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Appunti di macroeconomia - Le semplificazioni della macroeconomia

economia



Appunti di macroeconomia.


CAPITOLO 1 (leggere)

Le semplificazioni della macroeconomia

La macroeconomia studia le variabili economiche aggregate. I macroeconomisti assumono che il mondo sia molto più semplice di quanto in realtà non sia. Fingono che esista un solo bene con un’unica D e un’unica S in un unico mercato.

Sulla base di tali semplificazioni si possono costruire dei modelli. Occasionalmente le revisioni del sistema teorico sono indotte da eventi storici. Nel ’36 Keynes propose un’interpretazione per la depressione che avrebbe trasformato completamente la macroeconomia. Negli anni ’70 molti paesi attraversarono un periodo di stagflazione (stagnazione + inflazione).

Perché i macroeconomisti sono spesso in disaccordo

Alcuni economisti sono propensi a ridurre le disuguaglianze pur avendo effetti recessivi sull’economia. Altri ritengono, invece, che queste disparità di reddito siano accettabili e che l’attività produttiva sia un obiettivo prioritario.

Esistono diverse linee di pensiero: i progressisti sono più interessati alla distribuzione del reddito ed alla disoccupazione, mentre i liberisti alla crescita ed alla lotta all’inflazione. Le loro opinioni divergenti dipendono dal fatto che gli economisti non possono condurre esperimenti guidati (come ad esempio un chimico).



Uno sguardo sul mondo

Negli USA, dopo la recessione degli anni ’90, l’economia è cresciuta costantemente, l’inflazione e disoccupazione erano basse, mentre in molti paesi europei era elevata. Il Giappone è caduto in una profonda recessione, mentre il sud est asiatico in una grave crisi.

Gli USA

Quando i macroeconomisti osservano un’economia si concentrano innanzitutto su 3 indicatori: la produzione aggregata, il tasso di disoccupazione, il tasso di inflazione.

La storia è ciclica, ossia composta da fasi alterne di espansione e recessione.

La disoccupazione americana è troppo bassa? Alcuni macroeconomisti temono gli effetti inflazionistici di un livello di disoccupazione troppo basso e questo potrebbe causare una recessione. Altri sostengono che le nuove tecnologie della new economy consentano di operare ad un minor tasso di disoccupazione per cui non ci si deve preoccupare.

Il mercato azionario è salito troppo? Alan Greenspan diceva nel dicembre del ’96 che l’aumento del mercato azionario rifletteva una esuberanza irrazionale: l’aumento del prezzo delle azioni derivava da un eccessivo ottimismo, che avrebbe portato ad un declino.

Crescente disuguaglianza salariale. Il salario medio dei lavoratori che non hanno terminato la scuola superiore è diminuito di circa l’1 % annuo. Questa disparità di salario è dovuta dal commercio internazionale e dal progresso tecnologico. I salari relativi non farebbero altro che riflettere l’evoluzione della D di lavoro.

L’UE

È una vera e propria potenza economica: anche se la disoccupazione è ancora molto elevata, si hanno buone notizie sul versante inflazione. C 414b19e ome causa principale della disoccupazione, alcuni indicano l’elevata protezione sociale (assistenzialismo). Secondo altri un’espansione della D potrebbe ridurre il tasso di disoccupazione (moltiplicatore).

L’Italia

Ha un debito pubblico che eccede il 100% del reddito nazionale. Alle radici della recente esplosione del debito vi è l’aumento della spesa sociale non finanziato da un corrispondente aumento delle imposte.

Per quanto riguarda l’inflazione la storia è simile a quella del debito che esplose agli inizi degli anni ’70.

Per la disoccupazione la crescita è stata in Italia, Francia e Germania un’esperienza comune, ma in Italia si è concentrata fortemente in alcune aree del paese ed in alcuni gruppi sociali (divario Nord-Sud).

Il Giappone ed il Sud-est asiatico

L’indice Nikkei è l’indice dei prezzi delle azioni nel mercato azionario giapponese. Nei primi anni ’90 l’impennata ed il crollo del Nikkei fu dovuta da una bolla speculativa. Nel tentativo di stimolare la D la banca centrale giapponese ha ridotto i tassi di interesse, tagliato le imposte ma finora queste misure hanno avuto poco effetto. In Thailandia, invece, la crisi è iniziata quando alcuni investitori esteri hanno deciso di ritirare i loro capitali dal paese.


CAPITOLO 2

Differenza tra variabili flusso e variabili stock

Si pensi alle variabili flusso quale un fiume che fluisce nel tempo: reddito, risparmio, consumo, deficit e PIL!

Infatti chiedere il PIL italiano non avrebbe senso, senza riferimento ad un periodo.

Si pensi alle variabili stock quale un lago: ricchezza, patrimonio e debito pubblico.

PIL, valore aggiunto e reddito

Il prodotto interno lordo (PIL) o gross domestic product (GDP) si può pensare in 3 modi:

È il valore dei beni e dei servizi finali prodotti nell’economia in un dato periodo di tempo (variabile flusso). La parola finali indica che non si debbono contare più volte i beni intermedi (ad esempio: non si contano le gomme della Pirelli se contiamo già le macchine FIAT che montano Pirelli).

È la somma dei valori aggiunti nell’economia in un dato periodo di tempo.

È la somma dei redditi di tutta l’economia in un dato periodo di tempo, ossia la differenza tra il valore prodotto di un’impresa ed il valore dei beni intermedi, che deve prendere almeno una delle seguenti forme: retribuzioni profitti o imposte.

PIL nominale e reale

Il PIL nominale (a prezzi correnti) è la somma delle quantità di beni finali moltiplicate per i loro prezzi correnti. Cresce per due ragioni:

la produzione della maggior parte dei beni aumenta nel corso del tempo

il prezzo di molti beni aumenta.


Per costruire il PIL reale (a prezzi costanti) bisogna scegliere un anno base, quindi si costruisce in ciascun anno come la somma delle Q prodotte valutate al loro prezzo nell’anno base. Ogni volta che si cambia l’anno base la storia viene di fatto riscritta. Per questo motivo gli Stati Uniti hanno iniziato a pubblicare un nuovo indice del PIL reale chiamato indice a catena (chained index) che usa di volta in volta dei prezzi diversi (medi).

Con crescita del PIL si intenderà il tasso di crescita del PIL reale con periodi di espansione e recessione.

Il PIL cambia di anno in anno per 3 motivi:

maggiori o minori Q prodotte

nuove produzioni (fattore in più)

cambio dei P dei beni

Esempio 1: se compro un attico nel 2003 che è stato costruito nel ‘900 questo non rientra nel PIL del 2003, rientrerà soltanto il compenso che prende l’intermediario.

Esempio 2: Siamo in un’isola tropicale dove si producono arance e banane.


Q

P

Valore

arance




banane




PIL 1983






Q

P

Valore

arance




banane




PIL 2003




Quale sarebbe il PIL del 2003 con i P del 1983?

20 X 15 + 60 X 18 = 1380

PIL nominale = + 87% (da 1125 a 2100)

PIL reale = + 23 % (da 1125 a 1380)


I limiti del PIL

non è una misura diretta del benessere. Esempi: Se un ladro ruba la mia autoradio rompendo il vetro dell’automobile il PIL crescerà visto che sarò costretto a riacquistare l’autoradio e riparare l’automobile. Se si producesse la stessa Q di beni in un tempo minore si avrebbe un benessere maggiore, dunque il tempo libero non viene considerato sebbene sia merce rara.

Non tiene conto delle innovazioni tecnologiche: finchè si tratta di beni quali le banane e le arance non vi è problema, ma un computer dell’83 è ben diverso da un computer del 2003! Tale considerazione è definita valutazione edonistica, ovvero la valutazione di un insieme di caratteristiche tra cui l’utilità e l’obsolescenza.

Se vado dal parrucchiere il PIL cresce, se mi taglio i capelli da solo esso non cresce, sebbene il risultato possa essere identico.

Non per tutti i beni esiste un P: se un carabiniere o un professore lavorano bene o male, essi possono cambiare la vita delle persone, ma il valore del loro lavoro è calcolato arbitrariamente (=salario).

Non tiene conto dell’impatto ambientale: problema ecologico

Non tiene conto delle attività illegali e del lavoro in nero, che pure hanno grande rilevanza.

La disoccupazione ed il suo tasso

La forza lavoro è definita come la somma delle persone occupate e di quelle disoccupate: L = N + U

Il tasso di disoccupazione è il rapporto tra i disoccupati e la forza lavoro: u = U/L

L’indagine classifica una persona come disoccupata involontaria se non ha lavoro e se lo ha cercato (almeno nelle quattro settimane precedenti); infatti, soltanto chi è in cerca di un impiego è considerato disoccupato, mentre chi non lo sta cercando viene considerato come “non incluso nella forza lavoro”. Quando la disoccupazione è alta, molti disoccupati non provano nemmeno a cercare un impiego: essi sono i cosiddetti “lavoratori scoraggiati”.

Come caso estremo, se tutte le persone senza un impiego rinunciassero alla ricerca di un posto di lavoro, il tasso di disoccupazione sarebbe nullo.

Disoccupazione ed attività economica: la relazione tra crescita del PIL e variazioni nel tasso di disoccupazione è nota come legge di Okun. L’andamento di una variabile rispetto ad un'altra nel corso del tempo sono chiamate diagrammi di dispersione.

Conseguenze sociali della disoccupazione: la disoccupazione è associata a disagi psicologici e finanziari tutt’altro che trascurabili. I giovani, alcune minoranze etniche ed i lavoratori non qualificati sono la categoria di disoccupati più vulnerabile alla perdita dell’impiego quando il tasso di disoccupazione è in aumento.

Occupazione forza lavoro

Non occupazione Disoccupazione involontaria

Non nella forza lavoro (perché non cercano lavoro)

L’inflazione ed il suo tasso.

L’inflazione è un aumento del livello generale dei prezzi, o semplicemente del livello dei prezzi (o anche una perdita di valore da parte dei beni).

Il tasso di inflazione è il tasso a cui aumenta il livello dei prezzi. I macroeconomisti considerano due indicatori che sono i due indici dei prezzi: il deflatore (RICORDARSI CHE HA UNA “T” SOLA!) del PIL e l’indice dei prezzi al consumo.

Il deflatore del PIL è definito come il rapporto del PIL nominale sul PIL reale nell’anno T, è un numero indice.

Come formula inversa, consegue quindi che il PIL nominale è uguale al PIL reale moltiplicato per il deflatore del PIL.

Esempio: ci rifacciamo all’esempio ed ai dati relativi “all’isola tropicale”.

(Prezzi del 2003 – Prezzi del 1983) / Prezzi del 1983 (anno base) = (P’03 / P’83) -1 =

(2100 / 1380) – 1 = 0,52 => 52% => deflatore del PIL o tasso d’inflazione

- Il pregio del deflatore del PIL è che prende in considerazione tutti i beni prodotti in un’economia.

- Il difetto è che non considera le tecnologie i beni importati.

L’indice dei prezzi al consumo (detto anche PANIERE del consumo medio di una famiglia media). Il deflatore del PIL dà il prezzo medio dei beni inclusi nel PIL, cioè dei beni finali prodotti nell’economia. Alcuni dei beni nel PIL non sono venduti ai consumatori ma alle imprese oppure al Governo o all’estero. Per questo motivo, per misurare il prezzo medio al consumo, o il cosiddetto costo della vita, i macroeconomisti guardano ad un altro indice, ossia l’indice di prezzi al consumo (CPI).

Il CPI ed il deflatore del PIL si muovono quasi sempre insieme, ci sono tuttavia delle eccezioni quando il prezzo dei beni importati aumenta rispetto al prezzo dei beni prodotti all’interno del paese, in questo caso il CPI aumenta più velocemente del deflatore del PIL.

- Il pregio del Paniere è che i beni restano omogenei nel tempo e tiene conto anche dei beni importati.

- Il difetto è l’arbitrarietà della sua composizione.

Inflazione e disoccupazione: quando il tasso di disoccupazione scende, l’inflazione tende a salire e viceversa, questa regolarità empirica è nota come curva di Phillips.

In un’economia con inflazione pura al 10% i prezzi aumenterebbero del 10% ma altrettanto accadrebbe ai salari, l’inflazione sarebbe quasi del tutto irrilevante. In realtà l’inflazione pura non esiste, infatti durante le fasi inflative non tutti i prezzi e salari aumentano proporzionalmente.

L’inflazione crea anche delle distorsioni, tra cui ad esempio quella dovuta al sistema fiscale: se le diverse fasce di imposta non tenessero conto dell’inflazione, le persone passerebbero da uno scaglione all’altro solo per effetto dei P.

Disavanzi commerciali e di bilancio

Il disavanzo di bilancio è l’eccesso di uscite rispetto alle entrate del settore pubblico. Un Governo che presenta un disavanzo accumula debito nel tempo.

Il disavanzo commerciale è l’eccesso di importazioni rispetto alle esportazione nel resto del mondo. Un Paese che presenta un disavanzo commerciale importa più di quanto non esporti ed accumula debito nei confronti dell’estero.


CAPITOLO 3: Il mercato dei beni

La composizione del PIL = produzione aggregata.

Esempio: la stessa auto se comprata da un privato è C, se comprata da un’impresa è I, dai carabinieri è G.

- Consumo (C): componente più rilevante del PIL.

La determinante principale del consumo è sicuramente il reddito (Y), o meglio il reddito disponibile (Yd = Y + TR - T) cioè quello che rimane del reddito percepito dopo aver ricevuto gli eventuali trasferimenti dal governo ed aver pagato le imposte.  Consumo minimo indispensabile per vivere con reddito = 0

Il consumo è una funzione del reddito disponibile, nota come funzione del consumo: C = C(Yd)

La relazione tra consumo e reddito disponibile è data da: C = c0 + c1 Yd

In questo modo stiamo ipotizzando che la funzione del consumo sia una relazione lineare, caratterizzata da due parametri, c0 e c1. Il parametro c1 è noto come propensione marginale al consumo. Esso esprime l’effetto sul consumo di un € aggiuntivo di reddito disponibile.

Per semplificazione T rappresenterà da questo momento le imposte al netto dei trasferimenti.

Sostituendo Yd avremo C = c0 + c1 (Y – T)

E’ da notare, infine, riguardo al consumo, che le imposte elevate lo diminuiscono.

- Investimento (I): talvolta chiamato investimento fisso per distinguerlo dalle scorte di magazzino, è la somma di due componenti: l’investimento non immobiliare (impianti e macchinari) e immobiliare (case o appartamenti).

Gli economisti chiamano investimento l’acquisto di nuovi beni capitali (macchinari ed edifici).

Nei modelli economici troviamo due tipi di variabili, le endogene e le esogene. Nel caso in cui I = Ī, la barretta indica che la variabile è esogena al modello, ovvero è determinata esternamente e per questo costante.

Nota: l’acquisto di BOT non è un investimento, è un’allocazione di portafoglio. Investire significa comprare allo scopo di produrre o aumentare la produzione. (Allocazione interessi; I profitto)

- Spesa pubblica (G descrive la politica fiscale del governo): esclusi i trasferimenti (TR = soldi versati dallo Stato ad altri soggetti senza una contropartita, ad esempio le pensioni) e le tasse (T).

G + TR – T = bilancio dello Stato o deficit pubblico. Se è positivo le uscite sono maggiori delle entrate (deficit).

Il debito pubblico è una variabile stock che corrisponde alla somma dei deficit (variabili flusso) accumulatisi negli anni.

Esempio: ecco perché la confindustria si lamenta se il deficit è troppo elevato: esso ruba i soldi ai consumatori e quindi agli investimenti delle imprese.

- La somma di queste 3 voci rappresenta la spesa nazionale, a cui vanno aggiunte le esportazioni (X) ed escluse le importazioni (Q). La differenza tra X e Q è chiamata esportazioni nette o saldo della bilancia commerciale o surplus degli scambi con l’estero (NX = net export), che può generare un avanzo o un disavanzo.

La differenza tra produzioni e vendite in uno stesso anno prende il nome di investimento in scorte (IS, s sta per stock).

La determinazione della Domanda

Indicando la domanda di beni con Z, risulta che Z ≡ C + I + G + (X – Q) economia aperta (“≡” sta per identità).

Se ignoriamo le esportazioni e le importazioni avremo un’economia chiusa (Z ≡ C + I + G), cioè che non commercia con il resto del mondo oppure che considera il mondo intero. Si assuma inoltre che tutte le imprese producano uno stesso bene e che siano disposte a fornire qualsiasi quantità del bene ad un dato prezzo. Il modello può essere applicato soltanto nel breve periodo.

La determinazione della produzione di equilibrio

Sostituendo C e I si ottiene: Y = Z = c0 + c1 (Y – T) + Ī + G

Questa equazione esprime come la domanda varia al variare del reddito.

Assumiamo che le imprese non abbiamo scorte di magazzino, in questo caso l’equilibrio sul mercato dei beni è dato semplicemente dalla condizione di eguaglianza tra domanda Z e offerta Y di beni (Y = Z) poiché considereremo di solito G e T come esogene. Questa equazione è chiamata equazione di equilibrio.

L’algebra

Riscriviamo l’equazione di equilibrio come Y = c0 + c1Y – c1T + Ī + G

spostando c1Y e dividendo entrambi i lati per (1- c1) otteniamo:

c0 + Ī + G – c1T  1

Y = -------- ----- ------    Y = ----- ----- ------- (c0 + Ī + G – c1T)

1- c1 (1- c1)


moltiplicatore = α spesa autonoma = Ā

La spesa autonoma rappresenta la componente della D di beni che non dipende dal livello di produzione.

Poiché la propensione marginale al consumo (c1) è compresa tra 0 e 1, il moltiplicatore è un numero maggiore di 1.

Quanto più c1 si avvicina ad 1, tanto più grande sarà il moltiplicatore

Considerando una variazione della domanda autonoma di Δ c0, la variazione della produzione è uguale al moltiplicatore moltiplicato per la variazione del consumo: ΔY = moltiplicatore * Δ c0.

È evidente che qualsiasi aumento della spesa autonoma, derivante da un incremento degli I o della G, oppure da una riduzione delle imposte, farà aumentare la produzione in misura superiore all’effetto diretto sulla spesa autonoma.

Nota: se c1 = 1 nessuno risparmia per cui tutto è sempre reinvestito.

se c1 = 0 l’effetto a catena del moltiplicatore non ha generato alcuna nuova D aggiuntiva.

Grafico

Z

+ΔG (oppure + c0 oppure + ΔI etc., cioè +ΔĀ)

Z(Y)



Z A

In questo grafico l’investimento è indipendente dal tasso d’interesse (confronta con curva IS, che, invece, lo è)

 
+ c1




+ΔY


45°

O    Y2 Y* Y1 Y** Y


L’equilibrio (A) è dato dall’intersezione della bisettrice con la curva di domanda Z(Y)

Alla sinistra di A la domanda eccede la produzione, alla sua destra la produzione eccede la domanda.

L’ipotesi di linearità di tutte le funzioni determina un unico punto di equilibrio sempre raggiungibile nonché ottimale (il migliore stato possibile per tutti) ed attrattivo (tende ad essere raggiunto in maniera praticamente automatica).


Perché Y aumenta più che proporzionalmente a G?

t (= tempo)

ΔZ

ΔY





c1 100

c1 100


c12 100

c12 100


c13 100

c13 100




n

c1n-1 100

c1n-1 100

La somma infinita di addendi, se questi diventano sempre più piccoli molto velocemente, converge ad un numero finito, per cui il processo si conclude e non è infinito (come nel paradosso di Zenone).

Si genera un effetto a catena in cui l’aumento iniziale di G genera nuovi redditi per cui nuova domanda di beni.

Ad esempio: se un’impresa trae vantaggio da una nuova infrastruttura, per produrre avrà bisogno di nuovi operai, che a loro volta, avendo a disposizione nuovo reddito, lo impiegheranno in parte per l’acquisto di beni da altre imprese.

Investimento = Risparmio: un modo alternativo di pensare all’equilibrio sul mercato dei beni.

È l’approccio seguito da Keynes.

Il risparmio S è uguale al reddito disponibile al netto dei consumi.

S ≡ Y – T – C

Se da Y = C + I + G sottraiamo le imposte da entrambi i lati e spostiamo il consumo sulla sinistra otteniamo:

Y – T – C = I + G – T chè è semplicemente uguale al risparmio S, per cui possiamo scrivere che:

S = I + G – T oppure I = S + (T – G)

Questa equazione ci suggerisce un altro modo di guardare all’equilibrio nel mercato dei beni.

Il primo addendo è il risparmio privato, il secondo quello pubblico. Se quest’ultimo è negativo il governo ha un disavanzo di bilancio e viceversa.

Il risparmio privato è dato da: S = - c0 + (1- c1) (Y – T). Chiamiamo (1- c1) propensione marginale al risparmio.

Per Robinson Crusoe le decisioni di risparmio e di investimento sono identiche, mentre in un’economia moderna le decisioni di investimento riguardano le imprese e quelle di risparmio le famiglie ed il governo.

Esempio: prendiamo in considerazione il fatto che non vi siano l’estero e la pubblica amministrazione (PA):

Y ≡ C + I

i 10 rimanenti sono una variazione indesiderata delle scorte: questo implica che i piani dei diversi soggetti economici non sono coerenti tra loro, ovvero le imprese hanno prodotto troppo.

Se adotto l’ipotesi che tutte le variazioni indesiderate delle scorte siano I delle imprese allora S = I “ex post” è sempre verificata. Se non adotto quest’ipotesi S = I è verificata “ex ante” ed “ex post” soltanto in equilibrio.

Y ≡ C + S S = I

Nota: “ex ante” = al 1° Gennaio si fanno dei piani. “ex post” = al 31 Dicembre si verifica se corrispondono.

Risorse e impieghi

PIL + Q = totale dei beni disponibili nel paese = C + I + G + X


Risorse Impieghi

Il paradosso del risparmio

Aumentando il risparmio di ogni singolo cittadino, cosa succede alla produzione ed al risparmio aggregato?

Se aumentassimo il risparmio, la D aggregata diminuirebbe (è palese che più risparmio significhi meno consumo e quindi meno D). Il reddito diminuirebbe di conseguenza – ΔY. La produzione di equilibrio diminuirebbe al diminuire di c0. Quando le persone risparmiano riducono i loro consumi ma questa riduzione di consumi a sua volta riduce la domanda e la produzione. I risultati di questo semplice modello sono rilevanti nel breve periodo perché risparmiare nel breve periodo significherà spendere prima o poi nel lungo.

Il paradosso implica dunque che, se tutti risparmiassimo di più, il nostro risparmio aggregato non cambierebbe (o addirittura diminuirebbe).

Questo accade poiché il risparmio S non è indipendente da c1 per cui se c1 diminuisce Y diminuisce:

S ≡ Yd – C

S = Yd – c0 – c1 Yd

S = – c0 + Yd (1 – c1)

S = – c0 + (Y – T) (1 – c1)

S = – c0 + Y (1 – c1) – T (1 – c1)

S = – c0 + (1/(1 – c1)) * Ā (1 – c1) – T (1 – c1)

S = – c0 + Ā – T (1 – c1)

S = – c0 + c0 + Ī + Ĝ - c1T – T + c1T

S = Ī + Ĝ – T (che è la stessa formula che avevamo trovato qualche riga sopra riguardo all’approccio keynesiano).

Giungiamo quindi alla conclusione che S non varia al variare di c1 perché non dipende da c1 ma da altri fattori (Ī, Ĝ e T) perché ci sono due effetti contrapposti che tendono a bilanciarsi: uno che fa aumentare la percentuale di S rispetto al reddito Y, l’altro che fa diminuire il reddito Y. (in pratica risparmi di più su un reddito inferiore)

Escludendo lo Stato S = I

Esercizi pagina 89

Dati:

C = 100 + 0,6 Yd; G = 250; I = 50; T = 100 ricordiamo che Yd = Y – T e che c1 = 0,6

Domande: Y* = reddito di equilibrio = ? Yd = ? C = ? Sprivato = ? Spubblico = ?

Soluzione

Y = C + I + G

Y = 100 + 0,6 (Y – 100) + 50 + 250

Y = 100 + 0,6Y – 60 + 50 + 250

Y(1 - 0,6) = 0,4Y = 340

Y* = 340 / 0,4 = 850

Facciamo una prova di controllo per verificare se il risultato è corretto:

C = 100 + 0,6(850 – 100) = 550

C + I + G = 550 + 50 + 250 = 850 quindi è corretto.

Yd = 850 – 100 = 750

Sprivato = 200

Spubblico = -150 infatti S = I + (G – T) 50 = 50 perché S = I

α = 1/(1- c1) = 1 / (1-0,6) = 1/0,4 = 2,5 Questo valore del moltiplicatore implica che, se G sale di 100, Y aumenta di 250.

In questo modello, però, non si considera l’inflazione (per cui se G aumenta, l’inflazione aumenta)

Domanda: quale cambiamento è necessario in G per aumentare il PIL di 100? (Ricordiamo che Y = PIL).

NOTA: ΔY = αΔG

100 = αΔG

ΔG = 100 / α = 100 / 2,5 = 40

Se G = 250 + 40 = 290 Y = +100

Z = Y = C + I + G

100 + 0,6 (Y – 100) + 50 + 290 = Y

Y = 380 / 0,4 = 950

Domanda: se G è costante, quale variazione è necessaria nelle imposte ? (ovvero: trovato il nuovo G, quanto è T?)

Aumentare G o ridurre le T non ha lo stesso effetto.

950 = 100 + 0,6 (950 – T) + 50 + 250

- 20 = - 0,6 T

T = 20 / 0,6 = 33,33

100 – 33,33 = 66,66 infatti 40 < 66,66 Questo implica che una manovra diretta sulla spesa pubblica ha un effetto più forte di un calo delle Tasse T (aumentare G o diminuire T non ha lo stesso effetto!).

Ipotesi limitanti di questo esercizio sono: 1. il fatto che non venga considerata la durata del calo delle T 2. il livello di output è determinato in larga misura dalla domanda 3. i Prezzi sono costanti.


CAPITOLO 4: I mercati finanziari

Assumiamo, per ora, come semplificazione che esistano soltanto un tipo di titoli quindi un solo tasso d’interesse.

Il tasso di interesse è determinato dalla condizione di uguaglianza tra domanda di moneta e offerta di moneta.

Poiché la banca centrale può variare l’offerta di moneta, la politica monetaria ha un effetto diretto sul tasso di interesse.

La domanda di moneta

Consideriamo due tipi di attività finanziarie: la moneta (che a sua volta si divide in circolante e depositi bancari) ed i titoli (che non possono essere usati per transazioni, ma pagano un interesse).

Le carte di credito non sono moneta: quando usiamo la nostra carta in un negozio, di fatto non paghiamo. Il pagamento avverrà con l’addebito in conto corrente.

Scelta di portafoglio

Qual è il bisogno di moneta rapportato al bisogno di detenere titoli?

Tale decisione è condizionata da due variabili fondamentali: il livello delle transazioni e il tasso di interesse.

La relazione tra domanda di moneta, reddito nominale e tasso di interesse è la seguente (risponde alla domanda: “quanta moneta decido di detenere in base a il mio reddito?)

Md = YL(i)

Un aumento del tasso di interesse riduce la domanda di moneta.

La domanda di moneta aumenta, invece, proporzionalmente al reddito nominale.

La determinazione del tasso di interesse: il ruolo della banca centrale

Ci sono due fornitori di moneta: le banche, che forniscono depositi bancari e la banca centrale che offre moneta circolante. La relazione tra offerta e domanda di moneta è M = YL(i).

Questa relazione dice che il tasso d’interesse deve essere tale da indurre gli individui a detenere una quantità di moenta pari all’offerta di moneta. Questo equilibrio è chiamato curva LM.

Questa curva mostra che un aumento del reddito nominale provoca un incremento del tasso di interesse.

Operazioni di mercato aperto   aumenta la base monetaria (LM verso destra)

Se la banca centrale desidera aumentare lo stock di moneta (H↑), dovrà comprare titoli e pagarli in moneta: in questo modo, farà aumentare la domanda di titoli e scendere il tasso di interesse (operazione espansiva di mercato aperto).

Se vuole diminuire lo stock di moneta, vende titoli e ritira moneta: in questo modo riduce l’offerta di moneta e aumenta il tasso di interesse (operazione restrittiva di mercato aperto).

Ma poiché esistono anche i depositi bancari, la banca centrale non può controllare direttamente tutto lo stock di moneta, può comunque influire su di esso, almeno parzialmente, con queste operazioni.


CAPITOLO 5: il modello IS-LM (anche detta Hicks-Hansen)

Il modello IS-LM serve ad analizzare la determinazione congiunta della produzione e del tasso di interesse per valutare gli effetti delle politiche fiscali e monetarie sull’economia. Introduciamo I come endogeno e non più come esogeno.

I = f (Y, i) gli investimenti sono funzione sia del reddito Y sia del tasso d’interesse i.

Cosa succede al variare di I e di i? Costruiamo la curva IS: (derivata negativamente inclinata)


 


Z E1 ZZ” i1<i0 esempio: 3%

ZZ i1=i0 esempio: 5%


E0 ZZ’ i1>i0 esempio: 8%

La pendenza di ZZ dipende da c1: più è grande più è inclinata

Se i1<i0 ovvero il tasso di interesse diminuisce I e Z aumentano. La curva ZZ rappresenta la domanda in funzione della produzione, per un dato valore del tasso di interesse, i.

Domanda aggregata Z (per due valori alternativi di i che originano due punti di equilibrio): i0 Y0; i1 Y1.

Definizione della curva IS: essa contiene tutti punti che individuano coppie di valori del reddito e del tasso di interesse in corrispondenza dei quali il mercato dei beni è in equilibrio.

Spostamento lungo la curva: passo da un equilibrio ad un altro cambiando i e Y.

Spostamento della curva: variazioni di T o G sposteranno la curva IS nel piano: ogni fattore che fa diminuire il livello di equilibrio della produzione fa spostare la curva IS verso sinistra e viceversa.

 





Y

A sinistra della IS: eccesso di offerta di beni, a destra: eccesso di D.

 
i



+T

i0    A A’


IS’

i1  B

IS

Y

Y0 Y1

Equilibrio nel mercato dei beni (Z = Y) e I endogeno:

questa condizione può essere interpretata anche come la condizione di uguaglianza tra I ed S.

I = I (Y, i) ciò significa che abbiamo introdotto nel modello anche il tasso d’interesse, come già anticipato.

Quanto più alto è il tasso di interesse tanto minore è la probabilità che le imprese si indebitino per investire, quindi, come si vede dal grafico, se supponiamo che il tasso di interesse aumenti, l’investimento diminuisce spostando la curva di domanda da ZZ a ZZ’. Altra ipotesi che introduciamo è che l’investimento in scorte sia nullo.

I = I0 + d1Y – d2i è una funzione lineare in cui d1 e d2 sono parametri numerici che esprimono la proporzione tra la variazione di I e la Z (D di beni). Quindi sostituiamo I alla solita formula:

Y = C + I + G

Y = [c0 + c1 (Y – T)] + [I0 + d1Y – d2i] + Ĝ

Y = c0 + c1Y - c1T + I0 + d1Y – d2i + Ĝ

Y(1 - c1 – d1) = [(c0 - c1T + I0 + Ĝ) – d2i



Giungiamo alla forma funzionale della curva IS:


Y = ----- ----- ---- * [Ā’ – d2i]

(1 - c1 – d1)


α’

La seguente formula (nel riquadro sottostante) è fondamentale per lo svolgimento degli appelli:

d2 (c0 - c1T + I0 + Ĝ) d2

Y = ----- ----- ---- * (c0 - c1T + I0 + Ĝ) – ----- ----- ---- * i = ----- ----- ------------ – ----- ----- ---- * i

(1 - c1 – d1) (1 - c1 – d1) (1 - c1 – d1) (1 - c1 – d1)


1 (1 - c1 – d1)

i = --- Ā’ – ----- ----- ----- * Y

d2 d2





Nota: l’inclinazione deve essere positiva per far pendere la curva IS verso il basso e poterla incrociare, successivamente, con la LM. L’inclinazione della IS dipende dalla misura in cui la produzione di equilibrio varia al variare del tasso di interesse.

La dicitura corretta non è

IS = C + I + G bensì

IS: Y = C + I + G

In questo schema I dipende da i (variabile finanziaria).

 
A questo punto poniamo i = 0

i


(1/d2)Ā’



IS


Y

Ad esempio: se cambia Ā’, la pendenza non cambia, ma si sposta la curva IS.

La funzione Cobb-Douglas

Y = f (K, L) dove K = capitale e L = lavoro

Funzione di produzione Y = L1-γ Kγ

Qual è lo stock ottimo di capitale?

Lo stock ottimo di K (K*) è tale che il suo Rmg (ricavo marginale) è uguale al Cmg (costo marginale) e che il Cmg = i

i = dY / dK = L1-γ γKγ-1 = γ (Y/K) K* = γY / i

Questo conferma che l’investimento in K sia tanto più grande quanto più grande è Y e tanto più piccolo quanto più grande è i: il livello di K è funzione crescente di Y e funzione decrescente di i.

La moneta (introduciamo l’argomento “banconote”)

Introduzione: un tempo il sistema economico si basava sul baratto, poi si passò alla moneta con valore intrinseco (di solito la moneta d’oro, poiché l’oro è un bene scarso e non arrugginisce).

In altri paesi adottavano anche il tabacco o le conchiglie e questo ci fa capire che la rilevanza del bene di scambio è data dalla convenzione sociale stabilita in un determinato luogo.

L’ultimo passo, prima dello stato attuale, fu la moneta convertibile (ovvero vi era la possibilità di convertirla in oro presso la banca centrale). Anche per colpa dell’inflazione, oggi la moneta ha soltanto un valore estrinseco.

Le obbligazioni

Esempio:

Acquistando 100 € di obbligazioni da una società, essa ci promette un tasso fisso annuo del 5%.

Fra 10 anni ci restituirà i 100 € che le avevamo prestato.

In questo contratto ci sono 3 fattori che possono rappresentare un rischio: l’affidabilità dell’emittente, la durata del prestito e la valuta (€ in questo caso), come rivedremo nei prossimi capitoli.

Se il tasso di interesse scendesse, dopo l’acquisto, al 3%, potrei ottenere un capital gain vendendo l’obbligazione ad un prezzo maggiorato, visto che le mie obbligazioni hanno cedola al 5% e non al 3%.

In altri termini, il prezzo delle obbligazioni è inversamente proporzionale al tasso di interesse.

NOTA: Cosa può fare il governatore se vuole aumentare l’offerta di moneta

Oltre a cambiare il tasso di sconto i, può anche ritirare (comprare) dei titoli e cedere in cambio della moneta

La domanda di moneta (Md) e la curva LM.

Essa è stabilita dagli individui in base al loro reddito (funzione crescente) ed al tasso di interesse (decrescente):

(Al contrario della IS) a sinistra della LM si ha un eccesso di offerta di moneta (punto H), a destra si ha un eccesso di domanda di moneta.

 
Md = f(Y, i)

Cambiano Y e i

Y1 > Y0

i0, Y0 Md = M0

i0, Y1 M1 > M0

Definizione: I punti della LM individuano coppie di Y e i in corrispondenza delle quali il mercato della moneta è in equilibrio.

Ms = offerta (supply) di moneta: è rappresentata come una retta poichè è stabilita dalla banca centrale, quindi assumiamo che sia esogena.


 
Md = Y * L(i) = f1Y – f2i

Spostamento lungo la curva:

i i


LM





E1 H

5% E1

i0 A

E0 Md1 (Y = Y1)

3% E0

Md (Y = Y0)

M Y

M0 Ms Y0 Y1

Un aumento del reddito provoca, a parità di tasso di interesse, un aumento della domanda di moneta (Md).

Data l’offerta di moneta (Ms), questo provoca un aumento del tasso di interesse di equilibrio (grafico di sinistra).

La derivazione della curva LM (grafico a destra): l’equilibrio dei mercati finanziari richiede che il tasso di interesse sia una funzione crescente del livello di reddito. La curva LM è positivamente inclinata. Nel punto H non c’è equilibrio: c’è un eccesso di offerta di moneta per cui l’individuo ha a disposizione una Q di moneta giudicata eccessiva. Essere in quel punto significa che il soggetto offrirà moneta e domanderà titoli: il prezzo dei titoli salirà ed il tasso di interesse scenderà, infatti dal punto H la tendenza è quella di muoversi verso il basso.

Sin qui abbiamo considerato genericamente la LM non come retta bensì come curva

 
Spostamento della curva:

i i

LM

LM’

Dati sia lo stock nominale di moneta (M), sia il livello dei P, cambia l’offerta di moneta (nell’esempio del grafico aumenta).

Se l’offerta di moneta sale, il tasso scende.

 



+Ms




i0


i1


M Y

Ms Ms1 Y0

Il mercato della moneta è in equilibrio se Md = Ms (Ms = M/P come da nota)

Md = f1Y – f2i La domanda di moneta è una funzione lineare del reddito e del tasso di interesse.

Una prima espressione della curva LM è, quindi, la seguente:

M/P = f1Y – f2i (fondamentale per gli esercizi!)

Equazione finale della retta LM:

1 M f1

i = ---- * ----- + ----- * Y

Nota: il libro ad un certo punto chiama l’offerta di moneta M/P e non più Ms perché viene meno l’ipotesi dei Prezzi fissi, ovvero M/P è la quantità reale di moneta a disposizione: all’aumentare di P la disponibilità di moneta diminuisce.


 
f2 P f2

i

LM






Y





La curva IS-LM

i

LM


La curva IS rappresenta i punti di equilibrio nel mercato dei beni.

La curva IS-LM rappresenta l’equilibrio in entrambi i mercati (punto E*).

 


E*

i*


IS

Y

Y*

Per trovare il punto di equilibrio E* metto a sistema le equazioni IS e LM, trovando il valore di equilibrio del reddito Y.

Y = C + I + Ĝ

Y = c0 + c1Y - c1T + I0 + d1Y – d2i + Ĝ  (sostituiamo ad i l’equazione finale della retta LM)

Y = c0 + c1Y - c1T + I0 + d1Y – d2[– 1/f2*M/P + f1/f1Y] + Ĝ

Da studiare a memoria !

Se varia una componente di Ā (es.:G) useremo il moltiplicatore γ per trovare la variazione di Y (ΔY) e il nuovo Ye.

Per le variazioni nel mercato della moneta (LM) useremo il moltiplicatore β

 
Y – c1Y – d1Y + d2 * (f1 / f2) * Y = c0 – c1T + i0 + Ĝ + M/P * (d2 / f2)

Y (1 – c1 – d1 + d2 * f1/f2) = Ā + M/P * (d2/f2)


* Ā 1

Y = -------- ----- ------ + M/P * -------- ----- ------ --

(1 – c1 – d1) + d2 * f1/f2 f2/d2 * (1 – c1 – d1) + f1



moltiplicatore della politica monetaria moltiplicatore della politica sociale

Lo spostamento della curva IS (ed il nuovo punto di equilibrio con la LM)

Quindi passiamo alla seguente formula: Y* = Ā + M/P *


solo la distanza tra E* e E’ è, infatti, lo spostamento che genera un nuovo punto di equilibrio.


  Per cui:   ΔY = ΔM

ΔY = γ: ΔY = 1/(1 – c1 – d1) * ΔĀ

i

A/d2 LM

i’ E’


i*    E*

IS’

γ IS

Y

Y* Y’ A/(1 – c1 – d1)


G ↑ => eccesso di domanda di beni => Y ↑ => C ↑ => Z ↑ => Y ↑ => C ↑ etc.

=> I ↑ => Z↑

=> Md ↑ => eccesso di Md => i ↑ => Md

=> I ↓ => Z ↓ => Y ↓

Ne consegue che i è un freno alla crescita economica: siccome consideriamo i la crescita passa da Y* a Y’ (mentre senza i crescerebbe sino al punto di proiezione della curva IS’ sull’asse delle ascisse, e sarebbe superiore).

Lo spostamento della curva LM (ed il nuovo punto di equilibrio con la IS)

i LM LM’




i0 E*

E’

i1 IS

Y

M/P ↑ => eccesso di offerta di moneta => si acquistano titoli => Ptitoli ↑ => i ↓

i ↓ I ↑ => Z ↑ => Y ↑ => C ↑ => Z ↑ => Y ↑ etc.

=> I ↑ => Y ↑

=> Md

Md ↑ => neutralizza parzialmente l’eccesso di Ms

Se f2 (da cui dipende Md) è grande, basta una piccola variazione negativa di i per rimettere in equilibrio il mercato della moneta e quindi gli I aumenteranno di poco, mentre se d2 (da cui dipende I) è grande succede il contrario.

Esercizio n° 3 pagina 137 + domande del prof. (i valori in parentesi in corsivo sono costanti rappresentate dai numeri)

C = 400 (C0) + 0,5 Yd (C1)

I = 700 (I0) – 4000 i (d2) + 0,1 Y (d1)

G = 200

T = 200

L= Md = Md/P = 0,5Y (f1) – 7500i (f2)

Ms = Ms/P = 500

Domanda: trova l’equazione della IS

d2

Ricordiamo che Ā = C0 + I0 + G – C1T

 
Y = ----- ----- ---- * Ā – ----- ----- ---- * i

(1 - c1 – d1) (1 - c1 – d1)

4000

Y = ----- ----- ---- * Ā – ----- ----- ------- * i


4.000

Y = ----- ----- ---- – ----- ----- ------- * i


IS: Y = 3000 – 10.000i

Domanda: trova l’equazione della LM

LM: Md = Ms

Ms/P = f1Y – f2i

Ricordiamo che:

IS: Y = C(Y – T) + I(Y, i) + G

LM: M/P = YL(i)

 
= 0,5Y – 7.500i

LM: i = (- 500 + 0,5Y) / 7500

Domanda: curva IS – LM a sistema

Y* = 3.000 – 10.000i

Y* = 3.000 – 10.000 [(- 500 + 0,5Y) / 7500]

Y* = 3.000 + 666,6 – 0,6Y*

1,6Y* = 3.000 + 666,6

Y* =

i* = [- 500 + 0,5 (2.200)] / 7.500 = 0,08 = 8%

Controlliamo l’esattezza del risultato (andando a sostituire i valori trovati)

Md/P = 0,5 * 2.200 – 7.500 = 500 => LM esatta!

C* = 400 + 0,5 (2.200 – 200) = 1.400

I* = 700 – 4.000(0,08) + 0,1(2.200) = 600

G = 200

C* + I* + G = 2.200 => IS esatta!

Domanda: supponiamo che G aumenti di 500

i

LM

E’


E*

IS’

750 IS

Y


A questo punto si potrebbero rifare tutti i conti sostituendo G = 700, oppure usare questa formula:

Y = γĀ + βM/P

Analizziamo γ perché riguarda uno spostamento della IS.

γ = 1 / [(1 – c1 – d1) + d2 * f1/f2] = 1 / [(1 – 0,5 – 0,1) + 4.000 * 0,5/(7500)] = 1,5

(Trattandosi di un moltiplicatore ed essendo > 1, possiamo dedurre approssimativamente che potrebbe essere corretto)

ΔY = 1,5 * ΔG = 1,5 * 500 = 750

Y1 =

i1 =

Controlliamo l’esattezza del risultato (andando a sostituire i valori trovati)

C** = 400 + 0,5 (2.950 – 200) = 1.775

I** = 700 – 4.000 (0,13) + 0,1 (2.950) = 475

G’ = 700

C** + I** + G’ = 2.950

Domanda: Poniamo che l’offerta di Moneta (Ms/P) aumenti di 500

Y* = M/P

Analizziamo β perché riguarda uno spostamento della LM

β = 1 / [f2/d2 (1 – c1 – d1) + f1] = 1 / [7.500/4.000 (0,4) + 0,5] = 1 / 1,25 = 0,8

ΔY = β ΔM/P = 0,8 * 500 = 400

Y1 = 2.200 + 400 = 2.600

i LM LM’




E*

E’

IS

2.200 2.600 Y

Nota: questa volta sostituisco nella nuova equazione LM e non più nella vecchia!

1.000 = 0,5 (2.600) – 7.500i

i = - 1.000 + 1.300 / 7.500

i = 0,04 = 4%

Domanda: se il governatore volesse far aumentare Y di 100, di quanto dovrebbe essere ΔM/P?

ΔY = β ΔM/P

100 = 0,8 * ΔM/P

ΔM/P = 100 / 0,8 = 125

Domanda: se il governatore volesse, per assurdo, far scendere Y a 2.000, di quanto dovrebbe ridurre G?

ΔY = γΔG

- 200 = 1,5 * ΔG

ΔG = - 200 /1,5 = - 133,3

Deve portare G a 200 – 133,3 quindi a 66,6



ESERCIZIO DI RIPASSO:

Domanda: Nel caso I variasse, immaginando che il coefficiente d2 diventi 4400, mantenendo costanti i dati iniziali, come varierebbe il reddito di equilibrio e cosa succederebbe alla curva IS-LM?

Nota: nel caso in cui la componente autonoma del consumo cambiasse, non cambierebbe più d2, bensì C0.

1 4400

IS: Y = ----- ----- ------- * 1200 – ----- ----- ------- * i


LM: i = (0,5Y - 500) / 7500


Mettiamole a sistema sostituendo i (che prendiamo dalla curva LM) nella curva IS

Il risultato è: Y = 2153,85 (poiché 2153 < 2200 potrebbe essere un numero plausibile)
Adesso troviamo il tasso i = (0,5 * 2153,85 – 500) / 7500 = 0,0769 (7,69%)

Controlliamo l’esattezza del risultato (andando a sostituire i valori trovati)

C = 400 + 0,5 (2.153,85 – 200) = 1.376,925

I = 700 – 4.400 (0,0769) + 0,1 (2.153,85) = 577,025

G = 200

C + I + G’ = 2.153,95 ≈ 2.153,85

Questo risultato indica un periodo di recessione poiché il reddito è passato da 2200 a 2153.

Domanda: cosa farà la banca centrale per far tornare Y = 2200?

Risposta: comprerà titoli per aumentare l’offerta di moneta e quindi spostare la LM verso destra.

Domanda: di quanto dovrà aumentare l’offerta di moneta?

ΔY = β ΔM/P

ΔY = 2.200 – 2153 = 46,25

β = 1 / [f1/d2 (1 – c1 – d1) + f1] = 0,846


Domanda: esprimi con un grafico i valori dell’esercizio di ripasso.

i LM LM’



IS’ E0

E’

E”

IS

Y

Le banche

La banca è, per definizione, un intermediario finanziario.

Nel mondo reale, esistono sia le monete in contanti (che chiameremo circolante), sia i depositi bancari.

Le banche si indebitano a breve termine e prestano a medio/lungo termine.

Questo meccanismo funziona in termini probabilistici: è improbabile che tutti i clienti richiedano la restituzione dei proprio depositi simultaneamente (= “corsa agli sportelli”).

Se cominciasse a circolare la voce (anche se non veritiera) che una banca si trova in condizione di difficile liquidità, questo potrebbe dar luogo ad una “corsa agli sportelli” che porterebbe alla bancarotta (secondo il principio del self-fulfilling, ossia: la previsione o la notizia si auto-generano e quindi avverano per il solo fatto che gli agenti economici se ne siano davvero convinti).

Il ruolo della banca centrale è anche quello di controllare i parametri delle singole banche, ma soprattutto è il prestatore di ultima istanza (lander of last resource), ovvero si impegna a garantire per le banche minori.

Questo fa sì che la “corsa agli sportelli” e l’intervento di ultima istanza stesso non si verifichino, perché convince gli agenti economici che il problema di liquidità non persista.

La banca centrale (BC) impone, inoltre, un livello minimo di risorse, ovvero fissa il coefficiente di riserve minimo (che genera le riserve obbligatorie su cui la BC paga gli interessi).

La banca centrale effettua anche dei risconti, ovvero effettua dei prestiti dietro deposito o pegno di titoli a disposizione delle banche minori. Il tasso di sconto è il costo dei prestiti concessi dalla BC alle banche minori.

Il bilancio delle banche

Bilancio di una banca commerciale

Bilancio della BC

Attivo

Passivo

Attivo

Passivo

Riserve (es.: crediti presso la BC)

Depositi in c/c: moneta versata dai clienti

Titoli

Depositi delle banche (riserve delle banche commerciali)

Immobili

Prestiti

Titoli

Circolante (banconote)

Fattori che determinano l’offerta e la domanda di moneta emessa dalla BC

Md

Domanda Offerta

domanda di circolante CU di moneta di moneta

per la = per la

depositi in c/c    domanda di riserve R BC BC

delle banche


Hot money = H = base monetaria = Q di moneta in circolazione


La domanda di moneta è data da C (! ovvero dal cash = circolante; da non confondere coi consumi!) e da (1 – C), dove (1 – c) sono i depositi.

Domanda di circolante ≡ CUd = C * Md

Domanda di depositi ≡ Dd = (1 – C) * Md (dove D sta per depositi)

Domanda di riserve ≡ R = ζ * D ≈ 0,1 = coefficiente di riserva obbligatorio Rd = ζ (1 – C) * Md

H (hot money)  ≡ offerta di moneta della banca centrale


H = CUd + Rd = C * Md + (1 – C) * Md = Md [C + (1 – C)]


, è un numero > 1.

Il valore dipende da C e ζ. Nota: C = circolante (cash); non confondere col Consumo!

  H

Md = ----- ----- ------------

C + ζ (1 – C)


Il parametro C riflette i gusti dei cittadini la BC non ha un controllo completo sulla Q di moneta.

Il parametro ζ è invece deciso dalle banche private (su cui la BC ha un maggiore controllo perché dipende anche dal tasso di sconto e dal livello di riserva obbligatorio): è il coefficiente di riserva delle banche private.

I due parametri non sono perfettamente prevedibili H non è perfettamente controllabile dalla BC.

Quindi la Q di moneta presente nel sistema è più grande dell’offerta di moneta per la banca centrale, per cui cade l’ipotesi che l’offerta di moneta sia esogena.

Il moltiplicatore dei depositi

Se C = 0 (mondo senza contanti, ma soltanto con carte di credito, assegni etc.) moltiplicatore = 1/ ζ

ΔH = 1 ΔM = 1/ ζ > 1

Esempio con dati semplificati:

Una sola banca privata

Una banca centrale

Una vecchietta vende titoli per 100 € e li deposita in c/c. La banca li metterà a riserva per il 10% = 100/ζ,

mentre (1 – ζ)*100 andranno in nuovi prestiti che si tradurranno in nuovi depositi.

(ζ = 0,1 = riserva obbligatoria del 10%)

Questo è un processo teoricamente infinito che convergerà in un numero finito (come accadeva per il moltiplicatore α):

100 * 10% = 10 a riserva + 90 in prestiti

90 * 10% = 9 a riserva + 81 in prestiti

81 * 10% = 8,1 a riserva + etc.

Non è detto però che questo fenomeno si verifichi sicuramente perché, come già detto, dipende da C e ζ:

i consumi dipendono anche dal valore del risparmio; il valore delle riserve obbligatorie dipende anche da i e R.


CAPITOLO 6: Le aspettative (e = atteso; π = inflazione)

Introduciamo una dimensione intertemporale. Nei modelli analizzati sinora abbiamo immaginato che i P siano fissi e l’inflazione non esista, mentre i reale = i nominale - inflazione

C = c0 + c1 Yd

Il consumo odierno dipende anche dai redditi passati e dalle aspettative per il futuro.

Questo è ancora più vero per quanto riguarda I = I0 + d1Y – d2i e Md/P = f1Y – f2i

Tasso di interesse reale e tasso di inflazione atteso

rt = tasso di interesse reale al tempo t

it = tasso di interesse nominale al tempo t

(1 + rt) ≡ (1 + it) * Pt / Pet+1

dove Pt esprime il livello ottimale dei prezzi, mentre Pet+1 il livello attesa al tempo t+1.

Se i P non cambiano: Pt/Pet+1 = 1

Se i P aumentano: Pt/Pet+1 < 1

Se i P diminuiscono: Pt/Pet+1 > 1

Pet+1 – Pt

πet ≡ ----- ----- --------- variazione futura dei prezzi diviso il livello attuale dei P. =>

Pt

Pt + Pet+1 – Pt Pet+1

=> 1 + πet = ----- ----- --------- = ----- ----- ----- =>

Pt    Pt

1 Pt

=> ------------ = ---------- =>

1 + πet Pet+1

1 + it

=> (1 + rt) = ----------- => (1 + rt) (1 + et) = 1 + it => 1 + rt + et + rt * et = 1 + it => rt ≈ it - et

1 + πet

L’equazione finale dice che il tasso di interesse reale è ≈ al tasso di interesse nominale, meno l’inflazione attesa

I due tassi sono uguali solo quando l’inflazione è nulla.

Quanto più elevato è il tasso di inflazione, minore è il tasso di interesse reale.

Se misuriamo il livello dei prezzi con l’indice dei prezzi ai consumo (CPI), il tasso di interesse reale ci dice a quanto consumo dovremo rinunciare domani per consumare di più oggi.

Valore presente scontato atteso = valore attuale

Il problema dell’imprenditore è quello di valutare se il valore dei profitti attesi è superiore al costo di acquisto del macchinario. Il valore attuale di una sequenza di pagamenti è il valore oggi di questa sequenza attesa di pagamenti.

Il valore attuale di un Dollaro l’anno prossimo è 1/(1 + it). Questa formula è chiamata fattore di sconto,

dove it è il tasso di interesse nominale chiamato tasso di sconto.

Problemi di capitalizzazione e di sconto

Il problema della capitalizzazione pone, sostanzialmente questo quesito: se oggi hai TOT, dato un tasso d’interesse e di inflazione, quanto varranno al tempo t + x? E qual è il valore oggi di un titolo che dà un certo interesse?

Da questi quesiti sorgono problemi di sconto e di capitalizzazione.

Definizione di costo opportunità: è il valore che si perde mantenendo il proprio capitale in moneta anziché investito in titoli (su cui si generano gli interessi).

A questo punto ci chiediamo quale tra rt e it devo usare nella IS-LM

Il tasso di interesse influenza l’investimento nella curva IS e influisce sulla scelta tra moneta e titoli nella LM.

Curva IS

(beni, imprese)

Valore rilevante: r

Curva LM

(inflazione, valore della moneta)

Valore rilevante: i

Analizziamo lo schema: nel decidere l’ammontare del loro investimento, le imprese sono interessate al tasso di interesse reale, ossia a quanto dovranno ripagare in termini di beni (vedi, ad es., prestiti bancari a tasso fisso), quindi per quanto riguarda la curva IS, il valore rilevante sarà r (tasso di interesse reale): Y = C(Y – T) + I(Y, r) + G

In altre parole, la domanda di beni dipende dal tasso di interesse reale.

Per quanto riguarda la curva LM, il valore rilevante sarà i (intereresse nominale), poiché la politica monetaria è interessata al tasso nominale: M/P = YL(i) => M/P = YL(r + πe).

L’inflazione, infatti, guarda al valore d’acquisto della moneta. Il costo opportunità di detenere moneta è uguale a i.

Nota πe = 0 i = r nessuna variazione della curva IS-LM

πe > 0 i ≠ r variazione come da grafico seguente:



  r = i - πe

LM

LM’


r E0

Δ πe r’ E’

r” Δi A A”

IS


1000 Y0 Y1 Y

Precisazione sul Blanchard:

r ↓ => I ↑ => Z ↑ => Y ↑ => Md/P ↑ => i ↑

Questo è vero soltanto se i prezzi sono fissi!


CAPITOLO 7: Investimenti, consumi attuali e futuri in base alle aspettative

Il consumo rappresenta più di due terzi del PIL.

Ct = c0 + c1(Yt-Tt) il consumo è funzione del reddito meno le tasse, ovvero Yd: reddito disponibile.


Il consumatore lungimirante

Consideriamo ora che il Ct dipenda anche dalla lungimiranza sulle proprie aspettative future, per questo introduciamo anche la ricchezza (W). Il consumo è una funzione crescente della ricchezza totale, data dalla somma della ricchezza umana (valore attuale di tutti i redditi da lavoro) e non umana (finanziaria, immobiliare, vincite, eredità etc.).


Esempio sul valore attuale:

anno 2003







R.i.p. L

V.A. = valore attuale = 100 + (120/1+i) + [140/(1+i)2]

Il vincolo di bilancio intertemporale

Il vincolo di bilancio del consumatore ci dice che nessun individuo può spendere più di quanto possiede, ovvero:

il valore attuale del consumo di ogni individuo deve essere uguale al valore attuale della sua ricchezza

È da notare che, anche a livello macroeconomico, è impossibile che tutti consumino più di quello di cui dispongono (C0’): ecco perché sono nati i mercati finanziari, che ridistribuiscono prestiti e risparmi.

Il vincolo ci permette di analizzare le scelte di consumo tra due periodi consecutivi (presente e futuro): per questo lo definiamo intertemporale.


Da 0 a Y0 = reddito da giovane; da 0 a Y1 = reddito da vecchio. Il consumo da giovane è C0, per cui risparmia da C0 a Y0. Y1’+ (Y0 – C0) (1 + i) = reddito da vecchio + risparmio da giovane + interessi = spesa finale da vecchio. Se, invece, il consumo da giovane fosse C0’, ci sarebbe un indebitamento da giovane ed un rimborso da vecchio (quando il salario sarà superiore).

  C1

Y1’ A

Y1   B


C1



0 C0 Y0 C0’ C0


La teoria del consumo basate sulle aspettative (es.: Y0= 10; Y1=12 C0=11; C1=11)

Gli economisti Modigliani (teoria del ciclo vitale) e Friedman (teoria del reddito permanente) svilupparono due teorie che, sostanzialmente, descrivono il fatto che i consumatori tengono conto delle aspettative sui loro redditi futuri.

In particolare, Modigliani, espresse una visione secondo la quale la spesa odierna dipende anche dalla ricchezza futura attesa e dalla tendenza di mantenere un flusso di consumi costante nel tempo (che è rappresentato dalla bisettrice del grafico precedente: equità tra consumi attuali e futuri, risparmi ed indebitamenti). Friedman definì, invece, il reddito permanente come quel valore di reddito che, sostituito ai redditi dei periodi futuri, non ne altera il valore attuale.

Reddito corrente e reddito futuro

Se un individuo si aspetta che, in futuro, vi sarà un aumento del reddito, egli modificherà i suoi programmi in anticipo e cercherà di aumentare il consumo fin da oggi per distribuire nel tempo il maggiore reddito atteso.

Se, invece, la variazione di reddito è temporanea ha effetti minori.

Un particolarità del reddito corrente è che il consumo può variare comunque, anche se esso non muta: ad esempio, una visione ottimista del futuro potrebbe influenzare le aspettative dei cittadini (Governo carismatico).

Vincoli di liquidità

È dimostrato empiricamente che il consumo è molto sensibile alle variazioni del reddito corrente. Una possibile spiegazione è che i consumatori non riescono ad ottenere facilmente prestiti dalle banche, ovvero possono essere soggetti a vincoli di liquidità (sul libro troviamo l’esempio dello studente che calcola il proprio reddito futuro).

Le aspettative negli investimenti (leggere) il presupposto è che l’impresa miri alla massimizzazione del profitto.

Indicheremo con pi greco maiuscolo il profitto ∏, mentre con pi greco minuscolo π indicavamo l’inflazione.

L’impresa svolge tre operazioni prima di investire:

  1. determina la durata dell’investimento (ad esempio l’usura di un macchinario). Il parametro δ è chiamato tasso di deprezzamento e misura l’utilità che viene persa dal macchinario da un periodo ad un altro.
  2. calcola il valore presente scontato dei profitti: tiene conto del fatto che un macchinario non diventa operativo fin da subito, ma ha bisogno di un certo lasso di tempo.
  3. decide se acquistare o no: questo dipende dalla relazione tra il valore attuale dei profitti attesi ed il prezzo dell’investimento: quanto più elevati sono i profitti correnti o attesi, tanto maggiore sarà il livello di I.

CAPITOLO 8: I mercati finanziari

Le obbligazioni sono un contratto in cui un soggetto si impegna, dopo un lasso di tempo, a restituire il capitale a lui prestato, garantendo anche un certo interesse a scadenze prefissate.

Le obbligazioni zero coupon sono titoli che non pagano cedole (ad es.: compro a 20 e fra 30 anni mi rimborsano 100).

Le obbligazioni console, al contrario, non rimborsano ma garantiscono un interesse fisso (ad es.: pagando 100, non si avrà mai diritto al rimborso, bensì ad un interesse annuo di 4).

Rischi delle obbligazioni: 1. di default/di insolvenza/bancarotta (dipende dalla solvibilità dell’emittente): è il rischio che il titolo non venga rimborsato totalmente come pattuito 2. evoluzioni del prezzo di mercato 3. La maturità/durata (breve/medio/lungo) 4. tasso di rendimento (può essere fisso o variabile; Il tasso forward è il tasso di interesse futuro che il mercato si aspetta oggi) 5. valuta (es.: €/$ etc.)

Nota: La relazione tra rendimento e maturità genera .




. La curva dei rendimenti (elaborazione relativa ai prezzi dei futures su tassi a breve termine, pubblicata ogni giorno su “Il sole 24 ore”)


  1. La teoria dei mercati segmentati: sul mercato finanziario ogni soggetto ha un suo “habitat naturale” (ad es.: se si tratta di un fondo pensionistico avrà un “orizzonte naturale” di lungo termine, mentre un gestore di tesoreria di breve). Se i mercati sono segmentati, è come se esistessero differenti mercati con orizzonti di scadenza differenti nel tempo.
  2. La teoria delle aspettative future: il concetto si rifà alla già espressa teoria di Modigliani e verrà approfondito nel modello semplificato.
 

Rt > rt => rt ↑ => Ptitoli a breve ↓. Al contrario, se la curva fosse negativamente inclinata, i mercati finanziari si aspetterebbero che i tassi di interesse a breve diminuiranno.


 

Modello semplificato: immaginiamo di avere a che fare con due tipi di BOT: scadenza ad un periodo oppure 2 periodi.

(Ricordiamo che i BOT non hanno cedola, ma soltanto un rimborso facciale, ad es.: 100, ed un prezzo d’acquisto inferiore ad esso, ad es.: 98: alla scadenza si ritireranno 100/100 dopo averli pagati 98/100).

Supponiamo anche che non esista incertezza nei mercati, per cui il futuro sia certo.

L’operatore che ha esigenze di liquidità a breve ha di fronte a sé una scelta tra due opzioni: comprare un titolo a breve (1 periodo) oppure un comprare un titolo a medio/lungo (2 periodi) per poi rivenderlo a breve.

Dati:

Rt = tasso d’interesse annuo sul titolo con durata 2 periodi

rt = “ “ “ “ “ “ “ 1 periodo

P1t = prezzi al tempo t del titolo a breve (1 periodo)

P2t = “ “ “ “ “ “ “ lungo (2 periodi)

Ht = rendimento ottenuto detenendo per 1 periodo un titolo di durata 2 periodi.

1 rimborso alla scadenza (base unitaria)

1 + rt ≡ -----

P1t prezzo d’acquisto (ad es.: 0,98)

Ne consegue:

P1t+1 = 1 / (1 + rt+1)

P2t = 1 / (1 + Rt)2


P1t+1    1 / (1 + rt+1) (1+Rt)2 poichè “R“ e “r“ sono entrambi numeri “piccoli“ allora

1 + Ht ≡ ------ sostituendo: ----- ----- ------- = ------------- possiamo fare una “approssimazione logaritmica“ e soste-

P2t 1 / (1 + rt)2 1 + rt+1 nere quanto segue : Ht ≈ 2 Rt – rt+1

rt = Ht

rt = 2 Rt – rt+1

Rt = (rt + rt+1) / 2

Sottraendo da entrambi i lati rt giungiamo ad un’importante conclusione:

rt+1 = E = aspettativa

rt+1 – rt

Rt – rt = --------- ovvero: la differenza tra i tassi è uguale alla loro media.

2 Questa equazione potrebbe essere rilevante ai fini dell’esame (ecco perché è importante) J


se rt > Ht => P1t ↑ => rt ↓ => la curva dei rendimenti sarà crescente!

Se il tasso degli investimenti a lungo termine è superiore rispetto a quelli a breve, questo potrebbe indurci a pensare (erroneamente) che convenga comprare dei titoli a lungo (con tasso superiore) per poi rivenderli a breve.

In realtà non è così semplice, visto che, dopo un periodo soltanto, si potrà incassare un valore inferiore rispetto a quello del rimborso finale. Poiché abbiamo ipotizzato la certezza dei mercati, la scelta sarà totalmente indifferente: il rimborso inferiore compenserà il tasso superiore.


Le azioni

Sono quote rappresentative del capitale proprio della società, attribuendo al proprietario dell’azione la qualifica di socio o azionista. Il valore di mercato delle azioni dipende da molti fattori, in particolare dalle aspettative di crescita della società e dalle variazioni del mercato: (Pt+1 + dt) / Pt     (d = dividendo, P = prezzo t = tempo).

Il prezzo di un titolo, inoltre, varia inversamente al tasso di interesse nominale corrente.

Se le azioni scendono significa che, al P di ieri, c’era un eccesso di offerta ed il prezzo dovrà scendere fino a tornare al punto di equilibrio con la domanda. Esempio:

Ultimo Prezzo: 12,67

Quantità per le quali si è disposti a vendere/comprare

Denaro (P al quale vengono domandate le azioni): 12,65


Lettera (P al quale vengono offerte le azioni): 12,68


Le holding (le scatole cinesi)

Società A (1.000 € capitale sociale) emette capitale => Società B acquisisce il 50%+1 delle azioni di A => Società C acquisisce il 50%+1 delle azioni di B.

Le società B e C sono holding. La società C controlla sia B sia A, ma con un capitale di soltanto 251 €.

La società C acquista un bene a 100 e lo rivende ad A a 1.000, per trasferire gli utili da A a C ed eludere gli interessi dei piccoli azionisti (azionariato diffuso: Mkt che è, comunque proprietario di 749 € su 1.000!).

Il mercato azionario

Con le azioni non c’è obbligo di rimborso del capitale.

Es: se compro 100 e vendo a 110

NOTA BENE: (Pt+1 + Dt+1) / Pt ≡ 1 + Ht dove Ht è il rendimento ottenuto e D è il dividendo, Pt+1 il capital gain.

Le aspettative sul prezzo delle azioni

Gli esiti aggregati dipendono dalle aspettative aggregate. Le opinioni comuni tendono spesso a non realizzarsi: se tutti pensassero che certe azioni potranno salire in futuro, è probabile che le abbiano già comprate tutte, per cui in futuro non potranno che scendere.

Et (1 + Ht) = 1 + r r è costante per semplificazione.

“La mia aspettativa oggi, riguardo alla mia aspettativa di domani per dopodomani, è uguale alla mia aspettativa oggi per dopodomani.”

Iterando questo ragionamento all’infinito giungiamo alla formula del “NOTA BENE”.

 
Con una previsione perfetta (perfect forsight) le aspettative si realizzano sempre (ex post). In un mondo stocastico, però, la previsione non è mai perfetta. L’aspettativa razionale, invece, è una situazione nella quale tutta l’informazione disponibile è usata per avvicinarsi il più possibile alla realtà, senza commettere errori sistematici (ovvero imparando dai propri errori).

Et [(Pt+1 + Dt+1) / Pt ] = 1 + r

1/ Pt * E [Pt+1 + Dt+1] = 1 + r

poiché l’aspettativa di una somma è la somma delle aspettative .

Pt = [1 / (1 + r)] * Et (Pt + 1) + [1 / (1+ r)] * Et (Dt+1)

Ma se è vero al tempo t assumiamo allora che sia vera anche al tempo t+1.

Per cui consegue che = Et+1(Pt+2). (Bootstrap di equilibrio: il valore di una variabile non dipende da altre variabili, ma dal valore attuale della variabile stessa).

Questo è vero a meno che non giungano altre informazioni aggiuntive che costituiscono una SORPRESA che modificherà le aspettative: la teoria dei mercati efficienti sostiene, appunto, che un mercato è considerato efficiente se il Prezzo riflette tutta l’informazione disponibile e rilevante, oppure se tutte le variazioni di Prezzi sono esogene e prive di inerzia. In un mercato efficiente il valore delle azioni dipende esclusivamente dal sopraggiungere di nuove informazioni sui dividendi futuri.   questa parte è denominata Bt

Ovvero: Valore fondamentale +

Termine di bolla (Bt) =

Prezzo delle azioni


 
NOTA BENE

∞ 1 J Et * Pt + T

Pt = * ------- * Dt+1 + lim

J=1 1 + r T→∞ (1 + r) T


Secondo la finanza classica Bt = 0, quindi Pt dipende dal valore attuale della somma dei dividendi attesi scontati (e da r).

Questo significa, in poche parole, che il valore FONDAMENTALE di un’impresa dipende esclusivamente dalla sua capacità di generare profitti. Da ciò deriva la teoria del “Buy & Hold” (compra e detieni), che sostiene che non abbia senso vendere le azioni perché il loro rendimento è certo (l’informazione non è costosa, gli agenti sono totalmente razionali e le variabili passate non influenzano quelle future).

Gli elementi empirici che hanno messo in crisi questa teoria sono stati i “crash” dei mercati (ad es.: il crash dell’Ottobre ’87, quando non ci fu nessuna notizia, ex ante, che fosse in grado di spiegare perché, nel giro di poche ore, il mercato fosse collassato).

Secondo la finanza moderna, infatti, Bt è un cosiddetto termine di bolla, per cui il P delle azioni può salire in maniera eccessiva (overshooting) rispetto al loro valore fondamentale (reale), generando una reazione anch’essa eccessiva (overreaction).

LA BOLLA SPECULATIVA (riguarda una speculazione sulle aspettative dei Prezzi e non più sui dividendi).

Essa è possibile innanzitutto poiché il prezzo delle azioni non ha tetto: se esistesse, nessuno comprerebbe le azioni perché, ragionando all’indietro, la dinamica di bolla morirebbe (la bolla scoppierebbe) sul nascere.

Nessuno riterrà conveniente comprare al tempo t9, sapendo che al tempo t10 si giungerà al tetto massimo (oltre il quale non si potranno generare profitti). Ma, sapendo che al tempo t9 le azioni saranno vendute, non verranno comprate neppure al tempo t8 e così via.

Molti economisti sostengono che il prezzo delle azioni non è sempre uguale al loro valore fondamentale, ma che a volte esse sono sopra o sottovalutate, e che una sopravalutazione, prima o poi deve cessare e generare un tracollo (scoppio).

Questo accade anche se la condizione di arbitraggio (che sostiene non esista profitto a rischio nullo) è soddisfatta.

Le bolle speculative razionali

Il prezzo delle azioni potrebbe aumentare semplicemente perché gli operatori se lo aspettano. Essi continuano a comportarsi razionalmente, pur essendo coscienti di trovarsi in presenza di una bolla speculativa.

Le fads

Il prezzo delle azioni potrebbe aumentare anche soltanto per il fatto che sono già aumentate in passato.

Queste deviazioni dal loro valore fondamentale sono denominate fads (mode).

Lo scoppio della bolla speculativa e la curva IS-LM

Esempio: il Nasdaq, dopo il boom delle speculazioni su internet, ha subito un ridimensionamento in negativo.


IS1 = anni del boom di internet

IS2 = scoppio della bolla

LM2 = Greenspan (direttore della “Federal Reserve”) per contrastare lo scoppio e mantenere costante Y (E0 = E2) ha abbassato la LM abbassando il tasso di sconto: ha aumentato l’offerta di moneta e ha spostato la Ms verso destra.

  i  LM

LM2

i0 E0


i2 E2 IS IS1

IS2

Y


CAPITOLO 9: Le aspettative nel modello IS-LM

Equazione alternativa della curva IS: Y = A(Y, r, T) + G

Il reddito, il tasso reale e le tasse indicano la spesa privata, mentre G la spesa pubblica.

La spesa privata è una funzione crescente del reddito corrente Y (o futuro atteso Y’), mentre è una funzione decrescente delle imposte correnti T (o future attese T’) e del tasso di interesse reale corrente r (o futuro atteso r’).

Se teniamo conto delle variabili (aspettative) future (attese) l’equazione diventa la seguente:

, per cui un aumento di T ha conseguenze simili ad un aumento di T’e, ma poiché la IS è più inclinata stimola meno gli investimenti.

Quanto più alto è il coefficiente di r, tanto più piatta sarà la IS.

Poiché r < i (in quanto i = r + πe), nella formula della IS,

r sostituirà i e moltiplicherà d2 di un valore inferiore a i.

  IS: Y = A(Y, Y’e, r, r’e, T, T’e) + G dove per ‘e intendiamo « futuro atteso »

r corrente






IS

Y corrente

Nota: rispetto al caso senza aspettative la curva IS è più inclinata perché:

  1. il moltiplicatore è più piccolo
  2. le variazioni del reddito percepite come transitorie hanno un effetto limitato, perché, se ci si aspetta che tutto torni presto come prima della variazione, tale variazione è poco influente.
  3. il reddito permanente è considerato come media dei redditi correnti e futuri
  4. il tasso di interesse atteso ha un effetto pari a ½d2 anziché d2 (in quanto media biperiodale)

Per quanto riguarda la curva LM: M/P = YL(i)

La decisione circa la quantità di moneta da tenere dipende principalmente da Ycorrente e da ibreve termine.

Le aspettative non rientrano nel modello LM, per due motivi:

1. lo scopo delle transazioni è l’acquisto delle merci (e questa è una funziona del Y corrente: all’aumentare della disponibilità di moneta, per esempio dovuta ad una vincita, si deterrà più moneta).

2. il tasso di interesse nominale è il costo che si sostiene per detenere moneta.

Il tasso nominale è dato da quello reale più l’inflazione attesa, come da formula seguente: i = r + πe.

Ipotizziamo ora un caso di economia priva di inflazione: π = πe = 0 per cui i = r + o i = r

Quindi abbiamo la possibilità di far incrociare la IS (a tasso reale) e la LM (a tasso nominale).


La BC può influenzare in modo diretto icorrente.

Dal grafico notiamo che la banca centrale, in questo caso, ha più potere del Governo.

  r corr.

LM LM’’



ra A C


rb B

IS IS’’

Y corr.

YaYbYc


LM’: M’/P’ = Y’*L(r’)

Se ΔT’>0 => IS verso sinistra (dovuto all’aumento delle tasse).

Se la banca centrale aumenta l’offerta di moneta, la curva LM va verso destra, quindi T’e sale, Y’e è costante, r’e diminuisce di molto.

L’intervento della Banca Centrale ha permesso di aumentare le tasse, senza diminuire il reddito (politica espansiva/accomodante)

  Per determinare un modello di previsione futura, ipotizziamo 2 periodi: 1. oggi 2. domani (3. fine del mondo).

rfuturo

LM’

LM’’

r’a A

r’b B

r’c C IS’

IS’’

Yfuturo

Ya’≡Yc’

Cenni storici : Fino agli anni ‘70 le aspettative non erano considerate (questo concetto si rifà alla teoria degli “animal spirits”, ossia le variazioni erano ritenute inspiegabili) oppure si basavano esclusivamente sul passato (aspettative adattive, ossia variazioni passate = variazioni future).

Successivamente Lucas e Sargent proposero le ipotesi di aspettative razionali ossia sfruttare tutte le informazioni disponibili e rilevanti per evitare errori sistematici, basandosi sull’idea che le persone guardano al futuro cercando di prevederlo.

Nel 1992 (gli USA uscivano da una recessione), Clinton vinse le elezioni e poi sconfisse il deficit in 3 mosse:

tagliando la spesa pubblica (militare) e aumentando le tasse lentamente e progressivamente nel giro di 5 anni.

realizzando opere pubbliche soltanto nel breve periodo

facendo in modo che la Federal Riserve (Greenspan) abbassasse i tassi di sconto (con una politica espansiva).

L’amministrazione Clinton riuscì a convincere i mercati finanziari che la riduzione del disavanzo avrebbe abbassato il tasso di interesse futuro, come si poteva notare dalla curva dei rendimenti del 1992 positivamente inclinata.

Tuttavia, è difficile valutare quanto di questo aumento della produzione fosse dovuta alla ripresa della fiducia e quanto alla manovra fiscale. Ciò che è sicuro al 100% è che il programma di riduzione del disavanzo fu incredibilmente positivo sino a giungere ad un surplus di bilancio.


CAPITOLO 10: I mercati reali e finanziari in economia aperta

Introduzione: essa considera scambi di beni/servizi (banche, trasporti, assicurazioni, etc.)/capitali (cambi di valuta etc.).

Con l’introduzione della C.E., la nascita dell’Euro, l’abolizione dei dazi, dei vincoli e con la fine del protezionismo l’economia è diventata sempre più aperta. Esistono alcuni settori che sono più (vedi quello automobilistico) o meno esposti (telecomunicazioni italiane) alla concorrenza internazionale.

Per beni commerciali intendiamo quelli che competono con i beni esteri sia sul mercato interno sia sui mercati esteri.

La seguente formula è un indice per misurare l’apertura di un’economia: (X – Q) / Pil

In un’economia di piccola entità quale Singapore, questo indice è addirittura > 1!

Questo è possibile poiché le esportazioni e le importazioni includono anche i beni intermedi.

Differenza tra svalutazione e deprezzamento: spesso questi due termini vengono usati erroneamente come sinonimi.

La svalutazione si ha in un regime di cambi fissi in cui l’autorità monetaria decide di cambiare il tasso di cambio tra valute. Esempio: nel ’92 vi fu l’ultima svalutazione della £ nei confronti del Marco Tedesco: prima di tale svalutazione il tasso di cambio non poteva, per legge, mutare di più del 6% rispetto alla parità centrale di 748 £ per Marco.

A seguito di una forte crisi speculativa tale parità cessò di esistere e la lira poteva fluttuare liberamente.

In quel periodo l’Italia si trovò ad un passo dal Default (infatti i tassi di interesse che dovette concedere lo Stato italiano furono altissimi, poiché vi fu la paura che il Governo non potesse più onorare i propri debiti).

Per deprezzamento, invece, intendiamo la perdita di valore di una valuta per effetto delle transazioni di mercato.

Il tasso di cambio nominale = exchange rate = E (attenzione a non confondere “e” delle aspettative)

È definito come il numero di unità di moneta di nazionale che si possono ottenere per un’unità di moneta estera

Ad esempio, oggi il tasso tra Euro e Dollaro è il seguente: € = 1,12 $

Per sapere quanti € devo vendere per avere 1$ dovrò fare: 1 / 1,12 = 0,89 ci vogliono 0,89 € per comprare un $.


NOTA: le condizioni per migliorare e fare in maniera che i prodotti europei siano più competitivi sono 3:

E ↑ 2) P* ↑ 3) P ↓


  Ne consegue che se l’indice E sale, l’Euro scende

Il tasso di cambio reale =

E P* Tasso di cambio nominale per P*


P Prezzo interno

P e P* possono anche essere considerati quali deflatori del Pil.

Il tasso di cambio reale è un numero indice e pertanto non ha significato in termini assoluti; tuttavia, le sue fluttuazioni ci dicono se i beni esteri diventano più o meno costosi.

I tassi di cambio possono essere bilaterali (ad es.: €/$) o multilaterali (media ponderata contro tutte le valute estere).

Chiedere soltanto se una moneta si è indebolita o rafforzata, senza riferirsi ad altre valute, infatti, non ha senso.

Le variazioni dei tassi di cambio reali o nominali sono chiamate apprezzamenti o deprezzamenti reali o nominali.



Il saldo delle partite correnti è dato dalla somma delle seguenti 3 voci:

Export – Import = X – Q (se positivo è detto avanzo commerciale, se negativo disavanzo commerciale)

= saldo della bilancia commerciale

Redditi da investimenti italiani all’estero (voce in entrata)

– redditi da investimenti stranieri in Italia (uscita)

= reddito netto da investimenti

Trasferimenti netti (ad es.: donazioni all’Unicef per i paesi poveri oppure rimesse degli immigrati italiani all’estero: costituiscono capitali che entrano/escono senza contropartita)

Se il risultato è negativo c’è stata una variazione di tipo patrimoniale: un po’ di ricchezza è uscita dal Paese.

La scelta di portafoglio in un mercato finanziario integrato

Semplificazioni: - I = allocazioni di portafoglio

- Bot europei sono privi di “Spread” (= differenza di rendimento tra i titoli dei paesi della comunità).

Domanda: mi conviene investire in titoli del tesoro americani oppure europei?

Ex ante, non deve poter essere possibile guadagnare sullo spread tra i titoli americani ed i titoli europei.

Ex post, a seconda del verificarsi o meno delle aspettative, potrebbero di fatto esistere delle speculazioni di cambio.

Ricordiamo che, per arbitraggio, si intende una condizione di profitto a rischio nullo.


nella formula sono già considerate le aspettative

il segno “=”

  Condizione di arbitraggio

Eet+1

1 + it = (1 + it*) -------

Et


Eet+1 – Et Eet+1 – Et Eet+1 - et

+ it = (1 + it) 1 + ----- ----- ----- = 1 + it* + ----- ----- ---- + ----- ----- --------- . it*

Et E Et


n° ≈ 0


A MEMORIA!

 


  Eet+1 – Et

it ≈ it* + ------------

Et


Se > 0 i mercati attendono un indebolimento dell’Euro.

Ma se già si prevede che l’Euro si indebolirà, questa previsione verrà compensata da un tasso di interesse maggiore concesso sui titoli europei: ecco, in poche parole, perché non esiste arbitraggio.

Esempio: Nel settembre del ’93 i titoli brasiliani rendevano un tasso di interesse mensile del 36,9% che, se paragonato ad un tasso annuo sui titoli statunitensi del 3%, sembra molto conveniente. Il deprezzamento del cruzeiros, però, era così elevato che, applicando la formula dell’arbitraggio, risulta che il rendimento in Dollari dell’investimento in titoli brasiliani era, in realtà, solo 1,7% mensile e non 36,9%. Questo valore è comunque più alto di quello statunitense, se però consideriamo anche il rischio ed i costi di transazione potremmo decidere di non investire i nostri fondi in Brasile.


CAPITOLO 11: Il mercato dei beni in economia aperta

Domanda nazionale di beni: Z = C + I + G – Q + X dove Q è espresso in termini di beni in valuta nazionale.

Q = Q( , Y) dove: è inversamente proporzionale alle importazioni mentre Y è direttamente proporzionale ad esse.

X = X( , Y*) dove sia sia Y sono direttamente proporzionali alle importazioni.

, Y* esogeni

DD – Q = AA

ZZ – X   = AA

E0 = saldo della bilancia commerciale in equilibrio (ovvero X = Q)

DD = domanda nazionale di beni nazionali

ZZ = dom. di beni nazionali in economia aperta

Y1 = punto di equilibrio in economia chiusa

Ye = punto di equilibrio in economia aperta

La retta del grafico inferiore rappresenta l’andamento della bilancia commerciale: a destra di Y si ha un disavanzo ed a sinistra un avanzo.

Equilibrio iff (= se e solo se) Z = Y

Notiamo da questi grafici che, se l’economia è in equilibrio, i conti con l’estero tendono ad essere positivi.

  Z = dom  E0 DD

ZZ

AA







Y1 Ye Y0 Y

NX=X–Q

avanzo



0 Y Y

disavanzo

Il dilemma della politica economica


Y0 = piena occupazione

Y1 = equilibrio della bilancia commerciale

Ye = situazione di partenza

In questo caso è impossibile fare una politica che metta in equilibrio sia l’occupazione sia la bilancia commerciale:

con una politica espansiva si ha l’equilibrio di occupazione

ma peggiora i conti con l’estero;

con una politica restrittiva si ha l’equilibrio della bilancia commerciale, ma peggiora l’occupazione.

La condizione in cui l’occupazione ed i conti con l’estero sono entrambi in equilibrio è un caso raro e particolare, in cui la bisettrice, la DD e la ZZ si incrociano nello stesso punto.

  Z = dom    bisettrice

ZZ’


ZZ





Y

Y1 Ye Y0

NX







Y

Y1


Il moltiplicatore dell’economia aperta

(Dati = 1; i = r costante = esogeno) NB: Q = q1Y

X = x1Y*

Z = Y

C + I + G – Q + X = Y

[c0 + c1 (Y – T)] + (d0 + d1Y – d2r) + G – q1Y + x1Y* = Y

raccolgo i termini in Y

Y = (c1 + d1 – q1)Y + (c0 – c1T + d0 – d2r + G +x1Y*)


1 1

Y = ----- ----- -------------

1 – (c1 + d1 – q1) (1 – c1 – d1 +q1) parte dell’incremento di produzione va all’estero!


= il moltiplicatore dell’economia aperta è più piccolo perché q1 è > 0 : ά < α

Quindi un aumento della spesa pubblica genera un aumento di reddito inferiore rispetto a quello dell’economia chiusa.


Spostamento della curva o lungo la curva NX

ΔY = άΔẬ = G

NX ≡ X – Q => ΔNX = ΔX – ΔQ = – q1ΔY = – q1άΔG

1. Come varia NX se aumenta G?

Z = dom  DD

ZZ






Surplus della bilancia commerciale (NX)

Y0 Y1 Y

NX=X–Q




0 Y Y



(le distanze indicate coincidono)

Si tratta di uno spostamento lungo la curva NX!

2. Come varia NX se aumenta Y* oppure se aumenta X?

Se l’economia americana cresce, è positivo anche per l’Europa che esporterà di più

Y* ↑   => X↑

Reddito straniero aumenta

=>

Esportazioni europee aumentano

 
Z = dom  DD (economia chiusa)

ZZ’ (aumento delle esportazioni : ↑X)

ZZ (economia aperta)







L’incrocio tra DD e ZZ rappresenta l’equilibrio di NX

L’incrocio tra la bisettrice e la ZZ rappresenta un avanzo/disavanzo.

 
Y0 Y1 Y2 YUnione Europea

NX=X–Q = surplus


ΔX


0 Y YUE



Si tratta di uno spostamento della curva NX!

3. Cosa succede negli USA in seguito a questa variazione di NX nell’UE?

Z = dom  DD’ DD

La crescita degli USA (si parla di “locomotiva americana”) traina la crescita della UE.

Se l’espansione fiscale fosse stata attuata anche nella UE, ciò avrebbe compensato il deficit USA.

Nota: stiamo considerando un’economia a prezzi fissi, priva di inflazione, per cui una politica di tipo espansivo ha soltanto pregi!

 
ZZ’

ZZ







Y0 Y1 YUSA

NX=X–Q = deficit




0 YUSA



Condizione di Marshall – Lerner (dimostrazione empirica)

↑ => deprezzamento reale del cambio => competitività ↑ => aumento delle esportazioni nette

Il deprezzamento induce una variazione della domanda, sia estera sia interna, a favore dei beni nazionali. Questo genera a sua volta un aumento della produzione interna ed un miglioramento della bilancia commerciale e genera un effetto “J”:

NX = X - Q NX

↑ => 1. X ↑ => NX ↑

2. Q ↓ => NX ↑ NX ↑

3. effetto prezzo => NX ↓ tempo

Risparmio, investimento e disavanzo commerciale

Z = C + I + G – Q + X => NX = S + (T – G) – I =>è una relazione tra NX, il risparmio (2 forme) e I.

L’equazione ci suggerisce alcune importanti considerazioni:

Riassumendo: AVANZO: alto risparmio non compensato da I; DISAVANZO: alto I non compensato dal risparmio.


CAPITOLO 12: La politica fiscale e monetaria a cambi fissi o flessibili
(cosa determina E? In che modo il Governo lo influenza?)

Espansione e contrazione fiscale

Esempio di politica fiscale: supponiamo che il Governo decida di aumentare le imposte mantenendo invariata la spesa pubblica per far fronte a disavanzi di bilancio. Una politica di questo tipo, con l’obiettivo di ridurre il disavanzo di bilancio è chiamata contrazione fiscale (al contrario, una crescita del disavanzo, dovuta ad un incremento della spesa o a una riduzione delle imposte, è chiamata espansione fiscale).

La diminuzione del disavanzo potrebbe ridurre gli I, almeno nel breve periodo

Il primo problema da considerare è come l’incremento delle imposte influenza l’equilibrio sul mercato dei beni.

L’aumento delle imposte fa diminuire il consumo e la produzione e spostare la curva IS verso sinistra.

La curva LM non si sposta perché le imposte non compaiono nella sua equazione.

Espansione e contrazione monetaria

Esempio di politica monetaria: un aumento dell’offerta di moneta è chiamato espansione monetaria, mentre una diminuzione contrazione monetaria. Effetti dell’aumento dell’offerta di moneta: M non appare nell’equazione della IS, quindi una sua variazione non ha effetto sulla curva, mentre sposta la LM verso il basso.

Una stretta monetaria riduce la produzione, aumenta il tasso di interesse e apprezza i cambi.

L’equilibrio del mercato dei beni

Y = C(Y – T) + I(Y, r) + G + NX(Y, Y*, Y dipende da Y* (esogeno), r,

Un aumento di (deprezzamento reale) provoca un incremento delle esportazioni nette (NX), come già detto.

Un aumento del tasso di interesse reale genera una riduzione della domanda di beni nazionali.

Un aumento del tasso di cambio reale fa aumentare la domanda e la produzione.

Due ipotesi semplificatrici :

Quindi si può sostituire con E ed r con i nell’equazione: Y = C(Y – T) + I(Y, i) + G + NX(Y, Y*, E)

Due ipotesi

  1. Cambi fissi: Et+1 = Et => Eet+1 = Et => it = it*
  2. i > i$ => eccesso di domanda di €/eccesso di offerta di $ => € + forte

    In regime di cambi fissi la Banca Centrale domanda/offre le eccedenze di (€/$) valuta per rendere il tasso di cambio costante e far equilibrare D e S sempre allo stesso tasso.

    La politica fiscale, in regime di cambi fissi, a perfetta mobilità di capitali, è massimamente efficace (come da grafico, la Banca centrale riesce a compensare lo spostamento della IS abbassando i tassi e facendo scendere la LM).

    Un tasso di cambio fisso facilita le attività delle imprese e ne riduce i costi.


      Cambi flessibili

Sviluppiamo l’ipotesi A: cambi fissi

Politica fiscale

i

LM

LM’

i E1

i$    E0 E2

IS’

IS

Y

Y0

, poiché gli operatori ritengono che i tassi torneranno come prima.

E1 => i < i$ => eccesso di domanda di $/eccesso di offerta di € => € indebolito.

La politica monetaria, in regime di cambi fissi a perfetta mobilità di capitali, è totalmente inefficace ed inutile: la banca centrale rinuncia alla politica monetaria come strumento di politica economica.


  Politica monetaria

i

LM

LM’

i$    E0

i E1

IS

Y

Y0

Sviluppiamo l’ipotesi B: cambi flessibili

Dividiamo a sua volta l’ipotesi B in due casi:

CASO B1:

i LM i



ie


IS curva di relazione tra i ed E

Y

Ye E0 E

Un aumento del tasso di interesse ha due effetti: 1. riduzione di I (effetto diretto) e diminuzione della domanda di beni nazionali. 2. apprezzamento: i beni nazionali sono “più costosi”, ciò comporta una riduzione di NX.

Questo caso (B1) illustra una relazione inversa tra i ed E. Come si nota dal grafico stesso, genera un’iperbole (è il primo caso di equazione non lineare che abbiamo trovato). L’equazione che determina il tasso di cambio nel grafico di destra è la seguente (è una variante della condizione di arbitraggio):


  Ēe

E = -------------

i – ī* + 1

L’equazione indica una relazione negativa fra il tasso di interesse nazionale e il tasso di cambio.

Un aumento del tasso di interesse interno provoca una riduzione del tasso di cambio, cioè un apprezzamento. Viceversa, una diminuzione del tasso di interesse interno provoca un incremento del tasso di cambio, cioè un deprezzamento.

Quanto più forte è l’apprezzamento del dollaro oggi, tanto più gli investitori si aspetteranno un deprezzamento futuro.

Solita Domanda: cosa succede se aumenta G?


  La IS trasla da IS a IS’.

i LM i



ie

IS’

IS

Y

Ye E0 E

Altra Domanda: cosa succederebbe con una politica monetaria restrittiva? (cioè con una riduzione dell’offerta di moneta)

La curva LM si sposterebbe verso sinistra, quindi: i↑ Y↓ E↓ => € si rafforza. NOTA: G↑ e Pol.mon.res. rafforzano €!

CASO B2:


Successivamente, tuttavia, essendo aumentato il tasso di cambio europeo, conviene comprare beni americani per cui la IS torna indietro.

i > i$ => € + forte => E ↓ => rende più competitivi i beni USA.

La politica fiscale, in regime di cambi flessibili a perfetta mobilità di capitali, è totalmente inefficace.


  Politica fiscale

i

LM

i E1

i$    E0

IS’

IS

Y

Y0

Politica monetaria

i

, per contrastare l’aumento della spesa pubblica, diminuisce il tasso di cambio, quindi c’è un deprezzamento dell’Euro.

La politica monetaria, in regime di cambi flessibili a perfetta mobilità di capitali, è totalmente efficace.

  LM

LM’

i E1

i$    E0 E2

IS’

IS

Y

Y0

Schema riassuntivo:

A perfetta mobilità di capitali

Politica


Fiscale

Monetaria

Cambi flessibili

Totalmente inefficace

Totalmente efficace

Cambi fissi

Totalmente efficace

Totalmente inefficace

Le opzioni (leggere)

Esistono strumenti per eliminare il rischio di una variazione del tasso di cambio. Ad es, le opzioni.

Opzione Call: è un contratto che dà diritto a comprare certe azioni ad un tempo dato ad un prezzo predeterminato.

Opzione Put: è un contratto che dà diritto a vendere certe azioni ad un tempo dato ad un prezzo predeterminato.

Il soggetto finanziario che diversifica il rischio, sarà, ovviamente, una banca d’affari.


CAPITOLO 13: Abbandoniamo ora l’ipotesi dei Prezzi fissi (in economia chiusa)

Facciamo un esempio per capire meglio cosa potrebbe succedere all’aumentare dei prezzi.

Immaginiamo che i produttori di carciofi vivano sulla collina e scendano una volta al mese a valle (al mercato).

Essi, in base alla domanda ed ai prezzi di mercato, decideranno di produrre di più o di meno. Ma il prezzo può cambiare per varie cause: 1. shock di offerta: il prezzo è più alto perché la grandine ha ridotto la Q di carciofi sul mercato; poiché questa sarà considerata una condizione transitoria, la produzione resterà invariata. 2. shock di domanda: tutti improvvisamente amano il carciofo; se il produttore riterrà che questo cambio di gusto sarà permanente, allora aumenterà effettivamente la produzione e zapperà di più. 3. inflazione: la produzione non cambierà perché non è aumentato il salario reale.


L’equilibrio si ha, come sempre, quando la domanda aggregata (AD) è uguale all’offerta aggregata (AS).

Le imprese, a prezzi fissi, erano disposte a produrre qualsiasi quantità di beni all’aumentare dei prezzi: l’elasticità era elevatissima. Ma se i prezzi sono flessibili dobbiamo cercare allora di capire per quale punto della curva AD si verifica la condizione di equilibrio.

  Domanda e offerta aggregata

i

LM’ (M0/P1)

LM (M0/P0)

i1    E1

i0    E0

IS


Y

Nota: questo caso riporta una AS completamente piatta!

 
Y0

A: se M = M0, i = i0 etc. => P = P0


B: se P1>P0 => P↑ => M/P↓ => LM’ => P = P1 (entrambi in in equilibrio)

 
P1

B


P0    A AS = aggregate supply = “implicito nel Blanchard”

AD (la pendenza è variabile in quanto iperbole)


Y/Q

La pendenza della AS (esistono differenti opinioni al riguardo).

È verticale? È orizzontale (piatta, come nel grafico qui sopra)? Oppure è positivamente inclinata?


G↑ => IS si sposta verso destra e la LM verso sinistra => i↑ =>Y↑ di poco => P↑ => si genera inflazione.

Se G↑ la curva AD si sposta verso l’alto e verso destra.

Se G↓ la curva AD si sposta verso il basso e verso sinistra.

NOTA: la AS è inclinata positivamente.

NOTA 2: il cambiamento rispetto ai prezzi fissi: un aumento di G non ha più soltanto effetti positivi, ma genera anche inflazione.

NOTA 3: una politica monetaria espansiva (immissione di moneta nel sistema) ha sulla curva AD gli stessi effetti di un aumento di G (spostamento verso l’alto e verso destra).

NOTA 4: la curva AD’ non è una traslazione della AD, bensì uno spostamento unito ad un cambiamento di pendenza.

Questo accade poiché: Y = γĀ + βM/P =>

=> P = -------------

Y – γA (è una derivata)

  i

LM’

LM

E1

E0 IS’

IS

Y

i Y0 Ye Y1

AS





AD’

AD

Q

Q0 Qe Q1


I tre casi della curva AS (curva della offerta aggregata)

Curva completamente orizzontale

P




AS

AD’

AD

βΔM

Y/Q

Curva inclinata positivamente

P    AS





AD’

AD


Y/Q

Curva perfettamente verticale

P AS nuova tecnologia




AD’


AD


Y/Q

Ipotesi vetero-keynesiana

(“vetero” sta per vecchia e superata):

ormai è pacifico che questa teoria, in cui un aumento di G genera soltanto effetti positivi, non sia più da ritenersi valida.

Y ↑↑

Prezzi costanti

i ↓↓

C’è un trade off tra crescita economica ed inflazione: si può scegliere se combattere l’inflazione oppure se far crescere l’economia.

Y ↑

Prezzi ↑

i ↓

L’aumento dei prezzi è proporzionale all’aumento di moneta nominale: la Qreale di moneta è la stessa.

Per far progredire l’economia, in questo caso, si avrebbe bisogno di una nuova tecnologia (che sposterebbe la AS verso destra).

Il Prezzo varia ma la quantità disponibile sul mercato resta la stessa: un aumento di G produce, addirittura, SOLO inflazione.

Y costante

P ↑↑

i costante





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