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LA GESTIONE DELLE VENDITE - LA FUNZIONE DI MARKETING

marketing




LA GESTIONE DELLE VENDITE


PRIMA PARTE:LA FUNZIONE DI MARKETING


CAPITOLO 1 LA GESTIONE DELLE VENDITE


Con la gestione delle vendite l'impresa fa una serie d' azioni il cui fine è di soddisfare la domanda proveniente dal mercato facendo giungere i propri prodotti e servizi fino al cliente o al consumatore finale.

In passato le aziende propendevano a orientarsi verso il prodotto in quanto i mercati erano statici, cioè costituiti da pochi mutamenti della domanda di beni da parte dei consumatori e da una scarsa omogeneità dei prodotti offerti dai diversi concorrenti. Ora sono divenuti:

Dinamici, caratterizzati da una domanda di beni sempre più differente e un'agguerrita concorrenza;



Turbolenti, dovuti all'evoluzione tecnologica in quanto permette raggiungere un'elevata occupazione e di conseguenza la necessità di collocare sul mercato più quantità di prodotti possibili, per evitare di non trovare acquirenti possibili anche per la sempre più agguerrita azion 949j97j e dei concorrenti(si parla di scarsità dei mercati); l'obbiettivo principale delle imprese è quello di soddisfare antiche e mancate esigenze dei consumatori. Con questo mercato il concetto di concorrenza si allarga anche nei bisogni di prima necessità e categorie di prodotti;

Complessi, causati dalla tendenza sempre più forte di allargare i propri confini d'operato, perché alcuni prodotti sono venduti anche in altre nazioni e anche dalla globalizzazione, ossia anche dall'abbattimento di barriere doganali e dalle rapide comunicazioni dovute alla tecnologia.

Si afferma così la necessità di fare marketing, per il quale l'impresa può ottenere vasto successo e ottenere più reddito solo soddisfando i bisogni dei consumatori(customer satisfaction). Questo tipo di approccio con i consumatori è detto mass marketing.

Oggi con l'avvento di Internet il cliente può più facilmente confrontare le diverse offerte dei produttori, i quali cercano di "mantenere" il cliente, che però può sempre rivolgersi ad un altro fornitore. Questo si definisce marketing relazionale, dove le imprese cercano di creare un rapporto di fedeltà con il consumatore attraverso il processo di fidelizzazione, cioè cercare di mettere in secondo piano il profitto ottenuto nelle vendite, che può ostacolare tale rapporto, e di mettere in fronte il coinvolgimento del cliente, di fare in modo che egli acquisti sempre suoi prodotti quando ne ha bisogno. Quando si raggiunge tale rapporto detto loyalty e porta l'impresa alcuni vantaggi:


i clienti sono meno sensibili alle azioni di concorrenza;

l'impresa gode della fedeltà quando fa nuovi prodotti e li mette sul mercato e i consumatori sono ben felici di comprare anche questo nuovo prodotto;

i suggerimenti degli stessi clienti, per impostare il proprio mercato.


Il marketing è l'insieme delle attività realizzate dalle imprese per creare una propria immagine, attraverso un'offerta di prodotti o servizi che soddisfano le esigenze dei consumatori, rendendoli fedeli.

L'attività di marketing deve decidere a chi, cosa e come vendere operando su due livelli:

Marketing strategico, cioè la definizione degli obbiettivi e delle attività necessarie per raggiungerle;

Marketing operativo, con il quale si gestiscono il prodotto, il prezzo, la comunicazione e la relativa distribuzione.


CAPITOLO 2 IL SISTEMA INFORMATIVO DI MARKETING


Quindi la soddisfazione del cliente e la conquista della sua fiducia sono gli obiettivi di un'impresa che adotta il marketing. Il problema che può sorgere è sapere esattamente cosa vuole il cliente e il comportamento delle imprese rivali. Se l'azienda dovrà lanciare un nuovo prodotto o entrare in nuovi mercati, deve avere gli elementi necessari per decidere di procedere. Occorre formare un sistema informativo di marketing, cioè una struttura che, con l'aiuto d'attrezzature, classifica, analizza e valuta le informazioni per le decisioni di marketing ed è gestita solitamente da un marketing information manager. Si rendono necessarie sia una fase analitica, per ricercare i dati e le informazioni, e una fase decisionale per valutare se le informazioni sono abbastanza per prendere una decisione. In questa fase si affrontano due tipi di problemi, cioè cosa e come analizzare. L'oggetto dell'analisi è costituito da:

Macroambiente

Microambiente

Comportamento del consumatore


L'analisi del macroambiente riguarda le tendenze in base in cui cambia la domanda. Vengono esaminate le variabili demografiche(n° della popolazione, famiglie), i dati economici(reddito, livello di occupazione), i dati sociali(stili di vita), e i dati legislativi(leggi in materia ambientale o tutela del cliente). L'analisi del microambiente reperisce informazioni riguardo la domanda, la concorrenza e la struttura della distribuzione. L'analisi della domanda persegue lo scopo di conoscere, prima delle rivali, il comportamento del consumatore in modo di disporre le informazioni per registrare i mutamenti del mercato. L'analisi della concorrenza consiste nella ricerca di informazioni riguardanti il comportamento delle aziende rivali(competitor) di quali si vuole sapere la sua quota di mercato(ammontare delle vendite rapportate con le vendite del mercato), la propria quota di mercato relativa, le caratteristiche dell'offerta e gli obiettivi dell'azienda rivale.

L'analisi della distribuzione serve infine per sfruttare al meglio le potenzialità che ogni formula di distribuzione ha da offrire.

L'analisi del comportamento del consumatore dà una risposta alle 6 tipiche domande delle 'w':

cosa viene acquistato o richiesto(what);

chi acquista(who);

dove si acquista(where);

perché si acquista(why);

come si acquista(how);

quando si acquista(when);

Dopo aver elaborato i dati, si passa allo sviluppo della strategia in base a quale segmento operare, con quali strumenti e con che obiettivi.

Segmentare significa aggiungere nuovi clienti analizzandone i modelli di consumo e acquisto, in base a criteri demografici, geografici e comportamentali. Dopo si sceglie in quale fetta di mercato si vuole 'colpire' (target) o ASA(area strategica di affari).

Gli strumenti che riguardano il prodotto, il suo prezzo la comunicazione e la distribuzione vengono raccolti in un insieme chiamato marketing mix.

L'ultima fase è controllare che gli obiettivi prefissati vengano realizzati e fare le modifiche se necessario.


CAPITOLO 3 LE FONTI INFORMATIVE


Per reperire le informazioni e i dati è necessario ricorrere al sistema delle rilevazioni contabili ed extracontabili interne all'azienda. Invece per controllare l'efficienza della distribuzione si considerano i dati riguardanti l'operato degli agenti di commercio. Tuttavia le fonti interne non sono sufficienti per conoscere i cambiamenti dell'atteggiamento dei clienti, la quota di mercato, le azioni della concorrenza ecc...e possono essere reperite tramite l'ISTAT, associazioni di categoria o in pubblicazioni specializzate. La fonte esterna più importante è la RICERCA DI MARKETING, cioè la funzione che lega un'organizzazione al suo ambiente attraverso il reperimento d'informazioni. Quindi lo scopo è quello di distribuire sufficienti dati per prendere decisioni di marketing.


CAPITOLO 4 LE RICERCHE QUANTITATIVE DI MARKETING


Le ricerche quantitative di marketing sono ricerche in cui i dati sono espressi in forma numerica, cioè valori assoluti, percentuali, proporzioni ecc..

Tuttavia non si può effettuare una ricerca sull'insieme di tutti i consumatori e potenziali di beni(' universo '), quindi si fa riferimento ad una piccola parte detta CAMPIONE. Le ricerche possono differenziarsi in base all'arco di tempo nel quale si può esaminare un campione. Si distinguono in:

ricerche puntuali, che si riferiscono a un particolare momento;

ricerche continuative, cioè ricerche continue per ottenere la precisa variazione del comportamento del consumatore.

Le ricerche puntuali avvengono tramite:

interviste(questionario);

indagine telefonica;

sondaggio postale;

esperimento(test market).

Le ricerche continuative avvengono per:

panel di consumatori;

inventari di negozi.


CAPITOLO 5 LE RICERCHE QUALITATIVE DI MARKETING


Le ricerche qualitative di marketing sono ricerche in cui le informazioni non sono numerici, in quanto il loro scopo è la comprensione di un problema. Queste ricerche sono solitamente effettuate basandosi su campioni ridotti(20 persone), e sono condotte da un personale altamente selezionato, come psicologi e sociologi, per individuare le motivazioni del cambiamento di comportamento dei clienti. I metodi più usati sono:

riunirsi in un focus group, composto da 8-12 persone che esprimono la propria opinione e criticano quelle altrui per quanto riguarda vari punti della ricerca;

ricerche psicografiche, cioè si opera una segmentazione della popolazione in base a un criterio per stili di vita.


CAPITOLO 6 IL DIRECT MARKETING E IL DATABASE MARKETING


Il direct marketing è una tecnica INTERATTIVA che viene applicata per avvicinare nuovi clienti offrendo loro prodotti e servizi, suscitando REAZIONI misurabili tramite appositi strumenti(n° verde), raccogliendo ordini e attuando quindi una strategia di MARKETING PERSONALIZZATO tutelando la privacy.


E' interattiva perché si modifica in base al target a cui è rivolto, cioè riformulare l'offerta in caso di ribellione del cliente. Permette anche di personalizzare il marketing con alcuni strumenti, come mezzi tematici(internet, e-mail), campagne postali(ordine, lettera personalizzata, pieghevole illustrato), cataloghi e telefonate(telemarketing).

Il ricorso sempre più diffuso al direct marketing è dovuto a:

necessità di essere diversi rispetto ai concorrenti;

difficoltà di avere nuovi clienti;

necessità di conservare vecchi clienti;

mezzi di comunicazione interattivi e segmentati.


Per gestire bene il direct marketing occorre creare un database marketing, ossia una raccolta di dati sui clienti attuali e potenziali e permette l'analisi strategica e la scelta immediata per l'attività di marketing.

CAPITOLO 7 IL PIANO DI MARKETING


Gli elementi raccolti tramite le indagini interne ed esterne, quantitative e qualitative costituiscono la base per decidere in materia di marketing e si può stendere il PIANO DI MARKETING, cioè quando il management stabilisce gli obiettivi finali e come raggiungerli. Gli obiettivi fissati nel piano di marketing possono essere strategici e operativi. Gli obiettivi strategici sono formulati in base a:

quali clienti soddisfare e che mercato colpire(target);

con quale offerta affrontare la concorrenza.

Una prima strategia è il marketing indifferenziato, con il quale si decide di operare su tutto il mercato con un unico prodotto. La strategia del marketing concentrato prefissa una segmentazione del mercato e l'impresa decide di operare in una piccola parte. Attraverso invece la strategia di marketing differenziato si opera sull'intero mercato ma con più prodotti. Poi c'è il marketing personalizzato, cioè offrire alla clientela beni sempre più vicini alle loro esigenze. La strategia è chiamata anche 'one to one'. Infine c'è la strategia di nicchia, dove le piccole imprese si specializzano in una piccola parte di mercato(nicchia), dove traggono numerosi vantaggi. Se opera su più parti, si parla di nicchia multipla. Oltre a ciò, bisogna anche esaminare la concorrenza, ricorrere quindi alla nuova metodologia chiamata benchmarketing.

Sulla base dei risultati, si adottano strategie di difesa e offesa. Con le strategie di difesa, l'impresa oppone resistenza alle aggressioni delle imprese concorrenti. Gli atteggiamenti dell'impresa possono essere:

passivo, cioè tenere inalterata la propria offerta;

preventivo, cioè dissuadere gli avversari a prendere iniziative;

reattivo, rispondere alle iniziative della concorrenza.

Con quelle di offesa l'impresa cerca di aumentare la propria quota di mercato lanciando nuovi prodotti, ed è frontale se si agisce sullo stesso mercato delle concorrenti, e indiretto se opera su altri segmenti.


CAPITOLO 8 LE STRATEGIE DI INTERNET MARKETING


Con l'internet marketing si conseguono gli obiettivi del marketing utilizzando Internet e i suoi strumenti.

L'approccio può avvenire:

con la new economy, cioè agire solo sulla rete;

sia su Internet, sia tradizionalmente;

strategicamente, seguendo il marketing.

Per cominciare a utilizzare Internet, è necessaria la creazione di un sito, che può essere:

di e-commerce, vendita on line e attività di direct marketing;

catalogo, che riporta l'intero assortimento di prodotti e consente anche la vendita;

promozionale, cioè di semplice presentazione dell'azienda.

Se l'impresa decide di operare su Internet deve anche porsi due domande, cioè se le vendite si sostituiranno o si aggiungeranno alle vendite già esistenti e se i prodotti sono vendibili on-line.


CAPITOLO 9 : LA QUALITA' TOTALE


L'impresa orientata nel marketing deve perseguire una politica di qualità totale, riferendosi a tutto il complesso dell'azienda. Inizialmente si pensava alla qualità come eliminazione dei prezzi difettosi, prevenzione dei difetti di produzione, fabbricazioni di prodotti affidabili nel tempo, soddisfacimento della clientela. Poi si è eventualmente allargato come raggiungimento dell'eccellenza dell'impresa nel mercato, che si esprime al meglio con l'immagine aziendale. Quindi il marchio di qualità è un segno distintivo che viene posto sul prodotto per garantire al cliente che il bene rispetta specifiche norme emanate da organismi riconosciuti e che l'azienda è sottoposta a periodici controlli.


SECONDA PARTE. IL MARKETING-MIX : PRODOTTO, PREZZO, COMUNICAZIONE.


CAPITOLO 1 : IL CONCETTO DI PRODOTTO


Il prodotto è tutto quello che viene offerto ai consumatori per soddisfare i loro bisogni. Oltre a questo, si possono dare al termine prodotto altri significati:

prodotto generico, cioè l'oggetto in sé, formato da materiali aggregati tra loro;

prodotto atteso, tutti quei beni che aggiunti al prodotto ne aumentano l'utilità e che il consumatore ' attende ' quando lo deve acquistare;

prodotto potenziale, che include la possibilità di futuri impieghi del prodotto;

prodotto utilità, che si riferisce a ciò che può svolgere e il vantaggio che si trae dal suo utilizzo.

In base alle abitudini del consumatore, si hanno 2 tipi di prodotto:

prodotto grocery, cioè beni di largo consumo e acquistati spesso e per lo più a IMPULSO, cioè senza vedere quali sono i vantaggi offerti da esso, perché già noti al consumatore;

prodotto non grocery, acquistato con minore frequenza e meno utilizzati. Il consumatore, prima di acquistarli, pone attenzione al rapporto qualità prezzo e alle differenze di quest'ultimo.

La gestione del prodotto si articoli di diversi tipi, con differenti versioni, prestazioni, marca ecc.. Si distingue perciò l'assortimento, la linea e la marca. L'assortimento è l'insieme di tutti i prodotti che l'azienda pone sul mercato. La linea è un insieme di prodotti dello stesso utilizzo, di stessi bisogni soddisfatti, consumatori serviti e canali di distribuzione utilizzati. Il primo è misurato in base all'ampiezza(data dal numero di linee offerte) e profondità (n° di varianti di ciascun prodotto). Importante è la marca (brand), che è costituita dal nome del prodotto dell'azienda ed è caratterizzata da design scelti e da altri simboli visivi, che trasmettono affidabilità, qualità e fedeltà verso la clientela. Può essere riferita a:

a prodotti simili, ma della stessa linea;

a prodotti diversi ma della stessa linea;

a prodotti diversi di linee diverse.


CAPITOLO 2 IL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO


Le vendite di un bene nel mercato seguono un andamento chiamato ciclo di vita del prodotto e si suddivide in diverse fasi:


LANCIO: dopo che il prodotto viene progettato e realizzato, viene lanciato sul mercato. Chi lo acquista è detto pioniere e la strategia di marketing è spingere gli altri consumatori a comprarlo.

ESPANSIONE: aumento delle vendite e dei profitti; la concorrenza perde iniziative e la strategia è far preferire il prodotto ad altri;

MATURITA': la quota di mercato è stata acquisita e le vendite rallentano per i sempre meno pionieri; i profitti diminuiscono e la concorrenza si fa più agguerrita. Le strategie da usare sono ridurre i prezzi, differenziare il prodotto e fare più pubblicità e offerte;

SATURAZIONE: le vendite rallentano e toccano il massimo livello; la guerra dei prezzi si fa più forte e si fanno molti sconti. Riduzione dei profitti e aumento delle perdite;

DECLINO: le vendite diminuiscono e i clienti comprano prodotti sostitutivi;

RITIRO O REVITALIZZAZIONE: l'impresa ritira dal mercato il prodotto, ma se ci sono possibili nuove innovazioni, si riparte dall'espansione.


CAPITOLO 3 LE STRATEGIE DI PRODOTTO


Le scelte strategiche riguardo il prodotto sono le seguenti:

Posizionamento e lancio

Gestione

Eliminazione.


Attraverso il posizionamento l'impresa attribuisce a un prodotto il proprio ruolo che deve svolgere sul mercato-obiettivo prescelto e nell'assortimento aziendale. Ecco i diversi tipi di posizionamenti:

Posizionamento per attributi: si individuano uno o più attributi che differenziano il prodotto rispetto a quelli della concorrenza. Gli attributi sono prezzo, marca e caratteristiche prestigiose.

Posizionamento per occasioni d'uso: associa il bene a una specifica modalità di utilizzazione o al tipo di utilizzatore;

Posizionamento per classe di prodotti: è finalizzato a distinguere diverse tipologie omogenee di beni che però presentano alcune differenze qualitative.

Gestione del prodotto: visto che i prodotti hanno un proprio ciclo di vita deve spingere il management ad attuare continue verifiche sul proprio portafoglio prodotti al fine di valutare l'assortimento per affrontare le sfide di concorrenza e di soddisfare le mutevoli esigenze del mercato.



Eliminazione del prodotto: quando un prodotto è giunto alla fine del ciclo di vita l'impresa decide di toglierlo dall'assortimento aziendale.


Le normative emanate per tutelare alcuni prodotti, possono influenzare le strategie delle imprese. Un regolamento comunitario ha introdotto due marchi importanti:

Il marchio DOP (denominazione d'origine protetta);

Il marchio IGP (indicazione geografica protetta).

Il DOP indica un legame stretto con il territorio d'origine del prodotto, sul quale deve svolgersi tutta la lavorazione. Il marchio IGP fa invece riferimento a un legame meno intenso, in quanto deve svolgersi solo una fase produttiva localizzata in una specifica zona, con la doppia tutela, del produttore che non subisce concorrenza e del cliente a cui viene garantita la provenienza del prodotto. Il riconoscimento può essere ottenuto tramite richiesta a Bruxelles all'Unione Europea.


CAPITOLO 4 LA POLITICA DI PREZZO


Il prezzo che il consumatore è disposto a pagare per avere un determinato bene è il valore che si attribuisce a quel bene.

Il prezzo però è un elemento differente rispetto agli altri componenti del marketing-mix perché la singola azienda non è del tutto libera per decidere il prezzo per le reazioni dell'ambiente esterno. Si parla quindi di impresa price-maker se l'impresa è in grado di fissare un prezzo ai consumatori e di imprese price-taker che invece devono tener conto della pressione della concorrenza.

Una tecnica molto praticata per la fissazione dei prezzi di vendita è quella del ricarico cioè la differenza tra il prezzo di vendita e il costo unitario del prodotto che viene espressa in forma percentuale.

La percentuale che viene aggiunta al costo unitario può essere calcolata sia sullo stesso costo primo o sul prezzo di vendita. La metodologia di determinazione del prezzo di vendita per via matematica è solo un punto di partenza, e il prezzo dovrà essere determinato tenendo conto della strategia di marketing prefissata.

Il pricing è il processo di fissazione del prezzo attuato dall'impresa in base alle proprie scelte di marketing-mix. La politica deve essere attuata in modo da rispettare il lancio del prodotto.

Gli obiettivi della politica di prezzo:

Penetrazione del mercato: l'impresa fissa un pezzo relativamente basso al fine di stimolare la domanda e d'acquisire una buona quota di mercato.

Scrematura del mercato: vengono cioè fissati prezzi elevati se una parte della domanda attribuisce al prodotto un valore specifico

Promozione prodotti: viene proposto un prezzo basso a un prodotto già affermato attirando così una maggior quota di consumatori disposti a comprare sia quel bene sia gli altri beni dell'assortimento aziendale.

La politica dei prezzi multipli è da attuare con l'applicazione di prezzi diversificati per dei prodotti che sono differenti tra loro solo per piccoli elementi secondari, mentre se attua una politica dei prezzi stagionali deve dividere i prodotti secondo il periodo dell'anno: un esempio sono le vendite promozionali o fine stagione o di fuori stagione.


CAPITOLO 5 LA COMUNICAZIONE COMMERCIALE


La comunicazione commerciale è legata con tutte gli altri elementi fondamentali del marketing-mix. Infatti, il prodotto soddisfa le esigenze del mercato, il prezzo è il valore del prodotto e la distribuzione lo rende sempre disponibile nei diversi punti vendita. La comunicazione commerciale serve per far sapere ai consumatori che quel determinato prodotto è sul mercato e per cercare di convincerli a comprarlo, preferendolo ad altri. Il processo inizia con un flusso di andata proveniente da una fonte, che sviluppa un messaggio codificato e lo invia ad una canale che lo trasmette al target(es: pubblicità) che costituisce il destinatario del messaggio. Se esso è di facile comprensione, è efficiente. Per l'impresa è molto importante la risposta del target che se è immediata è di tipo quantitativa, se invece è qualitativa si useranno le varie ricerche di marketing per valutare il flusso. Le attività di comunicazione commerciale sono costituite da alcune leve comunicazionali che vengono assemblate per dar vita a un piano comunicazionale. Le quattro leve più importanti sono la pubblicità, il direct marketing, l'attività promozionale e le relazioni esterne.


CAPITOLO 6 LA PUBBLICITA'


La pubblicità è l'insieme delle iniziative che mirano a promuovere l'attività di un'impresa, raggiungendo i potenziali clienti senza contattarli direttamente, ma attuando una comunicazione impersonale


Esistono due tipi di pubblicità, quella prodotto che promuove un singolo o una linea di beni, e l'istituzionale che rafforza l'immagine dell'impresa. La pubblicità viene usata per determinare nei comportamenti del cliente alcuni effetti:

Informare: deve fornire al mercato un messaggio informativo sul prodotto e sulle caratteristiche che lo differenziano dai prodotti concorrenti;

Convincere: può anche essere utilizzata per lanciare un nuovo prodotto e per convincere il consumatore a provarlo o a mantenersi fedele verso la marca;

Ricordare: la pubblicità può servire anche come pubblicità di sostegno, ricordando appunto continuamente al pubblico un nuovo singolo prodotto o un'intera gamma. Ci sono vari esempi, come la informativa istituzionale, di ricordo istituzionale, di prodotto con obiettivo di convincere e l'informativa di prodotto.


CAPITOLO 7 IL PIANO DI COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA


L'impresa deve dunque prima fissare gli obiettivi che si propone di raggiungere con una campagna pubblicitaria e una volta fissati deve stendere un piano di comunicazione che si articola così:

Fissazione del budget pubblicitario;

Obiettivi del target audience;

Obiettivi di comunicazione;

Strategia di messaggio e di canale;

Verifica dell'efficacia della pubblicità.

Fissazione del budget pubblicitario: è la somma che dovrà essere investita in pubblicità e può essere determinato con:

Metodo della percentuale sulle vendite: viene stabilito in una percentuale fissa delle vendite realizzate nell'anno precedente;

Metodo del confronto competitivo: viene fissato in rapporto agli investimenti dei concorrenti;

Metodo delle risorse disponibili: è stabilito in base all'importo effettivamente disponibile;

Metodo degli obiettivi da realizzare: è deciso in base agli obiettivi che l'impresa ha deciso di conseguire con il marketing.

In ogni caso, bisogna tener conto di:

Capacità produttiva, perché se lo stanziamento è troppo elevato potrebbe determinare una domanda più elevata della potenzialità produttiva;

Capacità finanziaria, perché lo stanziamento non deve alterare l'equilibrio finanziario aziendale.

Target audience: quando si determina il budget, il passo successivo è stabilire gli obiettivi di target audience. Con esso si definisce lo specifico segmento di mercato che si estende raggiungere con il messaggio pubblicitario.

Obiettivi di comunicazione: essi riguardano il tipo di reazione che si vuole stimolare nei destinatari del messaggio pubblicitario: conoscenza, atteggiamento e comportamento.

Strategie di messaggio: il messaggio da inviare al pubblico dei potenziali consumatori deve essere ideato in modo da determinare la maggior efficacia nell'azione pubblicitaria. Il vantaggio proposto al consumatore consiste nella promessa di base che viene formulata al consumatore e otterrà un beneficio merceologico, funzionale e valoriale. L'argomento prova con la promessa di base ha lo scopo di rendere credibile la promessa stessa. La modalità di presentazione del vantaggio e dell'argomento prova consiste nel tono del messaggio che può essere scientifico, umoristico, sofisticato, informativo.. Il messaggio deve essere poi comprensibile, espresso in un linguaggio che si comprende facilmente. Poi c'è il tema di fondo, che deve essere tenuto per un tempo abbastanza lungo.


Strategie di canale: i canali di comunicazione sono gli strumenti attraverso i quali il pubblico riceve il messaggio pubblicitario. I principali canali sono: la stampa, la televisione, Internet, radio e affissioni, altri mezzi(tecniche di direct marketing, la pubblicità sugli orari ferroviari, sugli elenchi telefonici ecc). Una volta selezionato il mezzo, occorre stabilire i veicoli, cioè i quotidiani o i periodici, la fascia oraria e così via. I vari veicoli prescelti devono essere combinati nel piano dei mezzi e devono raggiungere il n° esatto di esposizioni, che è il risultato del prodotto dei contatti per la frequenza.


Efficacia della pubblicità: una volta impostata la pubblicità, occorre verificarne l'efficacia, con una misurazione preventiva attraverso ricerche qualitative di marketing. Le reazioni al messaggio daranno dati utili sulla comprensibilità del testo e sulla gradevolezza del messaggio, o con una misurazione consuntiva che riguarda le ricerche quantitative di marketing.


La pubblicità comparativa è quella che identifica implicitamente o esplicitamente un concorrente o i beni offerti da quest'ultimo, con lo scopo di illustrare tecnicamente caratteristiche dei prodotti pubblicizzati.

Una pubblicità per essere definita comparativa se ha i seguenti requisiti:

Se il prodotto è messo a confronto con altri prodotti concorrenti;

Se la comparazione riguarda uno o più attributi del bene.

Può inoltre essere indiretta e diretta. Nella pubblicità comparativa indiretta i concorrenti e i loro beni non sono nominati esplicitamente ed è utilizzabile solo nelle seguenti ipotesi:

L'impresa paragona il bene ad altre categorie di prodotti concorrenti;

L'impresa paragona il proprio prodotto ad altri prodotti della stessa categoria, ma di tipo diverso.

Se la pubblicità utilizza frasi esagerate e non confermate da prestazioni del prodotto(puffery)

Nella pubblicità comparativa diretta si deve rispondere ad alcuni requisiti posti dalla direttiva europea, tra cui:

Non deve essere ingannevole né causare denigrazioni di altri prodotti o concorrenti;

Deve confrontare caratteristiche fondamentali in maniera obiettiva;

Deve confrontare prodotti che soddisfino gli stessi bisogni;

Se si pubblicizzano offerte speciali bisogna dichiarare la data di inizio e la data di fine dell'offerta.

Un regolamento comunitario ha definito poi le norme per quanto concerne le pubblicità occulte e deve far capire a chi guarda che il messaggio è di tipo pubblicitario. In particolare:

Deve essere chiaro il passaggio da programma a pubblicità;

Il conduttore non può essere testimonial della pubblicità;

Gli spot e le televendite esterne sono un'eccezione;

Durante le partite sportive la pubblicità va messa in onda solo durante le pause;

Sono vietati gli spot durante i cartoni animati di durata inferiore ai 30 minuti.


CAPITOLO 8 I SOGGETTI DEL MERCATO PUBBLICITARIO


Non sempre le imprese che vogliono pubblicizzare i propri prodotti sono in grado di farsi pubblicità da soli e quindi ricorrono alle organizzazioni del mercato pubblicitario. Le aziende che ricorrono alla pubblicità sono detti utenti e si avvalgono di agenzie di pubblicità e delle concessionarie di pubblicità.

Le agenzie di pubblicità sono organismi altamente specializzati nella pubblicità e nel marketing e creano campagne per conto dell'impresa che affidano il proprio budget pubblicitario.

Le concessionarie di pubblicità sono intermediari che operano nel mercato pubblicitario come portatrici dell'offerta di spazi e tempi pubblicitari.


LA STRUTTURA DEL MERCATO PUBBLICITARIO



CAPITOLO 9 L'ATTIVITA' PROMOZIONALE


L'attività promozionale è uno degli strumenti della comunicazione commerciale che si prefissa di raggiungere determinati obiettivi offrendo ai consumatori dei vantaggi supplementari rispetto alle normali condizioni di vendita.

Ecco le più importanti:

Concorsi: il vantaggio è costituito dal valore del premio e della partecipazione al gioco che può gratificare il cliente coinvolgendolo e divertendolo. Gli scopi  sono diffondere la notorietà del prodotto, attirare nuova clientela e instaurare fiducia con loro;

Raccolta punti: è il raggiungimento di un premio tramite una raccolta punti da applicare su tessere. L'obiettivo principale è il convincimento del cliente a ricomprare il prodotto;

Sampling: permette al cliente di provare un prodotto già esistente o di nuova invenzione e gli scopi sono introdurre un nuovo prodotto o incentivarne uno vecchio;

Vendite abbinate: è la vendita di due o più prodotti nella stessa confezione. Gli scopi sono: indurre alla prima prova incentivare il consumo di prodotti già esistenti abbinandolo a uno nuovo;

Formato speciale: viene offerto un prodotto in una confezione più grande rispetto al normale per premiare i consumatori abituali o spingere a un più largo consumo.

Buono sconto(coupon): fa usufruire di una riduzione di prezzo utilizzando dei tagliandi o le prove d'acquisto. Scopi sono attrarre nuovi clienti e anticipare gli acquisti;

Taglio di prezzo o sconto: è una riduzione di prezzo tramite campagne di prezzo che possono essere routinarie,   tematiche, occasionali o extra calendario. Lo scopo principale è di velocizzare il consumo;

3x2 o 4x2: sono promozioni di prezzo realizzate attraverso il regalo di una o più confezioni e conseguono un'accelerazione di consumi, incentivare la prima prova e spingere ad acquistare beni di basso consumo;

Esposizioni preferenziali: si valorizza un prodotto tramite un'esposizione o degli appositi cartelli. Scopi sono acquisire spazi interni ai punti vendita, favorire gli acquisti d'impulso e stimolare una campagna pubblicitaria.


CAPITOLO 10 LE RELAZIONI ESTERNE


Le relazioni esterne consistono in forme di comunicazione orientate a far conoscere l'impresa e i suoi prodotti, a rafforzare la sua immagine, a costruirsi una propria personalità e migliorare i rapporti con l'esterno.

Tra le più importanti forme ricordiamo la sponsorizzazione, una tecnica con la quale l'impresa detta sponsor ottiene che il proprio marchio venga pubblicizzato da enti che svolgono attività culturali, sportive o di spettacolo seguite dal pubblico. Ecco alcuni tipi di sponsorizzazioni:

Le promosponsorizzazioni, fatte durante programmi televisivi o radiofonici;

Gli articoli 'promoredazionali' su giornali e riviste;

Le sponsorizzazioni in forma associata che riguardano manifestazioni di grande importanza.

Un altro tipo di relazione esterna sono le pubbliche relazioni, che consistono in un insieme di attività svolte per assicurarsi la simpatia del pubblico con cui l'impresa interagisce. Gli strumenti utilizzati sono le pubblicazioni culturali e artistiche, conferenze e congressi e fare pubblicazioni sull'attività dell'impresa.


TERZA PARTE: IL MARKTING - MIX E LA DISTRIBUZIONE


CAPITOLO 1 LA POLITICA DISTRIBUTIVA


Si parla di apparato distributivo per descrivere l'insieme di tutti quelli che partecipano alla distribuzione. La prima categoria che fa parte di questo apparato è rappresentata dalle imprese agricole e industriali. La seconda categoria è rappresentata dalle imprese commerciali che operano attraverso imprese di produzione indiretta e le effettuano in senso economico per accrescere l'utilità dei beni. Per quanto riguarda le imprese di produzione diretta la complessità del mercato fa divenire indispensabile la via più efficiente per far giungere i beni al consumatore finale o intermedio. Questo implica ad adottare una politica distributiva, che consiste in un numero di scelte di marketing riguardanti canali di distribuzione e il numero e i tipi di intermediari commerciali da utilizzare per raggiungere determinati obiettivi di vendita.


CAPITOLO 2 I CANALI DI DISTRIBUZIONE TRADIZIONALI


Il canale di distribuzione è il percorso tecnico - economico che i beni compiono dal produttore al consumatore finale. Infatti i soggetti che intervengono nel percorso svolgono tre funzioni fondamentali:

Trasferimento fisico nello spazio, cioè il trasporto dai luoghi di produzione;

Trasferimento temporale, cioè la rivendita in futuro della merce trasferita;

Trasferimento economico, cioè l'effettuare passaggi di proprietà da un soggetto all'altro.

A seconda del percorso che i beni seguono dal produttore al consumatore, i canali si dividono in diretto, corto e lungo.

Il canale diretto produttore - consumatore è quello che collega direttamente i produttori con gli utilizzatori finali. Può essere attivato tramite negozi e filiali, solo nel caso in cui l'impresa produca un vasto assortimento di beni che li propone al consumatore, vendite a domicilio,  che si fanno nei campi degli elettrodomestici, alimentari, libri, vestiario ed è poco diffusa per l'alto costo da sostenere, le vendite mediante cataloghi, che sono praticate da alcune imprese che inviano i loro cataloghi ai potenziali clienti e tramite le reti telematiche, come Internet, E-mail, telefono e fax.

Il canale corto produttore - dettagliante - consumatore è quello che prevede un unico intermediario(il dettagliante) per far arrivare i beni ai clienti. Esso rappresenta il canale fondamentale, soprattutto per i beni di largo consumo ed è utilizzato da azienda medio - grandi e presuppone un elevato numero di venditori per raggiungere la clientela, un apparato amministrativo in grado di gestirla e una notevole forza di contatto.

Il canale lungo produttore - grossista - dettagliante - consumatore prevede invece anche l'inserimento del secondo intermediario(il grossista), per far giungere i beni al pubblico. E' utilizzato per i tessuti, la carta, prodotti agricoli e manufatti e di solito non sono di marca.

Tutti i canali poi assumono delle strutture più complesse con l'inserimento di agenti di commercio o ausiliari.


CAPITOLO 3 LA SCELTA DEL CANALE DI DISTRIBUZIONE




La politica della distribuzione comporta una scelta del canale di distribuzione. I vincoli per tale scelta sono:

Per quanto riguarda i beni strumentali il canale più utilizzato è quello diretto perché per la vendita di tali beni occorre un'assistenza tecnica che viene fornita dallo stesso fornitore. Per i beni di consumo i fattori di cui tenere conto sono diversi:

Deperibilità dei beni, infatti se i beni sono facilmente deperibili si preferisce un canale corto;

Vastità dell'assortimento, che se è vasto si preferisce il canale corto mentre se è limitato si preferisce rivolgersi al grossista;

Complessità dei prodotti, infatti più il prodotto è complesso più l'agente deve essere preparato a presentarlo al pubblico e a volte si preferisce il canale diretto;

Caratteristiche del sistema distributivo, più il sistema è complesso, più lungo deve essere il canale distributivo.

Per quanto riguarda il numero di intermediari si possono avere tre tipi di distribuzione:

Intensiva, che tende a ottenere il massimo grado di copertura del mercato, sfruttando gran parte della domanda. In altri casi si utilizzano più canali per rispettare le singole esigenze di ciascun segmento di mercato.

Selettiva, che si rivolge a un target specifico;

Esclusiva, che implica la scelta di pochi intermediari che riceve i beni nella sua determinata zona.


CAPITOLO 4 IL TRADE MARKETING


Dopo aver effettuato le scelte per il canale da usare, bisogna guadagnarsi la collaborazione degli altri intermediari. Al pubblico deve essere offerta un prodotto che presenta sempre più innovazioni rispetto ai vecchi prodotti e occorre anche conquistare la distribuzione che, in caso di rifiuto, farebbe crollare la quota di mercato. I vantaggi del prodotto devono apparire interessanti sia al pubblico sia agli intermediari scelti.

Il trade marketing è l'insieme delle strategie e delle attività che i produttori realizzano per gestire al meglio i rapporti con la clientela e con i canali di distribuzione. L'area di attività per il trade marketing si riferisce sul portafoglio prodotti e su tutte le leve del marketing - mix e porta a valorizzare una serie di servizi a favore del distributore. In questo caso si parla di trade marketing - mix. Tra le forme di trade marketing - mix rientra il merchandising, che consiste in un insieme di tecniche comunicative messe in atto dal distributore e dal produttore per sollecitare il consumatore a comportarsi in un determinato modo quando entrano in un punto vendita. Infatti i consumatori non hanno ancora preso una decisione se comprare o no un determinato prodotto e vanno stimolati. Alcuni strumenti per il merchandising sono:

Il layout delle attrezzature, che consiste nel risolvere i problemi riguardanti lo spazio da riservare ai reparti vari, alla disposizione delle attrezzature e il percorso della clientela;

Il layout merceologico affronta i problemi dello spostamento delle merci nel punto vendita che deve consentire alti ricavi;

Il display, con il quale si indicano i criteri per la modalità d'esposizione delle linee dei prodotti di una data categoria.


CAPITOLO 5 L'APPARATO DISTRIBUTIVO ITALIANO


Le scelte riguardanti la distribuzione devono tener conto delle caratteristiche del sistema distributivo italiano e due fattori, la concentrazione degli intermediari e le tipologie di distributori nel nostro paese. L'apparato distributivo al dettaglio risulta molto polverizzato, cioè frammentato in un numero eccessivo di negozi, per lo più a conduzione familiare o di modeste dimensioni. Fare la polverizzazione del commercio al dettaglio porta a:

Per le dimensioni ridotte del negozio, il dettagliante offre al consumatore assortimenti limitati;

Per ogni negozio c'è un basso numero di clienti, a causa della frazionamento della domanda.

Quindi il negoziante deve effettuare forti ricarichi e aumentare i prezzi per coprire i prezzi gestionali, molti dei quali fissi. Un altro elemento cui le imprese devono considerare è costituito dalle diverse tipologie di distribuzione in base ad ampiezza spazio e service distributivo. Si parla pertanto di formula distributiva per indicare le tecniche operative e gestionali che caratterizzano le diverse tipologie d'impresa. Queste tecniche consistono nel service distributivo, cioè il mix punto assortimento - punto vendita - metodi di vendita.



CAPITOLO 6 LE FORMULE DISTRIBUTIVE ALL'INGROSSO


Le formule distributive all'ingrosso acquistano merci dai produttori e le  rivendono, in partite molto larghe, alle imprese industriali o a particolari utilizzatori. I grossisti si dividono in:

Grossisti inter industriali, se acquistano dalle fonti originarie della produzione per rivenderle alle industrie;

Grossisti distributori, se acquistano beni di consumo immediato o durevole dai produttori per rivenderli ai dettaglianti.

La funzione delle imprese grossiste è importante per il frazionamento di grandi quantità di merci, il magazzinaggio, la raccolta e l'erogazione a produttori d'informazioni sull'andamento del mercato. Tra le varie formule si impone su tutte le altre quella dei grossisti a libero servizio(cash and carry), che sono grandi punti vendita a servizio libero, localizzate in aree vicine alla città, riservate ai dettaglianti in possesso di un particolare tesserino di riconoscimento con i loro dati personali e la partita IVA.

L'evoluzione dell'attività all'ingrosso ha portato alla creazione di centri commerciali all'ingrosso, che consistono in grandi strutture dotate di grandi posti di raccolta, deposito e smistamento merci. Si distinguono in:

Centri mono merceologici se le imprese fanno parte di un unico settore;

Centri pluri merceologici se appartengono a più settori.


CAPITOLO 7 LE FORMULE DISTRIBUTIVE AL DETTAGLIO


Le imprese commerciali al dettaglio acquistano le merci dai produttori o dai grossisti e le rivendono ai consumatori finali.

In base al primo elemento del service distributivo, cioè l'assortimento, è possibile distinguere i punti vendita in:

Specializzati, che offrono al pubblico poche linee di prodotti caratterizzate da un elevato numero per ogni linea;

Despecializzati, presentano assortimento molto ampi con linee di prodotti non varie;

Multispecializzati: costituiscono una variante dei specializzati.

In base al punto vendita si distinguono in piccole e grandi superfici di vendita.

Per superficie di vendita s'intende l'area specificamente destinata all'attività di vendita, compresa quella da banchi scaffali, con esclusione della superficie destinata a magazzini, depositi, locali e uffici.

In base a metodi e tecniche di vendita si distinguono in:

I negozi in pieno servizio, caratterizzati dai consigli d'acquisto del personale di vendita, dalla possibilità di effettuare ordinazioni telefoniche e di avere la consegna a domicilio.

I negozi a libero servizio, nei quali prevale il lavoro dipendente e la vendita si esegue a self service oppure secondo schemi non fondati su un rapporto personale.

Considerando tutti gli elementi si distinguono il piccolo dettaglio tradizionale e la grande distribuzione.

Il piccolo dettaglio tradizionale è rappresentato da imprese specializzate, con limitato assortimento, di dimensioni ridotte , generalmente in forma d'impresa individuale o familiare, a pieno servizio.

La grande distribuzione è rappresentata invece da imprese che propongono grandi assortimenti di merci differenziate, che operano in strutture d'ampia dimensione e praticano tecniche di vendita avanzate.


CAPITOLO 8 LA GRANDE DISTRIBUZIONE ORGANIZZATA


I centri commerciali al dettaglio sono medie o grandi strutture di vendita formate da grandi gruppi di imprese al dettaglio che devono avere le seguenti caratteristiche:

Deve essere formato almeno da 10 esercizi;

Devono essere presenti parcheggio, infrastrutture e servizi comuni;

La gestione deve essere unitaria per ciascuna società;

Il 40% della superficie del centro deve essere destinato a esercizi specializzati;

Devono essere integrate attività paracommerciali ed extracommerciali.

Un'altra formula distributiva in grande aumento è il convenience store, un punto vendita abbinati alle stazioni di servizio con assortimenti ampi e profondi, dai beni d'emergenza a beni d'impulso.

Si stanno diffondendo anche i superstore, che hanno le stesse caratteristiche degli ipermercati, ma con referenza ai generi alimentari.


CAPITOLO 9 IL COMMERCIO ELETTRONICO


Il commercio elettronico è l'insieme di transazioni tematiche relative la cessione di beni o alla prestazione di servizi.

In base ai mercati in cui si opera, può essere:

Business to business: imprese che operano con altre imprese;

Business to consumer: imprese che operano con i consumatori.

Il primo consente di entrare in contatto per scambiare prodotti e servizi. Sono nate per questo le reti Intranet, che sfruttano la tecnologia di Internet per collegare le unità elaborative di ciascun impresa tra loro e con Internet.

Lo sviluppo di queste piattaforme può consentire anche:

La riduzione dei tempi tra l'ordine e l'arrivo della merce;

Ottenimento di economie di scala negli acquisti.

Il secondo è un vero e proprio canale diretto con il consumatore che acquista i prodotti in negozi virtuali aperti tutto il giorno.

L'attivazione di un business to consumer porta però alcuni princìpi da seguire:

Segmentare il mercato e dare a ciascun segmento una parte di sito;

Considerare l'e-commerce come parte integrante della distribuzione;

Progettare nuovi prodotti per i consumatori on line;

Condividere con altre imprese le informazioni sui propri prodotti;

Utilizzare i canali di comunicazione tradizionali per far conoscere il proprio sito web;

Riprogettare la logistica e la produzione al fine di soddisfare prontamente gli ordini della clientela.


CAPITOLO 10 IL DETTAGLIO ASSOCIATO


Con le forme associative i dettaglianti sviluppano una collaborazione economica che consenta il miglioramento dell'efficienza e della redditività. Sono:

Le unioni grossisti - dettaglianti, che consistono nel collegamento stabile di numerosi commercianti al dettaglio con un'impresa grossista che effettua gli acquisti dal produttore;

I gruppi locali d'acquisto, che sono forme di cooperazione che i dettaglianti spontaneamente fanno con l'unico scopo di effettuare acquisti a basso prezzo.

Le cooperative tra i dettaglianti hanno anch'esse l'obiettivo di comprimere i prezzi d'acquisto;

Il franchising, che è un accordo di collaborazione continuativa con il quale un imprenditore(franchisor o affiliante), concede a un altro imprenditore(franchisee o affiliato) di vendere i propri prodotti utilizzando i propri segni distintivi.

Il franchising deve prevedere tre elementi fondamentali:

L'immagine di marca, che si realizza con i segni distintivi dell'affiliante;

Il know - how, le conoscenze che l'affiliante deve comunicare all'affiliato;

L'assistenza dell'affiliante a favore dell'affiliato, che può riguardare l'amministrazione, il settore operativo, la gestione e la pubblicità.

I vantaggi del franchising sono:

L'affiliante può costituire una struttura di vendita senza investire capitali direttamente;

L'affiliato beneficia della notorietà del marchio sotto il quale opera;

Il consumatore può attendersi di trovare nei negozi gli stessi prodotti e servizi agli stessi prezzi e modalità di vendita.


CAPITOLO 11 LA SCELTA DELLA FORMULA DISTRIBUTIVA


L'esistenza di diverse formule richiede un'attenta valutazione della distribuzione dei prodotti. La contrapposizione tra vendita a libero servizio e a pieno servizio è andata sfumando nel tempo tanto che oggi si trovano soluzioni intermedie. Infatti:

Alcuni beni richiedono il servizio del domicilio e dell'installazione;

Alcuni beni grocery non possono essere venduti senza un minimo di servizio;

Alcuni beni non grocery sono venduti in strutture grandi ma necessitano di consigli d'acquisto.

Un altro elemento è il posizionamento del prodotto che può influire sulla scelta. Particolari problemi di scelta si hanno nei campi alimentari nei quali le imprese risentono della concorrenza delle marche commerciali, costituite da linee di prodotti offerte dalla grande distribuzione agli stessi distributori. Il settore non - food richiede invece alle imprese industriali uno sforzo organizzativo nella distribuzione, data la capillarità del dettaglio. Un interessante metodo è la vendita porta a porta di surgelati e altri prodotti food.


CAPITOLO 12 LA REGOLAMENTAZIONE DEL COMMERCIO


Il nostro sistema distributivo è stato disciplinato da leggi il cui scopo era quello di imporre al settore una grande regolamentazione. La necessità di modernizzare il nostro sistema ha spinto il Governo a varare una riforma in materia di commercio caratterizzata da:

Semplificazione burocratica e liberalizzazione

Delegificazione

Decentramento di funzioni agli Enti locali

La normativa vincola l'esercizio del commercio a:

non esercitare l'attività commerciale qualora l'operatore non ha requisiti morali;

possedere requisiti professionali per l'esercizio nel settore alimentare.

L'attività commerciale è distinta in due grandi gruppi, settore alimentare o food, e settore non alimentare o non food. I commercianti possono decidere liberamente l'offerta da proporre. Inoltre essa prevede la possibilità di apertura per tutti i giorni della settimana dalle 7 alle 22 dove il commerciante potrà stabilire l'orario d'apertura. Sono considerate straordinarie le vendite di liquidazione(cessazione, cessione, trasferimento, trasformazione)in ogni periodo dell'anno, le vendite di fine stagione e le vendite promozionali. Poi prevede l'esistenza delle vendite sottocosto che sono quelle che vengono fatte sottoprezzo, comprensivo di IVA.


CAPITOLO 13 LA RETE DI VENDITA


La rete di vendita è l'insieme delle risorse umane di cui l'impresa si avvale per raggiungere gli intermediari del canale di distribuzione scelto.


Nelle imprese medio - grandi l'attività di vendita è organizzata dalle seguenti figure:

funzionari della direzione commerciale

dirigenti delle filiali ;

capi area, capi vendita e responsabili di cliente;

ispettori delle vendite;

venditori.

La rete di vendita è costituita da venditori che possono essere legati da rapporti giuridici assai diversi, e si divide in rete di vendita diretta e indiretta.

La rete di vendita diretta è costituita da venditori legati all'impresa con un vincolo di subordinazione, tra cui si distinguono i commessi viaggiatori, che visitano la clientela e i piazzisti che svolgono la stessa attività in campi più ristretti.

La rete di vendita indiretta è contraddistinta da lavoratori autonomi, tra cui agenti di commercio, commissionari, mediatori e procacciatori d'affari. Comunque tutti i lavoratori sono chiamati a svolgere i medesimi compiti, tra cui:

compiti di distribuzione;

compiti di raccolta ordini;

compiti di promozione;

compiti innovativi.


CAPITOLO 14 L'AGENTE DI COMMERCIO


L'agente di commercio e il rappresentante sono intermediari molto simili. Entrambi sono subordinati all'impresa per conto della quale svolgono precisi compiti:

all'agente di commercio viene conferito l'incarico di promuovere la conclusione di contratti di vendita;

al rappresentante di commercio viene dato l'incarico di chiudere contratti di vendita.

L'attività di rappresentante o di agente di commercio può essere esercitata solo da coloro che sono iscritti nella Camera di Commercio ed egli deve inoltre avere uno dei seguenti titoli:

frequenza con esito positivo di uno specifico corso professionale riconosciuto;

svolgimento per almeno due anni dell'attività di viaggiatore piazzista o dipendente qualificato del settore vendite presso un'impresa;

diploma di scuola secondaria di secondo grado a indirizzo commerciale o laurea in materie commerciali o giuridiche.

Il compenso per un agente/rappresentante è la provvigione ed è calcolata in base agli affari procacciati ed eseguiti andati a buon fine.


CAPITOLO 15 GLI ALTRI AUSILIARI DEL COMMERCIO


Il gruppo di rappresentanti e agenti di commercio è la più vasta e importante nell'apparato distributivo ed esistono molte figure ausiliarie, tra cui il mediatore, il commissionario e il procacciatore d'affari.

Il mediatore è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare senza essere legato ad alcun vincolo di subordinazione e rappresentanza. La libertà con cui opera gli dà la possibilità di scegliere i clienti, deve operare con indipendenza e ha il dovere di imparzialità, cioè di fornire agli interessati le informazioni in suo possesso per una valutazione piena dell'affare.

Il commissionario è un ausiliario commerciale che si impegna a compiere atti di commercio per conto suo e dell'impresa.

Le competenze a favore del commissionario sono:

la commissione, che viene calcolata sull'ammontare delle merci acquistate o vendute;



lo star del credere, che spetta per le vendite con regolamento dilazionato andate a buon fine;

il rimborso spese, che fa riferimento alle spese non documentate soggette a IVA.

Il procacciatore d'affari è un ausiliario che occasionalmente svolge gli stessi compiti del mediatore e del commissionario, ma in zone precise.


CAPITOLO 16 L'ANALISI DEI COSTI DI DISTRIBUZIONE


La rete di vendita concorre a formare il costo di distribuzione, che si divide in:

costo sociale di distribuzione, cioè la differenza tra il costo che i clienti sostengono per disporre di un bene e il relativo costo di produzione;

costo aziendale di distribuzione, costituito da costi sostenuti dall'impresa per l'acquisto di un bene fino a quando lo colloca presso il consumatore e ne riscuote il prezzo di vendita.

I costi di produzione possono essere analizzati e raggruppati in base alla loro destinazione in tre categorie:

costi diretti, imputabili direttamente a un soggetto

costi semidiretti, alcuni diretti e altri che richiedono alcune basi di ripetizione

costi indiretti, sono tutti da imputare dopo accurate ripartizioni tra i vari soggetti.

Le analisi effettuate usate più frequentemente dalle imprese sono:

analisi per aree di smercio;

analisi per agenti e rappresentanti;

analisi per prodotti;

analisi per categorie di clienti.


QUARTA PARTE: LA GESTIONE DEGLI SCAMBI CON L'ESTERO


CAPITOLO 1:CARATTERI GENERALI DEL COMMERCIO CON L'ESTERO


Il commercio con l'estero è costituito dalle operazioni di acquisto e di vendita effettuate con controparti di paesi esteri e dalla serie di servizi internazionali che a esse si collegano.


Le operazioni di commercio vengono divise in:

operazioni intracomunitarie: siccome i paesi aderenti all'Unione Europea hanno un loro mercato unico, tra questi paesi le merci circolano regolarente senza dazi doganali e si può parlare correttamente di importazioni ed esportazioni solo per paesi al di fuori dell'UE;

operazioni extracomunitarie: sono le importazioni e le esportazioni, soggette a obblighi doganali.

I maggiori rischi dovuti al commercio con l'estero è dovuta ai seguenti fattori:

distanze geografiche tra i contraenti;

alto valore nelle negoziazioni;

le operazioni di trasporto;

il lungo periodo di tempo tra la stipulazione del contratto e l'esecuzione materiale.

CAPITOLO 2 LE STRATEGIE DI MARKETING INTERNAZIONALE


L'attività del marketing internazionale si basa sugli stessi princìpi che vigono sul mercato interno e qualsiasi azione di marketing internazionale presuppone:

la conoscenza dei mercati esteri e le differenze con quelli interni;

l'individuazione delle caratteristiche comuni a paesi diversi e distanti.

Si parla di cluster/paesi per indicare le nazioni che presentano simili comportamenti di consumo. L'identificazione dei cluster consiste in una macrosegmentazione del mercato internazionale e costituisce il primo passo per attuare una strategia di marketing internazionale che si individua in base ai seguenti elementi:

i paesi mercato ovvero le aree geografiche in cui entrare;

i segmenti di mercato che si intendono servire;

le leve di marketing - mix internazionale.

Per individuare il paese mercato si richiedono particolari analisi:

ricerche preliminari;

visite del mercato scelto.

Si deve poi effettuare l'analisi del macroambiente e le fasi della segmentazione sono:

microsegmentazione, che consiste nella ricerca di paesi di strategie simili;

segmentazione orizzontale, dove viene preso un segmento globale comprendente più paesi con caratteristiche simili


CAPITOLO 3 IL MARKETING - MIX INTERNAZIONALE


L'impresa può introdursi nei mercati internazionali adottando due diverse strategie:

strategia di standardizzazione, cioè introdurre prodotti già esistenti senza apportare modifiche;

strategia di adattamento, cioè apportare modifiche sostanziali ad un prodotto in base alle esigenze del mercato.

Per quanto riguarda le strategie di prezzo, può attuare:

strategia di penetrazione, dove si praticano prezzi competitivi per raggiungere elevate vendite;

strategia di scrematura, che si attua con un prodotto con caratteristiche innovative;

strategia di promozione, caratterizzata da sconti e promozioni quando ci si introduce nel mercato;

strategia di creazione del valore, quando l'impresa non può competere nello stabilimento dei prezzi.


CAPITOLO 4 LA DISTRIBUZIONE SUL MERCATO ESTERO


Il successo di un'impresa all'estero dipende anche dalla capacità di introdursi sul mercato e restarci. Occorre definire le modalità d'ingresso, formate da vendite dirette, che presuppongono che l'impresa sia in grado di gestire autonomamente l'attività di vendita estera e possono essere dirette al consumatore, attraverso grossista o attraverso agente, vendite indirette, cioè  quelle che non mettono in contatto l'impresa con il mercato e tra le varie formule spiccano:

la Cem, con cui le vendite sono affidate a società specializzate operanti in nome del venditore;

il piggy back, che consiste in un accordo tra acquisto e distribuzione;

il trading company, dove un'impresa specializzata nella distribuzione di prodotti all'estero e provvista di conoscenze approfondite dei mercati in cui operare;

il buyer, cioè l'ufficio commerciale;

i consorzi all'esportazione, che offrono alle imprese diversi servizi;

il franchising;

alleanze strategiche tra imprese(joint venture, GEIE)


CAPITOLO 5 LA DISCIPLINA DEGLI SCAMBI CON L'ESTERO


Nell'attività di commercio estero è possibile individuare dei soggetti attivi e passivi. Ai soggetti attivi va data la legislazione per gli scambi con l'estero concernenti gli aspetti normativi, valutari e doganali. Sono:

Comitato interministeriale per la politica estera;

Ministero delle attività produttive;

Ministero dell'economia e delle finanze;

Dogane;

Ufficio italiano dei cambi;

Istituto nazionale per il commercio all'estero;

Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero.

I soggetti passivi sono i commercianti e gli industriali che eseguono operazioni di compravendita con controparti straniere.

Le autorizzazioni per gli scambi possono essere:

Particolari, esempio le operazioni a licenza;

Generali, esempio le operazioni a dogana

La Pubblica Amministrazione compila poi apposite tabelle riguardanti le importazioni e le esportazioni e individua l'origine delle merci tra questi certificati:

D'origine, emesso nel paese in cui la merce è stata prodotta;

Di circolazione, rilasciato dalle dogane.

Per l'IVA le esportazioni non sono soggette ad alcuna aliquota mentre le importazioni ne sono soggette.


CAPITOLO 6 CLAUSOLE INTERNAZIONALI RELATIVE ALLA CONSEGNA DELLA MERCE


L'importanza delle clausole di consegna ha indotto la Camera di commercio internazionale ad adottare una serie di termini commerciali internazionali per ciascuno dei quali si sono trovati gli obblighi gravanti su contraenti.

Ecco le 13 diverse clausole dalla meno conveniente fino alla più vantaggiosa:

EXW, il venditore consegna la merce sul veicolo fornito dal compratore;

FCA, il venditore ha l'obbligo di trasferire la merce al vettore incaricato di effettuare il trasporto;

FAS, il venditore consegna la merce sottobordo della nave sulla banchina;

FOB, il venditore consegna la merce nel porto d'imbarco convenuto;

CFR, il venditore deve sostenere il costo del trasporto sino al porto di destinazione;

CIF, il venditore deve sostenere sia il costo di trasporto sia quello di assistenza marittima;

CPT;

CIP;

DAF, il venditore deve mettere a disposizione la merce del compratore nel luogo convenuto;

DES;

DEQ;

DDU;

DDP;


CAPITOLO 7 GLI ADEMPIMENTI DOGANALI


Le dogane sono organi operativi periferici dell'amministrazione finanziaria dello Stato a cui sono affidati compiti di controllo sulle merci e documenti, di accettazione e verifica di dichiarazioni di calcolo e riscossione dei dazi doganali, di dati fiscali e statistici e di espletamento di altre formalità riguardanti il movimento dall'estero e verso l'estero di persone, merci e mezzi di trasporto e sono situate lungo i confini sia all'interno che all'esterno del Paese.

Ecco alcune spiegazioni di terminologia doganale:

La linea doganale, una linea immaginaria che avvolge il territorio doganale;

I territori extradoganali, sono zone al di fuori del territorio a fini doganali;

I funzionari di dogana, sono dipendenti in servizio alle stazioni doganali;

La guardia di finanza è un corpo armato di tipo militare al quale spetta il compito di prevenire e reprimere le frodi fiscali e i reati finanziari;

La zona di vigilanza doganale, cioè l'area in cui opera la guardia di finanza.


I diritti doganali sono le somme che competono alle dogane di confine o alle dogane interne in esecuzione delle operazioni di sdoganamento delle merci non comunitarie.

I dazi doganali sono imposte che colpiscono le merci non comunitarie provenienti dai paesi extra - UE o le merci comunitarie diretti verso paesi extra- UE quando attraversano la linea doganale.

Il Codice doganale detta regole normative per quanto concerne l'arrivo di merci alla dogana:

Presentazione delle merci in dogana: le merci devono essere condotte senza indugio all'ufficio doganale per il controllo;

Dichiarazione di dogana: si vincola la merce a una certa destinazione doganale e sorge l'obbligo di pagare i dazi;

Destinazione doganale: possono essere cinque: 1 vincolo della merce a un regime doganale, 2 introduzione in zona franca o deposito franco, 3 riesportazione fuori dal territorio UE, 4 distruzione della merce, 5 abbandono della merce all'Erario.

Per quanto riguarda la prima i regimi doganali sono otto:

Ammissione di libera pratica, attribuzione della posizione doganale;

Transito, consente la circolazione nel paese UE senza pagare dazi doganali;

Deposito doganale, permette l'immagazzinamento della merce in un luogo autorizzato;

Perfezionamento attivo, sottopone a lavorazione in territorio UE;

Trasformazione sotto controllo doganale, consente di utilizzare merci non comunitarie per sottoporle a operazioni che ne modificano le caratteristiche;

Ammissione temporanea, permette di utilizzare le merci per un breve periodo;

Perfezionamento passivo, consente di far uscire la merce dall'UE per sottoporlo a operazioni di riparazione;

Esportazione, consente alle merci comunitarie di uscire dal territorio doganale UE dietro presentazione in dogana della dichiarazione di esportazione.

Le procedure semplificate di accertamento doganale possono essere applicate per quegli operatori che effettuano abituali operazioni di scambio di merci con l'estero. Esse consentono:

Di disporre delle merci provenienti dall'estero subito dopo il loro arrivo;

Di spedire le merci all'estero direttamente senza presentarle in dogana.







































































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