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La relatività e il problema dello spazio - L'origine del concetto di spazio

fisica




La relatività e il problema dello spazio







L'origine del concetto di spazio

La fisica newtoniana ha la caratteristica di attribuire un' effettiva esistenza indipendente tanto allo spazio e al tempo quanto alla materia. Nella legge del moto di Newton... l'accelerazione può soltanto denotare 'accelerazione rispetto allo spazio': lo spazio di Newton deve perciò venir pensato come 'in quiete' o p 858f58i er lo meno 'non accelerato', per poter considerare l' accelerazione... come una grandezza fornita di significato. Su per giù la stessa cosa vale per il tempo, il quale ovviamente entra del pari nel concetto di accelerazione...



E' invero un requisito gravoso il dover attribuire una realtà fisica allo spazio in generale e specialmente allo spazio vuoto... Descartes discusse la cosa all' incirca in questi termini: lo spazio è essenzialmente identico all' estensione, ma l' estensione è connessa ai corpi; non esiste dunque spazio senza corpi, cioè non esiste spazio vuoto... L' asserire che l' estensione è limitata ai corpi risulta... di per sè certamente infondato. Vedremo più tardi, però, che la teoria della relatività generale conferma in maniera indiretta la concezione cartesiana...

L' origine psicologica del concetto di spazio... è lungi dall' essere così ovvia come potrebbe apparire in base al nostro abituale modo di pensare. Gli antichi geometri trattano di oggetti mentali (retta, punto, superficie), ma non propriamente dello spazio in quanto tale, come più tardi è stato fatto dalla geometria analitica. Il concetto di spazio, tuttavia, è suggerito da certe esperienze primitive. Supponiamo che si sia costruita una scatola. Vi si possono disporre in un certo ordine gli oggetti, in modo che essa risulti piena. La possibilità di queste disposizioni è una proprietà dell' oggetto materiale 'scatola', qualcosa che è dato con la scatola, lo 'spazio racchiuso' dalla scatola... Questo... viene pensato come indipendente dal fatto che vi siano o no, in generale, degli oggetti nella scatola. Quando non vi sono oggetti nella scatola, il suo spazio appare 'vuoto'.

Fin qui, il nostro concetto di spazio è stato associato alla scatola. Ci si accorge però che le possibilità di disposizione che formano lo spazio-scatola sono indipendenti dallo spessore delle pareti della scatola. Non sarebbe possibile ridurre a zero tale spessore, senza che si abbia per risultato la perdita dello 'spazio'?... Si può capire che ripugnasse a Descartes il considerare lo spazio come indipendente da oggetti corporei, capace di esistere senza materia. (Ciò non gli impedisce peraltro di trattare lo spazio come un concetto fondamentale nella sua geometria analitica)...

Le maniere in cui si possono sistemare i corpi nello spazio (per esempio nella scatola) formano l' argomento della geometria euclidea a tre dimensioni, la cui struttura assiomatica ci induce facilmente nell' errore di dimenticare che essa si riferisce a situazioni percepibili. Orbene, se il concetto di spazio viene formato nella maniera qui sopra delineata, in connessione all' esperienza del 'riempire' la scatola, allora lo spazio è originariamente uno spazio limitato. Questa limitatezza non appare tuttavia essenziale; perchè manifestamente si può sempre ricorrere a una scatola più grande che contenga quella più piccola...

Quando una scatola più piccola s è situata, in quiete relativa, dentro lo spazio cavo di una scatola più grande S, allora lo spazio cavo di s è una parte dello spazio di S, e lo stesso 'spazio' che le contiene entrambe appartiene a ciascuna delle due. Quando invece s è in moto rispetto a S, il concetto risulta meno semplice... Diviene allora necessario far corrispondere a ciascuna scatola il suo particolare spazio, non pensato come limitato, e supporre che questi due spazi siano in moto l' uno rispetto all' altro... Il concetto di spazio come qualcosa che esiste oggettivamente ed è indipendente dalle cose appartiene già al pensiero prescientifico, non così però l' idea dell' esistenza di un numero infinito di spazi in moto gli uni rispetto agli altri...

Il campo

Nella meccanica newtoniana, lo spazio e il tempo hanno una duplice funzione. In primo luogo, servono da veicolo o cornice dell' accadere fisico, in riferimento al quale veicolo gli eventi vengono descritti mediante le coordinate spaziali e il tempo... La seconda funzione dello spazio e del tempo era quella di essere un 'sistema inerziale'. Fra tutti i sistemi di riferimento concepibili, i sistemi inerziali erano considerati privilegiati in quanto, rispetto a essi, la legge d' inerzia conclamava la propria validità. In tutto ciò, la cosa essenziale è che la 'realtà fisica', pensata come indipendente dai soggetti che la sperimentano, era concepita come se consistesse, per lo meno di principio, di spazio e tempo da un lato, e dall' altro di punti materiali, in  permanenza esistenti, in moto rispetto allo spazio e al tempo. L' idea dell' esistenza autonoma di spazio e di tempo può venire drasticamente espressa in questo modo: se la materia dovesse scomparire, rimarrebbero ancora spazio e tempo soli...

Il superamento di questo punto di vista si ebbe con uno sviluppo che, al primo momento, non sembrava aver nulla a che fare con il problema dello spazio-tempo, e precisamente con la comparsa del concetto di campo e della sua definitiva pretesa di sostituire, di principio, il concetto di particella (punto materiale). Nel quadro della fisica classica, il concetto di campo compariva come concetto ausiliario, nei casi in cui la materia veniva trattata come un continuo...
Ma nel primo quarto del diciannovesimo secolo divenne palese che i fenomeni dell' interferenza e del moto della luce potevano venir spiegati con sorprendente chiarezza considerando la luce come un campo di onde completamente analogo al campo meccanico delle vibrazioni in un corpo solido elastico. Si sentì così la necessità d' introdurre un campo, che potesse anche esistere nello 'spazio vuoto' in assenza di materia ponderabile... Questa circostanza creò una stuazione paradossale perchè, stando alla sue origini, il concetto di campo sembrava avere soltanto lo scopo di descrivere stati all' interno di un corpo ponderabile... Ci si sentiva pertanto costretti ad ammettere ovunque, anche nello spazio fino allora considerato come vuoto, l' esistenza di una specie di materia, che venne chiamata 'etere'...

Con l' introduzione del concetto di campo nell' elettrodinamica, Maxwell riuscì a prevedere l' esistenza delle onde elettromagnetiche, la cui sostanziale identità con le onde luminose non poteva venir messa in dubbio, già a causa dell' uguaglianza della loro velocità di propagazione. Come risultato, l' ottica venne, di principio, assorbita nell' elettrodinamica. Uno degli effetti psicologici di questo immenso successo fu che il concetto di campo ottenne gradatamente una maggiore autonomia in opposizione al quadro meccanicistico della fisica classica...

La teoria dell' etere portava con sè la domanda: in che modo si comporta l' etere in relazione meccanica con i corpi ponderabili?... Si fecero molti ingegnosi esperimenti allo scopo di dirimere la questione... I risultati di tutti questi fatti ed esperimenti, fuorchè di uno, l' esperimento di Michelson e Morley, furono spiegati da H. A. Lorentz in base all' ipotesi che l' etere non partecipi al moto dei corpi ponderabili, e che le parti dell' etere non posseggano alcun moto relativo le une rispetto alla altre. L' etere appariva quindi, per così dire, come la personificazione di uno spazio assoluto... La meccanica classica, di cui non si poteva dubitare che fosse valida a un alto grado di approssimazione, insegna l' equivalenza di tutti i sistemi inerziali ( o 'spazi' inerziali ) per la formulazione delle leggi naturali... Invece il fondamento della teoria elettromagnetica proclamava il carattere privilegiato di un particolare sistema inerziale, e precisamente quello dell' etere luminifero in quiete. Questa concezione del fondamento teorico era davvero troppo insoddisfacente...

Mostrando l' equivalenza fisica di tutti i sistemi inerziali, la teoria della relatività ristretta ha provato l' insostenibilità dell' ipotesi di un etere in quiete. Fu pertanto necessario abbandonare l' idea che il campo elettromagnetico vada considerato come stato di un veicolo materiale. Il campo diviene così un elemento irriducibile della descrizione fisica, irriducibile nello stesso senso in cui lo è il concetto di materia della teoria di Newton...

Il principio d' inerzia e il principio della costanza della velocità della luce sono validi soltanto rispetto a un sistema inerziale. Le leggi del campo possono anch' esse pretendere di possedere significato e validità soltanto rispetto ai sistemi inerziali. Qui pure, dunque, come nella meccanica classica, lo spazio è una componente autonoma nella rappresentazione della realtà fisica... La struttura quadridimensionale (spazio di Minkowski) viene pensata come veicolo della materia e del campo. Gli spazi inerziali, insieme con i tempi loro associati, sono soltanto dei sistemi di coordinate a quattro dimensioni privilegiati, collegati l' uno all' altro dalle trasformazioni lineari di Lorentz... Neppure questa teoria riesce dunque a dissipare il disagio di Descartes riguardante l' esistenza autonoma, anzi a priori, dello 'spazio vuoto'.

Equivalenza fra inerzia e gravitazione

Questa teoria sorse in primo luogo dal tentativo di comprendere l' uguaglianza fra la massa inerziale e quella gravitazionale. Partiamo da un sistema inerziale S1, il cui spazio, da un punto di vista fisico, sia vuoto... Supponiamo ora che un secondo sistema di riferimento S2 sia uniformemente accelerato rispetto a S1. In tale ipotesi, dunque, S2 non è un sistema inerziale. Rispetto a S2 ogni massa di controllo si moverebbe con un' accelerazione che è indipendente dalla sua natura fisica e chimica. Relativamente a S2 esiste perciò uno stato che, per lo meno in prima approssimazione, non si può distinguere da un campo gravitazionale. La seguente concezione risulta pertanto compatibile con i fatti osservabili: anche S2 è equivalente a un 'sistema inerziale', ma rispetto a S1 è presente un campo gravitazionale (omogeneo), della cui origine non è qui il caso di preoccuparci. Se pertanto si include il campo gravitazionale nel quadro della trattazione, il sistema inerziale perde il suo significato oggettivo, qualora si supponga che questo 'principio di equivalenza' possa venir esteso a un moto relativo arbitrario dei sistemi di riferimento...

Se però le cose stanno così, le coordinate esprimono ora soltanto l' ordinamento della 'contiguità' (e quindi anche il numero delle dimensioni dello spazio), ma non esprimono alcuna delle sue proprietà metriche. Siamo così condotti a estendere le nostre trasformazioni a trasformazioni continue arbitrarie. Ciò implica il principio generale di relatività: le leggi naturali debbono essere covarianti rispetto a trasformazioni continue arbitrarie delle coordinate...

Secondo la meccanica classica e secondo la teoria della relatività ristretta, lo spazio (spazio-tempo) ha un' esistenza autonoma rispetto alla materia o al campo. Per poter descrivere in generale ciò che riempie lo spazio e che dipende dalle coordinate, lo spazio-tempo o il sistema inerziale con le sue proprietà metriche deve essere pensato come già esistente a priori, poichè alrimenti la descrizione di 'ciò che riempie lo spazio' non avrebbe significato. Secondo la teoria della relatività generale, invece, lo spazio non ha un' esistenza separata rispetto a 'ciò che riempie lo spazio' e che dipende dalle coordinate... Se immaginiamo di togliere il campo gravitazionale, cioè le funzioni gij, non rimarrà... assolutamente nulla, neanche uno 'spazio topologico'. Le funzioni gij non descrivono infatti soltanto il campo, ma nel contempo anche le proprietà strutturali, topologiche e metriche, della molteplicità... Descartes non era dunque così lontano dal vero quando credeva di dover escludere l' esistenza di uno spazio vuoto. Tale nozione appare invero assurda, finchè la realtà fisica viene vista esclusivamente nei corpi ponderabili. Solo l' idea del campo come rappresentante la realtà, in combinazione con il principio generale di relatività, riesce a rivelare il vero nocciolo dell' idea di Descartes: non esiste spazio 'vuoto di campo'.





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