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"Primavera" di Botticelli

arte



"Primavera" di Botticelli



Di datazione un po' incerta (fra il 1477 ed il 1490) la "Primavera" di Alessandro Filipepi detto il Botticelli, è realizzata a tempera su tavola di cm 203x314, originariamente per la villa di Castello (probabile collocazione iniziale assieme alla Nascita di Venere), ed oggi alla Galleria degli Uffizi di Firenze.



Flora, dettaglio

Le tre Grazie, dettaglio. Il viso a destra ritrae il profilo di Caterina Sforza, quello al centro Semiramide Appiani, quello di sinistra forse Luisa de' Medici o Simonetta Vespucci.


Mercurio, dettaglio (Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici).


Zefiro e Cloris, dettaglio

Tutta la critica non può che essere concorde sulla nat 212e41c ura allegorica dell'opera impregnata di cultura umanistica e neoplatonica della corte di Lorenzo de' Medici detto il magnifico, nonostante il committente dell'opera fosse l'omonimo Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, che non era in buoni rapporti con il cugino più grande di circa 15 anni e che in passato gli aveva fatto anche da tutore.

Dibattuto è invece il significato e conseguentemente la titolazione. Se da una parte si ha una certa convergenza nella individuazione di alcuni dei nove personaggi in essa raffigurati, pareri assai contrastanti si sono sviluppati nel corso degli anni, ed in particolare a partire dalla seconda metà dell'800, sui riferimenti letterari più specifici ed i significati che l'opera nasconde. Secondo l'interpretazione che ne diedero Adolph Gaspary nel 1888, mutuate ed articolate da Aby Warburg cinque anni dopo le figure, partendo da sinistra sono:

  • Mercurio identificato dai calzari alati e dal caduceo rivolto verso il cielo;
  • le tre Grazie impegnate in una danza assai leggiadra;
  • Venere che fa da asse alla composizione;
  • Cupido che volando sul capo della figura centrale è impegnato a dardeggiare le tre fanciulle quasi nude e guarnite di acconciature elaborate e diverse;
  • Flora che unica del gruppo guarda direttamente l'osservatore e sembra intenta a spargere i suoi fiori all'esterno della scena;
  • la ninfa Cloris che i fiori primaverili li produce dalla bocca;
  • ed infine Zefiro dio del vento benigno (o secondo alcuni Borea, dio di un vento freddo) raffigurato con colori freddi mentre cerca l'amore della ninfa.

L'aspetto allegorico-metaforico del dipinto non ne toglie, tuttavia, i riferimenti al mondo fisico: i visi dei personaggi sono non immaginari ma di persone esistenti all'epoca e note al pittore: ad esempio, la Grazia di destra è Caterina Sforza, che Botticelli ha ritratto anche come S. Caterina d'Alessandria (sempre di profilo), nel dipinto conservato al Lindenau-Museum di Altenburg (Germania). Quella centrale dovrebbe essere Semiramide Appiani, moglie di Lorenzo il Popolano, il quale a sua volta dovrebbe essere raffigurato come Mercurio, verso il quale guarda Semiramide.



Una interpretazione meno fortunata del Gombrich suggerisce un rifermento al Giudizio di Paride tratto dall' Asino d'oro di Apuleio.

Claudia Villa (italianista contemporanea) è portata a considerare che i fiori, secondo una tradizione che ha origine in Duns Scoto, costituiscono l'ornamento del discorso ed identifica il personaggio centrale nella Filologia, per cui riferisce la scena alle nozze di mercurio e Filologia rovesciando anche le identità dei personaggi che stanno alla nostra destra. Così la figura dalla veste fiorita è da vedersi come la Retorica la figura che sembra entrare impetuosamente nella scena come Flora generatrice di poesia e di bel dire mentre il personaggio alato, che sembra sospingere più che attrarre a sé la fanciulla, sarebbe un genio ispiratore.
In tale contesto interpretativo diventa difficile giustificare i colori freddi con cui è rappresentato il personaggio, a meno che l'autore non volesse affidare a questa scelta la smaterializzazione ed il carattere spirituale dell'ispirazione poetica. Può risultare invece più comprensibile il disinteresse alla scena che sembra mostrare Mercurio dio dei Mercanti.

Altre interpretazioni identificano la figura della veste fiorita come Florentia nome classico della città di Firenze. In questo caso, anche le altre figure sarebbero città legate in vario modo a Firenze: Mercurio Milano; Cupido (Amor) Roma; le Tre Grazie Pisa, Napoli e Genova; Cloris e Zefiro/Borea Venezia e Bolzano, oppure Arezzo e Forlì. Se poi Firenze fosse invece Venere, il personaggio dalla veste fiorita sarebbe invece Maggio e rappresenterebbe Mantova. Su questa linea è, ad esempio, Enrico Guidoni.

Studi assai interessanti sono stati fatti sui rapporti dimensionali delle parti della scena in riferimento a regole musicali.
Più intuitivamente si può notare come la composizione partecipa dello sfondo alberato, con un bosco ordinato e verticale a far da fondale (quasi piatto e severo) alla danza a girotondo, mentre la parte destra è fatta di alberi piegati dal vento o dalla forza creatrice.

Giulio Carlo Argan mette in evidenza come questa tavola si pone in contrasto con tutto lo sviluppo del pensiero artistico del '400 che attraverso la prospettiva identifica l'arte con l'interpretazione razionale della realtà, culminante nella grandiosa costruzione teorica di Piero (della Francesca).






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