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Quest'anno, per il percorso delle mie letture, abbiamo affrontato il percorso sulla letteratura ottocentesca, in particolare al Verismo e la letteratura Verghiana; l'ultima novella affrontata è "Rosso Malpelo", una novella ottocentesca scritta da G. Verga, un famoso scrittore che nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di Vizzini e muore a Catania nel 1922. Visse a Catania l'infanzia e la giovinezza, conoscendo bene l'ambiente siciliano che poi doveva descrivere in molte sue opere. Quando si trasferì a Milano, si accorse dei contrasti fra il nord e la sua terra; egli s'accorse della gravità della questione sociale dopo l'unità d'Italia soprattutto nel meridione, dove vi era l'ignoranza, la miser 717c28h ia e il brigantaggio. Tali fatti storici influirono nelle sue opere.
Verga è uno dei massimi rappresentanti del verismo, una nuova corrente letteraria, nata nei primi anni dell'800.
Il termine Verismo, viene dalla parola vero; secondo gli scrittori veristi, l'autore, ha il diritto di riprodurre la realtà cosi com'è, senza giudizi o commenti di natura personale.
Il verismo, ha preso spunto dal naturalismo francese.
La novella racconta la vita di un ragazzo cavatore di sabbia, conosciuto da tutti con il soprannome di Rosso Malpelo, dato il colore rosso dei capelli.
Egli da a tutti l'impressione di essere un giovane cattivo e ribelle nei confronti di tutti, uomini e animali; al contrario è lui ad essere maltrattato. Non si ribella mai, anzi accetta di essere punito anche se innocente. Egli lavora presso una cava, dove precedentemente lavorò il padre e dove questi morì, travolto da della terra durante un lavoro notturno. Il figlio era presente a questa sventura, e cercò di aiutare il padre grattando la terra a mani nude, ma non ricevette alcun sostegno da parte degli altri minatori. Fu proprio la perdita del padre, mastro Misciu Bestia, a spronare il ragazzo e a farlo lavorare sempre più intensamente nella cava. In seguito conobbe un ragazzo, detto Ranocchio a causa del suo modo di camminare, che tenne sotto la sua protezione e che cercò di aiutare nel solo modo che conosceva: cioè picchiandolo e bastonandolo come con un asino. Ranocchio era l'unica persona che contasse nella vita del giovane; infatti la madre non lo considerava nemmeno e la sorella lo picchiava, credendo che si trattenesse parte della paga ricevuta alla cava. Un giorno mentre scavava Rosso trovò le scarpe del padre ma il corpo fu trovato in seguito e non fu mai raccontato al giovane che il padre probabilmente fu seppellito vivo sotto la massa di terra che cadde, poiché le sue unghie erano spezzate e rinsanguate.Del padre furono ritrovati anche i calzoni, il piccone e la zappa, e furono restituiti a Rosso.
Un altro evento che viene narrato riguarda il vecchio asino, sempre bastonato dal ragazzo, il quale dopo essere morto fu portato lontano dalla cava e abbandonato come cibo per cani. Anche Ranocchio si ammalò ma continuò a lavorare finché, un giorno Rosso non lo vide più venire alla cava e sentì raccontare dagli altri minatori che era morto. Dopo la morte di Ranocchio , rosso ha perso l'unica speranza di vita che aveva e affronta senza timore tutti gli incarichi affidatogli, tra cui il verificare una nuova via sotterranea che lo porterà a smarrirsi per sempre nel sottosuolo della cava.
I temi alla base della novella sono diversi ma ruotano sempre su due principali: il primo, "le condizioni precarie di Rosso Malpelo", Rosso infatti veniva sfruttato nella Cava di Rena Rossa, veniva picchiato, insultato, non veniva protetto dalla sua famiglia: a causa di queste condizioni lui ha maturato dei suoi ideali mentre si isolava dal pubblico, infatti sosteneva la "legge del più forte", dove il più violento dominava sul debole. Il secondo tema si riferisce alle condizioni economiche, culturali e sociali dell'Italia meridionale le quali erano molto negative: un lavoratore era costretto a lavorare fino a quattordici ore al giorno; in quegli anni inoltre il sud dell'Italia unita stava vivendo una crisi economica
Il personaggio principale della novella è Rosso Malpelo: il suo vero nome non lo sappiamo, nemmeno il suo cognome, Verga non li ha esplicitati direttamente nella sua produzione; Rosso Malpelo è solo il suo soprannome, Rosso, perché aveva i capelli rossi, e quelli con i capelli rossi, afferma Verga, promettono di "riescire un fior di birbante"; Malpelo è riferito al suo carattere spensierato, distratto e maldestro.
Rosso non viene descritto a tutto tondo dall'autore, seppiamo che ha i capelli rossi, le lentiggini, ha l'aspetto di un povero lavoratore dell'Italia meridionale: si veste con degli stracci, solo quando il padre è moriva lui indossa i suoi abiti, tranne le scarpe che non gli stavano.
Lavora in una cava, quattordici ore al giorno, malpagato e maltrattato. È un vinto morale a tutti gli effetti: infatti vede morire il padre e sua madre, ogni volta che tornava a casa il sabato, il suo unico giorno libero, gli faceva la "ricevuta a scapaccioni", cioè lo picchiava prima di sapere se aveva portato a casa la misera paga settimanale.
Rosso veniva chiamato "Malpelo" proprio per il suo strano carattere: era cattivo, maldestro e selvatico. Gli vengono sempre in mente strane idee. Il solo linguaggio che conosce, è quello della violenza, dato che sua madre gli ha insegnato solo quello.
Veniva maltrattato dai suoi coetanei e veniva definito "minchione". La morte di suo padre è stato un traoma per lui visto che era l'unica persona che gli voleva bene, è stata come "una pugnalata al cuore".
Si dimostra però una persona veramente saggia e responsabile quando aiuta Ranocchio.
Malpelo appare in due modi: in forma diretta, attraverso le sue azioni; in forma indiretta, attraverso gli occhi degli altri.
G. Verga ambienta la novella in due ambienti, il primo, "la Cava di Rena rossa", dove lavorava Malpelo, è l'ambiente principale della novella, dove si svolge una gran parte della vicenda. Esse è un ambiente reale, che è situato in Sicilia, vicino a Catania. È un luogo molto buio e ricco di cunicoli e gallerie intricate e strette, oppure non ancora scoperte. In essa sono costretti a lavorare i lavoratori per addirittura quattordici ore al giorno e in condizioni miserissime. Questo ambiente viene descritto in modo dettagliato, oggettivo e impersonale, secondo i canoni classici del Verismo.
La Sciara è il secondo ambiente della novella. Questo luogo, che come il primo è reale si trova anche esso in Sicilia, ai piedi dell'Etna. Il territorio ha delle caratteristiche molto particolari: è di colore nero, piuttosto irregolare, senza vegetazione e ricoperto tutto dalla lava del vulcano ormai solidificata. Anche questo ambiente viene descritto da Verga in modo dettagliato, oggettivo e impersonale.
La data precisa in cui si svolgono gli avvenimenti narrati nella novella non viene precisata. Il lettore però può dedurre, grazie ad alcuni elementi espliciti presenti all'interno della produzione (ad esempio la lira nell'Italia Meridionale, di alcuni particolari strumenti usati dai cavatori e le condizioni dei bambini e dei cavatori) che la vicenda è ambientata negli ultimi anni del 1800.
Il tempo di svolgimento della novella corrisponde all'incirca alla vita di Malpelo.
Il punto più importante del testo secondo me è la morte del padre perché è il punto che mi ha emozionato di più.
Il linguaggio utilizzato da verga all'interno della novella è di tipo popolare, perché il testo doveva un documento realistico delle condizioni delle condizioni dell' Italia meridionale: pertanto il linguaggio doveva corrispondere a quello usato dal popolo, quindi ricco di espressioni locali e di proverbi
All'interno della novella "Rosso Malpelo" di G. Verga il punto di vista del narratore è in tutto il testo, esterno.
Esso infatti narra la storia in 3° persona, senza mai entrare nel testo, e si limita a presentare gli avvenimenti in modo realistico e oggettivo.
La novella "Rosso Malpelo" di G. Verga risponde a due obiettivi di scrittura: il primo è quello di produrre un testo realistico e oggettivo; il secondo è quello di documentare le condizioni misere dei "vinti", verso gli ultimi anni del 1800. Ciò spiega il pessimismo del Verga, che era convinto dell'impossibilità da parte delle persone umili di migliorare le loro condizioni economiche e sociali.
Questa novella ottocentesca mi è piaciuta e mi ha appassionato moltissimo perché la trovo una novella che mi ha emozionato. Mi piaceva sempre sapere cosa accadeva al personaggio di Rosso Malpelo che secondo me ha delle analogie con il mio carattere e con il mio aspetto fisico
Mi piace molto l'uso del dialetto nella novella perchè penso che un po' di allegria nel leggerla sia indispensabile altrimenti quella novella diventerebbe quasi una "scaletta noiosa di avvenimenti". Una cosa che non condivido è il pessimismo del Verga: secondo me ha fatto diventare il personaggio di Malpelo troppo negativo, so che le condizioni di Rosso rispecchiano pienamente le condizioni dei "Vinti", ma poteva almeno lasciargli qualche momento di felicità almeno in famiglia. Dovendo dare un voto io darei 9- perché la novella è scritta bene e mi ha emozionato.
Un titolo alternativo alla novella potrebbe essere: "costretto a lavorare e oblligato a sopportare", perché Malpelo, pur costretto a lavorare , era costretto a sentire i suoi coetanei che lo prendevano in giro e lo maltrattavano; questo aggravava le sue povere condizioni psicologiche e sociali.
Facendo un confronto con la novella "la roba" posso dire che mi è piaciuta di più "Rosso Malpelo" per vari motivi: secondo me "la roba" è una semplice narrazione di avvenimenti dove è solo l'uso del dialetto a dare un po' di allegria, ma non trovo nessuna parte che può colpire il lettore; "Rosso Malpelo" invece è ricca di situazioni molto toccanti, ad esempio quando a Rosso muore il padre e lui si sente molto giù di morale.
"la roba" secondo me ha solo un pregio rispetto a "Rosso Malpelo": infatti, è la sola ad avere un protagonista in buone condizioni economiche e sociali, in questo caso è Mazzarò, che è riuscito a compiere la scalata sociale.
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