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L'EPISTEMOLOGIA GENETICA (Jean Piaget)

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L'EPISTEMOLOGIA GENETICA (Jean Piaget)


I livelli senso - motori (0-2 anni)


Il lattante non manifesta nessun indizio di una coscienza del suo io, né una delimitazione stabile tra i dati del mondo interiore e quelli dell'universo esterno. In una struttura di realtà che non implica né soggetti né oggetti, è naturale che il solo rapporto possibile tra ciò che diventerà più tardi soggetto e degli oggetti, è costituito dalle azioni. Il lattante riferisce tutto al suo corpo come se fosse il centro del mondo, ma un centro che sii ignora. In altre parole l'azione primitiva testimonia nello stesso tempo una indifferenziazione completa tra il soggettivo e l'oggettivo ed una "centrazione" fondamentale, per quanto radicalmente incosciente, perché legata a questa indifferenziazione.



L'indifferenziazione e la centrazione delle azioni primitive dipendono ambedue da un terzo carattere che è loro comune: esse non sono ancora coordinate fra loro e costituiscono ciascuna un piccolo tutto isolabile che collega direttamente il proprio corpo all'oggetto.

Nell'intervallo da uno a due anni si compie una specie di rivoluzione copernicana che consiste nel decentrare le azioni in rapporto al proprio corpo, nel considerare questo come un oggetto tra gli altri in uno spazio che li contiene tutti e nel collegare le azioni degli oggetti sotto l'effetto delle coordinazioni di un soggetto che comincia a conoscersi in quanto origine o anche padrone dei suoi movimenti. coordinare azioni significa spostare oggetti e, nella misura in cui questi spostamenti sono sottoposti a coordinazioni, il "gruppo degli spostamenti" che si elabora progressivamente, partendo da questo fatto, permette di assegnare agli oggetti delle posizioni successive anch'esse determinate. L'oggetto acquista per conseguenza una certa permanenza spazio - temporale, donde la spazializzazione e l'oggettivazione delle relazioni causali stesse.

La nozione centrale propria della psicologia di ispirazione empiristica è quella di associazione che, valorizzata già da Hume, continua a resistere negli ambienti detti behavioristi o riflessologici. Ma questo concetto di associazione non si riferisce che ad un rapporto esteriore tra gli elementi associati, mentre l'idea di assimilazione implica quella dell'integrazione di dati ad una struttura anteriore oppure la costituzione di una nuova struttura sotto la forma elementare di uno schema.

[.assimilazione riproduttrice (rifare lo stesso gesto) e formazione di un inizio di schema. In presenza di un altro oggetto sospeso egli lo assimilerà a questo stesso schema, donde un'assimilazione ricognitiva e, quando ripete l'azione in questa nuova situazione, un'assimilazione generalizzatrice, dal momento che questi tre aspetti di ripetizione, ricognizione e generalizzazione possono susseguirsi da vicino.]

Per modesti che siano questi inizi possiamo vedervi all'opera un processo che continuerà a svilupparsi sempre più: la costruzione di nuove combinazioni per mezzo di una congiunzione d'astrazioni tratte sia dagli oggetti sia dagli schemi dell'azione che si esercita su di essi. È così che il riconoscere in un oggetto sospeso una cosa da dondolare implica prima di tutto un'astrazione a partire dagli oggetti. In compenso coordinare dei mezzi e dei fini, rispettando l'ordine di successione dei movimenti da compiere, costituisce una novità in rapporto agli atti globali in seno ai quali mezzi e fini restano indifferenziati, ma questa novità è naturalmente acquisita, a partire da tali atti, con un processo che consiste nel trarre da essi le relazioni d'ordine, d'inclusione, ecc., necessarie a questa coordinazione.


Il primo livello del pensiero preoperatorio (2-4 anni)


Con il linguaggio, il gioco simbolico, l'immagine mentale, ecc., la situazione cambia in maniera notevole: alle azioni semplici che assicurano le interdipendenze dirette fra il soggetto e gli oggetti si sovrappone in alcuni casi un nuovo tipo di azione, che è interiorizzato e più precisamente concettualizzato.

Scorgiamo subito le difficoltà di tale interiorizzazione delle azioni:

La presa di coscienza dell'azione non è mai se non parziale

La coordinazione dei movimenti può raggiungere, al livello senso - motorio, la struttura di un gruppo di spostamenti nella misura in cui il passaggio da ciascun percorso parziale al seguente è guidato dalla identifi 747d38h cazione di indici percettivi la cui successione assicura i rapporti.

Tanto le schematizzazioni della presa di coscienza che questa condensazione delle azioni successive in una totalità rappresentativa comprendente in un solo atto le successioni temporali conducono a porre il problema delle coordinazioni in termini nuovi, tali che gli schemi immanenti alle azioni siano trasformati in concetti mobili suscettibili di superarle rappresentandole.

Poiché lo schema non costituisce un oggetto di pensiero ma si riduce alla struttura interna delle azioni, mentre il concetto è manipolato dalla rappresentazione e dal linguaggio, ne deriva che l'interiorizzazione delle azioni suppone la loro ricostruzione a uno stadio superiore e di conseguenza l'elaborazione di una serie di novità irriducibili agli strumenti dello stadio inferiore. Per convincersene basta constatare che ciò che è acquisito al livello dell'intelligenza o dell'attività senso - motoria non dà affatto luogo subito ad una rappresentazione adeguata sul piano del pensiero. Il motivo principale di questo sfasamento tra le azioni senso - motorie e l'azione interiorizzata o concettualizzata è che le prime costituiscono una serie di mediatori successivi tra il soggetto e gli oggetti, ciascuno dei quali, tuttavia, rimane puramente attuale; essa si accompagna già, è vero, ad una differenziazione tra questo soggetto e questi oggetti, ma né quello né questi sono pensati in quanto rivestiti di caratteri diversi da quelli del presente. Al livello dell'azione concettualizzata, invece, il soggetto dell'azione (che si tratti dell'io o di un oggetto qualunque) è pensato con i suoi caratteri duraturi (predicati o relazioni), e anche gli oggetti dell'azione e l'azione stessa sono concettualizzati in quanto trasformazione particolare in mezzo a parecchie altre rappresentabili entro i termini dati o entro termini analoghi. L'azione è dunque, grazie al pensiero, situata in un contesto spazio-temporale ben più ampio, il che le conferisce un nuovo status come strumento di scambio tra il soggetto e gli oggetti. Fin dagli inizi di questo periodo della conoscenza rappresentativa preoperatoria, si segnano considerevoli progressi nella doppia direzione e delle coordinazioni interne del soggetto - quindi delle future strutture operative o logico-matematiche - e delle coordinazioni esterne tra oggetti - quindi della causalità in senso ampio con le sue strutturazioni spaziali e cinematiche. In primo luogo, infatti, il soggetto diventa rapidamente capace d'inferenze elementari, di classificazioni a configurazioni spaziali, di corrispondenze, ecc. In secondo luogo, fin dall'apparizione precoce dei "perché", assistiamo ad un inizio di spiegazioni causali. È alla funzione semiotica in generale, originata dai progressi dell'imitazione (il comportamento senso-motorio più vicino alla rappresentazione ma costituito da atti), e non solo al linguaggio che bisogna attribuire questa svolta fondamentale nell'elaborazione degli strumenti di conoscenza. In altre parole, il passaggio dai comportamenti senso-motori alle azioni concettualizzate non è dovuto solamente alla vita sociale, ma anche ai progressi dell'intelligenza preverbale nel suo insieme e all'interiorizzazione dell'imitazione in rappresentazioni.

D'altra parte è necessario insistere sui limiti di queste nascenti innovazioni, perché i loro risvolti negativi sono altrettanto istruttivi dal punto di vista epistemologico di quelli positivi, mostrandoci le difficoltà di dissociare gli oggetti dal soggetto o di elaborare operazioni logico-matematiche indipendenti dalla causalità e suscettibili di fecondare le spiegazioni causali in conseguenza di questa stessa differenziazione.

Il passaggio dall'azione al pensiero o dallo schema senso-motorio al concetto non si compie sotto forma di una rivoluzione brusca, ma al contrario sotto quella di una differenziazione lenta e laboriosa, che deriva dalle trasformazioni dell'assimilazione.

L'assimilazione propria dei concetti nel loro stato di compiutezza poggia essenzialmente sugli oggetti sussunti da essi e sui loro caratteri. Senza parlare ancora della reversibilità né della transitività operatoria, essa giungerà per esempio a riunire tutti gli A in una stessa classe perché essi sono assimilabili dal loro carattere a; o ad affermare che tutti gli A sono anche B poiché oltre a questo carattere a possiedono tutti il carattere b; mentre tutti i B non sono degli A, ma solamente alcuni, perché essi non presentano tutti il carattere a; ecc. Così questa assimilazione degli oggetti tra loro, che costituisce il fondamento di una classificazione, determina una prima proprietà fondamentale del concetto: la regolazione dell'uso dei termini "tutti" e "alcuni". L'assimilazione inerente alla comparazione degli oggetti attribuirà al carattere x una natura relativa e la caratteristica di questa assimilazione concettuale è del pari quella di costituire tali relazioni superando i falsi assoluti inerenti alle attribuzioni puramente predicative. Al contrario, l'assimilazione propria degli schemi senso-motori comporta due differenze essenziali rispetto a quello che precede. La prima è che, in mancanza di pensiero o rappresentazione, il soggetto non conosce niente dell' "estensione" di tali schemi, non potendo evocare le situazioni non percepite attualmente e non giudicando delle situazioni presenti che in "comprensione", vale a dire per analogia diretta con le proprietà delle situazioni anteriori. In secondo luogo questa analogia non giunge nemmeno a evocare tali situazioni anteriori. In altri termini, l'assimilazione per mezzo di schemi tiene certamente conto delle proprietà degli oggetti, ma esclusivamente nel momento in cui essi sono percepiti e in maniera indissociata rispetto alle azioni del soggetto al quale essi corrispondono. La grande distinzione epistemologica tra le due forme di assimilazione per mezzo di schemi senso-motori e per mezzo di concetti consiste dunque in questo: che la prima differenzia ancora male i caratteri dell'oggetto da quelli delle azioni del soggetto relative a questi oggetti, mentre la seconda poggia sui soli oggetti - ma sia assenti che presenti - e nello stesso tempo libera il soggetto dai suoi legami con la situazione attuale, dandogli la facoltà di classificare, disporre in serie, mettere in corrispondenza, ecc., con molta maggior mobilità e libertà. [in linea di massima egli identifica facilmente due classi di uguale estensione, ma non comprende ancora il rapporto da sotto-classe a classe per mancanza di una regolazione dell'uso dei termini "tutti" e "alcuni".].

A questo livello l'identità procede per assimilazioni semi-generiche alle azioni "possibili", più che fonderasi sui caratteri degli oggetti: le perle sparse di una collana disfatta sono "la collana stessa" perché la possiamo rifare, ecc. I preconcetti o le prerelazioni restano a mezza strada tra lo schema d'azione e il concetto, poiché non è possibile dominare, per mancanza di retrospettiva, la situazione immediata e presente, come dovrebbe essere nel caso della rappresentazione in opposizione all'azione. Questo livello resta essenzialmente psicomorfico: gli oggetti sono una specie di esseri viventi dotati di poteri di variazione ricalcati su quelli dell'azione che è loro propria, come spingere, tirare, attirare, ecc, e, sia a distanza che a contatto, senza il problema della direzione delle forze o con una direzione esclusiva che è quella dell'agente, indipendentemente dai punti d'impatto sugli oggetti passivi.


Il secondo livello preoperatorio (5-6 anni)


Questo secondo stadio è segnato da un inizio di decentrazione che permette la scoperta di alcuni rapporti oggettivi grazie a ciò che noi chiameremo "funzioni costituenti". Avviene il passaggio da un egocentrismo abbastanza radicale ad una decentrazione relativa per oggettivazione e spazializzazione. A livello senso-motorio la centrazione iniziale si riferisce al proprio corpo (senza che il soggetto ne abbia coscienza), mentre con la concettualizzazione del livello da 2 a 4 anni vi è (senza d'altronde che il soggetto ne dubiti più) una semplice assimilazione degli oggetti e dei loro poteri ai caratteri soggettivi dell'azione propria: su questo piano superiore che è quello dei preconcetti e delle prerelazioni, si riproduce così una centrazione iniziale e analoga, poiché si tratta i costruire su questo nuovo piano ciò che era già acquisito al livello senso-motorio. Dopo di ciò troviamo una decentrazione ugualmente analoga, ma tra concetti o attività concettualizzate e non più soltanto tra movimenti, e douta anch'essa alle coordinazioni progressive che, nei casi particolari, prenderanno la forma di funzioni. Nel caso di questo livello parleremo di funzioni costituentisi e non ancora costituite, perché queste ultime, che si formeranno allo stadio delle operazioni concrete, comportano una quantificazione effettiva, mentre le prime restano qualitative e ordinali. Questa nuova struttura comporta tuttavia delle limitazioni essenziali, che ne fanno un termine di passaggio tra le azioni e le operazioni e non ancora uno strumento di conquista immediata di queste ultime. Infatti la funzione costituente non è reversibile come tale, ma è orientata e per mancanza di reversibilità non comporta dunque ancora conservazioni necessarie (vi è solo una semilogica, per mancanza di operazioni inverse, e non ancora una struttura operatoria). L'azione sola (cioè non promossa  ancora al rango di operazione) è sempre orientata verso un fine, da cui il ruolo completamente pregnante della nozione d'ordine a questo livello. La funzione costituente, in quanto orientata, rappresenta la struttura semilogica più adatta a tradurre le dipendenze rivelate dall'azione e i suoi schemi, ma senza che esse raggiungano ancora la reversibilità e la conservazione che caratterizzeranno le operazioni. La funzione partecipa, come l'azione stessa, di una doppia natura, diretta nello stesso tempo verso la logica (per quel tanto che essa deriva dalle coordinazioni generali tra gli atti) e verso la causalità (in quanto esprime dipendenze materiali).

Il primo progresso dovuto alle coordinazioni tra le azioni concettualizzate è la differenziazione costante dell'individuo e della classe, il che si nota in particolare nella natura delle classificazioni (le collezioni non sono più figurali, ma consistono in piccole raccolte senza configurazione spaziale).

L'identità qualitativa degli elementi in gioco non costituisce problema. Ma come condizione preliminare non è sufficiente, perché l'identità non giunge che a dissociare tra le qualità osservabili quelle che restano invariate e quelle che sono modificate; la conservazione quantitativa suppone al contrario la costruzione di nuove relazioni e, tra le altre, la compensazione delle variazioni di sensi diversi , dunque la reversibilità operatoria e gli strumenti di quantificazione che essa comporta.


Il primo livello dello stadio delle operazioni "concrete". (7-8 anni)


Le azioni interiorizzate o concettualizzate di cui il soggetto doveva fin qui contentarsi acquistano il rango di operazioni in quanto trasformazioni reversibili che modificano alcune variabili e conservano le altre a titolo d'invarianti. Questa novità fondamentale è dovuta una volta di più al progresso delle coordinazioni, essendo tipico delle operazioni prima di tutto di costituirsi in sistemi d'insieme o "strutture", suscettibili di chiusure e tali quindi da assicurare la necessità delle composizioni che esse comportano, grazie al gioco delle trasformazioni dirette ed inverse. [non osserviamo mai inizi assoluti nel corso dello sviluppo e ciò che è nuovo deriva o da differenziazioni progressive, o da coordinazioni graduali, o da ambedue contemporaneamente].

Il passaggio al limite che caratterizza l'apparizione delle operazioni, in opposizione con le semplici regolazioni proprie dei livelli anteriori, è che, anziché procedere per correzioni a cose fatte, cioè dopo che l'operazione è già eseguita materialmente, le operazioni consistono in una precorrezione degli errori, grazie al doppio gioco delle operazioni dirette ed inverse, in altre parole di anticipazioni e retroazioni combinate o più precisamente d'una possibile anticipazione delle stesse retroazioni.

Un altro passaggio limite è quello che costituisce la chiusura dei sistemi. Prima della seriazione operatoria il soggetto giungeva a seriazioni empiriche ottenute per tentativi. La fusione delle anticipazioni e delle retroazioni comporta una chiusura del sistema su se stesso, ciò che si traduce in una novità essenziale: i suoi legami interni diventano per questo fatto necessari e non consistono più in relazioni costruite successivamente senza connessione con le precedenti (elemento della transitività e delle conservazioni). La transitività, le conservazioni e la chiusura del sistema testimoniano composizioni proprie ad una struttura richiusa su se stessa, le cui trasformazioni interne cioè non oltrepassano il limite del sistema e non ricorrono, per essere effettuate, a nessun elemento a lui esterno.

Quando il soggetto dice che vi è conservazione da A a B, poiché possiamo riportare lo stato B allo stato A (reversibilità per inversione), si tratta di un'operazione inerente ad un sistema. In realtà, il soggetto non compie nessuna misurazione per valutare le variazioni e non giudica della loro compensazione che a priori e in modo puramente deduttivo, ciò che implica il postulato preliminare di un'invarianza del sistema totale.

I passaggi al limite, di cui abbiamo parlato, sono di fatto complessi ed implicano tre movimenti solidali. Il primo è quello di un'astrazione riflettente che trae dalle strutture inferiori quanto è necessario per costruire le superiori. Il secondo momento è quello di una coordinazione che mira ad abbracciare la totalità del sistema e tende così alla sua chiusura, riunendo tra loro queste diverse ordinazioni o insiemi parziali, ecc. Il terzo momento è dunque quello dell'autoregolazione di tale processo coordinatore, che giunge ad equilibrare le connessione secondo i due sensi, diretto e inverso, della costruzione, in modo tale che l'approdo all'equilibrio caratterizza quel passaggio al limite che genera le novità proprie di questi sistemi rispetto ai precedenti, e particolarmente la loro reversibilità operatoria.

Fin dai 7-8 anni la causalità consiste in una specie di attribuzione delle operazioni stesse a oggetti promossi così a rango di operatori, le cui azioni divengono componibili in modo più o meno razionale. Possiamo parlare di un inizio di causalità operatoria, senza che questo significhi che le operazioni descritte precedentemente si costituiscano in completa autonomia per essere in seguito solamente attribuite al reale.

Contrariamente alle operazioni che chiameremo formali al livello dei 10-12 anni e che sono caratterizzate dalla possibilità di ragionare su ipotesi, distinguendo la necessità di connessioni dovute alla forma e la verità dei contenuti, le operazioni "concrete" poggiano direttamente sugli oggetti: questo equivale dunque ancora ad agire su di essi, come nei livelli preoperatori, ma conferendo a queste azioni (o a quelle che sono attribuite loro quando sono considerate come operazioni causali) una struttura operatoria, cioè componibile in maniera transitiva e reversibile.


Il secondo livello delle operazioni "concrete". (9-10 anni)


Questo sottostadio è quello in cui viene raggiunto l'equilibrio generale delle operazioni "concrete", oltre alle forme parziali già equilibrate fin dal primo livello. Le lacune proprie alla natura stessa delle operazioni concrete cominciano a farsi sentire in alcuni settori, in particolare quello della casualità, e nel quale questi nuovi squilibri preparano in qualche modo la riequilibrazione d'insieme che caratterizzerà lo stadio seguente.

Fin dai 7-8 anni vediamo costituirsi alcune operazioni relative alle prospettive e ai cambiamenti di punti di vista per quanto riguarda uno stesso oggetto di cui modifichiamo la posizione in rapporto al soggetto. Solo verso i 9-10 anni possiamo parlare di una coordinazione di punti di vista in rapporto ad un insieme di oggetti che saranno osservati in diverse situazioni. Sempre a questo stadio, le misure spaziali secondo una, due o tre dimensioni ingenerano la costruzione di coordinate naturali che le collegano in un sistema totale. In linea di massima si tratta della costruzione di rapporti interfigurali, oltre che delle connessioni intrafigurali che erano le sole ad intervenire nel primo sottostadio, o, se preferiamo, dell'elaborazione di uno spazio in opposizione alle semplici figure.

Sin dai 7-8 anni il soggetto è capace di costruire strutture moltiplicative come pure additive. Ma si tratta di successi in rapporto al problema posto ("sistemare le figure il meglio possibile"), senza suggerimento sulla disposizione da trovare) che di un'utilizzazione spontanea della struttura. Al livello dei 9-10 anni, quando si tratta di enucleare dipendenze funzionali in un problema d'induzione (per esempio tra gli angoli di riflessione e d'incidenza), osserviamo una capacità generale di mettere in evidenza covariazioni quantitative, senza ancora dissociare i fattori, come avverrà nello stadio seguente, ma mettendo in corrispondenza relazioni seriate o classi (il metodo testimonia una struttura operatoria efficace). Nello stesso modo assistiamo ad un netto progresso nella comprensione delle intersezioni: mentre il prodotto cartesiano rappresentato per mezzo di matrici a doppia entrata è facilmente colto fin dal livello dei 7-8 anni, in quanto struttura moltiplicativa completa, l'intersezione di due o più classi non disgiunte non viene padroneggiata invece che a questo secondo livello, così come ancora in molti casi la quantificazione dell'inclusione AB<B.

Sul terreno causale, invece, questo livello dei 9-10 anni presenta una mescolanza abbastanza curiosa di progressi notevoli e di lacune non meno sorprendenti che si presentano talvolta anche come una sorta di regressioni apparenti. A cominciare dai progressi, le considerazioni dinamiche e la cinematica rimanevano fino a questo momento indifferenziate, perché lo stesso movimento con la sua velocità era considerato come una specie di forza, spesso chiamata "slancio": al livello dei 9-10 anni assistiamo ad una dissociazione e ad una coordinazione tali che i movimenti, e soprattutto i loro cambiamenti di velocità richiedono l'intervento di una causa esterna, ciò che possiamo simbolizzare come segue in termini di azione, cioè della forza f che si esercita durante un tempo t e su una distanza e (sia fte): fte=dp nel senso di fte dp, dove dp=d(mv) e non m dv, mentre al livello precedente abbiamo semplicemente fte=dp o anche fte=p. E' solo allo stadio seguente che interverrà l'accelerazione (cfr. f=ma). Ma la contropartita di questo sviluppo della causalità è che il soggetto si pone una serie di nuovi problemi dinamici senza poterli padroneggiare, donde a volte una parvenza di regressione. Per esempio, per il fatto che il peso, d'ora in poi, scende verticalmente, il soggetto sarà disposto ad ammettere che esso pesa più appeso in basso ad un filo che in alto (quando non è il contrario, se sta per cadere.). È naturale che tali supposizioni siano di ostacolo alle composizioni additive, ecc., donde certe reazioni che paiono regressive. Il soggetto se ne trae fuori distinguendo due aspetti, o ambiti. Da una parte considera il peso in quanto proprietà invariante dei corpi: in realtà, la conservazione del peso al momento dei cambiamenti di forma dell'oggetto inizia esattamente a questo livello, così come le seriazioni, la transizioni ed altre composizioni operatorie applicate a questa nozione. Ma, d'altra parte, giudica le sue azioni variabili, sostenendo semplicemente che in alcuni casi il peso "dà" più che in altri, il che non è falso, ma resta incompleto ed arbitrario, tanto che non vi sarà, come nello stadio seguente, composizione del peso con le grandezze spaziali (lunghezze, superfici o volumi con le nozioni di momento, di pressione, densità, o peso relativo, e soprattutto di lavoro).

Tutto sommato il secondo livello dello stadio delle operazioni concrete presenta una situazione paradossale. Fin qui abbiamo assistito, partendo da un livello iniziale d'indifferenziazione tra il soggetto  e l'oggetto, a progressi complementari e relativamente equivalenti nelle due direzioni della coordinazione interna delle azioni e quindi delle operazioni del soggetto, e della coordinazione esterna delle azioni, dapprima psico-morfiche e quindi operatorie attribuite agli oggetti. In altri termini abbiamo osservato, livello per livello, due tipi di sviluppi strettamente solidali: quello delle operazioni logico-matematiche e quello delle causalità, con influenza costante dei primi sulla seconda dal punto di vista delle facilitazioni o delle resistenze che il contenuto offre o oppone alla forma. Quanto allo spazio, esso partecipa di questi due movimenti o nature, derivando insieme dalle operazioni geometriche o infralogiche del soggetto e dalle proprietà statiche, cinematiche e anche dinamiche dell'oggetto, donde la sua funzione costante d'organo di collegamento. A questo secondo sottostadio dello stadio delle operazioni concrete ci troviamo in presenza di una situazione che, pur prolungando le precedenti, comporta la seguente novità. Da una parte le operazioni logico-matematiche, ivi comprese quelle spaziali attraverso le loro generalizzazioni e la loro equilibrazione, giungono a uno stato d'estensione e d'utilizzazione massimali, ma sotto la loro forma molto limitata di operazioni concrete con tutte le restrizioni che comportano le strutture dei "raggruppamenti" (per quanto riguarda le classi e le relazioni), appena superati da avvii d'aritmetizzazione e di geometrizzazione metrica. Da un'altra parte, lo sviluppo delle ricerche e anche delle spiegazioni causali, in netto progresso rispetto a quelle del primo sottostadio (dai 7 agli 8 anni), conduce il soggetto a sollevare un insieme di problemi cinematici e dinamici che non è ancora in grado di risolvere con i mezzi operatori di cui dispone. Ne consegue allora, ed è questa la novità, una serie di squilibri fecondi, senza dubbio funzionalmente analoghi a quelli che intervengono dagli inizi dello sviluppo, ma la cui portata è ben più grande per le ulteriori strutturazioni: essi condurranno infatti a completare strutture operatorie già costruite e per la prima volta stabili, costruendo sulla loro base "concreta" queste "operazioni su operazioni" o operazioni alla seconda potenza, che costituiranno le operazioni proposizionali o formali, con la loro combinatoria, i loro gruppi di quaternalità, le loro proporzionalità e distributività e tutto quel che queste novità rendono possibile sul terreno della causalità.


Le operazioni formali. (11-12 anni)


Con le strutture operative "formali", che cominciano a costituirsi verso gli 11-12 anni, giungiamo alla terza grande tappa del processo che conduce le operazioni a liberarsi dalla durata, cioè di fatto dal contesto psicologico delle azioni del soggetto con quanto esse comportano di dimensione causale oltre alle loro proprietà implicatrici o logiche, per raggiungere finalmente quel carattere estemporaneo che è proprio dei rapporti logico-matematici puri. La prima tappa era quella della funzione semiotica (verso 1 anno e mezzo-due anni) che, con l'interiorizzazione dell'imitazione in immagini e l'acquisizione del linguaggio permette la condensazione delle attività successive in rappresentazioni simultanee. La seconda grande tappa è quella dell'inizio delle operazioni concrete che, coordinando le anticipazioni e le retroazioni, giungono ad una reversibilità suscettibile di risalire il corso del tempo e di assicurare la conservazione dei punti di partenza. A questo livello c'è una certa mobilità conquistata sulla durata, che resta però legata ad azioni e manipolazioni che sono esse stesse successive, poiché si tratta in realtà di operazioni che rimangono "concrete", cioè che poggiano sugli oggetti e sulle trasformazioni reali. Le operazioni formali segnano invece una terza tappa in cui la conoscenza supera il reale stesso per inserirlo nel possibile e per collegare direttamente il possibile al necessario senza la mediazione indispensabile del concreto: ora il possibile conoscitivo è essenzialmente estemporaneo, in opposizione al virtuale fisico le cui realizzazioni si dispiegano nel tempo.

Il primo carattere delle operazioni formali è di poter poggiare su ipotesi e non più soltanto sugli oggetti. Questa novità ne implica una seconda altrettanto essenziale: le ipotesi, non essendo oggetti, sono proposizioni, e il loro contenuto consiste in operazioni intraproposizionali di classi, di relazioni, ecc., di cui si potrebbe fornire la verifica diretta; altrettanto avviene per le conseguenze tratte da esse per via inferenziale; invece, l'operazione deduttiva che conduce dalle ipotesi alle loro conclusioni non è più dello stesso tipo, ma è interproposizionale e consiste quindi in un'operazione effettuata su delle operazioni, cioè un'operazione alla seconda potenza. È questo potere di formare operazioni su operazioni che permette alla conoscenza di superare il reale e che gi apre la via indefinita dei possibili, attraverso una combinatoria, liberandosi dunque man mano dalle costruzioni alle quali restano soggette le operazioni concrete.

Una delle novità essenziali delle operazioni formali consiste nell'arricchire gli insiemi iniziali elaborando "insiemi di parti" o simplessi che poggiano su una combinatoria. Un'altra novità è data dalla capacità di unire in un solo "gruppo quaternario" (gruppo di Klein) le inversioni e reciprocità in seno alle combinazioni proposizionali (o a un "insieme di parti" in generale). All'interno delle operazioni concrete esistono due forme di reversibilità: l'inversione o negazione che giunge ad annullare un termine e la reciprocità. Ma se l'inversione caratterizza i raggruppamenti di classi e la reciprocità quelli di relazioni, non esiste ancora al livello delle operazioni concrete un sistema d'insieme che unisce queste trasformazioni in un tutto unico. Invece al livello della combinatoria proposizionale qualunque operazione tale che p>q comporta una inversa N, e una reciproca R, così come una correlativa C, che è l'inversa della sua reciproca.

L'insieme di queste novità si accompagna ad un insieme correlativo altrettanto fecondo nel campo della causalità stessa, perché nella misura stessa di questa differenziazione si stabiliscono rapporti di coordinazione e anche di mutuo appoggio almeno su due piani e in una maniera che si assimila sempre più ai processi del pensiero scientifico stesso.

Il primo di questi piani è quello delle stessa lettura dei dati dell'esperienza fisica (in senso lato), perché non esiste esperienza pura nel senso dell'empirismo e i fatti sono accettabili solo se assimilati dal soggetto, la qual cosa presuppone l'intervento di strumenti logico-matematici di assimilazione che costruiscono delle relazioni che inquadrino o strutturino questi fatti e li arricchiscano nella stessa misura. Ma non c'è, in questo caso, processo a senso unico, perché, se una forma operatoria è sempre necessaria per strutturare i contenuti, questi possono spesso favorire la costruzione di nuove strutture adeguate.

Se questo primo piano è dunque quello delle operazioni applicate all'oggetto, che assicurano tra l'altro delle leggi fisiche elementari, il secondo piano sarà quello della spiegazione causale stessa, cioè delle operazioni attribuite agli oggetti. Alla funzione generale del possibile nel campo delle operazioni logico-matematiche corrisponde sul piano fisico quella del virtuale, che permette di comprendere come le forze continuino ad intervenire in uno stato immobile, o come in un sistema di parecchie forze ciascuna conservi la sua azione pur componendola con quella delle altre; a questi concetti che superano i limiti dell'osservabile si ricollega anche la nozione di trasmissioni puramente "interne" senza spostamento dei corpi intermedi. Agli schemi combinatori e alla struttura operatoria dell'insieme delle parti corrispondono, da una parte, la nozione spaziale d'un continuo che occupa l'interno delle superfici e dei volumi: da cui l'importanza a questo stadio della considerazione dei volumi (la loro conservazione al momento dei cambiamenti di forma non inizia che a questo livello), delle loro relazioni col peso e dei modelli corpuscolari che permettono di corredarli di elementi non osservabili più o meno "compressi". Dall'altra parte a questi schemi corrispondono gli inizi della composizione vettoriale delle direzioni, mentre la comprensione delle intensità è assicurata per mezzo delle trasformazioni della nozione di forza rese possibili dall'intervento del virtuale.

Nella misura in cui si interiorizzano le operazioni logico-matematiche del soggetto, grazie alle astrazioni riflettenti che costruiscono operazioni su altre operazioni, e nella misura in cui è finalmente raggiunta questa estemporaneità che caratterizza gli insiemi di trasformazioni possibili e non più solamente reali, il mondo fisico nel suo dinamismo spazio-temporale, inglobando il soggetto come una piccolissima parte fra le altre, comincia a divenire accessibile ad una lettura obiettiva di alcune delle sue leggi e soprattutto a spiegazioni causali che obbligano lo spirito ad una costante decentrazione nella sua conquista degli oggetti. In altre parole, il doppio movimento d'interiorizzazione e d'esteriorizzazione che inizia fin dalla nascita viene ad assicurare questo accordo paradossale di un pensiero che si libera infine dall'azione materiale e di un universo che ingloba quest'ultima ma la supera da ogni parte. Certo la scienza ci ha posto dopo lungo tempo in presenza di queste convergenze stupefacenti tra la deduzione matematica e l'esperienza, ma è avvincente constatare che a livelli molto inferiori a quello delle sue tecniche formalizzanti e sperimentali, una intelligenza ancora prevalentemente volta agli aspetti qualitativi ed appena aperta al calcolo giunge a corrispondenze analoghe tra le sue prove d'astrazione e i suoi sforzi d'osservazione, per quanto poco metodici.










































































LE CONDIZIONI ORGANICHE PRELIMINARI

(BIOGENESI DELLE CONOSCENZE)


A voler rimanere fermi alle spiegazioni "genetiche" le situazioni fin ora descritte sembra non possano comportare che tre interpretazioni. La prima consisterebbe nell'ammettere che, malgrado l'opposizione apparente delle direzioni seguite dallo sviluppo delle operazioni logico-matematiche, nella loro progressiva interiorizzazione, e da quello che dell'esperienza e della causalità fisiche nella loro esteriorizzazione, tuttavia il loro accordo sempre più stretto proverrebbe dalle informazioni esogene fornite dai vincoli del reale e dell'"ambiente". La seconda consisterebbe nell'attribuire questa graduale convergenza ad un'origine comune che sarebbe ereditaria, e nel cercare così la soluzione in direzione di un compromesso tra l'apriorismo e la genetica biologica, alla maniera di Lorenz, e considerando quindi come illusorie le apparenze di novità continuamente elaborate che suggerisce il costruttivismo adottato nel capitolo precedente. Anche la terza accetterebbe l'idea di un'origine comune, considerando la duplice costruzione delle conoscenze logico-matematiche e fisiche di cui si deve render conto, e soprattutto la necessità intrinseca raggiunta dalle prime, come ugualmente legate a meccanismi biologici presupposti alla psicogenesi, ma derivanti da autoregolazioni più generali e più fondamentali delle trasmissioni ereditarie stesse, perché queste sono sempre specializzate e il loro significato ai fini del processo cognitivo si attenua con l'evoluzione degli organismi "superiori" invece di rafforzarsi.

Nei tre casi il problema epistemologico è dunque da porre ora in termini biologici.


L'empirismo lamarckiano.


Natura fenotipica legata allo sviluppo somatico degli individui.

Il fenotipo è il prodotto di un'interazione continua tra l'attività sintetica del genoma nel corso della crescenza e le influenze esterne. Per ogni influenza dell'ambiente suscettibile di essere differenziata e misurata, possiamo determinare in un genotipo dato la sua "norma di reazione" che fornisce l'ampiezza e la distribuzione delle variazioni individuali possibili: gli apprendimenti cognitivi sono, anch'essi, soggetti a tali condizioni.

Detto questo, l'ipotesi che ricondurrebbe ogni conoscenza ai soli effetti dell'esperienza corrisponderebbe in campo biologico ad una dottrina abbandonata da tempo, perché dimenticava quanto poi si è rivelato essenziale alla comprensione delle relazioni tra l'organismo e l'ambiente: si tratta della dottrina lamarckiana della variazione e dell'evoluzione. Lamarck vide nelle abitudini contratte sotto l'influenza dell'ambiente il fattore esplicativo fondamentale delle variazioni morfogenetiche dell'organismo e della formazione degli organi. Senza dubbio egli parlava anche d'un fattore di organizzazione, ma nel senso di un potere d'associazione e non di composizione, e l'essenziale delle acquisizioni dipendeva secondo lui dal modo in cui gli esseri viventi ricevevano, modificando le loro abitudini, le impronte dell'ambiente esterno.

Ciò che mancava essenzialmente a Lamarck erano le nozioni di un potere endogeno di mutazione e ricombinazione e soprattutto di un potere attivo di autoregolazione. Quando Waddington ci presenta oggi il fenotipo come una "risposta" del genoma alle sollecitazioni dell'ambiente, questa risposta non significa che l'organismo abbia semplicemente subìto l'impronta di un'azione esterna, ma che vi è stata interazione nel senso pieno del termine, cioè che, in seguito ad una tensione o ad uno squilibrio provocato da un cambiamento dell'ambiente, l'organismo ha inventato, attraverso varie combinazioni, una soluzione originale che sfocia in un nuovo equilibrio.

A confrontare questa nozione di "risposta" con quella di cui si è servito a lungo il behaviorismo nel suo famoso schema stimolo - risposta (S R), constatiamo che gli psicologi di questa scuola hanno conservato uno spirito strettamente lamarckiano e hanno ignorato la rivoluzione biologica contemporanea. Le nozioni di stimolo e di risposta devono, anche se conserviamo questo linguaggio che è comodo, subire delle riorganizzazioni molto profonde che ne modificano interamente l'interpretazione. Infatti perché lo stimolo susciti una certa risposta è necessario che il soggetto ed il suo organismo siano capaci di fornirla, e la questione preliminare è dunque quella di tale capacità, che corrisponde a ciò che Waddington ha chiamato la "competenza" nel campo dell'embriogenesi. All'inizio non c'è dunque lo stimolo, ma la sensibilità allo stimolo e questa dipende naturalmente dalla capacità di dare una risposta. Lo schema deve dunque essere scritto così: S (A) R, dove A è l'assimilazione dello stimolo ad un certo schema di reazione che è la fonte della risposta. Nella prospettiva esclusivamente lamarckiana del behaviorismo, la risposta non è che una specie di "copia funzionale" delle sequenze proprie agli stimoli, e quindi una semplice replica allo stimolo: ne deriva che il processo fondamentale di acquisizione è l'apprendimento concepito sul modello empiristico della registrazione dei dati esteriori. Se questo fosse vero, ne conseguirebbe che lo sviluppo nel suo insieme dovrebbe esser concepito come la risultante di un seguito ininterrotto di apprendimenti così interpretati. Invece, se il fatto fondamentale iniziale è la capacità di fornire alcune risposte, quindi la "competenza", ne risulterebbe inversamente che l'apprendimento non sarebbe lo stesso ai diversi livelli di sviluppo e che esso dipenderebbe essenzialmente dall'evoluzione delle "competenze".


L'innatismo.


Se l'ipotesi degli apprendimenti esogeni ha largamente dominato le opere delle generazioni precedenti, oggi assistiamo a volte ad un rovesciamento delle prospettive, come se il rifiuto dell'empirismo di forma lamarckiana conducesse necessariamente all'innatismo.

Il grande linguista Chomsky ha reso alla psicologia il servizio di fornire una critica decisiva delle interpretazioni di Skinner e di mostrare l'impossibilità di un apprendimento del linguaggio per mezzo dei modelli behavioristi ed associazionisti. Egli ha concluso che, al di sotto delle trasformazioni delle sue "grammatiche generative", si trova alla fine un "nucleo fisso innato" che comprende alcune strutture necessarie, quali la relazione tra soggetto e predicato.

Col celebre etologo Lorenz, l'innatismo delle strutture conoscitive è generalizzato secondo uno stile che egli vorrebbe esplicitamente kantiano: le "categorie" del sapere sarebbero biologicamente preformate a titolo di condizioni preliminari a qualunque esperienza, nello stesso modo in cui gli zoccoli del cavallo e le pinne natatorie dei pesci si sviluppano nell'embriogenesi in virtù di una programmazione ereditaria e molto prima che l'individuo (o il fenotipo) ne possa fare uso. Ma siccome l'eredità varia da una specie all'altra, è naturale che, ce questi a priori conservano la nozione kantiana di "condizioni preliminari", essi sacrificano l'essenziale, che è la necessità intrinseca di tali strutture così come la loro unità. E Lorenz lo riconosce onestamente poiché li riduce al ruolo di "ipotesi innate di lavoro". Secondo il costruttivismo (Piaget) le strutture conoscitive diventano necessarie, ma al termine del loro sviluppo senza esserlo dall'inizio, e non comportano programmazioni preliminari.

Le nozioni attuali sul fenotipo ce lo presentano come il prodotto di un'interazione indissociabile, fin dall'embriogenesi, tra i fattori ereditari e l'influenza dell'ambiente, in maniera tale che è impossibile tracciare un limite stabile tra ciò che è innato e ciò che è acquisito, poiché tra i due termini si trova la zona essenziale delle autoregolazioni proprie dello sviluppo.

In realtà, nel campo degli schemi conoscitivi, ivi compresi quelli senso-motori, l'eredità e la maturazione si limitano a determinare le zone delle impossibilità o delle possibilità d'acquisizione. Questa però esige in più un'attuazione che comporta essa stessa degli apporti esterni dovuti all'esperienza e quindi all'ambiente, e una organizzazione progressiva interna che deriva dall'autoregolazione. In linea di massima, se è necessario, per rendere conto dei comportamenti cognitivi, fare appello a fattori endogeni che l'empirismo dimentica, non potremmo concludere che tutto ciò che è endogeno deriva da una programmazione ereditaria, per cui restano da considerare i fattori d'autoregolazione che sono ugualmente endogeni, ma i cui effetti non sono innati.

In realtà le autoregolazioni presentano questi tre caratteri riuniti: di costituire la condizione preliminare delle trasmissioni ereditarie, di essere più generali che il contenuto di queste ultime e di giungere ad una necessità di forma superiore. È chiaro che alcune regolazioni condizionano già la trasmissione ereditaria, e questo senza che siano trasmesse esse stesse in senso stretto, poiché continuano a funzionare e basta. Mentre i caratteri trasmessi variano da specie a specie le regolazioni presentano una forma ben più generale. Quando un carattere si trasmette o non si trasmette per via ereditaria le regolazioni comportano fin dall'inizio la distinzione del normale e dell'anormale con tendenza a far prevalere il primo, e giungono sul piano del comportamento alla necessità normativa stessa dei limiti in cui le operazione costituiscono il caso limite delle regolazioni.


Dagli istinti all'intelligenza.


Gli istinti comportano una programmazione ereditaria dello stesso contenuto dei comportamenti in gioco, oltre alla loro forma. Quanto a questa, essa è analoga a quella degli schemi senso-motori, con la differenza che essi sono ereditato come i loro indici determinanti. Ci troviamo quindi in presenza di strutture analoghe a quelle dell'intelligenza preverbale, ma fissate nel loro innatismo, e non modificabili come le costruzioni fenotipiche.

Il problema è di comprendere il passaggio dall'istinto all'intelligenza.

È importante distinguere con cura tre piani gerarchizzati in ogni condotta istintiva: 1) Vi sono innanzitutto quelle che potremmo chiamare le coordinazioni generali che intervengono in ciascuna di esse: l'ordine di concatenazione delle azioni, le inclusioni degli schemi, le loro corrispondenze, le vicinanze, ecc. 2) Vi è in secondo luogo la programmazione ereditaria del contenuto delle condotte. 3) Infine vi sono gli adattamenti individuali alle varie circostanze, ed essi si orientano nella direzione di un accomodamento all'ambiente o all'esperienza. Ciò che scompare o si attenua al momento del passaggio dall'istinto all'intelligenza è esclusivamente il secondo stadio (2), e cioè la programmazione ereditaria dei contenuti. Invece le forme generali (1), una volta liberate dal loro contenuto fisso, danno luogo a molteplici costruzioni nuove per mezzo dell'astrazione riflettente, e gli adattamenti individuali (3) si sviluppano da parte loro.

L'esplosione dell'istinto fa nascere due movimenti correlativi, per quanto di direzioni distinte: uno d'interiorizzazione diretto nel senso logico-matematico, l'altro d'esteriorizzazione nel senso degli apprendimenti e delle condotte orientate verso l'esperienza.

Ma se gli istinti costituiscono così una specie di preintelligenza organica ed ereditariamente programmata, resta da ricordare che il ricorso all'eredità non fa che spostare all'indietro i problemi di genesi, ma non li risolve affatto, finché i problemi di variazione e di evoluzione non avranno trovato adeguate soluzioni ad opera della biologia.


Le autoregolazioni.


In linea di massima le radici biologiche di queste strutture e la spiegazione del fatto che esse diventano necessarie non sono da cercare né nella direzione di un'azione esclusiva dell'ambiente, né in quella di una preformazione a base di puro innatismo, ma in quella di autoregolazioni con il loro funzionamento in circuiti e la loro tendenza intrinseca all'equilibrio.

I sistemi regolatori si trovano a tutti gli stadi del funzionamento dell'organismo, dal genoma fino al comportamento, e sembrano dunque derivare dai caratteri dell'organizzazione vitale. Inoltre la particolare fecondità delle interpretazioni fondate sull'autoregolazione consiste nel fatto che si tratta di un funzionamento costitutivo di strutture, e non di strutture già fatte in seno alle quali basterebbe cercare quelle che conterrebbero in anticipo allo stato preformato l'una o l'altra categoria della conoscenza. La molteplicità delle forme di regolazione, unita a questa esistenza di alcuni funzionamenti comuni, costituisce come una prefigurazione di ciò che osserviamo sul piano del comportamento, in cui si ritrova questa successione di strutture animate da un funzionamento autoregolatore continuo. Riprendendo questo processo seguendo l'ordine inverso, sembra incontestabile che le operazioni logico-matematiche siano preparate da tentativi, e dalle loro regolazioni, del livello della rappresentazione preoperatoria. A continuare l'analisi regressiva sembra evidente che il punto di partenza di queste costruzioni, sul piano del comportamento, non è il linguaggio, ma che a livelli senso-motori ne troviamo le radici nelle coordinazioni generali delle azioni (ordine, inclusioni, corrispondenze, ecc.). ma è chiaro che queste coordinazioni non costituiscono un cominciamento assoluto e che esse suppongono le coordinazioni nervose. Su questo piano, le celebri analisi di McCulloch e Pitts hanno peraltro messo in luce un isomorfismo tra le trasformazioni inerenti alla connessioni sinaptiche e gli operatori logici, senza naturalmente che questa "logica dei neuroni" contenga in anticipo quella delle proposizioni sul piano del pensiero, poiché sono necessari dagli 11 ai 12 anni di costruzioni per mezzo di astrazioni riflettenti per raggiungere questo stadio.

Resta il problema delle relazioni tra il soggetto e gli oggetti, così come quello dell'accordo sorprendente delle operazioni logico-matematiche e dell'esperienza contrassegnata dalla casualità fisica. A questo riguardo la solidarietà della psicogenesi e della biogenesi degli strumenti cognitivi sembra fornire una soluzione quasi obbligata: se l'organismo costituisce il punto di partenza del soggetto con le sue operazioni costruttive, egli resta nondimeno un oggetto fisico-chimico fra gli altri, che obbedisce alle loro leggi anche se ne aggiunge di nuove. È dunque all'interno stesso dell'organismo e non (o non solamente) attraverso il canale delle esperienze esterne che si costituisce il collegamento tra le strutture del soggetto e quelle della realtà materiale. Questo non significa affatto che il soggetto ne abbia coscienza né che comprenda la fisica vedendosi gira manualmente, mangiare, respirare, guardare o ascoltare; ma questo equivale a dire che i suoi strumenti operatori sono nati, grazie all'azione, all'interno di un sistema materiale che ha determinato le loro forme elementari. Questo non significa nemmeno che tali strumenti siano limitati in anticipo ed asserviti alla materia, poiché aprendosi sul mondo atemporale dei possibili e dell'inosservabile essi la supereranno continuamente. Ma ciò esprime il fatto che, laddove l'apriorismo era obbligato a ricorrere ad un'armonia "prestabilita" tra l'universo e il pensiero, si tratta in realtà di un'armonia "stabilita", ed anche molto progressivamente, da un processo che inizia dalle radici organiche per prolungarsi indefinitamente.







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