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STORIA DEL PENSIERO ORGANIZZATIVO -VOL.2
LA QUESTIONE BUROCRATICA
1: Cosa vuole dire "pensiero organizzativo"?
Nel linguaggio comune la parola organizzazione è usata in 2 modi diversi:
Quindi quando parliamo di "pensiero organizzativo", ci riferiamo ad un pensiero che riguarda le organizzazioni(enti) e la loro organizzazione(modo), nel loro doppio significato.
La parola pensiero indica un insieme di teorie e di dottrine sufficientemente consolidate per connotare una disciplina o materia di studio.
L'espressione "pensiero organizzativo" fa riferimento ad un'area vasta di contributi provenienti da diversi campi disciplinari e all'interno di qsti contributi è possibile tracciare una distinzione tra:
2: La centralità del concetto di dibattito
Il dibattito appare come la forma privilegiata attraverso cui procede la conoscenza scientifica: ovvero lo sviluppo della conoscenza scientifica appare essenzialmente come un susseguirsi e intrecciarsi di dibattiti.
Un dibattito nasce quando uno o + interventi contestano lo stato dominante del sapere in un campo disciplinare;
Ogni dibattito ha quindi una traiettoria temporale che connota una specifica epoca storica.
Qsto modo di intendere lo sviluppo di una disciplina scientifica si associa ad alcune altre considerazioni:
Qsto modo di intendere lo sviluppo delle scienze sociali ha 3 conseguenze dirette:
Un approccio critico alla materia non può che avere una dimensione storica, con l'individuazione dei principali dibattiti che hanno via via caratterizzato le varie epoche della disciplina;
Qsti dibattiti nascono in seno a paradigmi che portano ad individuare problemi che per un certo tempo sono centrali nella comunità scientifica ma che poi decadono perché si esaurisce l'interesse dei ricercatori.
La conoscenza specialistica delle organizzazioni tende con il tempo a divenire sempre + scaltrita e raffinata ma con una erosione del suo oggetto di studio fino a farlo coincidere con lo stesso apparato concettuale predisposto per studiarlo: ovvero la conoscenza delle organizzazioni si risolve nella conoscenza degli strumenti elaborati per conoscere le organizzazioni stesse.
CAP.1: MAX WEBER: LA BUROCRAZIA COME APPARATO DEL POTERE LEGALE
1: La "sociologia comprendente". Oggetto e strumenti della ricerca sociologica
Alla fine del XIX sec nel dibattito tra positivisti sociali e storicisti nasceva il problema su quale deve essere l'oggetto e lo scopo di conoscenza delle scienze storico-sociali e quale metodo devono adottare. I positivisti sostenevano che fosse possibile ricondurre le scienze sociali al modello delle scienze naturali, in modo che, come a qste ultime spetta il compito di scoprire le leggi universali che regolano il mondo della fisica, della chimica, della biologia, così alle scienze sociali, in particolare alla sociologia, spetta il compito di scoprire le leggi universali che presiedono allo sviluppo della società umana. Gli storicisti invece dicevano che qsto non era possibile perché non esistono leggi del divenire umano. Perciò tutto ciò che riguarda l'uomo può essere studiato con il metodo storico e qsto può avere il solo scopo di approfondire, interpretare e comprendere senza alcuna pretesa di stabilire leggi o tendenze universali.
Di fronte a qsto dibattito WEBER:
rifiuta le idee positiviste e riformula quelle storiciste. Egli afferma che non esistono leggi universali della storia umana ma non è neanche fondato privilegiare alcune sfere dell'attività umana indicandole come capaci di spiegare in ogni caso ciò che avviene in altre sfere.
Non accetta nemmeno il positivismo di durkheim. Secondo qst'ultimo la società va considerata come una realtà morale che viene prima dei singoli individui e il compito della sociologia è di studiare i fatti sociali come se fossero cose esterne e indipendenti dalle coscienze individuali e provviste di un potere sulle condotte dei singoli soggetti.
Si discosta anche dalle conclusioni degli storicisti che affermando il carattere irripetibile e unico dei fenomeni umani, negano la possibilità di generalizzazioni e di confronti negando così di fatto alla sociologia uno spazio autonomo.
Sostiene che è possibile pervenire a delle conoscenze basate su generalizzazioni e confronti sistematici.
Per Weber l'oggetto della sociologia è l'agire dotato di senso, ovvero l'atteggiamento umano a cui l'individuo che agisce attribuisce un suo senso soggettivo, in riferimento all'atteggiamento di altri individui. La sociologia deve essere una conoscenza scientifica, empiricamente verificabile e dotata di significati generali.
Lo scopo della sociologia è quello di comprendere e spiegare l'agire sociale di una o + persone, in modo da pervenire a conclusioni il + possibile oggettive: ovvero a verità comprovate e condivisibili in linea di principio da tutti coloro che sono interessati a conoscere quell'agire, a prescindere dalle loro convinzioni e dai loro giudizi di valore.
Comprendere = rendere evidente il senso di un dato agire umano e ciò è possibile dal momento che gli uomini sono dotati di una coscienza.
Spiegare = significa trovare le cause che si suppone abbiano provocato quell'agire.
Comprendere e spiegare devono integrarsi in un unico processo di spiegazione comprendente che deve fare riferimento sia alle cause oggettive che possono avere indotto gli individui ad agire in un dato modo, sia alle motivazioni soggettive che gli individui danno del loro agire, anche in rapporto a quelle cause. In + qsto processo si avvale sia del metodo individualizzante, usato dagli storici per ricostruire i singoli eventi che essi studiano, sia il metodo generalizzante, che consente giudizi generali e confronti tra le varie forme dell'agire sociale nonché tra le varie istituzioni prodotte da quell'agire.
2: L'agire dotato di senso
Stabilito che l'oggetto della sociologia è l'agire dotato di senso, WEBER esamina quelli che chiama i fondamenti determinanti di tale agire:
L'individuazione di qsti 4 determinanti fondamentali dell'agire richiede alcune precisazioni:
I tipi di agire designano tipi puri o ideali di azione che nel comportamento effettivo e osservabile di un sogg sono sempre mescolati, talvolta con la prevalenza di una determinante rispetto alle altre. A volte alcuni tipi di agire possono essere contemporaneamente razionali rispetto allo scopo e rispetto al valore.
L'agire razionale rispetto allo scopo può essere del tutto irrazionali rispetto al valore.
La razionalità dell'agire è definita in base alla valutazione del sogg che agisce e non in base a quella del ricercatore.
L'individuazione dei tipi puri di agire è la premessa per comprendere il senso che i sogg danno al loro agire rispetto alle istituzioni che operano nella vita sociale.
I 4 tipi puri dell'agire umano sono categorie fondamentali per cominciare a comprendere come funzionano le organizzazioni e come gli uomini si pongono in rapporto ad esse.
3: Il tipo ideale
I tipi ideali non esistono nella realtà. Qsta non possiede nessun elemento intrinseco, oggettivo, capace di indicare il senso del suo procedere. I tipi ideali sono solo delle costruzioni mentali, punti di riferimento che l'uomo costruisce a suo rischio per potersi accostare alla realtà. I tipi ideali individuano delle uniformità tipiche di comportamento empiricamente constatabili, in modo da poter fare connessioni e confronti, giudicare i singoli fenomeni in base ad un metro sufficientemente generale.
Perciò la costruzione di un tipo ideale consiste in un procedimento di astrazione che:
Il tipo ideale così costruito è sempre un concetto-limite.Va sottolineato che il tipo ideale:
non è una media statistica, ma un concetto qualitativo costruito attraverso selezioni e accentuazioni unilaterali;
non serve a scopi classificatori, ma a comparare i fenomeni e ad approfondire la conoscenza attraverso progressive distinzioni;
non è un modello morale di condotta, né indica qualcosa che si possa auspicare.
4: Procedimenti concreti di costruzione del tipo ideale
Nella costruzione di un tipo ideale Weber considera inoltre:
Si passa così da considerazioni logiche e formali che definiscono la cornice astratta del tipo ideale, a connotazioni sempre + specifiche e sostantive di ordine tecnico, culturale, psicologico sull'agire sociale dei sogg viventi in condizioni riconducibili a quel tipo. Weber aggiunge però che in determinate condizioni storiche alcune di quelle qualità che appaiono nel tipo ideale, non ci sono, o sono modificate o ne appaiono altre.
Qsto modo di procedere comprendere sia giudizi che tendono a generalizzare e sia giudizi che tendono ad individualizzare. I 2 tipi di giudizio non si contraddicono, ma si richiamano: solo dopo aver generalizzato alcune condotte illustrandone le uniformità, il loro insieme risulta individuato rispetto ad altri tipi o sottotipi ideali
5: I 3 tipi puri del potere legittimo
WEBER definisce il potere come la possibilità per specifici comandi di trovare obbedienza da parte di un determinato gruppo di uomini. Ogni potere:
può essere studiato partendo solo dalle relazioni specifiche di comando e di obbedienza che legano tra loro date persone, stabilendo anche le condizioni e le circostanze in cui si attiva il rapporto di potere.
Richiede un apparato amministrativo di uomini di fidata obbedienza che, che servano da tramite tra superiori e sottoposti.
Per essere esercitato in maniera continuativa e regolare richiede di essere legittimato e che i sottoposti credano nella sua legittimità.
Il tipo di legittimazione richiesta diventa il criterio in base al quale Weber distingue 3 tipi puri di potere: il potere carismatico, il potere tradizionale e il potere legale. Ogni tipo di potere richiede un apparato amministrativo con caratteristiche specifiche e ha nel proprio funzionamento alcuni fattori specifici di instabilità e di crisi.
potere carismatico: per carisma s'intende una qualità eccezionale attribuita ad una persona che pertanto viene riconosciuta come capo. Il riconoscimento del carisma porta quindi ad una dedizione di fede e di entusiasmo in un clima altamente emozionale. Il potere carismatico ha bisogno di continue conferme altrimenti rischia di scomparire. Nella sua forma pura è irrazionale nel senso che manca di regole ed è rivoluzionario in quanto rovescia il passato. Il suo apparato amministrativo è rudimentale, formato da discepoli, uomini di fiducia che sono a contatto diretto con il capo ricavandone quindi un alone di carisma dalla loro fedeltà e conoscenza diretta del capo. Oltre che nella sfera religiosa il potere carismatico trova espressione anche nella sfera politica ed economica; tracce di carisma sono rilevabili anche in tutte quelle situazioni in cui determinati comandi vengono eseguiti + per la capacità personale del capo di imporsi che non per il grado formale della sua carica. Il rischio di qsto potere sta nel prolungarsi del suo esercizio ed in particolare di fronte al problema della successione del capo. Quando il capo muore o si ritira, i successori benché si richiamino al carisma originario, non possono evitare che si vada verso una graduale trasformazione del carisma in pratica quotidiana che finisce di trasformarlo in potere burocratico-tradizionale.
potere tradizionale: un potere deve essere definito tradizionale quando la sua legittimità si fonda e viene accettata sulla base di antichi ordinamenti, esistiti da sempre. Il capo tradizionale può non avere qualità specifiche di comando, ma nonostante ciò i sottoposti sono tenuti ad obbedienza e riverenza in virtù di quanto egli rappresenta rispetto alla tradizione. Il potere tradizionale ha conosciuto 2 forme tipiche prevalenti:
patrimoniale: il sovrano ha diritto di illimitato comando su qualsiasi subordinato e diritto di proprietà su qualsiasi oggetto appartenente ai suoi sottoposti, i sudditi. I funzionari dell'apparato amministrativo sono al servizio personale del signore, dipendendo da lui per una remunerazione unilaterale.
Feudale: l'apparato amministrativo, ovvero la nobiltà, gode di una + alta autonomia rispetto al sovrano. I funzionari sono degli alleati uniti da un giuramento di onore e fedeltà; posseggono un proprio dominio amministrativo che viene trasmesso in eredità; non dipendono dal signore per remunerazione e sussistenza, ma sono tenuti a fornirgli risorse tratte dal loro stesso feudo.
Nel potere tradizionale il criterio per l'assegnazione di cariche è l'appartenenza ad un gruppo privilegiato e la fedeltà al capo. Il rischio di instabilità è sempre minacciato dall'insorgere del carisma locale di capi che si ribellano alla tradizione.
Potere legale: si obbedisce al superiore perché si presume che egli eserciti la carica in virtù di una nomina legale che sia competente e che i suoi comandi siano conformi a ordinamenti legali. Si presume che tali ordinamenti:
Siano stati istituiti razionalmente rispetto ad un determinato valore o un determinato scopo;
Costituiscono un insieme di regole astratte e universali, ossia applicabili ad una universalità di casi simili e non siano state emanate per regolare casi specifici con intendimenti arbitrari;
Anche il detentore del potere legale sia tenuto a rispettare lo stesso ordinamento impersonale al quale orienta le sue disposizioni. In caso contrario si entra nel dispotismo e nell'arbitrio.
L'apparato amministrativo tipico del potere legale è la burocrazia
7: Condizioni storiche dello sviluppo della burocrazia
Weber afferma che lo sviluppo di un'economia monetaria è di grande importanza per lo sviluppo complessivo della burocrazia. E' la premessa per la comparsa di un ceto di funzionari formalmente liberi e remunerati ad hoc, a cui affidare lo svolgimento di compiti specializzati e continuativi.
L'esistenza di problemi tecnici da risolvere è il presupposto materiale che sollecitò la creazione di apparati amministrativi dotati di alcune caratt burocratiche
Le ragioni storiche del processo di burocratizzazione sono indicate da Weber in 2 fattori principali:
8: Le ambivalenze della burocrazia
Weber sottolinea nella sua analisi le ambivalenze della burocrazia, ovvero il rischio che gli stessi elementi indicati come fattori di superiorità si trasformino in minacce per l'uomo. Esaminiamo 3 aspetti di qste ambivalenze:
CAP. 2: DOPO WEBER. LE CONSEGUENZE INATTESE DELLA BUROCRAZIA NELL'ANALISI DI ROBERT MERTON
Sviluppi post weberiani degli studi sulla burocrazia
Nel campo del pensiero organizzativo Weber lascia in eredità:
un presupposto: che non sia possibile concepire le organizzazioni razionalmente orientate ad un fine se non come burocrazie, ossia che la burocrazia è l'unica e specifica forma in cui possono prendere corpo le organizzazioni razionali;
un problema: è quello della razionalità che Weber definì in base al senso dei sogg che agiscono.
Si sviluppa così negli USA tra gli anni '40 e '60 una stagione di studi sulle burocrazie pubbliche e private.le ambivalenze della burocrazia sono il tema preferito di un'analisi critica, spesso pessimista. Qste analisi sono caratt da un doppio revisionismo
revisionismo esplicito: si sviluppa applicando un approccio funzionalistico ai temi weberiani della burocrazia. Qsto approccio appare congeniale per mettere a fuoco gli scarti tra l'intenzione razionale con cui i sogg agiscono e le conseguenze non attese e non volute che ne derivano a livello di struttura. Qsti scarti vengono concettualizzati come "funzioni latenti", che assumono spesso la connotazione negativa di disfunzioni, ovvero di inconvenienti che compromettono a volte in modo grave il perseguimento razionale dei fini per cui l'organizzazione è stata costituita.
Revisionismo meno esplicito: adotta un funzionalismo debole o critico. Qsto tipo di revisione presenta un recupero della dimensione weberiana del senso che i sogg conferiscono alle loro azioni. E' sulla base di tale recupero che l'analisi dello scarto tra intenzioni e risultati acquista problematicità e tensione.
I 2 revisionismi sono collegati: da un lato si prendono le distanze da Weber mediante un approccio di ispirazione funzionalista, dall'altro si prendono le distanze dalle versioni + pesanti del funzionalismo recuperando quella intenzionalità del sogg che è al centro della riflessione weberiana.
2: Funzionalismo forte e funzionalismo debole nella sociologia americana: Parsons e Merton
Gli studi post weberiani sulla burocrazia negli Usa avvengono nell'ambito di un approccio funzionalistico perché in quegli anni la sociologia americana subisce una forte influenza funzionalistica. Le origini del funzionalismo so trovano in DURKHEIM il quale aveva teorizzato la necessità di:
considerare i fatti sociali come cose dotate di potere di coercizione sulla condotta dei singoli individui;
distinguere nella spiegazione di un fenomeno sociale tra la causa del fenomeno e la funzione sociale che esso di fatto assolve, al di là delle intenzioni e dalle rappresentazioni dei sogg.
Qsta ipotesi di lavoro, antitetica alle posizioni weberiane, era stata ripresa nell'antropologia culturale da MALINOWSKI e RADCLIFFE-BROWN. Essi condividevano la convinzione che nello studio delle comunità primitive si dovevano analizzare soprattutto le funzioni, ossia i contributi che le varie istituzioni sociali e culturali della comunità forniscono per soddisfare i bisogni fondamentali dell'uomo oppure per mantenere le condizioni necessarie di esistenza della vita sociale di gruppo.
Tra le conseguenze + rilevanti dell'antropologia funzionalista si possono indicare:
la visione della società come un sistema sociale unitario, composto da parti interdipendenti, con una sottintesa analogia tra società e organismi biologici;
l'allargamento del concetto di cultura che viene definita come un insieme di strumenti materiali e simbolici con cui gli uomini possono risolvere i problemi che si presentano nel rapporto con l'ambiente e nel soddisfacimento dei loro bisogni.
PARSONS diceva che il funzionalismo era congeniale per:
sostituire la precedente fondazione utilitaristico-individuale della convivenza sociale con una nuova fondazione basata sulla natura morale delle norme;
sottolineare le funzioni integrative svolte dalle istituzioni sociali per spiegare su basi consesualistiche l'esistenza dell'ordine sociale;
considerare la società come un sistema sociale dotato di meccanismi interni per automantenersi secondo equilibri adattivi,e di conseguenza considerare ogni forma di conflitto essenzialmente come una patologia.
MERTON a diff di Parsons opera un'assunzione debole del funzionalismo; procede costruendo teorie di medio raggio, formate da una serie di ipotesi molto specifiche da verificare con metodo empirico su una gamma limitata di fenomeni. Insieme ad un rifiuto di una teoria generale, Merton rifiuta l'idea che la sociologia possa ridursi alla semplice accumulazione di conoscenze empiriche prive di uno schema teorico adeguato. La ricerca svolge 4 funzioni nei confronti della teoria: quella di suscitarla, riformularla, orientarla e chiarificarla. Ovvero la teoria retroagisce sulla ricerca fornendola di ipotesi di lavoro da verificare sul campo.
Per debole si intende un funzionalismo che riconosce che l'oggetto principale di studio della sociologia sono le conseguenze provocate da det azioni o istituzioni, ma che rifiuta l'idea di una sorta di funzionalismo universale secondo cui tutte le azioni e istituzioni umane svolgono necessariamente qualche funzione.
3: La critica mertoniana dei postulati funzionalisti
Merton individua e rifiuta i 3 postulati del funzionalismo forte:
La conclusione di Merton è che bisogna pervenire ad una concezione problematica dei rapporti tra istituzioni e funzioni, dal momento che:
le funzioni possono essere svolte da + istituzioni;
la stessa istituzione può svolgere diverse funzioni;
le funzioni svolte da un'istituzione non sono necessariamente quelle previste all'origine.
4: Funzioni manifeste e funzioni latenti
Una caratt del funzionalismo è il primato accordato alle conseguenze oggettive delle azioni rispetto ai motivi che spingono i sogg ad agire o alle opinioni che essi hanno delle proprie azioni. Merton condivide qsto primato ma aggiunge che bisogna tener ben distinti i motivi che spingono gli individui ad agire dalle conseguenze oggettive che possono derivare dalle loro azioni. Le conseguenze di un'azione possono essere note e volute dai sogg che la compiono(funzioni manifeste), oppure possono non essere volute né conosciute(funzioni latenti).
Ma se le funzioni latenti sono per definizione sconosciute, come si fa a sapere che esistono e come si fa ad individuarle? Qui entra in gioco la ricerca sociologica: le funzioni latenti sono ignorate dai membri della società ma possono essere oggetto di scoperta e di riflessione da parte dei ricercatori.
La distinzione tra funzioni manifeste e latenti ha delle conseguenze:
5: Le funzioni latenti come strumento di ricerca: le disfunzioni della burocrazia
I tratti caratteristici della critica mertoniana sono 2:
Merton compie un'operazione ambivalente: da un lato critica il modello weberiano della burocrazia mettendone in luce le insufficienze analitiche; dall'altro lato muove quelle critiche con un approccio funzionalistico arricchito proprio della dimensione sogg che è centrale nel patrimonio concettuale di Weber.
5.1: L'"incapacità" di adattarsi al nuovo
La normativa che regola un apparato burocratico è composta da: gerarchia, tirocinio e carriera, sicurezza di impiego, sfere di competenza, segreti di ufficio, circolari, formalità di contatti. Qsto insieme di norme e procedure è stato via via perfezionato per poter soddisfare 2 funzioni manifeste:
L'intera normativa nasce per poter perseguire con il max di efficienza, imparzialità e riservatezza gli scopi istituzionali per cui l'organizzazione è nata, e allo stesso tempo di favorire con sanzioni e remunerazioni la massima identificazione dei funzionari con gli scopi dell'organizzazione.
I funzionari sono sottoposti ad una serie di pressioni sociali:
Merton dice che la specializzazione a cui sono chiamati i funzionari può tradursi in deformazione professionale, in una "incapacità addestrata" che si manifesta quando le azioni basate sull'addestramento e l'abilità tecnica, che in passato avevano dato un esito positivo, possono risultare in risp inappropriate sotto mutate condizioni. Quando la realtà muta, tutto l'apparato viene messo in crisi. L'addestramento troppo specifico del funzionario, si traduce in mancanza di duttilità nell'applicazione delle norme e quindi un mancato adattamento, che provocherà frustrazioni e ansie per il sogg e un mancato perseguimento degli scopi per cui l'organismo burocratico era stato creato.
L'incapacità di adattamento appare come primo caso di funzione latente dell'ordinamento burocratico.
5.2: Il ritualismo burocratico
L'efficace funzionamento di una struttura sociale dipende anche dal saper infondere nei membri del gruppo i sentimenti e gli atteggiamenti appropriati. Ciò avviene anche nella burocrazia. Accade però che, allo scopo di assicurare la disciplina, qsti sentimenti sono + intensi. Qsta maggiore intensità non provoca solo fedeltà alle norme ma un conformismo che diventa fine a se stesso. L'adesione alle regole, concepita originariamente come mezzo, diventa fine a se stessa, verificandosi così il processo della "trasposizione delle mete", per cui un valore strumentale diventa finale. Qsti inconvenienti di ultraconformismo sono aggravati quando casi dubbi o anomali sottoposti all'esame del funzionario provocano delle incertezze interpretative. Quando la singolarità del caso imporrebbe un trattamento + elastico, il timore di comportarsi in maniera difforme dalle norme paralizza il burocrate, gli fa ingigantire le difficoltà e rallenta la soluzione della pratica.
5.3: Spirito di corpo e orgoglio di mestiere
Merton scrive che i funzionari hanno coscienza che un destino comune unisce tutti coloro che lavorano insieme. Essi condividono i medesimi interessi e qsto fenomeno è favorito dal fatto che la competizione è relativamente limitata dall'esistenza di un progresso di carriera in termini di anzianità. La lotta all'interno del gruppo è così ridotta al minimo.
I regolamenti interni sono stati escogitati in modo da minimizzare dannose competizioni. Ma qsta funzione manifesta è compromessa da una funzione latente, ovvero la creazione di uno spirito di copro che porta spesso i burocrati a difendere i propri interessi costituiti piuttosto che ad assistere gli utenti e i superiori. Gli utenti diventano così vittime di un trattamento lacunoso per rigidità e lentezza, mentre i superiori corrono il rischio di restare privi di vitali info dai loro dipendenti.
5.4: Contrastanti aspettative di burocrazia e di utenza
Altra fonte strutturale di disfunzione si trova nell'irriducibile contrasto tra il modo di procedere del burocrate e le aspettative dell'utente. La personalità del burocrate ruota intorno ala norma dell'impersonalità e l'utente non gradisce il comportamento stereotipato del burocrate che riduce il suo caso ad una pratica. La tensione aumenta quando il sentimento del burocrate di essere un fedele servitore della norma si traduce in un attegg che all'utente appare altezzoso e arrogante. La disfunzione attiene alla natura stessa della burocrazia cha ha una struttura di gruppo secondaria, cioè formalità e impersonalità dei rapporti, per esplicare determinate attività che non potrebbero essere adempiute in modo soddisfacente se si seguissero i criteri propri dei gruppi primari.
Gli utenti chiedono che i funzionari dimostrino duttilità, che quindi introducano nel loro comportamento valutazioni di tipo personale. Dall'altro lato però se un trattamento personale sostituisse il trattamento impersonale ciò provocherebbe diffusa disapprovazione e accuse di favoritismo e nepotismo.
CAP.3: ALVIN GOULDNER: LA PLURALITA' DEI MODELI BUROCRATICI
1: Il contributo di Gouldner al dibattito post weberiano
GOULDNER adotta un funzionalismo critico che lo rende sensibile ad individuare le funzioni latenti di provvedimenti, norme e istituzioni. Il suo scopo è quello di dimostrare che il modello weberiano di burocrazia è minato da una contraddizione insanabile tra i principi di disciplina e di competenza, per cui conviene abbandonarlo e pervenire ad una pluralità di modelli.
Egli esamina la dinamica di un processo di burocratizzazione nel suo divenire e dimostra che tale processo non va considerato come una risp impersonale ai bisogni di maggiore efficienza dell'intera organizzazione, ma esprime sempre i problemi e le preoccupazioni del gruppo dirigente che promuove quel processo.
2: I presupposti teorici della ricerca
Gouldner nota che un punto controverso del modello di Weber riguarda l'efficacia delle norme che secondo Weber sono instaurate per imposizione oppure per consenso. Gouldner dice che è proprio l'alternativa tra imposizione e consenso a determinare regole differenti per ottenere l'efficacia delle norme, e quindi a produrre modelli differenti di organizz burocratica. Weber non coglie qste differenze, anzi, delinea un modello unitario di burocrazia basato sulla compresenza di 2 principi:
Weber è consapevole che qsti 2 principi possono dar luogo a tensioni e crisi, a riconosce tutto ciò come inevitabile e ineliminabile
Gouldner sostiene invece che qste tensioni hanno anche conseguenze sociologiche. Una persona preposta ad un ruolo che comporta alte competenze e responsabilità tende a comportarsi con l'autonomia derivante dalla padronanza delle conoscenze necessarie. Ogni intervento esterno sarà visto come un'interferenza che può minacciare tale autonomia. Tuttavia non in tutte le organizzazioni esiste il dilemma tra l'agire di propria iniziativa seguendo solo la legge della competenza ed il seguire la prescrizione non adeguata proveniente dal superiore. Ci sono situazioni in cui il principio di competenza è istituzionalmente riconosciuto come superiore al principio di disciplina e situazioni in cui accade il contrario.
La diversità delle situazioni lavorative suggerisce a Gouldner di ipotizzare l'esistenza di almeno 2 distinti modelli di burocrazia, la cui applicazione dipende dai diversi contenuti del lavoro.
Nelle situazioni + povere di contenuti professionali vige un modello che si basa sul principio della disciplina; nelle situazioni + ricche di contenuti professionali vige un modello che si basa sul principio di competenza.
Può lo stesso lavoro essere regolato da norme basate sulla disciplina per alcuni aspetti e da norme basate sulla competenza per altri aspetti Gouldner svolse l'esame di qsti problemi tra il 1948 e il 1951 in uno stabilimento che estraeva e raffinava gesso.
3: La discesa sul campo: dal modello di indulgenza alla burocratizzazione
Nello stabilimento dove si svolse la ricerca vi lavoravano nel 1948 circa 225 persone, 75 nella miniera e 150 nei diversi reparti di superficie. Gouldner arrivo allo stabilimento in un momento delicato poiché era morto il precedente direttore, il vecchio Dough, ed era appena sopraggiunto il nuovo direttore, un giovane e ambizioso di nome Peele.
La vecchia direzione di Dough si ispirava ad un modello di indulgenza: capo tollerante e bonario, atmosfera familiare e scarsissima burocrazia interna. Durante qsta gestione non c'erano mai stati licenziamenti per scarso rendimento; l'orario era rispettato con approssimazione, le mansioni potevano essere cambiate su domanda degli interessati. Quando qualcuno era convalescente vigeva l'abitudine di dirottarlo verso la stanza esperimenti, dove in realtà non faceva nulla ma figurava a lavoro. Esisteva anche la seconda chance, ossia in caso di gravi infrazioni che prevedevano il licenziamento in tronco si concedeva bonariamente il perdono alla prima infrazione.
Nella miniera l'assenteismo era molto elevato, con una specie di riconoscimento informale: i minatori lavoravano alacremente quando erano in miniera, ma dopo 3, 4 giorni si prendevano un giorno di riposo. Le assunzioni avvenivano in base alla segnalazione di operai già dipendenti che si raccomandavano per l'assunzione di loro parenti o amici.
La conseguenza di qsto modello di indulgenza era una produttività molto scadente. Quando morì Dough la direzione centrale colse l'occasione per avviare una radicale trasformazione dei metodi di gestione.
4: Gli aspetti inattesi della burocratizzazione
Peele si trovò di fronte ad una resistenza diffusa sia tra gli operai che tra i capi intermedi. La morte del vecchio capo contribuiva a mitizzar il passato e ad alimentare l'ostilità verso il nuovo direttore. Gouldner vide che Peele, per poter venire a capo della situazione, doveva scegliere fra 2 strade:
puntare su una leadership carismatica e creare un gruppo di seguaci con i quali demolire progressivamente il carisma del vecchio capo. Nei fatti non era una via praticabile in quanto Peele, essendo paracadutato in base ad un provvedimento burocratico della direzione centrale, si trovava in una condizione in cui, anche se avesse avuto carisma, non avrebbe potuto avvalersene. E poi combattere un carisma con un altro carisma sarebbe stata una contraddizione insanabile con il compito affidatogli dalla direzione centrale che era quello di riportare l'efficienza.
Avvalersi delle qualità formali del suo ruolo: sfruttare al massimo gli elementi burocratici della sua posizione, farsi scudo della volontà della direzione centrale, spiegare che il suo modo di agire non dipendeva dalla sua volontà personale, ma da direttive esterne e vincere così poco a poco le resistenze interne in base ad un oculato uso dei poteri di premio e di sanzione delegategli dalla direzione centrale. Si trattava di scegliere il modello weberiano.
Peele capì che l'unico modo per venire a capo della situazione era quello di crearsi attorno delle solidarietà, ossia di favorire la formazione di un gruppo di suoi alleati capaci di controllare l'esecuzione dei suoi ordini e di informarlo di quanto avveniva in fabbrica. Allora alterò i criteri di promozione fino ad allora seguiti e promosse al rango di capo alcuni operai che in base alle aspettative diffuse in fabbrica non avevano ancora i requisiti di anzianità. Creò così un primo nucleo di suoi partigiani, poi licenzio alcuni capi intermedi che gli erano ostili, ne trasferì altri e ne promosse altri ancora. Alla fine la struttura dei seguaci di Dough era sfaldata.
Qsto processo di burocratizzazione avvenne in modo contrastante con i criteri tipico-ideali di Weber. Il nuovo modello non si affermò in un processo neutrale, asettico, impersonale, secondo procedure universalistiche e predeterminate. Esso fu al contrario il risultato di una lunga e accanita lotta di potere in cui una coalizione informale era contrapposta ad un'altra coalizione informale e dove le armi erano costituite da deroghe e da scostamenti dal modello formale a cui l'organizzazione avrebbe dovuto attenersi. Gouldner sottolinea che Weber non aveva tenuto in considerazione il fatto che i sogg che lavorano in un'organizzazione sono stratificati in varie forme, sicchè non tutti esercitano una eguale influenza sulle decisioni da cui in modo + o - diretto deriva la burocratizzazione. Bisogna tenere presente che il comportamento burocratico dipende dall'iniziativa del direttore. Qsto significa che la realizzazione di un processo di burocratizzazione non obbedisce mai soltanto alla finalità impersonale di aumentare il perseguimento razionale degli scopi, ma è sempre filtrata e condizionata dalla situazione-problema in cui si trova il gruppo dirigente.
Gouldner critica Weber: definire la burocrazia come la forma tipica di legittimazione razionale del potere non significa che essa sia uno strumento super partes al servizio di un'autorità impersonale; al contrario essa è sempre lo strumento di chi detiene effettivamente il potere e pertanto ne riflette nel processo di attuazione le preoccupazioni, gli interessi e gli intendimenti.
5: I limiti della burocratizzazione:la situazione nella miniera
Precise ragioni tecniche e sociali impedivano la razionalizzazione tentata da Peele per burocratizzare la miniera.
Sebbene minatori ed operai di superficie appartenessero alla stessa azienda, una serie di disposizioni interne impediva di fatto il passaggio dall'uno all'altro gruppo perché non veniva riconosciuta l'anzianità accumulata nel lavoro precedente. Minatori e operai di superficie formavano 2 gruppi sociali molto differenziati, con reciproci motivi di sospetto e di critica. I minatori erano un gruppo estremamente compatto e con forte solidarietà interna. Avevano un insieme di ritualismi complicati e precisi per quanto riguardava diritti e doveri reciproci.diffidavano del progresso tecnologico e avevano un rispetto quasi mistico per i puntellatori. L'introduzione di nuove tecniche di puntellatura era già stata osteggiata perché i minatori non si fidavano e forse perché avvertivano che avrebbe scompigliato quella delicata e complessa organizzazione informale che essi avevano costituito a difesa non solo contro i pericoli della miniera ma contro le interferenze esterne.
Esisteva una gerarchia formale tra minatori ma di fatto non veniva rispettata. Quando si stava in miniera tutti dovevano lavorare al massimo,pronti ad aiutarsi anche fuori dalla mansione assegnata.
Peele cercò di usare gli stessi metodi che aveva usato con gli operai di superficie, ma non ebbe successo; la miniera rimase un mondo chiuso, separato e autonomo e Peele dovette arrendersi.
Gouldner vide che il lavoro di miniera, a diff di quello di superficie, era svolto in condizioni di continuo rilevante pericolo e richiedeva un'alta competenza insieme ad un forte senso di responsabilità sociale per la sicurezza propria e dei compagni.
Nella differente natura del lavoro va ricercata la causa che portava a differenti modelli di norme. Nella miniera il costante pericolo portava alla liquefazione dei rapporti formali e delle prescrizioni disciplinari: ciò che contava era il senso di responsabilità professionale interiorizzato da tutti i minatori, la loro profonda solidarietà che annullava diff gerarchiche e funzionali.
6: Funzioni manifeste e funzioni latenti delle norme
Gouldner parte dal problema di come una dirigenza può combattere l'apatia dei dipendenti e ottenere da loro la quantità e la qualità prevista di lavoro. La risp + immediata è quella di instaurare una rigida supervisione. Ma ciò non è suff perché richiederebbe un controllo continuo e non farebbe altro che demotivare ulteriormente i dipendenti che la vivrebbero come un provvedimento punitivo. Per superare il circolo vizioso del maggiore controllo che crea maggiore apatia la quale spinge a intensificare i controlli, si ricorre alle norme. Qste vengono stabilite con lo scopo manifesto di garantire un quadro di sufficiente certezza nell'esecuzione del lavoro subalterno. Le funzioni manifeste delle norme sono:
Ci sono anche altre 2 funzioni però latenti:
7: Il modello teorico. Tipologia dei modelli normativi
Mentre la miniera rappresenta una situazione regolata da un modello normativo basato sulla competenza, la fabbrica di superficie rappresenta una situazione tipicamente regolata da un modello normativo basato sulla disciplina.
Gouldner incrocia la distinzione tra norme operanti per coercizione e norme operanti per consenso con la dicotomia tra dirigenza e dipendenti. Perviene così ad individuare 3 fondamentali modelli normativi:
8: Conclusioni. Modello razionale e modello naturale
Il modello di Gouldner presenta 3 aspetti di rilevante novità rispetto all'epoca in cui comparve:
Modello razionale: vede l'organizzazione come uno strumento per raggiungere scopi predefiniti in base a criteri di razionalità strumentale e assume che i mutamenti sono programmati al fine di aumentare l'efficienza. Qsto modello è caratt da una burocrazia fondata sulla disciplina.
Modello naturale: vede l'organizzazione come un sistema composto da parti organicamente interdipendenti. Qsto modello rivolge l'attenzione alle interazioni e alle strutture spontanee. E' congruente con il principio di competenza.
Tutti e due i modelli colgono alcuni aspetti essenziali delle dinamiche organizzative, ma il loro limite sta nel fatto di essere reciprocamente incompatibili. L'analisi delle organizzazioni si trova così ad affrontare il problema teorico di dover riconciliare le divergenti implicazioni dei due modelli e di sintetizzarle in un nuovo e + potente modello.
Gouldner parte sottolineando l'insufficienza del modello weberiano e perviene a 2 diversi modelli analitici basati rispettivamente sul principio di disciplina e sul principio di competenza. Poi riduce i due modelli a due + ampie concezioni organizzative tra di loro compatibili, quella razionale e quella naturale. Quindi sottolinea la necessità di una loro riconciliazione in un nuovo modello unificante.
1: L'influenza di Michels e le differenze da Merton
SELZINK è un funzionalista critico, ma occupa una posizione distinta da Parsone e Merton. E' + vicino a Parson quando afferma che ogni organizzazione per sopravvivere deve soddisfare alcuni bisogni fondamentali; ed è + vicino a Merton quando afferma che il compito della sociologia è quello di studiare le conseguenze inattese che si generano nel soddisfacimento di quei bisogni.
Ma Selzink è il + pessimista perché è stati influenzato da MICHELS, autore della legge di ferro dell'oligarchia. Qsto aveva studiato i meccanismi degenerativi del sistema di delega e rappresentanza nel partito socialdemocratico tedesco, diretto da un'oligarchia burocratizzata che deteneva il monopolio del potere e delle conoscenze. Vi fu una progressiva formazione di una classe di funzionari di professione specializzati nella gestione del partito. Ciò aveva fatto sì che l'azione politica di qsta classe si ispirasse + alla tutela dell'apparato burocratico che essa gestiva che non alla difesa dei grandi ideali per cui l'organizzazione era nata. La classe dei dirigenti si era consolidata in una èlite senza ricambio, dove il richiamo agli originari valori di democrazia e di partecipazione si riduceva sempre + ad un rituale di facciata. Esistono dei meccanismi impersonali inerenti al funzionamento dell'organizzazione che impongono scelte orientate alla tutela dello strumento piuttosto che al perseguimento degli scopi per cui lo strumento è stato istituito.
SELZNIK recepisce il sms pessimistico di Michels e fa come tema centrale della sua opera, l'esame dei processi degenerativi provocati dalla tirannia del mezzo sui fini dell'organizzazione, avvicinandosi all'analisi mertoniana delle funzioni latenti della burocrazia.
Ci sono alcune sostanziali diff tra Merton e Selznik:
Negli sviluppi successivi Selznik diventa meno pessimista e l'organizzazione gli appare come un sogg capace di perseguire attivamente dei fini, di modificare i rapporti di forza nel contesto, di affermare dei valori. Ciò avviene grazie all'esercizio della leadership, la quale si distingue dalla dirigenza tecnica perché va oltre i puri bisogni organizzativi di sopravvivenza.
2: Ideologia e prassi nella Tva
Selznik conduce la sua ricerca sui successi e limiti dell'azione compiuta negli anni1942-43 dalla Tennessee Valley Authority(Tva), l'ente voluto da Roosvelt per realizzare un imponente programma di opere pubbliche nella vallata e per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni viventi in quel territorio. Roosvelt volle che la Tva nascesse investita di poteri pubblici ma provvista della flessibilità e dell'iniziativa di un'impresa privata.
Oltre alla costruzione di dighe e di centrali elettriche, alla Tva fu affidata la produzione e la distribuzione a bassi prezzi di fertilizzanti chimici, l'assistenza tecnica ed economica agli agricoltori della zona, la promozione di scuole professionali e di centri di vita sociale. In qsti campi la Tva doveva comportarsi con la libertà di iniziativa di un'impresa privata ma senza assumere la massimizzazione dei profitti come criterio della sua azione. La Tva venne liberata da una serie di controlli amministrativi e federali che avrebbero vincolato e appesantito la sua azione; le venne concesso uno stanziamento annuo e la possibilità di riutilizzare per la propria gestione ordinaria gli utili ricavati dalla vendita dell'energia elettrica e dei prodotti chimici.
La Tva rappresentava un'iniziativa totalmente nuova nel panorama politico e legislativo americano; prevaleva negli Usa l'orientamento pionieristico dell'autonomia locale e del massimo contenimento degli interventi federali nelle questioni interne degli stati. Si obiettava che il nuovo organismo, unendo in sé il potere dell'ente di stato e i vantaggi dell'impresa privata, costituiva un caso di concorrenza sleale nel sistema di libera impresa ed un pericolo per la tradizione di democrazia locale. Quindi la dirigenza ella Tva si trovò nella necessità di sviluppare una politica capace di superare le opposizioni preconcette e di conquistare la fiducia degli enti locali nel Tennessee.
La Tva decise di perseguire una politica basata su 2 capisaldi
Lo scopo era di dare ai funzionari della Tva dei canali efficaci di contatto con la comunità interessata e al contempo di coinvolgere gli organismi locali nel programma di riassetto regionale.
Al di là dell'ideologia di copertura, la Tva doveva scegliere con chi schierarsi, dal momento che la società locale non era omogenea e indifferenziata, ma si articolava in interessi plurimi e contrapposti. In particolare doveva scegliere se portare avanti un programma radicale di tutela degli strati + deboli ed emarginati della popolazione locale o se adottare un programma + cauto e conservatore, tale da non provocare l'ostilità dei maggiori enti locali. Ma siccome qsti ultimi erano + rappresentati dei primi nelle varie associazioni locali, ne conseguiva che l'intenzione della Tva significava di fatto favorire i ceti privilegiati.
3: Cooptazione formale e cooptazione informale
Per realizzare la politica di coinvolgimento delle forze locali nei programmi di intervento, la Tva utilizzò l'istituto della cooptazione. La cooptazione è il processo di assorbimento di nuovi elementi nella direzione o nella struttura che determinano la politica dell'organizzazione, come mezzo per prevenire minacce alla sua stabilità o alla sua esistenza.
Si ha la cooptazione formale quando un'organizzazione assorbe ufficialmente dei nuovi elementi attraverso l'allargamento degli organi direttivi, la creazione di nuovi ruoli, ecc. Ciò si rende necessario quando:
Quindi la cooptazione formale è la risp che l'organizzazione fornisce ad una situazione di difficoltà determinata dalla carenza di consenso da parte della base. L'obiettivo perseguito dall'organizzazione non è quello di allargare la base decisionale, ma piuttosto quello di allargare la base sociale del consenso alle decisioni da prendere.
Si ha la cooptazione informale quando il problema è quello di fronteggiare la minaccia esercitata da specifiche forze esterne. Di fronte alla prospettiva di una lotta faticosa e incerta, l'organizzazione sfidata può giungere alla decisione che sia + vantaggioso venire a patti. Ciò può avvenire in 2 modi:
In tal modo viene salvaguardata la sopravvivenza dell'organizzazione, al costo di modificarne il programma originario.
Selznik considera l'ideologia come un fondamentale strumento in mano all'organizzazione per legittimare la propria azione. Ma mentre la cooptazione formale trova una facile legittimazione in base ad elementi già rinvenibili nell'ideologia dell'organizzazione, la cooptazione informale contraddice quasi sempre i valori e gli orientamenti ideologici dichiarati. Di conseguenza quanto + rilevanti sono i processi di cooptazione informale, tanto + profondo diventa il solco tra la prassi dell'organizzazione e il suo formulario ideologico.
4: Gli imperativi funzionali di adattamento e conservazione
Il ragionamento di Selznik:
la sicurezza dei confini dell'organizz nei confronti delle forze operanti all'esterno;
la stabilità delle linee di autorità e di comunicazione;
la stabilità delle relazioni informali interne;
la continuità della politica e delle fonti che la definiscono;
l'omogeneità dell'immagine dell'organizzazione con riferimento al significato e al ruolo della sua azione.
5: L'accusa di "patos metafisico" e la distinzione tra organizzazione e istituzione
GOULDNER accusò Selznik di "patos metafisico", con qsta espressione egli intende il fatto che spesso l'adesione ad una teoria non avviene per le ragioni razionali addotte nel discorso, ma per il fascino esercitato dall'alone dei sentimenti che circonda quella teoria. Qsto è anche il caso di Selznik nei confronti della legge di ferro di Michels: assumere che la legge di ferro dell'oligarchia è sempre destinata a prevalere, sostiene Gouldner, nasce dal patos del pessimismo e non da un'analisi rigorosa. Qsta legge postula che gli esseri umani non potranno mai migliorare il livello della loro attività politica.
Successivamente Selzink attenua il suo pessimismo attraverso una riflessione sulle funzioni esercitate dai leader nella determinazione degli scopi dell'organizzazione e nella creazione del consenso della base, indispensabile per raggiungere quegli scopi.
Selzink riprende il tema della natura ambivalente dell'organizzazione:
Qsta ambivalenza viene riformulata nella distinzione tra 2 livelli di analisi:
1° livello: organizzazione: si riferisce ad uno strumento consumabile, razionale, concepito per svolgere un lavoro;
2° livello: istituzione: si avvicina di + ad un prodotto naturale delle esigenze e delle pressioni sociali. E' un organismo reattivo e adattivo.
Le istituzioni si distinguono dalle organizzazioni per il fatto di incorporare dei valori, ossia per il fatto di avere un'identità distintiva che non li fa essere anonimi strumenti tecnici. E' a livello di istituzione che si verifica la volontà politica degli uomini di mobilitarsi per definire degli scopi e raggiungerli. Aspetti di organizzazione e di istituzione possono coesistere nel medesimo ente concreto, ma c'è anche la possibilità che esista solo l'organizzazione senza l'istituzione: ciò avviene quando la prima è una semplice struttura adattiva, priva di scopi, di programmi e di valori propri, docile alle richieste e alle pressioni esterne.
A livello di organizzazione prevale la logica dell'efficienza amministrativa, ma qsta ha un dominio limitato ai livelli delle attività subordinate. Via via che si sale verso il vertice dell'organizzazione la logica dell'efficienza deve lasciare il posto ad un'altra logica. Al vertice non è sufficiente dirigere tecnicamente bene, occorre che il dirigente sia capace di affermarsi come leader: ossia di realizzare il passaggio da organizzazione a istituzione.
6: Funzioni e rischi della leadership
Le decisioni critiche appartengono all'ambito della leadership e sono quelle che consentono all'organizzazione di porsi come istituzione. La leadership è un'attività essenzialmente creativa che si specifica in 4 funzioni fondamentali:
Assolvere qste funzioni non è un impegno comune, non sempre riesce. Selznik indica 3 caratteri distintivi della leadership:
è un lavoro svolto per far fronte alle esigenze di una situazione sociale;
va intesa come funzione: per essere leader non importa ricoprire una carica formale, è necessari svolgere un'attività capace di mobilitare su un progetto le energie dei membri dell'organizzazione;
non è necessaria, poiché possono esistere e sopravvivere organizzazioni prive di leadership.
Tuttavia la leadership può fallire nel suo compito e Selznik individua i 3 principali rischi per una leadership:
A. fuga nella tecnologia: quando la leadership pecca per una concentrazione eccessiva sui mezzi e sui modi, che si accompagna ad un orientamento non problematico sui fini, assunti come se fossero scontati o imposti dall'esterno. Si verifica ogni volta che un gruppo si sottrae ai propri impegni reali riducendo le proprie responsabilità e rifugiandosi dietro lo schermo dell'isolamento tecnologico, onde evitare situazioni che generano ansietà.
B. opportunismo: consiste nel perseguimento di vantaggi immediati e a breve termine, in modo insufficientemente controllato da considerazioni di principi e di conseguenze ultime. Peccare di opportunismo significa dimenticare i principi guida che scaturiscono dal carattere e dalla identità storica dell'organizzazione, essere troppo esposto alle pressioni esterne. Il pericolo maggiore è quello di provocare effetti incontrollati sul carattere dell'organizzazione, che diventa confuso e disordinato, privo di un'identità convincente.
C. utopismo: compare quando si ha un'eccessiva generalizzazione degli scopi. Quando però le linee direttive sono prive di realismo e allo stesso tempo vi è la necessità di prendere delle decisioni, allora intervengono i criteri + realistici ma incontrollati che in un modo o nell'altro colmano la lacuna.
CAP. 5: MICHEL CROZIER: SISTEMA BUROCRATICO E STRATEGIE DEGLI ATTORI
1: Le principali novità teoriche del modello di Crozier
La materia di indagine di CROZIER è soprattutto la burocrazia dell'Amministrazione Pubblica. Gli aspetti + rilevanti nel percorso di ricerca di Crozier sono:
2: L'esame di 2 burocrazie statali
Poiché Crozier è interessato in particolare ad alcuni aspetti che sono la sicurezza, la regolarità, l''impersonalità del funzionamento, sceglie per la sua ricerca organizzazioni dove qsti tratti sono molto sviluppati: enti della pubblica amministrazione dove tutto è dominato da norma impersonali, da gerarchie stabili, da routine e sicurezza di impiego. Analizza così un Istituto parigino di contabilità dipendente dal Ministero delle finanze e un Monopolio di produzione industriale (quello dei tabacchi).
2.1: L'istituto contabile parigino
All'istituto il lavoro è estremamente regolare, omogeneo, autonomo, ogni gruppo compie ogni giorno le stesse operazioni senza dover cooperare con altri gruppi. I compiti della dirigenza sono limitati: garantire la regolarità del servizio, fai osservare la disciplina, ripartire i carichi di lavoro secondo prassi consolidate, segnalare al Ministero le necessità. Perciò il dominio delle rgole impersonali e i limitati compiti della gerarchia delineano una situazione interna rigida, semplificata, con poche tensioni aperte e con scarse occasioni di comunicazione e di contatto sociale. Tutto ciò ha delle conseguenze:
Tra i dirigenti intermedi le frustrazioni dovute a lunghi anni di servizio senza responsabilità importanti, competizione e riconoscimenti di merito trovano una rivalsa nell' insicurezza d'impiego, nella grande libertà professionale e nella difesa gelosa di ogni minima prerogativa, nell'insofferenza per i controlli da parte dei superiori.
2.2: Il monopolio industriale
Anche qui la produzione non segue criteri di mercato e di profitto ma è fissata per via amministrativa da un ufficio ministeriale. Il posto di lavoro è garantito a vita, le retribuzioni sono egualitarie e vige il principio generale di anzianità.
Nel livello esecutivo ci sono gli operai di manutenzione che sono un'importante componente tecnico-professionale, ed il sindacato esercita un notevole ruolo per il generale livellamento secondo principi egualitari di anzianità.
Gli operai di produzione sono consapevoli di aver ottenuto privilegi, sicchè ritengono indispensabile difendersi per non perdere i loro vantaggi. Ne deriva un attegg soddisfatto e aggressivo, fatto di ostilità verso le nuove tecnologie e di appello ideologico all'unità di classe con gli operai di manutenzione per mantenerle cose come stanno.
I quadri intermedi sono la componente + frustrata. La rigida applicazione del principio di anzianità toglie ai capi lo strumento + importante del potere, ovvero la discrezionalità del disporre dei dipendenti. Ridotti a semplici guardiani delle norme, privi di reali competenze tecniche,la maggior parte dei capi intermedi si adeguano con rassegnazione alla subcultura operaia, costruendosi nicchie di piccoli favori con i propri dipendenti diretti.
La direzione generale svolge un ruolo di basso profilo: gli obiettivi sono fissati dall'esterno, i metodi e i processi di produzione sono stabili, non è possibile assumere e né licenziare liberamente, non è possibile assegnare i posti di lavoro a causa del principio di anzianità. La direzione è troppo lontana dai dipendenti, può intervenire solo attraverso la gerarchie perciò le info giungono filtrate e impersonali.
Gli ingegneri di produzione godono di un maggior potere, sebbene dipendano formalmente Dal direttore; rappresentano in sede direttiva l'equivalente degli operai di manutenzione. Ma la competenza tecnica li mette in una posizione privilegiata. Nasce così una costante tensione tra la direzione amministrativa che tenta di razionalizzare il ruolo degli ingegneri riportandolo a norme prevedibili e la resistenza degli ingegneri perché il loro ruolo resti empirico e mal definito.
I 2 organismi presentano però tratti in comune:
3: Il potere come controllo dei margini di incertezza
Crozier compie un'analisi in termine di potere dei rapporti sociali trovati nelle 2 organizzazioni. L'esercizio di un potere è sempre personale, quindi può sembrare strano parlare di potere in una situazione dove tutto è regolamentato in modo rigido e impersonale. Invece questa è la situazione in cui si formano degli spazi nella rigida organizzazione in cui i sogg riescono ad esercitare alcuni micro-poteri su altri sogg. Per capire meglio il pensiero di Crozier bisogna fare delle considerazioni sul taylorismo: qsto è un progetto razionalistico in base al quale ogni procedura, ogni gesto produttivamente rilevante deve essere standardizzato secondo il criterio dell'one best way. In poche parole il taylorismo si presenta come una burocrazia perfetta, ma dall'altro lato Crozier la vede anche come un'utopia. E menomale che lo è, perché se il taylorismo fosse pienamente realizzato, sarebbe soppressa ogni forma di discrezionalità. Perciò ogni persona avrebbe un percorso predeterminato da compiere e le scelte sarebbero abolite. In una tale situazione la predeterminazione impersonale del ruolo coinciderebbe con la dissoluzione dei rapporti di dipendenza gerarchica personale. Per fortuna qsta è solo una prospettiva utopica.
Crozier fonda la possibilità di una sociologia dell'iniziativa umana nelle grandi organizzazioni: l'imprevedibilità è libertà e anche potere. Più è rigida la gabbia burocratica, + gli atti umani che sfuggono alla predeterminazione assumono il significato di libertà e potere. Ecco le basi su cui Crozier definisce il potere come controllo dei margini di incertezza nelle relazioni con il prossimo. Il potere è essenzialmente scelta, iniziativa, strategia, possibilità di condizionare il comport altrui al di fuori delle regole previste
Tutti coloro che per qualsiasi ragione detengono il monopolio di determinate conoscenze o si annidano in ruoli per qualche aspetto non predeterminabili godono di una posizione di potere che gli altri, compresi i capi gerarchici, non hanno se si trovano in ruoli dotati di minore imprevedibilità.
4: Lotte di potere e strategie dei soggetti
Le lotte di potere sono lotte per conquistare o mantenere il controllo delle fonti di incertezza, e in tali lotte si manifestano le strategie dei singoli individui o di determinati gruppi. I maggiori scontri si hanno dove è + carente la razionalizzazione e la regolamentazione. + è incerta la regolamentazione di un ruolo, maggiore è il potere del sogg che occupa quel ruolo. Il sogg fa valere il suo potere nei confronti di coloro che occupano ruoli differenti ma funzionalmente connessi con il suo, in vista di ottenere maggiori ricompense all'interno dell'organizzazione. Il gioco è difensivo per chi cerca di conservare i margini di incertezza del suo ruolo lavorativo, ed è offensivo per gli altri che cercano di sottrarre quei margini attraverso ulteriori regolamentazioni.
Le lotte avvengono in una situazione altamente strutturata, dove esistono dei vincoli e delle regole sottintese. Qsti vincoli attenuano l'asprezza delle lotte; suggeriscono cautele e compromessi, portano a riconoscere che non si può superare la soglia oltre cui sentimenti e dignità del competitore restano feriti, pregiudicando la convivenza futura. Quanto meno un'organizzazione ha bisogno di competere per garantirsi la sopravvivenza, tanto meno importanti sono le poste in gioco nelle lotte di potere.
Un'analisi adeguata delle condotte umane nelle organizzazioni non può che essere un'analisi strategica: occorre cioè riconoscere ai sogg la capacità di sviluppare proprie strategie razionali all'interno dell'organizzazione. Esiste una molteplicità di razionalità private, quelle degli uomini che contrattano il proprio impegno nell'organizzazione in base a quelli che reputano i propri interessi. Crozier osserva che il ritualismo del burocrate va visto come una strategia che egli mette in atto per difendere la sua libertà di azione, il suo micropotere di fronte ai superiori e all'utenza. Altre strategie possibili, oltre al ritualismo, possono essere il distacco, il disinteresse, la rinuncia consapevole a partecipare. Una strategia di fuga dalle responsabilità è spesso il modo + conveniente per difendere la propria indipendenza.
5: Il problema del mutamento nella burocrazia
La burocrazia è costruita in modo da non avere al suo interno nessuno strumento istituzionale per potersi correggere. Di conseguenza le pressioni per il cambiamento sono destinate a provocare solo ulteriori rigidità. Crozier individua 4 aspetti costanti in ogni burocrazia pubblica:
L'insieme di qste caratt producono frustrazione, distacco, non partecipazione, ridotta efficienza e rigidità. Qsto malessere si traduce in pressioni diffuse sulla dirigenza affinché prenda misure idonee a introdurre cambiamenti. Ma la dirigenza non ha gli strumenti per farlo, sicchè rinvia il problema ai livelli gerarchici + alti.
Qsti a loro volta reagiscono con i mezzi che hanno a disposizione: emanano nuove norme generali contro ogni favoritismo o arbitrio, salvaguardano meglio l'equilibrio tra le diverse parti del sistema. Ma qste misure vanno in senso contrario al cambiamento.
Le difficoltà di funzionamento del sistema sono sfruttate dagli individui e dai gruppi per migliorare la loro posizione nella lotta per il potere. Qste condotte suscitano nuove pressioni per l'impersonalità e la centralizzazione, che appaiono come la sola soluzione possibile per eliminare i privilegi abusivi che individui e gruppi hanno acquisito. Ecco che si instaura un circolo vizioso, una situazione bloccata che porta Crozier a definire la burocrazia come un sistema organizzativo che non è capace di correggersi in funzione dei suoi errori e le cui disfunzioni sono uno degli elementi essenziali del suo equilibrio.
Nonostante tutte le sue disfunzioni, la burocrazia deve pur sempre mantenere un aggancio con le esigenze della società che essa amministra; anche lei deve cambiare. Ma essendo priva di meccanismi capaci di garantirle un continuo e fisiologico adattamento alle novità sociali, la burocrazia può cambiare solo per crisi, per sussulti improvvisi che la investono totalmente. La crisi suscita partecipazione intensa ed emotiva, libera tensioni e inaspettati modelli di azione e di potere. Nella crisi le potenzialità creative degli individui vengono allo scoperto ponendo a gran voce l'esigenza di un mutamento radicale. A qsto punto il potere politico centrale impone una riforma capace di acquietare le cause del disagio con un servizio + efficiente. Così la burocrazia riformata riprende a funzionare fino a che non si ripresenta una situazione di crisi...
Quindi la crisi è il solo mezzo per giungere agli adattamenti necessari e svolge un ruolo essenziale nello sviluppo del sistema.
6: Burocrazia e contesto nazionale
Quali sono i rapporti tra organizzazione burocratica e contesto culturale??
vengono indicati come caratteri tipici della personalità di base francese. L'origine di qsti caratteri va ricercata in 2 elementi:
In qsto modo si mantiene una concezione assolutistica dell'autorità e al contempo si eliminano i rapporti diretti di dipendenza.
Crozier cerca di cogliere le analogie tra gli organismi da lui studiati e altre istituzioni francesi. In ognuna di qste istituzioni Crozier ritrova i soliti tratti costanti. Qsti tratti comuni suggeriscono:
7: Oltre la burocrazia. Tecnologia e crescita culturale
Può l'innovazione trovare spazio in una società governata da una burocrazia pubblica incapace di rinnovarsi se non per crisi?
Crozier dice che bisogna distinguere tra la difficoltà della burocrazia di rinnovare se stessa e l'efficace funzione di stimolo che essa svolge per l'innovazione economica e culturale della società.
La storia francese riconosce alla burocrazia un quadro indispensabile per lo sviluppo dell'imprenditoria e riconosce in lei un importante ruolo di stimolo all'innovazione attraverso incentivi, formazione professionale, coordinamento e pianificazione di attività
Ma per soddisfare la domanda crescente e sempre + complessa che sale dalla società civile, l'amministrazione pubblica deve maggiormente razionalizzarsi, ovvero deve diventare + flessibile, + decentrata, + capace di imprenditività e di autocorrezione all'interno, deve cioè deburocratizzarsi.
Ma come è possibile raggiungere qsto obiettivo??
Secondo Crozier 2 fattori importanti orientano lo sviluppo delle grandi organizzazioni moderne:
1: Il superamento della burocrazia tradizionale nella letteratura manageriale
Nella letteratura manageriale, a partire dagli anni '60, si trovano 2 indirizzi di ricerca in cui è possibile riconoscere alcune affinità con le problematiche dibattute da Crozier e Gouldner:
2: La direzione per obiettivi. Il contributo di Drucher
Dirigere per obiettivi significa che ogni manager che imposta la sua azione attraverso l'individuazione e il perseguimento di obiettivo specifici e il + possibile quantificabili, contrattati con i suoi superiori e da raggiungere entro un periodo di tempo determinato. Il manager sa che egli sarà valutato dai suoi superiori in base al grado in cui ha raggiunto tali obiettivi.
DRUCKER parte dalla critica radicale all'idea che la ricerca del massimo profitto sia di qualche utilità per capire che cosa veramente fanno le imprese e i loro manager. Assumere che il massimo profitto sia l'obiettivo unico e immutabile nel tempo di un'impresa è soltanto un postulato ideologico che non aiuta la comprensione ma che rischia di fuorviarla. Il profitto non costituisce il fine ultimo di un'impresa ma piuttosto una misura della sua attività globale. Egli sostiene che il vero problema che sta a cuore di ogni azienda e che la guida nelle scelte concrete, è quello di raggiungere un profitto sufficiente a coprire i rischi insiti nell'attività economica, e perciò di evitare le perdite. Poi dire che un'impresa si prefigge di massimizzare i profitti è un'affermazione senza senso perché prescinde dalla dimensione temporale: scegliere profitti +limitati con la ragionevole garanzia di perseguirli nel tempo vuol già dire anteporre il criterio della sicurezza sul medio-lungo termine a quello del massimo profitto immediato senza preoccuparsi del domani.
Per capire come agisce un'azienda occorre sostituire al principio unico e astratto dal max profitto, il principio che esiste una pluralità di obiettivi concreti e variabili, che si specificano in base ai vincoli e alle scadenze temporali.
Drucker individua 5 punti nel processo per stabilire un obiettivo:
Secondo Drucker gli obiettivi sono necessari in tutti quei campi in cui il livello di attività e i risultati hanno un'influenza vitale e diretta sulla sopravvivenza e sulla prosperità dell'azienda. Egli specifica così 8 campi:
la posizione occupata sul mercato - le innovazioni - le risorse fisiche e finanziarie - la redditività - l'operato dei dirigenti e la loro formazione - le prestazioni e gli atteg dei dipendenti - le responsabilità pubbliche.
Tali obiettivi a loro volta devono essere:
La metodologia è la seguente:
gli obiettivi emergono in una serie di riunioni allargate anche ai dirigenti inferiori. In tali riunioni vengono individuate le aree strategiche di sviluppo dell'azienda e per ciascuna area i problemi esposti dai capi responsabili vengono discussi collegialmente cercando di superare le divisioni specialistiche e gerarchiche del lavoro.
per ogni area strategica la direzione generale contratta con i vari responsabili di area i piani d'azione di gruppo ed individuali da raggiungere entro determinate scadenze. La fissazione degli obiettivi avviene attraverso una trattativa in cui i superiori e i responsabili diretti discutono le possibilità concrete di raggiungere obiettivi specifici e misurabili in rapporto alle risorse disponibili, alle difficoltà, ai possibili imprevisti. Lo scopo è quello di pervenire ad un piano accettato da tutti che non appaia né troppo difficile, né troppo facile.
i responsabili di area e i loro superiori tengono delle riunioni periodiche di valutazione su quanto è già stato raggiunto. Si verifica la percentuale di successo, l difficoltà insorte, l'opportunità di aumentare le risorse, il grado di congruenza tra i risultati raggiunti nelle varie aree, le eventuali correzioni da apportare all'operato già compiuto.
Con qsto metodo si stabiliscono un clima di democrazia competitiva, degli obiettivi specifici su cui vi è la garanzia del patto concordato tra i superiori ed i responsabili diretti degli obiettivi. So ottiene anche lo scopo di formare sul campo i nuovi dirigenti. Il modo + efficace per formarli è quello di affidare loro dei compiti limitati ma già completi a delle persone che hanno già partecipato all'attività collegiale di individuazione e contrattazione degli obiettivi.
La disciplina non va + vista come obbedienza diligente e passiva, ma come un coinvolgimento responsabile dal basso.
Vantaggi e costi della direzione per obiettivo (Dpo)
La direzione per obiettivi prevede:
discussione aperta al di là delle gerarchie, individuazione e contrattazione di obiettivi, personalizzazione dei rapporti sociali, acquisizione delle competenze sul campo, mobilità ma anche precarietà di carriera, attenzione rivolta agli scopi + che alle norme, democrazia competitiva. Le strategie degli individui vengono riconosciute e incoraggiate; i limiti non sono + imposti da norme impersonali ma riflettono le capacità reali; i giochi di potere sono portati in piena luce; le conseguenze inattese rese trasparenti. Si richiedono uomini competitivi, dinamici, responsabili, pieni di iniziative e di idee, avversi ad ogni fossilizzazione negli ambiti delle vecchie procedure, amanti della novità.
Tutto ciò ha dei limiti:
4: I 4 principali modelli di organizzazione aziendale
Ansoff e Brandenburg teorizzano il passaggio evolutivo dell'impresa attraverso 4 modelli puri di organizzazione: funzionale, divisionale, per progetto, a matrice.
Sono 4 strutture di complessità crescente, ognuno è costruito per massimizzare l'efficienza organizzativa, ma riconoscendo che i criteri di tale efficienza variano in funzione del contesto in cui opera l'impresa. I criteri di efficienza sono in ordine:
I. Corrisponde alle condizioni di stabilità quando i livelli e le caratteristiche della produzione(prodotti e acquirenti)rimangono relativamente stabili nel tempo.
II. Corrisponde alle condizioni di elasticità operativa, quando l'organizzazione si trova nella necessità di decidere mutamenti rapidi ed efficienti nei livelli di produzione.
III. Risponde alle condizioni di elasticità strategica, quando l'azienda deve reagire ai mutamenti che intervengono nei caratteri qualitativi della produzione.
IV. Si determina di fronte alla necessità di un cambiamento costante e istituzionalizzato delle strutture, provocato da continui e profondi mutamenti della tecnologia e dei controlli del processo produttivo.
Mentre i primi 3 gradi di efficienza rispondono all'esigenza di adeguarsi a mutamenti circoscritti e relativamente prevedibili, il 4 criterio pone l'azienda nella condizione di saper affrontare una molteplicità continua di cambiamenti strutturali non prevedibili a priori.
L'ipotesi di Ansoff e Brandenburg è che esista una generale corrispondenza funzionale tra i criteri di efficienza e i 4 modelli puri di organizzazione.
4.1: Modello funzionale
E' chiamato funzionale perché ogni ruolo di comando corrisponde ad una funzione presente nel processo produttivo. Sotto la direzione generale vi sono di norma 3 direzioni: egli acquisti, della produzione e delle vendite. Alle loro dipendenze vi sono altre aree di comando via via + ristrette ma sempre corrispondenti a specifici momenti funzionali del processo produttivo. All'interno di ciascuna articolazione vige il principio della rigorosa corrispondenza tra area di responsabilità e livello di autorità. Accanto a qste posizioni sono previsti ruoli di staff con compiti di ausilio tecnico. Caratterizzano il modello l'accentramento delle decisioni al vertice, la ripetitività e l'analogia delle funzioni ai vari uffici o reparti.
4.2: Modello divisionale
Caratterizza imprese formate da + stabilimenti, spesso geograficamente distanti, con una gamma crescente di produzioni e con l'esigenza di una maggiore elasticità nel decidere le variazioni quantitative dei prodotti. Il modello raggruppa in divisioni le varie attività in base alla linea dei prodotti anziché alle attività produttive e decentra il potere di gestione a livello di ogni divisione. Le divisioni vengono affidate a dirigenti che sono totalmente responsabili delle decisioni strategiche, amministrative e operative riguardanti l'ara a loro assegnata. Qsto modello introduce un momento gerarchico-amministrativo in + costituito dalla direzione completa di un prodotto o di una linea di prodotti. Nel modello divisionale la delega di importanti aree di decisione alle direzioni di divisione comporta che la direzione generale curi soprattutto la strategia di diversificazione e di equilibrio dinamico tra le divisioni.
4.3: Modello per progetto
Qsto modello nasce quando la combinazione tra lo sviluppo tecnologico e le crescenti esigenze i mercato impone di lanciare prodotti con una vita commerciale + breve che nel passato. Ai programmi produttivi di + larga scadenza si affiancano così dei progetti temporalmente definiti dove si studiano e si sperimentano nuovi prodotti o nuovi modi di produrre. I sogg coinvolti in un progetto si trovano a partecipare a 2 strutture aziendali, quella istituzionale da cui dipendono per l'attività ordinaria e quella del progetto in cui espletano un compito temporaneo.
L'organizzazione per progetto offre il vantaggio di essere flessibile, articolata, polimorfa, temporanea, destinata a sciogliersi quando l'obiettivo è raggiunto. Consente di raggiungere obiettivi particolarmente complessi o innovativi, che non sarebbe possibile affidare alle strutture istituzionali stabili, le quali devono continuare l'attività di routine. Occorre un'organizz capace di :
Il project manager ha l'intera responsabilità del progetto e ne risponde direttamente alla direzione centrale. D'altra parte la sua posizione laterale rispetto alla struttura stabile rischia di porlo spesso in conflitto con i capi delle sezioni a cui deve rivolgersi per ottenere gli uomini e le risorse necessarie.
4.4: Modello per matrice
L'organizzazione a matrice prevede la sovrapposizione di una struttura dinamica per compiti non di routine alla struttura istituzionale di routine. Qui i vari progetti durano molto + a lungo rispetto al modello per progetti e a ciascuno di essi è preposto un ufficio di progetto relativamente stabile con compiti di promozione e di coordinamento. La novità principale è che i dipendenti non collaborano ad un solo progetto, ma a + progetti contemporaneamente, con una sequenza di impegni programmata in anticipo. Si ottiene così un notevole risparmio di quadri specializzati, che non vengono utilizzati continuativamente in una sola attività, ma che ruotano a tempo parziale nei vari progetti. Vi è però un problema di logorio e di stress dovuto al continuo ruotare dei compiti. Altro fattore di tensione è dato dalla sempre + marcata distinzione tra responsabilità e potere.
Da una ricerca di Gemmil e Wilemon su alcune aziende fornitrici della NASA che adottano nodelli a matrice, risulta che si possono distinguere 5 tipi di potere aziendale:
l'autorità formale - il potere di ricompensa - il potere punitivo - il potere professionale - e il potere referente(derivante dal senso di identificazione dei subalterni con il loro capo).
I primi 3 tipi di potere corrispondono alle posizioni direttive di tipo tradizionale ma non a quelle del project manager in un'organizzazione a matrice. Un buon project manager dovrebbe limitarsi ad esercitare solo il potere derivante dall'esperienza professionale, dal prestigio e dalla identificazione dei subalterni con la sua attività. Ma il project manager continua ad avere la responsabilità della gestione del progetto.
Non è facile lavorare in un'organizzazione perennemente temporanea, dove l'autorità non è pari alla responsabilità, dove la maggior parte dei membri ha + tessere di appartenenza, con una elevata competitività professionale, senza l'autorità come punto di riferimento e di protezione. Proprio per qste caratt l'organizz a matrice non pretende di essere una forma valida universalmente, ma è piuttosto una risp appropriata a situazioni estreme.
5: Henry Mintzberg: le 5 configurazioni organizzative
MINTZBERG rappresenta il tentativo + organico ed ambizioso degli anni '80 di sistemare in un quadro unitario le molteplici indicazioni scaturite dal dibattito sulla burocrazia, e di formulare altresì un modello che indichi le logiche e i vincoli da rispettare quando si intende progettare le strutture interne di organizzazioni complesse.
Il primo problema di M. è quello di dotarsi di uno strumento concettuale che gli consenta di reinterpretare secondo un coerente principio teorico il cumulo delle conoscenze con cui si confronta. A qsto scopo usa l'approccio basato sullo studio delle contingenze organizzative.
Qsto approccio stabilisce che la struttura organizzativa di un'impresa non è fissa ma varia in funzione del variare di una serie di fattori strategici riassumibili nelle dimensioni, nella complessità della tecnologia e nel grado di prevedibilità dell'ambiente. La teoria delle contingenze individua e spiega una serie di connessioni tra gli specifici valori delle variabili sopra indicate e il modo in cui all'interno delle organizzazioni si divide il lavoro e si garantisce il coordinamento delle parti.
Per essere ottimale la progettazione di un'azienda deve essere fatta in corrispondenza di alcune contingenze riconosciute come strategiche.
L'insieme di qste indicazioni costituisce la premessa su cui Mintzberg costruisce la sua analisi. Sa da un lato occorre superare il vecchio principio che postula un solo modo ottimale e astratto di organizzare le aziende, dall'altro lato bisogna anche rifiutare la tesi che le forme organizzative possono essere scelte in modo libero e arbitrario. M. afferma invece che bisogna pervenire ad una terza posizione, quella secondo cui la scelta delle forme deve obbedire ad una logica sistematica e rigorosa, basata sulla ricerca della coerenza tra le varie parti: gli elementi dell'organizzazione devono essere scelti in modo da raggiungere un'armonia o una coerenza interna, e al contempo anche una coerenza di fondo con la situazione dell'azienda.
Se si rispetta qsta coerenza si perviene a delle configurazioni organizzative, ossia dei modelli complessi e completi di funzionamento. Qste configurazioni sono 5 (vedi dopo in dettaglio), ognuna è costituita da un insieme coerente e organico di caratteristiche che la rendono particolarmente adatta ad affrontare una data situazione. Le configurazioni sono cioè delle forme a cui le aziende pervengono tendenzialmente in un processo di reciproco adattamento tra la propria struttura ed i fattori situazionali con cui si confrontano.
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