisogna procedere soltanto in un secondo tempo alla determinazione della funzione essa è però sempre necessaria affinché la spiegazione del fenomeno sia completa.




II

Per determinare il metodo di spiegazione: esso è teleologico (che riguarda il fine) e psicologico. Per COMTE le leggi sociologiche non possono essere che corollari delle leggi psicologiche. Per lui il fatto dominante della vita sociale è il progresso.

Per SPENCER. I fattori primari dei fenomeni sociali sono l'ambiente cosmico e la costituzione fisica e morale dell'individuo. Ma un simile metodo è applicabile ai fattori sociologici solo a costo di snaturarli. DAL MOMENTO CHE I FATTI SOCIALIHANNO POTERE DI ESERCITARE UNA PRESSIONE SULLE COSCIENZE INDIVIDUALI, NON POSSONO DERIVARE DA ESSE. FUNQUE LA SOCIOLOGIA NON PUO' ESSERE COROLLARIO DELLA PSICOLOGIA.

BISOGNA CERCARE LA SPIEGAZIONE NELLA SOCIETA' STESSA. Un tutto non è solo la somma delle sue parti è qualcosa di diverso. La soicetà è più della somma di individui, è una realtà dotata di caratteri propri. Il gruppo pensa e agisce in maniera diversa di come si comporterebbero i suoi membri isolati (es folla in un concerto o allo stadio).

LA CAUSA DETERMINANTE DEI FATTI SOCIALI DEVE ESSERE CERCATA TRA IFATTI SOCIALI ANTECEDENTI E NON TRA GLI STATAI DELLA COSCIENZA INDIVIDUALE.

LA FUNZIONE DI UN FATTO SOCIALE DEVE VENIR SEMPRE CERCATA NEL RAPPORTO IN CUI SI TROVA CON QUALCHE SCOPO SOCIALE.

III

L'ORIGINE PRIMA DI OGNI PROCESSO SOCIALE DI UNA CERTA IMPORTANZA DEVE VENIR RICERCATA NELLA COSTITUZIONE DELL'AMBIENTE SOCIALE INTERNO.

Gli elementi che compongo l'ambiente sociale sono di due specie: COSE (comprese le norme etc.) e le PERSONE.

Lo sforzo principale del sociologo dovrà sarà quello di scoprire le diverse proprietà di questo ambiente sociale:

1)VOLUME DELLA SOCIETA'

2)DENSITA' DINAMICA (numero degli individui tra i quali vi sono relazioni anche morali, non solo di lavoro).

La densità materiale (sviluppo vie di comunicazione) di solido procede di pari passo con la densità dinamica e di solido serve anche a misurarla (però non è sempre così perché le strade possono servire ad avvicinare le persone solo per scopi di affari e non per la fusione dei popoli. Ogni aumento del volume e della densità dinamica di una società rendono la vita sociale più intensa.



Non si deve pensare alla storia come un susseguirsi di società e basta.

IV

Per Hobbes e Rousseau l'uomo è naturalmente refrattario alla vita in comune. Per Spencer l'uomo normalmente incline alla vita politica, religiosa etc.

Per DURKHEIM la costituzione del fatto sociale è una forza naturale non artificiale


LE REGOLE DEL METODO SOCIOLOGICO

1. CHE COS'È UN FATTO SOCIALE Regole morali, giuridiche, religiose in grado di generare obbligazioni, collegate ad una sanzione (es. abbigliamento..). Ogni modo di fare più o meno fissato, capace di esercitare una costrizione esterna. Esterni e coercitivi. Le prime categorie che rappresentano i fatti sociali sono la ricorrenza e l'uniformità, la pressione sociale deriva da queste.


2. REGOLE RELATIVE ALL'OSSERVAZIONE DEI FATTI SOCIALI

Considerarli come cose

Scartare le prenozioni

Definire le cose che tratta: all'inizio, attingere i caratteri esteriori comuni es. reato.tutte quelle azioni punite con la pena.

Partire dalla sensazione

La nostra morale non è la morale valida per tutti, ma solo per la nostra società. Si cade in errore negando la moralità alle società inferiori, esse hanno una loro moralità che non è la nostra moralità.

La sensazione spesso è soggettiva, invece, per la ricerca deve essere il più possibile oggettiva, quindi bisogna prendere dei punti fissi di riferimento

Considerare i fatti sociali isolati dalle manifestazioni individuali


3. LA DIFFERENZA TRA NORMALE E PATOLOGICO

A) la sofferenza non è sempre indice di malattia (es ciclo)

Non si deve determinare di primo acchito il normale dal patologico

Ogni fenomeno sociologico assume due forme a seconda dei casi:

Generali: per tutta la specie (normali)

Eccezionali: si presentano in una minoranza e non durano tutta la vita (morbosi)

TIPO MEDIO: racchiude i caratteri più frequenti insieme alle forme più frequenti.

TIPO NORMALE (quello che il sociologo studia) si confonde con il tipo medio. Ogni divario tra TIPO MEDIO e TIPO NORMALE è morboso.

Un fatto è patologico solo in rapporto ad una data specie. Non bisogna giudicare un fatto buono o cattivo indistintamente

Un fatto è normale per un determinato tipo sociale considerato in una precisa fase del suo sviluppo

Si può verificare ciò, mostrando che la generalità del fenomeno dipende dalle condizioni generali della vita collettiva

Questa verificazione è essenziale per quelle società che non hanno compiuto la loro evoluzione integrale.

La generalità dei fenomeni deve essere assunta a normalità.

Il reato non è un fatto normale perché diffuso, ma è normale che vi sia una criminalità


4 COSTITUZIONE DEI TIPI SOCIALI

Cominciare dal tipo di società più semplice (quella che non ne racchiude altre) Orda - quando l'orda diviene un segmento sociale si passa al clan. Il tipo specifico non presenta in sociologia i contorni definiti come in biologia


5. SPIEGAZIONE DEI FATTI SOCIALI

Le cause dei fatti sociali sono indipendenti dagli scopi ai quali servono,  prima cercare la causa poi la funzione, cercare le cause separatamente dagli scopi

Cercare la spiegazione della vita sociale nella società e non nell'individuo (come fanno Comte e Spencer)

VOLUME DELLA SOCIETA'

DENSITA' DINAMICA (numero di individui fra i quali vi sono relazioni morali)

Densità materiale: (sviluppo vie di comunicazione) procede di pari passo con la densità dinamica e può servire a misurarla



6 REGOLE RELATIVE ALL'AMMINISTRAZIONE DELLA PROVA

Metodo comparativo: comparare i casi in cui i fenomeni sono assenti o presenti

Ad uno stesso effetto corrisponde una stessa causa. Per il suicidio ci sono varie cause perché ci sono vari tipi di suicidio.

Metodo concordanza e differenza. Non è valido perché stabilisce che i casi comparati concordino o differiscano in un solo punto

Metodo delle variazioni concomitanti: la concomitanza costante è di per sé una legge. Quando si può provare che in un certo numero di casi 2 fenomeni variano in modo analogo, ci si trova in presenza d una legge.

Comparare più società: per fatti di grande generalità es suicidio in arco di tempo lungo.

Comparare più società della stessa specie: per fenomeni che hanno avuto origine durante la vita dei popoli comparati: es famiglia patriarcale Roma, Atene e Sparta.

Comparare varie specie sociali distinte: per rendere conto di un'istituzione sociale che appartiene ad una specie

Si può spiegare un fatto sociale solo a patto di seguirne lo sviluppo integrale attraverso tutte le specie sociali.

La dimensione tipica nella quale si muove la ricerca sociologica è la normativa.

Le cause dei fenomeni sociali sono le condizioni dimensionali e densimetriche della società.



MORLINO, INTRODUZIONE ALLA RICERCA COMPARATA IL MULINO 2005


DOMANDE ESSENZIALI:

Quali sono le tradizioni della comparazione?

Come definire la comparazione?


LA COMPARAZIONE PUO' ESSERE INTESA:

  • Come procedimento logico
  • Come metodo di ricerca

LA COMPARAZIONE COME METODO DI RCERCA PUO' RIFERIRSI A:

  • Il contesto della giustificazione (controllo delle ipotesi)
  • Il contesto della scoperta (elaborazione di nuove ipotesi)

I CLASSICI


CATERSIO 1662

La comparazione è vista come il confronto tra un più e un meno, tra migliore e peggiore, un confronto in cui gli elementi normativi del giudizio giocano un ruolo assai rilevante.


LOCKE 1690

La comparazione è il fondamento e origine di tutte le matematiche e di ogni dimostrazione e certezza. La comparazione comincia, pertanto, a presentarsi come procedura di controllo.


HEGEL 1812

La comparazione è un passaggio dalla eguaglianza all'ineguaglianza, dalla differenza alla somiglianza e viceversa, in linea con qual procedimento di tesi-antitesi che sta alla base di gran parte della sua filosofia.




TOCQUEVILLE 1835

La strategia comparativa è complessa: egli giustappone diverse forme di comparazione:

  • una comparazione di due paesi nei quali cause differenti sono associate ad effetti differenti;
  • una comparazione intranazionale dove delle cause differenti sono associate ad effetti differenti
  • una comparazione intranazionale con l'aggiunta della variabile temporale
  • il ricorso ad un terzo caso per rinforzare la comparazione tra i primi due
  • l'individuazione delle caratteristiche comuni e delle differenze per convalidare le spiegazioni sostenute


COMTE 1864

La comparazione in senso temporale e spaziale è vista come il momento di controllo empirico di una inferenza


DURKHEIM 1895

L'aspetto principale della comparazione è la classificazione delle variabili concomitanti e il metodo delle variazioni concomitanti è il procedimento comparativo che ha più impiegato.


WEBER 1922

Fa ricorso alla comparazione per un vaso numero di processi storici o della vita quotidiana, che siano tra loro omogenei nei diversi aspetti, ma differenti nel punto decisivo, vale a dire nel motivo  o nell'occasione cu cui si indaga.


LA DIFFERENZA TRA DURKHEIM E WEBER: sebbene entrambi ricorrano alle regole della comparazione elaborate da J. S. Mill:

  • DURKHIEM preferisce il metodo delle variazioni concomitanti
  • WEBER quello delle differenze e concoerdanze

I CONTEMPORANEI


LASSWELL 1968

Equipara il metodo scientifico a quello comparato, in quanto per lui il metodo scientifico è, di fatto, inevitabilmente comparato.


EISENSTADT 1963

La comparazione non è un metodo a sé stante, ma piuttosto una particolare attenzione agli aspetti macrodimesionali, interdimensionali e istituzionali della società e dell'analisi sociale.


ALMOND 1956

Allievo di Lasswell la comparazione come metodo scientifico è l'elemento centrale della scienza politica: non è scienza politica se non è comparata.


SARTORI 1971

La comparazione è un metodo di controllo delle nostre generalizzazioni, previsioni o leggi del tipo " se.allora".


LIJPHART 1975

La comparazione viene definita come metodo di controllo delle relazioni empiriche ipotizzate tra le variabili, nel quale i casi sono scelti in modo tale da massimizzare la varianza delle variabili indipendenti e da minimizzare quella delle variabili di controllo.


MARRADI 1982

La comparazione è una operazioni mentale di confronto di due o più stati distinti, di uno o più oggetti, su una stessa proprietà. Nella sua definizione scompaiono sia il focus sul controllo, sia quello sulle generalizzazioni, previsioni o leggi.

COME DEFINIRE LA COMPARAZIONE?

La comparazione è un metodo di controllo delle relazioni empiriche ipotizzate tra variabili in casi diversi

In altre parole è il controllo empirico più spiegazione


Di solito, i casi appartengono a differenti contesti nazionali, ma possono essere anche unità o sottounità all'interno di uno stesso contesto nazionale.


III.

Diverse maniere di comporre queste serie.

Le serie possono essere formate secondo diversi procedimenti:

  • Casi in cui i termini non possono essere tratti da una sola società Fatti tratti di grande generalità diffusi in tutte le società su cui i hanno informazioni statistiche estese e varie,
  • casi in cui occorre trarli da società differenti , ma della stessa specie Istituzioni o regole giuridiche/morali diffuse in un paese bisogna considerare nella serie altri popoli della stessa specie: l'evoluzione della famiglia patriarcale ad Atene Roma e Sparta. Dopo aver studiato l'evoluzione dell'istituzione nel tempo
  • casi in cui occorre com­parare specie differenti Per studiare un'istituzione sociale che appartiene ad una specie determinata si devo comparare le forme diverse che essa presenta non solo nei popoli di quella specie, ma anche in tutte le specie anteriori. Ad esempio l'organizzazione domestica, si costruisce il caso più rudimentale che sia mai esistito, e si segue passo dopo passo in che modo ha raggiunto la situazione contemporanea. Metodo genetico

La sociologia comparativa si identifica con la sociologia stessa.

SI PUO' SPIEGARE UN FATTO SOCIALE DOTATO DI UAN CERTA COMPLESSITà SOLTANTO A CONDIZIONE DI SEGUIRNE LO SVILUPPO INTEGRALE ATTRAVERSO TUTTE LE SPECIE SOCIALI.

La sociologia comparata non è un ramo particolare della sociologia, ma è la sociologia stessa quando cessa di essere puramente descrittiva e mira a rendere conto dei fatti.

Precauzioni necessarie per evitare alcuni errori nel corso di queste comparazioni.

La comparazione è probante bisogna eliminare il fattore legato la tempo e al grado di evoluzione delle società: quindi le società dovranno essere poste a confronto alle condizioni sviluppate nello stesso momento o periodo della loro evoluzione anche se non contemporaneo.


Conclusione

I caratteri generali di questo metodo sono:

Indipendenza di fronte a ogni filosofia (indipendenza utile alla fi­losofia stessa) e di fronte alle dottrine pratiche. Non è compito della sociologia affermare il determinismo o la libertà. Il compito della sociologia è individuare le relazioni causali tra i fenomeni sociali. Anche il filosofo è interessato all'affrancamento della sociologia dalla filosofia: infatti considerando solo fatti generali la sociologia non è di alcuna utilità al filosofo perché non dice nulla che la filosofia non sappia già.

Rispetto alla altre dottrine pratiche,  la sociologia non si riconosce nelle dottrine politiche che si occupano si riformare la realtà non ha conoscerla. Infatti la sociologia permette di guardare senza ideologie (feticismi ) con rispetto alle istituzioni sociali considerandole per quello che sono necessarie e provvisorie, resistenti al cambiamento, in continua evoluzione e infinita variabilità.

  • La sua oggettività: i fatti sociali sono considerati come cose. Come questo principio predomina in tutto il metodo.Bisogna scartare le prenozioni sui fatti e considerare i caratteri oggettivi dei fatti. Dai fatti stessi deriva la classificazione tra patologici e normali. Per cercare di spiegarli è necessario ricorrere ad altri fatti sociali: i fatti sociali sono sistemi di idee oggettivate, spiegarli significa ripensarli nel loro ordine logico . soltanto esperienze metodiche possono strappare il loro segreto alle cose.
  • Il fatto sociale è comunque diverso dal fenomeno naturale o fisico. È necessario, quindi, riconoscere il suo carattere sociologico: i fatti sociali vengono spiegati con­servando però la loro specificità, non è possibile ridurli ai loro aspetti organici e psichici pena pla perdita della loro natura specifica. E' infatti possibile studiarli anche senza ridurli semplificandoli ai loro fattori elementari. Infatti il fatto sociale può e deve venir spiegato soltanto con un altro fatto sociale. La sociologia è quindi una scienza auto­noma. La conquista di questa autonomia rappresenta il progresso più importante che rimanga da compiere alla sociologia, e si otterrà solo quando il suo oggetto di studio cosi limiterà ad un ordine di fatti che le altre scienze non studiano. La sociologia deve rinunciare ai successi mondani ottenuti mediante l'utilizzo di concetti abituali e quindi facili da capire ed accettare dalle persone, e assumere il carattere esoterico delle scienze assumendo dignità e autorità.




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