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NEUROPSICHIATRIA INFANTILE

medicina



NEUROPSICHIATRIA INFANTILE



Lo sviluppo mentale ha come substrato una base biologica che si trasmette ereditariamente e su cui agisce l'ambiente esterno, portando ad una progressiva maturazione attraverso un processo di apprendimento e quindi di adattamento. Quindi lo sviluppo della personalità è la risoluzione dell'interazione dinamica dei processi maturativi biologici e psicologici del bambino nella loro costante interazione con l'ambiente fisico e sociale. Quanto più precoce è lo stadio evolutivo tanto più stretta è la correlazione dialettica tra l'individuo e l'ambiente da un lato e i fattori biologici e psicologici dall'altro. L'evoluzione maturativa si verifica secondo una graduale e progressiva organizzazione delle varie funzioni biologiche attraverso una successione di fasi che hanno un carattere integrativo e di cui una prepara la successiva. Lo sviluppo della personalità deve quindi essere considerato un processo continuo anche se non uniforme. Le fasi dello sequenza evolutivo-maturativa sono infanzia (0-2 anni); età prescolare (2-6 anni); età scolare (6-11 anni); adolescenza (11-18 anni).

SVILUPPO DELL'INTELLIGENZA SECONDO PIAGET (psicologia genetica): l'intelligenza è la forma più alta e plastica di adattamento dell'organismo all'ambiente, che corrisponde alla soluzione di problemi. Essa si esplica attraverso i due processi fondamentali dell'assimilazione e dell'accomodamento.

Apprendimento: processo di modificazione temporanea o stabile della condotta, che porta alla capacità di eseguire compiti nuovi. È una capacità che si acquista con l'esperienza.



Assimilazione: si ha quando un nuovo dato di esperienza viene inserito in schemi o strutture preesistenti.

Accomodamento: arricchimento che la nuova esperienza ha apportato alle strutture preesistenti.

Attraverso questi 3 processi si passa dall'intelligenza senso-motrice (concreta) al pensiero logico dell'età adulta. Questo passaggio avviene attraverso il superamento di 3 caratteristiche proprie del pensiero infantile:

Egocentrismo: non rendersi conto che possono esistere altri punti di vista diversi dal proprio

Sincretismo: tendenza a percepire secondo schemi globali dove "tutto è legato a tutto"

Realismo: possibilità di riconoscere solo quella realtà che è percettibile, tangibile, oggettiva

RITARDO MENTALE / OLIGOFRENIA→mente piccola: consiste in un difetto congenito o precocemente acquisito dello sviluppo dell'intelligenza. L'evoluzione progressiva dell'intelligenza ha un ritmo più lento rispetto alla norma e si arresta ad un livello inferiore di quello raggiunto dalla media degli individui di quell'età. L'insufficienza mentale viene di solito distinta dalla demenza per il fatto che quest'ultima consiste nel deterioramento di una intelligenza che si era normalmente sviluppata, mentre la prima è dovuta ad un deficit dello sviluppo.

DEFINIZIONE DELL'OMS: l'IM è una vasta gamma di condizioni che sono caratterizzate da uno sviluppo incompleto della mente tale che l'individuo è incapace di adattarsi all'ambiente sociale in modo ragionevole, efficiente e razionale.

DEFINIZIONE DELL'AMERICAN ASSOCIATION FOR MENTAL DEFICIENCY: l'IM si riferisce ad un funzionamento generale inferiore alla media che origina nel periodo dello sviluppo e si associa ad alterazioni del comportamento adattativo.

EPIDEMIOLOGIA: prevalenza dell'IM nei paesi sviluppati in una popolazione generale è del 2-3%; mentre la prevalenza dell'IM grave è dello 0,5%. L'IM è ugualmente ripartita nei vari strati della popolazione e rimane costante tra adolescenza e età matura. L'IM lieve prevale negli strati socialmente sfavoriti e la sua frequenza diminuisce a partire dall'adolescenza perché un buon n° di sogg riesce ad integrarsi nella società e nel lavoro.

EZIOLOGIA: i fattori eziologici possono essere biologici, psicosociali o entrambi. L'origine biologica è determinante soprattutto per il ritardo mentale grave (81% dei casi), mentre per il ritardo mentale medio ha un'influenza nel 43% dei casi. Possibili cause biologiche sono:

Ereditarietà: errori congeniti del metabolismo (malattia di Tye Sacs), anomalie di un singolo gene a trasmissione mendeliana (sclerosi tuberosa), aberrazioni cromosomiche (sindrome di Down, Sindrome dell'X fragile)

Alterazioni precoci dello sviluppo embrionale: mutazioni cromosomiche (sindrome di Down), danni prenatali dovuti a sos 434c22e tanze tossiche (uso di alcool da parte della madre, infezioni)

Problemi durante la gravidanza e nel periodo perinatale: malnutrizione del feto, ipossia, prematurità, traumi, infezioni virali, mancata vascolarizzazione del feto.

Condizioni mediche acquisite durante l'infanzia o la fanciullezza: infezioni, traumi, avvelenamento

Influenze ambientali e altri disturbi ambientali: mancanza di accudimento, mancanza di stimolazioni verbali e sociali, disturbi mentali gravi.

CRITERI DIAGNOSTICI PER L'IM:

Psicometrico: funzionamento intellettivo significativamente inferiore alla media, cioè QI<70 alla somministrazione individuale di test

Dell'adattamento sociale: deficit delle funzioni di adattamento in almeno 2 delle seguenti aree: comunicazione, cura di se stesso, vita domestica, compiti sociali/interpersonali, uso delle risorse della comunità, autogestione, rendimento scolastico, lavoro, tempo libero, salute, autoconservazione.

Esordio prima dei 18 anni.

RITARDO MENTALE LIEVE (QI DA 50 A 70): equivale alla categoria dei soggetti "educabili". Costituisce la parte più ampia (85%) dei soggetti affetti da questo disturbo. Questi soggetti tipicamente sviluppano capacità sociali e comunicative negli anni prescolastici (0-5 anni); hanno una compromissione minima nelle aree sensomotorie e spesso non sono distinguibili dagli altri bambini. Prima dei 20 anni normalmente possono acquisire capacità pari ad un bambino di 5° elementare. Durante l'età adulta acquisiscono capacità sociali e occupazionali adeguate per un livello minimo di autosostentamento ma possono avere bisogno di appoggio, guida e assistenza, specie se sottoposti a stress sociali o economici o inusuali. Con i sostegni adeguati questi soggetti possono di solito vivere con successo nella comunità o da soli o in ambienti protetti. Molti possono però essere aggressivi o depressi a causa della percezione della loro situazione.

RITARDO MENTALE MODERATO (QI DA 35 A 50): sono soggetti "addestrabili". Rappresentano il 10% della popolazione con IM. Spesso riescono ad acquisire capacità comunicative durante la prima fanciullezza (5-6 anni). Possono essere avviati a compiti molto semplici ed essere in grado di provvedere alla cura della propria persona. Difficilmente progrediscono oltre il livello della 2° elementare. Possono imparare a spostarsi da soli in luoghi familiari. Durante l'adolescenza le loro difficoltà nel riconoscere le convenzioni sociali possono interferire nelle relazioni con i coetanei. Da adulti possono riuscire a svolgere lavori non specializzati con qualcuno che li segue.

RITARDO MENTALE GRAVE (QI DA 20 A 35): costituiscono il 3-4%. Durante la prima fanciullezza acquisiscono un linguaggio comunicativo minimo o non lo acquisiscono affatto. Possono essere addestrati alle attività elementari e alla cura della propria persona. Nell'età adulta possono essere in grado di svolgere compiti semplici in ambienti protetti. La maggior parte si adatta bene alla vita di comunità.

RITARDO MENTALE GRAVISSIMO (QI INFERIORE DI 20): costituiscono il 2%. Hanno una condizione neurologica diagnosticabile che spiega il ritardo. Mostrano una considerevole compromissione del funzionamento senso-motorio. Necessitano di un ambiente specializzato con assistenza e supervisione costanti.

PSEUDO RITARDO MENTALE: condizione equivalente a quella dell'IM in cui il potenziale intellettuale è intatto e in cui è possibile trasformare il quadro clinico con una rieducazione o terapia adeguata. Le cause possono essere: - difetto di apporto da parte dell'ambiente povero di stimoli - inibizione delle possibilità recettive - disturbi specifici delle funzioni superiori (turbe del linguaggio, della strutturazione temporo-spaziale, disgrafia, dislessia.)

DISTURBI ASSOCIATI: alcuni soggetti con IM sono passivi, tranquilli e dipendenti mentre altri possono essere aggressivi e impulsivi. La mancanza della capacità di comunicare può predisporre a comportamenti dirompenti e aggressivi, che sostituiscono la comunicaz verbale. Questi soggetti possono essere esposti allo sfruttamento o alla negazione di diritti e opportunità. I soggetti con IM possono essere suddivisi in:

- deboli armonici: non hanno disparità di carattere, comportamento, affettività e sono ben gestibili

- deboli disarmonici: con turbe affettive e del comportamento

TIPI DI REAZIONE E COMPORTAMENTO:

Reazione di compensazione: capacità sorprendente in materia di memoria immediata, di calcolo, di esecuzione musicale. Stimolo importante è l'ammirazione suscitata nell'ambiente

Ostilità verso l'ambiente: reazioni di isolamento o aggressione

Ammirazione per i meglio dotati con tentativi di imitazione

Atteggiamento di abbattimento: comportamento passivo, rassegnato, inerzia, scarso impegno

Reazioni paradossali davanti allo scacco e alla riuscita: soddisfazione per un risultato catastrofico e insoddisfazione per uno positivo

Attitudine a priori per la riuscita: stima pessimistica che determina la scelta delle attività e lo stile di approccio alla situazione

INDIRIZZI ORTOPEDAGOGICI PER IL BAMBINO CON IM:

Insegnamento adattato alla personalità di ciascun bambino e al suo tipo di disturbo

Gradualità dei ritmi di apprendimento propri di ciascun bambino

Aderenza al concreto

La routine, la ripetizione dell'atto sono necessari per la sicurezza della propria personalità

Addestramento verso abitudini corrette o azioni o attività eseguite correttamente per mezzo di schemi

Stimolazione della creatività motoria e iniziativa spontanea

Si deve mirare a sviluppare la personalità dell'IM nel suo insieme per quanto riguarda l'autonomia, l'autocoscienza, l'adattamento come accettazione attiva delle norme sociali e non come conformismo passivo



EPILESSIA: condizione nella quale le crisi epilettiche tendono a ripetersi cronicamente.

CRISI EPILETTICA: crisi cerebrale determinata da una scarica ipersincrona di una popolazione di neuroni cerebrali. Essa può manifestarsi con una modificazione improvvisa dello stato di coscienza, con una alterazione della risposta dell'individuo al suo ambiente con fenomeni motori, sensitivi e sensoriali erronei. Le crisi epilettiche hanno differente semiologia a seconda delle aree cerebrali da cui originano.

EPIDEMIOLOGIA: la prevalenza è di 4-6 per 1000 abitanti; incidenza dello 0,7%; il 70% presenta crisi epilettiche al di sotto dei 20 anni; in Italia su 50 milioni di abitanti 300000 sono epilettici; nel 70% dei casi l'epilessia guarisce.

CLASSIFICAZIONE: le crisi sono distinte in base alla semiologia clinica e alla sede di insorgenza

Crisi parziali: la loro semiologia è in relazione con l'area cerebrale nella quale ha origine la scarica epilettica. Le prime manifestazioni della crisi indicano l'iniziale attivazione di un sistema di neuroni circoscritto ad una parte di un singolo emisfero.

idiopatiche a eziologia sconosciuta, cioè in assenza di un danno cerebrale focale evidenziabile sia clinicamente che strutturalmente

sintomatiche riferibili ad un danno cerebrale stabilizzato o progressivo

Crisi generalizzate: la loro semiologia indica un coinvolgimento di entrambi gli emisferi sin dall'inizio. I pattern EEG sono inizialmente bilaterali e riflettono presumibilmente la scarica neuronale che interessa i 2 emisferi

idiopatiche convulsive e non convulsive

sintomatiche convulsive e non convulsive

Crisi non classificabili: non incluse nelle categorie precedenti; interessano prevalentemente la 1° e 2° infanzia. Non sempre è evidenziabile un danno cerebrale, spesso si associano a disturbi neuropsichici.

Crisi difficili da diagnosticare

nel neonato - crisi minime o atipiche: fissazione o deviazione dello sguardo, modificazione del colore del volto, atonia, apnea, scosse oculari, movimenti automatici di masticazione, movimenti natatori, deglutizione, suzione - crisi frammentarie o erratiche: interessano vari settori muscolari in successione irregolare - crisi unilaterali "a bilancia": hanno una semiologia di tipo parziale, ma in realtà sono espressione di un'attività epilettogena che coinvolge tutto il cervello e si propaga solo parzialmente

nel bambino - spasmi periodici - crisi di caduta

L'elevata convulsività della prima infanzia è dovuta ad una prevalenza di sinapsi eccitatorie e ad una minor influenza di meccanismi inibitori per incompleta mielinizzazione delle fibre nervose e per carenza di GABA.

Le crisi parziali a loro volta si possono classificare in:

crisi parziali semplici se il pz. è cosciente

crisi parziali complesse con disturbo di coscienza all'inizio oppure parziali semplici all'esordio seguite da disturbo di coscienza

crisi parziali semplici o complesse che evolvono in convulsioni generalizzate tonico-cloniche

Le crisi parziali semplici possono essere:

con segni motori (focali motorie senza marcia o con marcia; versive; posturali; fonatorie)

sensoriali (somatosensoriali; visive; uditive; olfattive; gustative; vertiginose)

con segni autonomici (pallore; sudorazione; piloerezione; dilatazione pupillare)

con sintomi psichici (disfasiche; dismesiche; cognitive; affettive; illusionali; allucinazioni strutturate)

Le crisi parziali complesse possono essere:

a esordio semplice seguito da disturbo di coscienza (con sintomi parziali semplici seguiti da disturbo di coscienza; con automatismi)

con disturbo di coscienza all'esordio (con solo disturbo di coscienza; con automatismi)

crisi parziali che evolvono in secondaria generalizzazione (crisi parziali semplici che evolvono in crisi generalizzate; crisi parziali complesse; crisi parziali semplici che evolvono in crisi parziali complesse che evolvono in crisi generalizzate)

Crisi generalizzate

assenze e assenze atipiche

crisi miocloniche

crisi toniche

crisi cloniche

crisi atoniche

crisi tonico-cloniche: il soggetto può improvvisamente emettere un urlo, si contrae per 10-15 sec, diventa cianotico, perde coscienza e dopo 10-15 sec iniziano le scosse cloniche. Questa crisi può durare anche 40-50 sec. Poi riprende la respirazione, si ha ipersalivazione e perdita di urine. La coscienza riprende dopo un certo periodo di tempo che può durare anche un'ora, infatti il pz. cade in un sonno post-critico e quando si risveglia non ricorda nulla.

Classificazione delle epilessie infantili

sindromi epilettiche del neonato (convulsioni neonatali idiopatiche benigne; convulsioni familiari neonatali benigne; encefalopatia mioclonica precoce)

sindromi epilettiche del lattante (convulsioni febbrili; sindrome di West tipica e atipica; epilessia mioclonica infantile benigna e maligna; epilessia mioclono-astatica; sindrome di Lennox-Gastant)

sindromi epilettiche del bambino (epilessia a tipo assenza nel bambino; epilessia con assenze miocloniche; epilessia parziale benigna con punte centro-temporali, con parossismi occipitali, con sintomatologia affettiva durante la crisi, con potenziali evocati da stimoli somato-sensoriali; sindrome di Landau-Kleffner; epilessia con punte onda continue durante il sonno lento)

sindromi epilettiche dell'adolescente (epilessia a tipo assenza dell'adolescente; epilessia mioclonica dell'adolescente; epilessia con crisi tonico-cloniche generalizzate del risveglio; crisi parziali benigne dell'adolescente; sindrome di Kojewnikow; epilessia mioclonica progressiva ad eziologia ignota)

FATTORI CHE FAVORISCONO L'INSORGENZA DELLE CRISI:

non sensoriali - ciclici: ciclo veglia/sonno; ciclo mestruale; fase puberale, menopausa

accidentali: alcool; iperventilazione; privazione di sonno; disturbi metabolici vari; stress emotivi e fisici

sensoriali: stimoli visivi, rumori, soprassalto, musica, lettura, odori particolari.

DIAGNOSI DI EPILESSIA: si avvale di 2 criteri clinico e elettroencefalografico, ma spesso è necessario ricorrere a registrazioni contemporanee di elettroencefalogramma e elettromiogramma. Il sonno è un attivatore spontaneo delle scariche epilettiche, perciò è necessario fare l'EEG durante il sonno. Le epilessie possono essere lesionali o genetiche.

FATTORI EZIOLOGICI DELL'EPILESSIA:

prenatali: malformazioni al SNC; infezioni al SNC; intossicazione; traumi cerebrali

perinatali: sofferenza cerebrale perinatale; convulsioni neonatali

post-natali: infiammazioni al SNC; convulsioni febbrili severe; traumi cranici; neoplasie cerebrali

ereditarietà: quando un genitore è epilettico rischio per il figlio di epilessia del 2-3%; quando entrambi i genitori sono epilettici rischio del 25%. Il rischio è maggiore se 1 o entrambi i genitori hanno sofferto di epilessia idiopatica rispetto a quelli con epilessia sintomatica. Il sesso sembra avere importanza in quanto l'incidenza di epilessia nei discendenti di sesso femm. è maggiore quando la madre è epilettica (cromosoma X)

ATTEGGIAMENTO DAVANTI AI GENITORI: informazione sulla crisi e sull'iter diagnostico; la singola crisi di per sé non è pericolosa e si arresta spontaneamente; solo nei casi più rari di crisi ripetute e di stato di male bisogna fare ricorso al medico e al ricovero in ospedale; si danno istruzioni ai genitori sull'eventuale somministrazione di diazepan.



AUTISMO: dal greco autos se stesso, cioè il soggetto ha un'esistenza separata da ciò che lo circonda. I soggetti autistici presentano una dissociazione interna delle varie capacità cognitive, emotive, relazionali. Nella prima metà del '900 Kanner, basandosi sulla teoria psicanalitica, attribuì le cause dell'autismo alla mancanza da parte dei genitori, troppo impegnati dalle proprie professioni e freddi, di dare al bambino le basi per la comunicazione. Successivamente nel '68 Kanner fu costretto a ritrattare la propria ipotesi, chiedendo pubblicamente scusa ai famigliari dei soggetti autistici. In realtà le cause dell'autismo sono di natura psicogenetica, cioè biologiche, genetiche e in parte ambientali.

CARATTERISTICHE CLINICHE: a 4-5 mesi il bambino non manifesta il primo contatto visivo e fisico con la madre, rimane indifferente, non sorride e non risponde, piange pochissimo. Sugli 8 mesi il bambino dovrebbe sviluppare un contatto privilegiato con la madre o chiunque lo accudisce, con conseguente senso di angoscia quando la madre è assente e di paura di fronte agli estranei, inoltre dovrebbe cominciare a distinguere sé dagli altri. Il bambino autistico invece non sviluppa queste caratteristiche, non lega con gli altri. Intorno ai 2-3 anni non impara le prime parole e non riesce nemmeno a dire il "no" e ciò significa che non riesce a distinguere una realtà esterna che non accetta. Alcuni bambini autistici non imparano per niente a parlare, altri imparano solo in parte, altri sviluppano linguaggi strani. Anche la comprensione del linguaggio non è adeguata, infatti non rispondono al proprio nome. Spesso imparano frasi ascoltate senza capirne il significato (ecolalia), che ripetono subito o a distanza di tempo. Non pronunciano mai il pronome "io" e col tempo possono riuscire a strutturare semplici frasi corrette sintatticamente, ma prive di senso logico (insalata di parole). Non partecipano alla vita di comunità, sono isolati, non guardano in faccia le cose che gli si propongono, lo sguardo è vuoto. Inoltre non hanno reazioni emotive, non conoscono il pericolo e nemmeno l'uso di tutti gli oggetti. I movimenti delle mani sono fini, ma sono stereotipati, monotoni, ripetitivi. Possono essere molto abili a compiere alcuni gesti ma sono stereotipati, non portano il bambino a comunicare con la realtà oggettuale. Manca anche il gioco simbolico, che consiste nel riprodurre e mimare la realtà circostante, che è sostituito da gesti stereotipati, come percuotere continuamente una macchinina sul tavolo. Un altro problema è l'iperattività, ovvero una ipermotricità continua, che non permette di fare attenzione all'ambiente circostante. Possono avere comportamenti di autoaggressività, senza percepire dolore, o di eteroaggressività ovvero diretta verso gli altri. Spesso si parla nell'autismo di "isole di intelligenza", ovvero capacità particolari, che però sono dovute alla ripetizione continua dell'esercizio e non ad un particolare talento. Il 70-90% dei bambini con autismo ha anche ritardo mentale.

ESAME OBBIETTIVO NEUROLOGICO:

- dismorfismi del cranio (macro e microcrania) e del volto (ipertelorismo occhi distanziati, prognatismo, impianto basso delle orecchie, bozze frontali sporgenti)

- anomalie cutanee

- Ipotonia, anomalie dei riflessi superficiali e profondi, anomalie nella coordinazione motoria, stereotipie del movimento, andatura sulle punte (iperestensione dovuta a retrazione del tendine d'Achille)

CAUSE DELL'AUTISMO: l'autismo non è una malattia specifica, ma un insieme e in quanto tale può essere conseguenza di molteplici cause da ricercare soprattutto in fattori biologici. Infatti si è visto che soggetti con epilessia possono avere disturbo autistico con una frequenza maggiore rispetto agli individui sani. Inoltre dagli studi sui gemelli omozigoti è risultato un elevato grado di concordanza per l'autismo (nel 60% dei casi; nel restante 40% circa il 92% ha una forma di autismo atipico o un altro disordine generalizzato dello sviluppo), mentre non si ha concordanza nei gemelli dizigoti. Esaminando il SNC ci possono essere anomalie molto varie nel sistema limbico, tronco cerebrale, corteccia, cervelletto. All'origine di tali anomalie ci sono delle migrazioni neuronali ma anche processi di moltiplicazione e morte neuronale. Quindi alterazioni del sistema limbico sono tra le cause principali di autismo. Il sistema limbico è costituito da: giro paraippocampico, giro del cingolo, giro subcallosale, amigdala. Nel sistema limbico agiscono 3 sistemi di neurotrasmettitori, che sono: dopamina, serotonina e oppioidi endogeni. Se c'è una disfunzione di questi 3 sistemi si possono avere deficit di: attenzione, percezione, associazione, intenzione, motricità, emozione, comunicazione. Questo può avvenire in 2 casi:

  • alterazione dell'escrezione dei peptidi per via urinaria dovuta a mancanza di peptidasi a livello intestinale. Quindi entrano in circolo troppi peptidi dalla parete intestinale entrando in competizione col catabolismo degli oppioidi endogeni, che si accumulerebbero a livello centrale autismo
  • la somministrazione di piccole dosi di oppiacei o peptidi con forte affinità per i recettori oppioidi dà luogo ad una cecità socio-emozionale. Quindi l'autismo sarebbe dovuto ad una quantità eccessiva di oppioidi a livello cerebrale durante il periodo neonatale, che può inibire lo sviluppo della motivazione sociale e portare all'isolamento e al distacco autistico. Al contrario la somministrazione di antagonisti per i recettori degli oppiacei favorisce la ricerca della compagnia.

Altre possibili cause sono:

  • anomalie cromosomiche dei cromosomi sessuali e degli autosomi (nell'autismo sono spesso implicati i cromosomi 7, 13, 15, 16 mentre nella sindrome di Rett si ha una mutazione del braccio lungo del cromosoma X; inoltre dal 3 al 25% dei soggetti con X fragile ha autismo, mentre solo una piccola percentuale con autismo ha X fragile)
  • disturbi immunologici: nei soggetti con autismo e parenti sono spesso indicate irregolarità immunologiche
  • fattori endocrini (un deficit del sistema ipotalamo-ipofisario per le sue connessioni col sistema limbico può portare all'autismo; l'oxitocina avrebbe influenza sul comportamento sociale, infatti bassi livelli di oxitocina sono stati rilevati in soggetti con autismo)

PROGETTO TERAPEUTICO: diagnosi precoce e intervento precoce per valorizzare il potenziale residuo. Bisogna dare un'informazione circostanziata alla famiglia su diagnosi e progetto terapeutico. Terapie non farmacologiche: intervento riabilitativo di inserimento ambientale tramite applicazione di tecniche riabilitative finalizzate agli autistici (TED, TEACCH, Portage, psicomotricità, musicoterapia, logopedia, psicoterapia). Coinvolgimento dei genitori nel progetto terapeutico. Terapie farmacologiche: non sono specifiche, cioè non eliminano la causa dell'autismo ma servono a eliminare segni e sintomi che disturbano il pz. (aggressività, stereotipie, disattenzione). Come farmaci si usano soprattutto gli antipsicotici atipici, che hanno meno effetti collaterali. Si devono fare controlli periodici per controllare l'efficacia del trattamento con esami clinici e di laboratorio. Intervento sulla famiglia: valutare come la famiglia accetta o rifiuta il problema; valutare le risorse socio-economiche; i rapporti della famiglia con i Servizi Territoriali che seguono il pz; la coesione o scissione del nucleo famigliare dall'ambiente circostante.


SINDROME DI RETT: è caratterizzata da precoce compromissione dello sviluppo psicomotorio, che verso i 6 mesi si ferma e regredisce. I soggetti hanno un periodo prenatale e perinatale apparentemente normale. Anche la circonferenza del cranio alla nascita è nei limiti della norma. Tra i 5 e i 48 mesi di età la crescita del cranio rallenta. Inoltre vi è una perdita di capacità manuali finalistiche precedentemente acquisite con sviluppo di caratteristici movimenti stereotipati che somigliano al torcersi o al lavarsi le mani. L'interesse per l'ambiente sociale diminuisce nei primi anni dopo l'esordio del disturbo. Insorgono problemi nella coordinazione dell'andatura e dei movimenti del tronco. Vi è anche una grave compromissione dello sviluppo, comprensione e espressione del linguaggio.

EZIOLOGIA: è stata recentemente individuata una mutazione genetica sul braccio lungo del cromosoma X in corrispondenza del gene MEC P2, che ha la funzione di tradurre una proteina che regola lo sviluppo di altri geni. Questa sindrome colpisce solo le femmine, perché si pensa che la mutazione sul cromosoma X nel maschio sia incompatibile con la vita.

EPIDEMIOLOGIA: l'incidenza è dello 0,5-1 su 10000 femmine nate vive. Rappresenta circa ¼ dei ritardi mentali progressivi. Ci sono alcune aree come Lombardia e Svezia in cui l'incidenza si alza moltissimo (22%).

CRITERI DIAGNOSTICI:

  • sviluppo prenatale e perinatale apparentemente normale
  • sviluppo psicomotorio apparentemente normale nei primi 5 mesi dopo la nascita
  • circonferenza del cranio normale al momento della nascita
  • rallentamento della crescita del cranio tra i 5 e i 48 mesi
  • perdita delle capacità manuali finalistiche acquisite in precedenza con sviluppo di movimenti stereotipati delle mani
  • a circa 18 mesi perdita dell'interessamento sociale
  • insorgenza di andatura o movimenti del tronco scarsamente coordinati (andatura atasso-spastica e di solito scoliosi del rachide)
  • compromissione della ricezione e espressione del linguaggio
  • stereotipie respiratorie (respiro frequente seguito da lunghe apnee)

DISTURBO DI ASPERGER le caratteristiche principali sono una compromissione dell'interazione sociale e lo sviluppo di modalità di comportamento, interessi e attività ristretti e ripetitivi. Non hanno la capacità di contatto e comunicazione pur avendo uno sviluppo cognitivo nella norma. A differenza del disturbo autistico non vi sono nella fanciullezza ritardi significativi del linguaggio, dello sviluppo cognitivo, della capacità di autoaccudimento adeguata all'età, del comportamento adattivo e della curiosità riguardo all'ambiente. Da bambini compiono le loro azioni abitudinarie normalmente, sembrano molto diligenti e hanno interessi fissi. Sono disturbati dalla presenza dei compagni e possono anche diventare aggressivi se disturbiamo la loro linearità. Durante l'età scolare possono presentare disturbi come disgrafia e dislessia. Ci può essere alla base una anomalia cromosomica o un'infezione prenatale.

CRITERI DIAGNOSTICI:

  • marcata compromissione nell'uso di diversi comportamenti non verbali come lo sguardo diretto, l'espressione mimica, le posture corporee e i gesti che regolano l'interazione sociale
  • incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei adeguate ai livelli di sviluppo
  • mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi e obiettivi con altre persone
  • mancanza di reciprocità sociale o emotiva
  • dedizione assorbente a uno o più tipi di interessi stereotipati e ristretti
  • sottomissione rigida a inutili abitudini o rituali specifici
  • manierismi motori stereotipati e ripetitivi
  • compromissione significativa dell'area sociale e lavorativa

DISTURBO DISINTEGRAVO DELLA FANCIULLEZZA: marcata regressione in diverse aree del funzionamento dopo un periodo di almeno 2 anni di sviluppo apparentemente normale. Le capacità acquisite in precedenza, che vengono perse sono soprattutto il linguaggio, la capacità sociale, il controllo di defecazione e minzione, gioco e abilità motorie.

EZIOLOGIA:questa sindrome può essere la conseguenza di una malattia metabolica o degenerativa (leucodistrofia metacromatica giovanile, βgalattosidasi, malattie lisosomiali). Le conseguenze sono una destrutturazione sul piano psichico-psichiatrico e una regressione molto simile a quella dello schizofrenico.

CRITERI DIAGNOSTICI:

  • sviluppo apparentemente normale per i primi 2 anni dopo la nascita
  • perdita delle capacità di prestazione acquisite in precedenza in almeno 2 delle seguenti aree: espressione o ricezione del linguaggio, capacità sociali o comportamento adattivo, controllo di defecazione o minzione, gioco, abilità motorie
  • modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati

DISTURBO GENERALIZZATO DELLO SVILUPPO NON ALTRIMENTI SPECIFICATO: questa categoria si usa quando vi è una grave compromissione dell'interazione sociale, delle capacità di comunicazione verbale e non verbale e quando sono presenti comportamento, interessi o attività stereotipate ma non sono soddisfatti i criteri per uno specifico Disturbo Generalizzato dello Sviluppo o Schizofrenia.


PARALISI CEREBRALI INFANTILI: "tutte le sindromi neurologiche che implicano un disturbo della motricità, cronico e non progressivo, conseguente ad un danno precoce (prima del 3° anno di vita) dell'encefalo". Al disturbo della motricità sono quasi sempre associate altre due forme morbose: l'IM e l'epilessia.

EPIDEMIOLOGIA: frequenza 2-7%. Nell'ambito delle PCI emiplegie→30% teraplegie→30% paraplegie→20% forme distosico-atetosiche→10% altre forme (atoniche, atassiche, miste)→10%

EZIOPATOGENESI: Fattori prenatali e connatali: 1) anossia del feto indotta da alterazioni placentari, in particolare per compressione del cordone ombelicale, per grave anemia o intossicazione della madre; 2) immaturità; 3) diabete materno; 4) infezioni materne tra cui soprattutto la rosolia; 5) gli itteri sia quello da incompatibilità materno-fetale sia quelli neonatali; 6) traumi da parto o manovre ostetriche, come la compressione del cordone ombelicale, con conseguente anossia del feto.

Fattori postatali: (influiscono nel 20% dei casi) encefaliti, encefalopatie infettive e parainfettive che insorgono nel primo anno di vita, le post vacciniche e i tumori.

PATOGENESI: si distinguono 2 fasi della vita intrauterina→epoca embrionale e fetale. L'epoca embrionale è caratterizzata dall'organogenesi, mentre quella fetale dalla maturazione dei singoli organi e apparati. L'epoca della lesione determina pertanto due quadri nettamente distinti: le embriopatie e le fetopatie. Le embriopatie sono caratterizzate soprattutto da un quadro malformativo dell'encefalo o di altri organi (aplasie globali, aplasie delle commessure e soprattutto del corpo calloso) dovuto ad un arresto dei processi evolutivi e differenziativi. Nelle fetopatie il danno cerebrale è dovuto a processi distruttivi su organi già differenziati o in via di sviluppo. Ovviamente anche la vastità del danno è diversa poiché sarà maggiore quando la lesione sarà nel periodo embrionale, che corrisponde al periodo di massimo accrescimento dell'encefalo. Per quanto riguarda i fattori perinatali e postatali, si associano spesso ad una insufficienza vascolare, che, secondo la sede e l'estensione dà quadri anatomo-patologici diversi. Infatti si possono riscontrare:

- danni di vasta estensione come la degenerazione cistica del cervello o encefalomalacia

- lesioni circoscritte a zone corticali monolaterali e che possono avere come conseguenza l'emiplegia

- lesioni corticali bilaterali, che possono avere come conseguenza la diplegia

SINTOMATOLOGIA:

  • Sintomatologia precoce:

- pallore: è un segno indicativo di stato di shock secondario ad anemia acuta o lesione encefalica

- espressione del viso, in particolare gli occhi sbarrati e lo sguardo fisso, ci orienta verso la presenza di una lesione encefalica

- irrequietezza, irritabilità o apatia

- difficoltà di alimentazione e respirazione

- assenza del sorriso, rigidità del corpo, incapacità di sostenere il capo, sussulti muscolari riflessi

- impossibilità della posizione seduta, spasticità degli arti inferiori con ipotonia del tronco, difficoltà nella prensione fine

  • esame neurologico:

- ipotonia o ipertonia diffusa

- strabismo divergente

- riflesso di Monro assente→edema cerebrale

- riflesso di Monro presente nei primi 2 giorni di vita, ma che poi scompare o diventa asimmetrico→emorragia cerebrale

- mancanza dei riflessi di incurvamento del tronco, della marcia automatica, di prensione della mano, di allungamento crociato

- presenza di sangue nel liquor alla rachicentesi

Inoltre può essere utile nella diagnosi di PCI l'applicazione delle scale di sviluppo psicomotorio, l'osservazione periodica del bambino, quello che riferiscono i genitori e l'EEG

  • I disturbi più gravi associati con le PCI sono:

- disturbi motori

- disturbi sensoriali, in particolare della vista, dell'udito e delle relative percezioni

- disturbi del linguaggio

- epilessia

- disturbi intellettivi e caratterologici

  • I principali sintomi motori sono:

- Spasticità, dovuta alla mancanza di inibizione del primo motoneurone, con conseguente accentuazione del riflesso di stiramento e aumento del tono muscolare. L'ipertonia è generalmente più accentuata a carico dei flessori degli arti superiori e degli estensori di quelli inferiori.

- Atetosi: è un'ipercinesia tipica, caratterizzata da movimenti lenti, eseguiti con particolare forza.

- Rigidità: determina una resistenza uniforme nei movimenti passivi di flesso-estensione

- Atassia: difetto della coordinazione, che può essere di tipo cerebellare o propriocettivo

- Tremori

- Atonia

CLASSIFICAZIONE in base alla distribuzione topografica:

  • Monoplegia: deficit motorio ad un solo arto. In genere si tratta di un'emiplegia o diplegia in cui l'altro arto ha un discreto compenso funzionale
  • Diplegia: disturbo motorio a carico contemporaneamente di due dei quattro arti
  • Emiplegia: è un deficit unilaterale, in genere di tipo spastico. L'arto superiore del lato colpito è aderente al tronco e il gomito forma un angolo di 90°. La mano è piegata e le dita sono fortemente flesse a pugno; altre volte sono in estensione. Il riflesso di Babinski è presente; altro segno tipico è il riflesso "del temperino" che si evidenzia quando nell'estendere un muscolo spastico l'intensa resistenza iniziale a un certo momento cede di colpo. Andando avanti nel tempo si osserveranno negli arti colpiti sia disturbi trofici che tendenza alle retrazioni tendinee o alle deformazioni articolari.
  • Paraplegie: possono essere dovute a lesioni biemisferiche focali ma più spesso si tratta di tetraplegie con buon compenso funzionale. Lo stato di spasticità interessa gli arti inferiori ma si può osservare un lieve interessamento anche di quelli superiori. Un quadro paraplegico è il morbo di Little in cui tutta la muscolatura è permanentemente contratta con tronco ed estremità rigide. L'andatura è caratteristica per la tipica "marcia a forbice" con il tronco inclinato in avanti.
  • Tetraplegia: sono colpiti tutti e quattro gli arti. Al disturbo motorio di tipo spastico possono aggiungersi nelle forme gravi rigidità e movimenti distonici.

In base al tipo di disturbo motorio:

  • Forme spastiche: prevalgono segni di insufficienza della via piramidale
  • Forme atetosiche: prevalgono disturbi "extrapiramidali e ipercinetici"
  • Forme rigide: con ipertonia plastica o cerea
  • Forme atassiche: prevale il difetto di coordinazione di tipo cerebellare o propriocettivo
  • Forme con tremori
  • Forme atoniche
  • Forme miste
  • Forme non classificabili

TERAPIA: la terapia è multidirezionale e deve, oltre ai trattamenti specialistici, informare e sostenere adeguatamente la famiglia, in modo che collabori ampiamente; fare in modo che gli atteggiamenti siano sempre chiarificati in modo che il piccolo sia immesso precocemente nell'ambiente extrafamiliare sia per facilitare la sua socialità sia per abituare l'ambiente ad accettarlo; che il ragazzo abbia esperienze di successo sufficienti, realistiche e a difficoltà progressive; che si eviti, se possibile, il ricorso a scuole o a centri specializzati, di cui in realtà molti spastici non hanno bisogno, potendo risolvere i loro problemi nella famiglia, nell'asilo o nella scuola normale.

Terapia farmacologia: sono usati soprattutto i farmaci ad azione miorilassante e antiipercinetica. I primi sono quelli capaci di alleviare l'ipertono della muscolatura scheletrica e possono agire in varie sedi, in particolare sulle fibre muscolari striate, sulle giunzioni neuromuscolari, sulle strutture nervose spinali e sovraspinali. I farmaci che agiscono su queste ultime possono modificare l'attività dei motoneuroni spinali α e γ, degli interneuroni spinali, della formazione reticolare, dei gangli della base, cervelletto e corteccia. I farmaci più usati di questa categoria sono la Resepina e la Levodopa. Invece le benzodiazepine agiscono a livello della sinapsi neuromuscolare. Un altro farmaco molto usato è il Lioresal, che è un derivato del GABA e agisce inibendo la trasmissione dei riflessi polisinaptici e monosinaptici.

Terapia ortopedica: consiste soprattutto nell'applicazione di protesi correttive, allungamento di tendini, nefrotomie, trapianti muscolari.

Terapia neurochirurgica: gli interventi di neurochirurgia si fanno solamente nei casi più gravi e consistono soprattutto in interventi di neurochirurgia stereotassica sui nuclei della base oppure di Schurmann o di Walzer e Mergers.

Rieducazione motoria: le metodologie rieducative si dividono in metodi analitici e metodi globalistici. Con i primi si fanno attuare movimenti di unità motorie isolate o di gruppi muscolari affini. Con i secondi si fanno realizzare le varie tappe dello sviluppo motorio oppure si agisce sulla spasticità dinamica con opportune manovre inibitorie. Fra i metodi globalistici il più importante è quello formulato dai coniugi Bobath negli anni 50', secondo cui si deve dare grande importanza alle reazioni toniche abnormi della statica e dell'equilibrio. Di conseguenza gli indirizzi generali del trattamento sono essenzialmente 3:

  • Inibizione dei riflessi posturali e motori abnormi. I Bobath hanno individuato delle posizioni che, anche se indotte passivamente nel soggetto con paralisi cerebrale, inibiscono i riflessi posturali e le reazioni motorie spastiche.
  • Facilitazione degli automatismi normali. Il soggetto con PC sviluppa automatismi anormali e non acquisisce gli automatismi normali su cui si basa il movimento e che vanno quindi facilitati.
  • Sviluppo del movimento volontario.

Infine perché la rieducazione motoria sia efficace deve avere 2 caratteristiche fondamentali: la precocità d'inizio e l'individualizzazione. Inoltre gli esercizi non devono essere imposti passivamente al bambino, ma bisogna favorire l'interessamento, la partecipazione e l'apprendimento. Inoltre bisogna dare grande importanza alla logopedia per migliorare le capacità comunicative, con conseguente effetto positivo sullo sviluppo di tutta la personalità.


DISTURBI DA DEFICIT DI ATTENZIONE: la caratteristica fondamentale è una persistente modalità di disattenzione e/o di iperattività-impulsività che è più frequente e più grave di quanto si osserva tipicamente in soggetti ad un livello di sviluppo paragonabile. La disattenzione può manifestarsi in situazioni scolastiche, lavorative o sociali. I soggetti con questo disturbo possono non riuscire a prestare attenzione ai particolari o fare errori di distrazione nel lavoro scolastico o in altri compiti oppure possono passare frequentemente da un'attività ad un'altra senza completarne nessuna. Spesso sembra che la loro mente si trovi altrove o che essi non ascoltino o non abbiano sentito quanto si è appena detto loro. Il modo di lavorare è spesso disorganizzato e il materiale necessario per svolgere il compito viene spesso disperso, maneggiato senza cura e danneggiato. Questi soggetti di solito evitano o hanno forte avversione per attività che richiedono protratta applicazione e sforzo mentale. Questo evitamento deve essere dovuto a difficoltà del soggetto connesse all'attenzione e non dovuto ad un'attitudine oppositiva primaria, anche se può esservi un'oppositività secondaria. I soggetti con questo tipo di disturbo sono facilmente distraibili da stimoli irrilevanti e frequentemente interrompono compiti in corso di svolgimento per prestare attenzione a rumori senza importanza o ad eventi di solito ignorati da altri. Nelle situazioni sociali la disattenzione può essere espressa dal fatto che cambiano spesso argomento nella conversazione, non ascoltano gli altri e non seguono le indicazioni e le regole di giochi o attività. L'iperattività può variare con l'età del soggetto e col livello di sviluppo e la diagnosi deve essere fatta con cautela nei bambini piccoli. Infatti i bambini che muovono i primi passi e in età prescolare con questo disturbo differiscono dai coetanei normali per il fatto che sono sempre in movimento e tra i piedi, saltellano avanti e indietro, saltano o si arrampicano sui mobili, corrono per la casa e hanno difficoltà a partecipare ad attività sedentarie di gruppo all'asilo. Invece i bambini in età scolare mostrano comportamenti simili ma di solito con meno frequenza o intensità; hanno difficoltà a rimanere seduti, si alzano frequentemente, si dimenano sulla propria sedia, giocherellano nervosamente con oggetti, agitano troppo piedi e gambe, parlano di continuo e si alzano continuamente da tavola durante i pasti o mentre guardano la televisione. Negli adolescenti e negli adulti l'iperattività si manifesta come irrequietezza e difficoltà a dedicarsi ad attività tranquille e sedentarie. L'impulsività invece si manifesta come impazienza, difficoltà a tenere a freno le proprie reazioni, difficoltà ad attendere il proprio turno "rispondendo prima che le domande siano state completate", nell'interrompere spesso gli altri o intromettersi nei fatti altrui fino al punto di causare difficoltà nell'ambiente sociale, scolastico o lavorativo.

CLASSIFICAZIONE: sebbene la maggior parte dei soggetti abbia sintomi sia di disattenzione che di iperattività si è operata una classificazione in base alla predominanza dell'una o dell'altra caratteristica:

Disturbo da deficit di attenzione/iperattività, tipo combinato: quando 6 o più sintomi di disattenzione e 6 o più di iprattività-impulsività hanno persistito per almeno 6 mesi.

Disturbo da deficit di attenzione/iperattività, tipo con disattenzione predominante: quando 6 o più sintomi di disattenzione ma meno di 6 di iperattività-impulsività sono persistiti per almeno 6 mesi.

Disturbo da deficit di attenzione/iperattività, tipo con iperattività-impulsività predominanti: se 6 o più sintomi di iperattività-impulsività ma meno di 6 di disattenzione sono persistiti per almeno 6 mesi.

EPIDEMIOLOGIA: la prevalenza di questo disturbo è stimata dal 3 al 5% nei bambini in età scolare. Il disturbo è molto più frequente nei maschi che nelle femmine e il rapporto maschi-femmine varia da 4:1 a 9:1 a seconda dell'ambiente.

CRITERI DIAGNOSTICI:

disattenzione

  • Non riesce a prestare attenzione a compiti particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici, di lavoro o nelle attività di gioco
  • Spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente e non segue le istruzioni dategli
  • Spesso ha difficoltà a organizzarsi nei compiti e attività
  • Spesso evita di impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale protratto
  • Spesso perde oggetti necessari per i compiti o le attività
  • Spesso è facilmente distratto da stimoli estranei
  • Spesso è sbadato nelle attività quotidiane

Iperattività

  • Spesso muove con irrequietezza mani e piedi o si dimena sulla sedia
  • Spesso parla troppo
  • Spesso si alza dalla sedia in classe o in altre situazioni in cui dovrebbe stare seduto
  • Spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo

Impulsività

  • Spesso risponde prima che le domande siano state completate
  • Spesso ha difficoltà ad attendere il proprio turno
  • Spesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti


CEFALEE: sensazione dolorosa del capo che può essere diffusa o circoscritta. le cefalee sono abbastanza frequenti nel bambino e la loro comparsa va di pari passo con la scolarizzazione, in particolare compaiono in genere tra i 6 e gli 8 anni. La cefalea va distinta dall'emicrania, infatti mentre la cefalea è un sintomo l'emicrania è una malattia caratterizzata da crisi di cefalea accompagnate di solito da vomito e nausea, che insorgono all'improvviso, hanno durata variabile da un'ora ad un giorno e si alternano a periodi di benessere.

CAUSE:

  • Vascolari con conseguente ↓ dell'ossigenazione dell'encefalo
  • Psichiche ed emotive
  • Muscolari, cioè prolungata contrazione dei muscoli posti attorno al capo
  • Disturbi della vista e sinusiti
  • Tumori, meningiti e emorragie

Possibili cause psichiche: la maggior parte delle cefalee compaiono tra i 6 e gli 8 anni quando si ha uno scontro tra inconscio proprio del pensiero infantile e pensiero razionale in via di acquisizione. La presa di coscienza del razionale è un momento critico e sono sufficienti alcuni traumi diretti o indiretti perché si produca un'inibizione del pensiero razionale, accompagnata da cefalgie, che rappresentano l'espressione esteriore di questi fenomeni di inibizione. Quando la cefalea compare nei primi anni di scuola è spesso accompagnata da alcuni sintomi che devono essere ricercati come persistenza prolungata delle fobie normali della prima e seconda infanzia, disturbi del sonno, difficoltà nell'addormentarsi, incubi e terrori notturni. Si pensa che la cefalea quando si sviluppa su un fondo fobico-ossessivo sia la prova che i mezzi utilizzati contro l'angoscia siano insufficienti, così che il bambino utilizza la sofferenza pur rinunciando alla propria intelligenza. Altre volte la cefalea può insorgere nel bambino come conseguenza a difficoltà scolastiche per insuccessi scolastici, disturbi di adattamento oppure può rappresentare una strategia per evitare lavori spiacevoli.

CLASSIFICAZIONE: la cefalea può essere diffusa, sia a predominanza frontale sia occipitale e raramente continua. Secondo il criterio eziopatogenetico le cefalee infantili si dividono in:

  • Malattie locali intracraniche ed extracraniche
  • Cefalee conseguenti ad una malattia sistemica che può produrre modificazioni della circolazione encefalica (infezioni, intossicazioni, disturbi metabolici)
  • Cefalee in rapporto con reazioni allergiche
  • Cefalee difficilmente classificabili
  • Cefalee funzionali, che comprendono le cefalee da tensione, cefalee psicogene, cefalee da conversione e cefalee da reazione schizofrenica

La cefalea da tensione è la più frequente nel bambino; ha interessamento prevalentemente occipitale ed è accompagnata da nausea, vomito, ansia e tensione dei muscoli della nuca.

TERAPIA: consiste sia nel curare il sintomo con farmaci analgesici sia nel curare la causa


SINDROME DEI TICS: un tic è un movimento o una vocalizzazione rapido, improvviso, ricorrente, aritmico e stereotipato. È avvertito come irresistibile ma può essere represso per periodi variabili di tempo. Tutte le forme di tic possono essere aggravate dallo stress e attenuarsi durante le attività che richiedono concentrazione e durante il sonno.

CLASSIFICAZIONE: sia i tic motori che vocali possono essere classificati come semplici o complessi

  • Tic motori semplici: ammiccamenti, torsioni del collo, alzate di spalle, smorfie del viso e colpi di tosse
  • Tic vocali semplici: raschiarsi la gola, grugnire, tirare su col naso, sbuffare e abbaiare
  • Tic motori complessi: movimenti mimici, riassettarsi, saltare, toccare, pestare i piedi e odorare un oggetto
  • Tic vocali complessi: ripetizione di parole o frasi fuori dal contesto, coprolalia (uso di parole socialmente inaccettabili, spesso oscene), palilalia (ripetizione dei propri suoni o parole) e l'ecolalia (ripetizione del suono, parola o frase uditi per ultimi)

I disturbi da tic devono essere distinti da altri tipi di movimenti anomali che possono accompagnare condizioni mediche generali (es. malattia di Huntington, sindrome di Lesh-Nyhan, sclerosi multipla.) o che possono essere dovuti agli effetti diretti di una sostanza (es. di un farmaco neurolettico) e che possono indurre diversi tipi di movimenti stereotipati (movimenti coreiformi→movimenti a tipo di danza, distonici→movimenti lenti torsionali, atetosici→movimenti lenti a tipo contorsione, mioclonici→contrazioni muscolari brevi, movimenti di emiballismo→movimenti intermittenti degli arti, spasmi→movimenti lenti e prolungati, sincinesie→movimento involontario che ne accompagna uno volontario). Quando i tic sono una conseguenza diretta di un farmaco si dovrebbe diagnosticare un disturbo del movimento indotto da farmaci non altrimenti specificato. In alcuni casi certi farmaci possono esacerbare un preesistente disturbo da tic.

Disturbo di Tourette: è caratterizzato da tic motori multipli e uno o più tic vocali, che possono comparire simultaneamente o in diversi periodi della malattia. I tic si manifestano più volte al giorno in modo ricorrente e per più di 1 anno. L'esordio del disturbo avviene prima dei 18 anni di età. L'anomalia causa notevole malessere o compromissione significativa dell'area sociale e lavorativa. La localizzazione anatomica, il numero, la frequenza, la complessità e la gravità dei tic variano nel tempo. I tic riguardano tipicamente il capo, ma anche il tronco e gli arti. I tic vocali includono varie parole o suoni tra cui grugniti, guaiti, abbai, tirar su col naso, colpi di tosse e può anche essere presente la coprolalia. In alcuni soggetti sono presenti tic motori complessi tra cui toccare, inginocchiarsi, passi indietro, accovacciarsi e piroette durante la marcia. Il disturbo dura in genere per tutta la vita, sebbene possano verificarsi periodi di remissione che durano da settimane ad anni

DISTURBI ASSOCIATI: sono frequentemente associati al disturbo di Tourette ossessioni, compulsioni, iperattività, distraibilità e impulsività. Il rendimento scolastico e lavorativo può essere frequentemente compromesso con conseguente senso di disagio, umiliazione e vergogna. Ci possono essere complicanze rare come lesioni fisiche, problemi ortopedici e cutanei.

EPIDEMIOLOGIA: ne sono affetti 4-5 soggetti su 10000 ed è più comune nei maschi.

EZIOLOGIA: ha base genetica che si manifesta come "vulnerabilità" per il disturbo. Non tutti coloro che ereditano la vulnerabilità genetica manifesteranno i sintomi del disturbo. La penetranza nelle femmine è del 70%, mentre nei maschi è del 90%. In circa il 10% dei soggetti con disturbo di Tourette non risulta una familiarità evidente. I soggetti con queste forme non genetiche del disturbo di Tourette hanno spesso un altro disturbo mentale o una condizione medica generale.


MALATTIE NEUROMUSCOLARI

  • Miodistrofie primitive
  • Miodistrofie congenite
  • Mioatrofie spinali

Miodistrofie primitive: sono malattie ereditarie in cui vi è un progressivo indebolimento e degenerazione dei muscoli scheletrici, senza che ci siano apparentemente in causa turbe neurologiche centrali o periferiche. Sono rappresentate dalle distrofie muscolari e dalla distrofia miotonica. Le distrofie muscolari a loro volta si suddivide in:

Distrofia di Duchenne (tipo maligno)

Distrofia tipo Becker

Distrofia arti-cingoli

Distrofia fascio scapolo-omerale

Distrofia di Duchenne: malattia genetica recessiva legata al cromosoma X e che quindi colpisce esclusivamente i maschi. Il reperto elettromiografico dimostra una velocità di conduzione nella norma e il pattern miopatico caratteristico. Invece sono abnormemente elevati i tassi di diversi enzimi sierici, in particolare della creatinfosfochinasi soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, mentre poi si riduce progressivamente. Nei casi sospetti la diagnosi può essere fatta anche alla nascita, poiché si ha un tasso elevato di creatinfosfochinasi già nel sangue del cordone ombelicale. Il tasso di creatinfosfochinasi è elevato anche nel 70% delle femmine portatrici. L'identificazione delle portatrici è importante perché il 50% dei loro figli maschi sarà affetto dalla malattia e il 50% delle figlie saranno a loro volta portatrici. Nella maggior parte di soggetti affetti da Distrofia di Duchenne (oltre il 60%) è riscontrabile anche un difetto intellettivo di vario grado dovuto alla stessa anomalia genetica che provoca il disturbo del metabolismo muscolare.

CARATTERISTICHE CLINICHE: sono colpiti generalmente i muscoli prossimali prima dei distali ma non sono colpiti i muscoli facciali se non negli stadi terminali. Si manifesta pseudoipertrofia principalmente ai gastrocnemi e si può avere deformità equinovara del piede dovuta allo squilibrio tra i tibiali anteriori, più deboli, e i gastrocnemi.

Distrofia di Becker: è legata al cromosoma X. Ha inizio più tardivo (verso il 7° anno) e decorso più lento, così che i maschi affetti possono sposarsi e trasmettere la malattia ai discendenti maschi.

Distrofia arti-cingoli: è una malattia autosomica recessiva. I sintomi si manifestano tardivamente (verso l'età adulta) e raramente in età infantile. Il rischio ereditario è del 25% per ogni gravidanza. Sono coinvolti esclusivamente i muscoli prossimali talora in modo lieve. I valori della creatinfosfochinasi sono in genere leggermente elevati e il reperto elettromiografico è moderatamente anormale.

Distrofia fascio scapolo-omerale: è un malattia autosomica dominante, quindi colpisce sia i maschi che le femmine. Ha decorso molto lento, in genere compatibile con una vita normale. I valori della creatinfosfochinasi sono normali e l'elettromiografia dimostra alterazioni di modesta entità.

Distrofia miotonica: è una malattia autosomica dominante a penetranza incompleta. Oltre ai sintomi muscolari sono presenti difetti di conduzione cardiaca, disfagia, malassorbimento, cataratta, atrofia delle gonadi, basso livello delle IgG, talora ipersecrezione di insulina. Il tasso di creatinfosfochinasi è usualmente normale o moderatamente elevato.

Miodistrofie congenite: sono malattie in cui l'atrofia muscolare si accompagna a specifiche alterazioni strutturali del muscolo stesso (miopatia miotubulare, miopatia mitocondriale, disproporzione congenita delle fibre muscolari.). Il loro decorso non è progressivo o lo è molto lentamente, a differenza delle distrofie muscolari. I valori di creatinfosfochinasi sono nella norma e l'elettromiografia può essere normale. L'unico mezzo diagnostico sicuro è lo studio istochimico e ultrastrutturale del muscolo attraverso la biopsia.

Miatrofie spinali: sono un gruppo di malattie ereditarie, caratterizzate da atrofia muscolare secondaria ad un processo degenerativo delle cellule delle corna anteriori del midollo e talvolta dei nuclei motori dei nervi cranici. Si possono distinguere in:

  • Malattia di Werding-Hoffman - forma autosomica recessiva molto precoce e maligna, conduce a morte nel primo anno di vita
  • Malattia di Kubelberg-Welander - forma autosomica recessiva legata all'X. Ha inizio nei primi anni di vita, ma può manifestarsi anche tardivamente, il suo decorso è molto lento ed è quindi compatibile con una vita normale. Vengono colpiti soprattutto i muscoli prossimali, ma in minor parte anche i distali, maggiormente agli arti inferiori che ai superiori. La diagnosi può essere facilitata da due sintomi quasi sempre presenti, che sono il tremore alle mani, ma anche al capo e in altri distretti, a scosse irregolari, presente a riposo e accentuato con la motilità volontaria e la tendenza alla deformità dei piedi in piatto-valgismo, cioè di tipo opposto a quella che si osserva nella distrofia primitiva. I valori della creatinfosfochinasi sono in genere normali o poco aumentati e l'elettromiografia dimostra generalmente alterazioni neurogene.
  • Atrofia scapolo-peroneale
  • Tipo spinale dell'artrogripposi multipla



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