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Capitolo V
Giunto a casa di Lucia, fra Cristoforo apprende con sdegno dalle due donne l'accaduto ("Mentre la buona donna [Agnese] faceva alla meglio la sua dolorosa relazione, il frate diventava di mille colori..."). Esaminata la situazione, e spinto dal suo carattere impulsivo, decide di andare a parlare con don Rodrigo per 444d36e distoglierlo dal suo proposito. Arriva intanto anche Renzo, il quale rivela di aver tentato invano di organizzare un agguato contro il signorotto. Per questo viene rimproverato dal frate.
Congedatosi, Fra Cristoforo si incammina dunque verso il palazzotto di don Rodrigo. Nel palazzotto stesso e nel villaggio sottostante tutto appare segnato da un clima di violenza e di malvagità: ovunque si vedono armi e neppure sui volti dei bambini e dei vecchi si riesce a scorgere l'innocenza.
Dopo aver parlato con due bravi e con un servitore, assai sorpreso di vederlo lì, fra Cristoforo viene introdotto nella stanza da pranzo dal conte Attilio che lo aveva notato fuori dalla sala. Attorno al tavolo, alcuni personaggi (don Rodrigo, il Podestà, il conte Attilio, Azzecca-garbugli e altri) discutono animatamente su una questione di cavalleria. Il frate è chiamato ad esprimere un giudizio, ma la sua sentenza, che invita alla pace e alla carità, viene scambiata per una battuta di spirito; il frate stesso è schernito da don Rodrigo che gli ricorda il suo passato "mondano". La disputa cambia tema e volge poi sulla guerra per il ducato di Mantova e sulle relative manovre politiche di Spagna, Francia, Germania e Papato (il Manzoni da qui prova di grande coerenza e documentazione storica). In questa circostanza il Podestà si spaccia per un fine conoscitore dei maneggi politici. Il narratore informa poi il lettore circa quella guerra, nata per la successione al ducato di Mantova, che vede opporsi il duca di Nevers, sostenuto dalla Francia e dal papato, e Ferrante Gonzaga principe di Guastalla, appoggiato dalla Spagna e dal duca di Savoia. Le discussioni vengono abbandonate per un attimo per lasciare posto a un brindisi evocato da Azzecca-garbugli in un suo elogio al vino, ma subito riprendono sul tema della carestia La colpa della penuria di cibo viene attribuita ai fornai che farebbero incetta di grano per alzarne il prezzo. È don Rodrigo a porre fine al dibattito congedando i commensali e conducendo infine fra Cristoforo in un altra stanza. Su questo momento di suspence, il capitolo si conclude.
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