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"LA NEVICATA" - Giosuè Carducci - Analisi e commento di testo letterario in poesia

poesia



"LA NEVICATA" - Giosuè Carducci  -


Lenta fiocca la neve pe 'l cielo cinerëo: gridi,

suoni di vita più non salgon da la città,


non d'erbaiolo il grido o corrente rumore di carro,

non d'amor la canzone ilare e di gioventù.


Da la torre di piazza roche per l'aere le ore

gemon, come sospir d'un mondo lungi dal dì.


Picchiano uccelli *raminghi a' 222i87c vetri appannati: gli amici

spiriti reduci son, guardano e chiamano a me.


In breve, o cari, in breve - tu calmati, indomito cuore -



Giù al silenzio verrò, ne l'ombra riposerò.


*Raminghi: che vanno errando senza meta.


Analisi e commento di testo letterario in poesia.


Carducci compose questa poesia tra il gennaio e il marzo del 1881, mesi che coincidono con la morte di Lidia.

La poesia, composta da cinque strofe di due versi ciascuna, può essere suddivisa in due parti. La prima (vv.1-6) è di carattere oggettivo e descrive il paesaggio che circonda il poeta e che lo accompagnerà nella riflessione di carattere soggettivo e autobiografico nella seconda parte della poesia (vv.7-10). Le parole utilizzate da Carducci fanno trasparire il suo stato d'animo e anticipano il tema principale delle ultime due strofe. La neve cade lenta sulla città priva di ogni suono e il cielo è cinereo; quest'ultima parola richiama fortemente la morte di cui la cenere è il simbolo. Il silenzio viene rappresentato in diversi modi ma pronunciato una sola volta al termine della poesia; inizialmente viene presentato come una negazione di suoni, le grida non si sentono più, manca il rumore del carro e non si sentono più canzoni d'amore, poi improvvisamente diviene un profondo sospiro che rende l'atmosfera ancor più pesante ed infine viene paragonato al mondo delle tenebre L'anafora del "non" sembra voler negare la vita per dar spazio alla morte, tema sempre presente in Carducci. La città descritta è dunque caratterizzata da un intensa atmosfera funebre in diretto contrasto con il v.4 che declama la felice gioventù. L'immagine delle ore che gemono sembra nascondere il rimpianto per il tempo che scorre e che porta velocemente il poeta alla morte. Il picchiettio degli uccelli alle finestre dai vetri appannati, immerso in questo triste scenario, ricorda il richiamo degli spiriti degli amici defunti. Questa immagine e l'utilizzo del pronome "me" enfatizzato dalla preposizione "a" segna il passaggio al momento autobiografico della poesia. Il poeta ora parla della propria persona e annuncia che presto raggiungerà gli spiriti che lo hanno chiamato. Tali parole sono condotte dalla consapevolezza di essere ormai giunto alla fine della propria vita e dalla recente morte di Carolina Piva, una delle sue amanti.

Il poeta per comunicare meglio le immagini e le sensazioni che esse suscitano utilizza diverse figure retoriche. Ad esempio per sottolineare la mancanza di suoni pone un enjambement tra i vv.1-2 e un chiasmo nel v.3; cerca di far emergere la parola cinereo attraverso un allitterazione e rende ancor più angosciosa l'attesa della morte attraverso la ripetizione al v.9.






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