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Seneca - Elementi biografici principali

letteratura latina




Elementi biografici principali:

Le fonti da cui attingiamo per quanto riguarda la vita di Seneca sono: gli "Annales" di Tacito, la "Storia di Roma" di Cassio Dione e "Le Vitae" di Svetonio.

Seneca, zio del poeta Lucano (figlio del fratello Marco Anneo Mela), nasce a Cordova fra il 12 e l'11 da famiglia equestre; in giovane età si trasferisce a Roma, dove gli viene impartita una preparazione di base filosofico-retorica da maestri stoici e neopitagorici, fra cui Sozione che lo converte al vegetarianismo.

Negli anni 30 si reca in Egitto per motivi di salute: al suo ritorno a Roma la questura, la pretura e l'abilità oratoria gli procurano l'antipatia di Caligola (rischia la morte ma lo salva un'amante dell'imperatore).

Dal 41 al 48 è costretto all'esilio in Corsica dall'imperatore Claudio con l'accusa di adulterio a Giulia Livella, sorella di Caligola.

Nel 49 Agrippina sposa Claudio (suo zio!) e, designando Seneca precettore del foglio Nerone, la pena gli è condonata. Per le stesse ragioni Seneca nel 50 ottiene la pretura e di fatto le redini dello stato.



Nel 54 muore Claudio (forse avvelenato da Agrippina): Nerone pronuncia la laudatio funebris, Seneca scrive l'Apokolokyntosis.

Gli anni successivi (55-56) diventa console con Afranio Burro e si trova a fronteggiare tensioni interne (opposizione senatoria) ed esterne (guerra contro gli Armeni).

Nel 59 Nerone fa' uccidere la madre Agrippina per intrighi di corte e, con la morte di Burro nel 62, Seneca perde ogni potere ed influsso su Nerone.

Gli anni seguenti vive in disparte dedicandosi a 535g64f lla composizione di grandi opere quali le "Naturales questiones", le "Epistulae morales", il "De beneficis".

Nel 65 Nerone, credendolo coinvolto nella congiura dei Pisoni, lo costringe al famoso suicidio così narrato da Tacito:

Seneca, impavido, chiese che gli portassero le tavole del testamento e, poiché il centurione rifiutò, si volse agli amici dichiarando che, dal momento che gli si impediva di dimostrare la sua gratitudine, lasciava a loro la sola cosa che possedeva e la più bella, l'esempio della sua vita. Se avessero di questa conservato ricordo, avrebbero conseguito la gloria della virtù come compenso di amicizia fedele. Frenava, intanto, le lacrime dei presenti, ora col semplice ragionamento, ora parlando con maggiore energia e, richiamando gli amici alla fortezza dell'animo, chiedeva loro dove fossero i precetti della saggezza, e dove quelle meditazioni che la ragione aveva dettato per tanti anni contro le fatalità della sorte. A chi mai, infatti, era stata ignota la ferocia di Nerone? Non gli rimaneva ormai più, dopo aver ucciso madre e fratello, che aggiungere l'assassinio del suo educatore e maestro. LXIII. Come ebbe rivolto a tutti queste parole ed altre dello stesso tenore, abbracciò la moglie e, un po' commosso dinanzi alla sorte che in quel momento si compiva, la pregò e la scongiurò di placare il suo dolore e di non lasciarsi per l'avvenire abbattere da esso, ma di trovare nel ricordo della sua vita virtuosa dignitoso aiuto a sopportare l'accorato rimpianto del marito perduto. La moglie dichiarò, invece, che anche a lei era destinata la morte, e chiese la mano del carnefice. Allora Seneca, sia che non volesse opporsi alla gloria della moglie, sia che fosse mosso dal timore di lasciare esposta alle offese di Nerone colei che era unicamente diletta al suo cuore: "Io ti avevo mostrato", disse "come alleviare il dolore della tua vita, tu, invece, hai preferito l'onore della morte: non sarò io a distoglierti dall'offrire un tale esempio. Il coraggio di questa fine intrepida sarà uguale per me e per te, ma lo splendore della fama sarà maggiore nella tua morte". Dette queste parole, da un solo colpo ebbero recise le vene del braccio. Seneca, poiché il suo corpo vecchio ed indebolito dal poco cibo offriva una lenta uscita al sangue, si recise anche le vene delle gambe e delle ginocchia, ed abbattuto da crudeli sofferenze, per non fiaccare il coraggio della moglie, e per non essere trascinato egli stesso a cedere di fronte ai tormenti di lei, la indusse a passare in un'altra stanza. Anche negli estremi momenti, non essendogli venuta meno l'eloquenza, chiamati gli scrivani, dettò molte pagine, che testualmente divulgate tralascio di riferire con altre parole.


(Tacito, Annali, XV, 62-63)


Corpus, visione generale delle opere:


le consolationes

i trattati

le lettere a Lucilio

l'apokolokyntosis

le tragedie


I dialogi: Sono opere di argomento filosofico che risentono dell'influsso cinico-stoico e che non sono veri e propri dialogi ma sono anzi scritti in prima persona, pur se immaginando un coinvolgimento del lettore come se fosse un interlocutore. I dialogi sono dodici e comprendono 12 libri.

  • Consolatio ad Marciam: è rivolta alla figlia di Cremuzio Cordo, storico condannato da Tiberio, e ciò mostra la tendenza di Seneca a legare con gli storici del dissenso. L'opera ha lo scopo di consolare la donna per la morte del figlio usando come argomentazioni la caducità dei beni terreni, la vita come sofferenza e la morte come liberazione.
  • Consolatio ad Helviam matrem: circa la condizione del figlio esule, in quanto l'esilio rappresenta solo un cambiamento di residenza ed, in quanto tale, non piega la virtù del saggio.
  • Consolatio ad Polybium: Rivolta ad un potente liberto di Claudio, col pretesto di consolarlo della morte del fratello, in realtà ha lo scopo di adulare l'imperatore per guadagnarsi il rimpatrio.
  • De ira: l'ira è una delle passioni più pericolose in quanto offusca la razionalità e rende simili al folle; di conseguenza, coerentemente con la sua posizione stoica, Seneca indica come prevenirla e placarla.
  • De brevitate vitae: "vita, si uti scias, longa est". Gli uomini si lamentano della sua brevità ma la sprecano in occupazioni frivole (negotium), solo il saggio conosce il retto uso del tempo, quello dell'attività culturale (otium).
  • De vita beata: una prima parte, a carattere teoretico, illustra la dottrina morale stoica, secondo la quale la felicità è la vita secondo natura, cioè secondo ragione, mentre il sommo bene consiste nella virtù; è proprio per questo motivo che compare anche la polemica con gli epicurei, i quali considerano sommo bene il piacere (voluptas).
    La seconda parte ha carattere polemico in quanto parla delle accuse rivolte ai filosofi (certamente riferendosi a quelle ricevute in prima persona per la vita dispendiosa e lussuosa) e sostiene che il compito del filosofo non sia quello di fare ciò di cui parla, ma di parlarne e di porsi degli obiettivi: "ammira chi tenta una grande impresa, anche se cade".
  • De tranquillitate animi: immaginando di consigliare l'amico Anneo Sereno in un momento di insicurezza e di instabilità spirituale, Seneca descrive i sintomi di un animo inquieto ed insoddisfatto e indica i rimedi: impegno nella vita attiva per il bene comune (nella società e nello stato, al contrario di ciò che diceva Atenodoro), amicizia dei buoni, frugalità, parsimonia, accettazione delle avversità.
  • De providentia: Il fatto che anche i buoni siano colpiti da avversità non è una confutazione della provvidenza divina poiché il saggio esce rafforzato dalle prove che affronta.
  • De costantia sapientis: il saggio non viene mai colpito dagli attacchi esterni in quanto possiede la forza e superiorità morale della virtù.
  • De otio: scritta nel periodo del ritiro, affronta il problema dell'impegno o disimpegno politico da parte del sapiente. La conclusione è che, poiché non esiste uno stato in cui il filosofo possa agire coerentemente coi suoi principi, la migliore scelta è quella dell'otium.



Nelle Epistulae ad Lucilium le tesi del De tranquillitate animi vengono capovolte: bisogna ritirarsi dal mondo per perfezionare la vita interiore, solo così diverremo spiritualmente liberi e padroni di noi stessi. IL CONCETTO DI LIBERTAS SI SPOSTA DAL PIANO POLITICO A QUELLO ETICO.
Inoltre Seneca rivaluta l'importanza dell'indipendenza ed autonomia di giudizio: dobbiamo diventare maestri di noi stessi, non seguire le sette: BISOGNA OPTARE PER UNA FILOSOFIA NON SISTEMATICA E FARE FILOSOFIA, NON FILOLOGIA (intesa come erudizione).
Tutti possono intraprendere la via della saggezza, purché sopportino con coraggio le avversità e occupino opportunamente il proprio tempo:
LA VITA NON E' BREVE! Mentre viviamo moriamo (cotidie mori).l




I trattati: Anche questi, come i dialogi, sono scritti in prima persona ed hanno lo stesso tipo di impostazione:

  • De clementia: si tratta di un trattato di filosofia politica con cui Seneca riconosce in Nerone la figura utopistica del sovrano illuminato, clemente e virtuoso; esalta cioè la monarchia illuminata.
  • De beneficis: è composto da 7 libri e si occupa del tema dell'importanza della beneficenza in relazione alla convivenza civile; parla dell'aiuto reciproco, del dovere di ricchi verso i poveri, della riconoscenza, dell'ingratitudine, dell'inconsistenza della schiavitù.
  • Naturles questiones: è composto di 7 libri ed è un trattato di scienze naturali dedicato a Lucilio. Seneca affronta argomenti di tipo meteorologico citando e commentando filosofi/studiosi greci; lo scopo religioso è quello di approfondire la conoscenza di Dio, quello morale è invece quello di far vivere l'uomo in pace con la natura, usando le risorse messe a disposizione e sfatando le false credenze.
    Vuole anche dare fiducia nel progresso scientifico ed attaccare i vizi.

Lettere a Lucilio:

Sul destinatario non abbiamo altre fonti, mentre Seneca ci dice che Lucilio Iuniore era un uomo di modeste origini, giunto ad alte cariche in Sicilia e che aveva scritto diverse opere filosofico-letterarie.

E' l'opera più importante in quanto presenta una visione della vita e dell'uomo matura, profonda e personale; rappresenta UN'APPASSIONATA RIFLESSIONE SU PROBLEMI DI FILOSOFIA MORALE, che trae spunto dalla vita quotidiana ed è esposta con tono colloquiale e familiare.
Temi: l'otium, la sapienza, le passioni, la virtù, la felicità, la brevità della vita, l'amicizia, la morte, la libertà, la schiavitù, la noia, il dolore, la solitudine.

Ricorrono: il tempo e la morte; preparasi alla morte vuol dire raggiungere la perfetta libertà da ogni condizionamento esteriore e conquistare l'autàrkeia.






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