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Max WEBER
(1864-1920)
PENSIERO Centrale nel pensiero di Weber è l'esigenza di una approfondita riflessione sui metodi che dovrebbero consentire non soltanto alla sociologia, ma a tutte le scienze storico-culturali di rivendicare un autentico carattere scientifico.
Si tratta di elaborare robuste strutture log 444b17e iche che consentano alle scienze storiche e sociali di raggiungere risultati validi e verificabili.
A tale
scopo è però anzitutto necessario chiarire che queste scienze sono avalutative,
non possono decidere nulla circa i "valori", vale a dire circa le
ragioni delle nostre scelte politiche, morali e religiose. Una scienza empirica
non può mai insegnare a nessuno ciò che egli deve fare, ma può insegnargli
soltanto ciò che egli può fare, in base ai mezzi a sua disposizione e alle
condizioni storiche in atto. Politica e scienza risultano perciò distinte
perché le scienze non possono fondare e determinare tali scelte politiche,
morali e religiose. La razionalità è
il metodo per comprendere e operare nelle situazioni storico-sociali in modo
coerente.
La sociologia, considera le
"uniformità di atteggiamento" umano che si realizzano nei fenomeni
storici e sociali. Oggetto della sociologia sono proprio quegli "atteggiamenti
umani che si riferiscono all'agire altrui". Per Weber dunque, a differenza del
positivismo, non ci sono "fatti sociali" originari, e anteriori all'azione
e intenzione dei singoli uomini, ma soltanto forme di "agire
sociale", risultanti dall'atteggiamento di uno o più individui in rapporto
all'agire di altri individui.
I "tipi ideali", vale a
dire i concetti generali di certe realtà storiche e sociali (cristianesimo,
capitalismo, ecc.; Stato, Chiesa, setta, ecc.) hanno un carattere utopico,
poiché indicano dei modelli razionali a cui si deve comparare la realtà per
poterla comprendere. Essi consentono alla scienza storica e sociale di
connettere razionalmente i processi storici e sociali.
Weber però sottolinea anche la tendenza dei processi di razionalizzazione della
vita a trasformarsi da mezzi in fini assoluti, rivoltandosi quindi contro
l'uomo e trasformandosi perciò in irrazionalità. La razionalizzazione del mondo
si profila quindi sempre più come un processo che chiude l'uomo in una sorta di
"gabbia d'acciaio" creata da lui medesimo: il guadagno, divenendo capitale,
da mezzo si trasforma in fine autonomo dotato di proprie leggi.
Alla responsabilità della persona davanti a se stessa si sostituisce quella del
funzionario di fronte all'istituzione e si fa sempre più acuta la crisi dovuta
al contrasto tra i criteri a cui l'uomo obbedisce come specialista, come
professionista, e quelli a cui obbedisce come uomo.
A queste contraddizioni e crisi, provocate dalla razionalizzazione del mondo
tipica della civiltà europea moderna, non è possibile sfuggire; si tratta di comprendere
che la razionalità non è affatto l'opposto della libertà né questa libertà è
una scelta irrazionale, poiché nessuno è mai così libero come colui che muove
da un'esatta e consapevole conoscenza del rapporto tra fini e mezzi. Compito
dell'uomo non è sperare in un impossibile arresto o inversione del processo di
razionalizzazione, ma prenderne coscienza, al fine di muoversi al suo interno
con la maggiore consapevolezza possibile dei motivi ultimi del proprio agire.
Weber si spinge ancora avanti nell'analizzare le condizioni necessarie al buon
funzionamento del capitalismo. Oltre alla morale, indica quali fattori
essenziali, lo Stato di diritto, cioè un sistema di leggi certe e affidabili,
una burocrazia statale efficiente per applicarla.
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