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ALTRI DOCUMENTI
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NICCOLO' MACHIAVELLI
Nacque a Firenze nel 1469 da un famiglia modesta e di buona cultura: il padre Berardo,era
un uomo di legge, possessore di una biblioteca e autore de "i Ricordi famigliari"; la madre Bartolomea
era autrice di rime sacre. Ebbe un'educazione
umanistica, ma non apprese il greco, un documento importante per capire
la sua formazione è il De rerum natura
di Lucrezio, che testimonia il suo interesse
all'epicureismo, cultura avversa alla religiosità del tempo di
Savonarola, il suo indirizzo è laico.
Nel 1498 concorse alla segreteria della seconda cancelleria
del Comune,ma non ottenne il posto finché non morì il candidato, in seguito
divenne segretario della magistratura
dei "Dieci di libertà e pace". Aveva
molte responsabilità sulle decisioni di politica estera e interna, missioni
diplomatiche e una fitta rete di corrispondenze, così ebbe una grande esperienza diretta della realtà
politica e militare. Nel
L'EPISTOLARIO
Le lettere ad amici e parenti sono scritte in vista di una pubblicazione (come in Petrarca) anche se scritte con grande immediatezza. Si alternano argomenti e toni vari: riflessioni politiche, analisi sui problemi contemporanei, scherzi e motti in tono beffardo. Egli è consapevole di questa varietà tonale e la giustifica in una lettera a Francesco Vettori (imitata la natura che è varia). Tra le lettere spiccano quelle a Vettori dopo la perdita degli incarichi politici, che sono riflessioni e spunti autobiografici. Famosa è quella del 10/12/1513 dove descrive le sue future occupazioni durante il giorno. Ricordiamo "Ghiribizzi al Sodernini", epistola indirizzata a un gonfaloniere, contiene alcuni punti fondamentali del suo pensiero.
GLI SCRITTI POLITICI DEL PERIODO DELLA SEGRETERIA (1498-1512)
Tra gli scritti politici distinguiamo quelli ufficiali, le Legazioni e commissarie,
relazioni inviate al governo fiorentino, da esse si può cogliere il
pensiero di Machiavelli, con i suoi schemi di analisi delle
situazioni storiche e l'affermazione del principio
dell'esperienza come fonte di conoscenza. I più interessanti sono quelli
riguardanti i momenti salienti della politica del tempo, come la missione
presso Cesare Borgia e Luigi XII. Ci sono giunti anche nel periodo della
cancelleria altri brevi scritti, quelli meno ufficiali, che davano suggerimenti al governo: Discorso
sopra le cose di Pisa, suggeriva di sottomettere la città; Del
modo di trattare
IL PRINCIPE
Il 10/12/1513, in esilio in Albergaccio,
compose un opuscolo De Principatibus, dove trattava cosa fosse un principato. Ci
sono alcuni problemi di datazione, quando
sia stato composto e se unitariamente o in fasi diverse e i rapporti che lo
legano ai Discorsi sopra la prima deca di
Tito Livio. Si colloca la composizione tra luglio e dicembre
DISCORSI SOPRA
Il nucleo
dell'opera sono le carte liviane, appunti sulle riflessioni politiche suggerite
dalla Storia di Livio. Nel 1517 riprese quelle annotazioni e vi
antepose alcuni capitoli sulle repubbliche. I Discorsi sono dedicati
agli amici Buondelmonti e Cosimo Rucellai, esponenti del gruppo
degli Orti Oricellai. L'opera fu divisa in tre
libri ognuno con una precisa tematica, il I sulla politica interna di Roma, il II sulla politica estera e il III sulle
azioni dei cittadini. I temi si intersecano tra libro e libro liberamente.
Machiavelli ritiene che la storia dia
esempi validi in ogni tempo, così crede che quella romana suggerisca
riflessione sui problemi politici dell'Italia presente. Anche essi furono stampati postumi nel 1531. Se i Principe è ricondotto a un genere
rinascimentale della trattatistica umanistica, i Discorsi non hanno un genere preciso, non ha la struttura del trattato, ma è una serie di riflessioni. Il tono del Principe è incalzante mentre i Discorsi sono divanganti. Nel Principe
si celebrano le virtù del principe, nei Discorsi si notano simpatie repubblicane, indicano infatti che la repubblica
è la forma di governo migliore. La spiegazione dell'oscillazione del pensiero machiavelliano è che il suo
orientamento è repubblicano ma sotto l'urgenza bisogna ricorrere all'autorità
di un principe. Se il principato era necessario inizialmente in futuro
occorreva
IL PENISIERO POLITICO
TEORIA E PRASSI
Le sue concezioni scaturiscono dal rapporto diretto con la realtà storica. Il suo pensiero è una fusione tra teoria, elaborazione del progetto politico, e prassi, esperienza dell'azione politica desunta dalla realtà. Alla base della riflessione vi è la coscienza della crisi contemporanea: crisi politica, perché l'Italia pare frammentata in Stati deboli e instabili; militare, per via delle milizie mercenarie; morale, perché sono scomparsi quei valori fondamentali per un vivere civile(patriottismo, eroismo, sacrificio). Perciò gli Stati sono prossimi a perdere la loro indipendenza, l'unica soluzione è un principe dalla straordinaria virtù, a questo motivo è indirizzata l'opera che si riempie di passionalità. Da questa situazione particolare Machiavelli elabora una teoria universale, fondata su leggi valide sempre e dovunque.
IL METODO DELLA SCIENZA POLITICA
Machiavelli è il fondatore della moderna scienza politica, egli delimita il campo di tale scienza distinguendolo da quello di altre scienze(come l'etica). La teoria politica nel medioevo era subordinata all'etica, era giudicato positivamente il principe che agiva secondo l'etica (es. specula principis). Machiavelli rivendica l'autonomia della politica, essa possiede precise leggi e l'agire di un principe è valutato secondo tali leggi, cioè se esso garantisce il bene dei cittadini che è il suo fine. Ogni altro criterio giusto, crudele non è valutazione politica, ciò è una teoria di sconvolgente novità, mette in luce ciò che realmente avviene in politica, affrontando la verità effettuale delle cose e scrivendo un'opera utile a chi la intende. Oltre al campo delinea anche il metodo, parte dall'indagine sulla realtà concreta, mai da assiomi universali e astratti, mettendo insieme le varie esperienze giunge ai principi generali. Nel Principe e nei Discorsi ricorre a massime universali, da ciò sembra che il suo pensiero sia deduttivo (dall'universale al particolare), ma invece parte dall'osservazione della realtà. L'esperienza può essere: esperienza delle cose moderne è diretta e ricavata dalla partecipazione personale o lezione delle antique, ricavata dalla lettura dei classici. Per questo modo di accostarsi alla storia ha una conoscenza naturalistica, egli è convinto che l'uomo sia un fenomeno della natura e che i suoi comportamenti non varino nel tempo, perciò studiando la storia si arriva alle leggi universali, perciò troviamo molti esempi storici nell'opera. Ripropone così il principio dell'imitazione, da una visione naturalistica nasce la teoria dell'agire politico, per cui i fatti politici rispondono a precise leggi.
LE LEGGI DELL'AGIRE POLITICO
Per formulare le leggi si ha una visione pessimistica dell'uomo, per lui gli uomini sono malvagi(non indaga se per natura o in conseguenza a qualche peccato originale) si limita alla realtà. In un passo del Principe afferma che dimenticano prima la morte del padre che la perdita del patrimonio, dovendo agire fra tanti non buoni il principe non può essere buono perché andrebbe in rovina, egli deve essere umano oppure feroce come una bestia, propone l'immagine del centauro, mezzo uomo e mezza bestia. Machiavelli non è diabolico consigliere come spesso si è voluto far credere nel teatro elisabettiano fino ai romanzi gotici(tutt'ora per machiavellico si intende inganno). Comportamenti malvagi per la morali sono giusti per la politica(uccidere i nemici). Egli non fonda una nuova morale, individua giudizi che sono regolati secondo i criteri del utile e del danno politico. Si dice che il suo pensiero sia il fine giustifica i mezzi, ma è inesatto perché Machiavelli non giustifica, constata solo che certi comportamenti servono per mantenere lo Stato. Egli distingue tra tiranni e principi, il primo opera a suo vantaggio ed è crudele senza necessità, il secondo per la necessità dello Stato.
LO STATO E IL BENE COMUNE
Lo stato costituisce un rimedio alla malvagità dell'uomo, essa può essere ordinata nella repubblica il cui fine è la cosa pubblica, la durezza del principe deve avere per fine questo bene pubblico. Sono indispensabili perciò patriottismo, solidarietà e onestà, ma gli uomini non essendo buoni hanno bisogno di precise istituzioni: la religione, leggi, milizie. A lui non interessa la religione concettualmente, ma solo come strumento di governo, essa infatti obbliga al rispetto reciproco, questa era la sua funzione per i Romani, che però induceva al coraggio; nei Discorsi rimprovera la religione di aver indotto gli uomini alla mitezza. Le milizie sono il fondamento dello Stato e devono essere composte da cittadini in quanto fedeli alla loro patria, ciò rinsalderebbe i legami cittadino-patria. La forma di governo migliore è la repubblica è il principato è un'eccezione provvisoria; la repubblica non si basa sulle doti di uno solo ma su istituzioni stabile questa è la sua forza.
VIRTU' E FORTUNA
Egli ha due concezioni di virtù: quella eccezionale del singolo e quella del buon cittadino, Machiavelli ha una visione eroica dell'agire umano. Ha fiducia nella forza dell'uomo ma sa che ha precisi limiti che non dipendono dalla sua volontà ma dalla fortuna(come in Boccaccio). Egli ritiene che l'uomo può fronteggiare la fortuna, essa infatti è arbitra solo della metà delle cose umane e lascia regolare l'altra metà agli uomini. Vi sono vari modi per combattere la fortuna: 1)cogliendo l'occasione, cioè il politico deve trovare l'occasione adatta e approfittarne; 2) avendo la capacità di porre ripari, cioè prevedere possibili rovesci e predisporre i ripari. La virtù è un complesso di varie qualità: la perfetta conoscenza delle leggi politiche ricavate dall'esperienza o dalle lezioni antiche, la capacità di applicarle e la decisione nel metterle in pratica. La virtù è una sintesi di doti intellettuali e pratiche. Un'altra dote che occorre per opporsi alla fortuna è il riscontrarsi con i tempi, cioè adattarsi alle situazioni, in certi casi si deve avere la forza di un leone e in altri l'astuzia della volpe. Troviamo però un pessimismo in quanto questo duttilità non si ritrova quasi mai negli uomini, perché se hanno avuto sempre buon esito comportandosi in un certo modo difficilmente sanno adattarsi diversamente. Egli reintroduce la casualità che sfugge al controllo dell'uomo.
REALISMO SCIENTIFICO E UTOPIA PROFETICA
Il sistema logico della politica di Machiavelli è un vero sistema scientifico, la cui origine è data dall'urgenza di una soluzione pratica che da lo stimolo alla formazione del pensiero scientifico, che induce ad aderire alla verità effettuale introducendo pure una componente passionale. In lui l'impeto eroico gli da lo slancio volontaristico, non fermandosi al puro calcolo scientifico. Nell'ultimo capitolo del Principe la situazione disperata dell'Italia diviene la situazione ideale per un principe di mettere in atto le sue capacità; il popolo aspetta il suo messia. In questo capitolo all'analisi scientifica si sostituisce un atteggiamento profetico e passionale. La sfasatura tra l'utopia di un principe e la verità effettuale mette in luce una profonda sfasature tra il pensiero machiavelliano e il contesto storico: egli costruisce le basi per uno Stato moderno ma le condizioni per ciò non esistevano più in Italia.
Troviamo uno stile originale, egli rifiuta lo stile aulico ciceroniano del genere trattatistico rinascimentale, questa scelta deriva dal rapporto che l'opera vuole avere con la realtà, per incidere sul reale non servono ornamentazioni ma occorre una prosa chiara e immediata. Lo stile è secco e conciso, il periodare è energico e incalzante, il lessico è libero e vario, dove si mescolano latinismi e parole comuni. Una funzione essenziale è data dai paragoni e dalle metafore.
ARTE DELLA GUERRA E LE OPERE STORICHE
Nell'Arte della
guerra riprende i temi militari che lo interessavano. L'opera fu scritta nel
1519 e pubblicata nel
LE OPERE LETTERARIE
Egli teneva ad
essere considerato poeta, riprende la tradizione fiorentina, rime burlesche,
canti carnascialeschi. Il Decennale testimonia il legame con il comico
carnevalesco, scritto nel 1504, ripercorre la stoira fiorentina, la caduta dei
medici e i crollo dei Savonarola, riprende il modello della Commedia dantesca.
Nel 1514 scrive il Decennale Secondo dove tratta del decennio successivo, ma
rimane interrotto. Scrisse 4 Capitoli in terzine, trattanti l'ingratitudine,
l'occasione, la fortuna e l'ambizione. L'Asino è un poemetto in terzine,
rimasto incompiuto, riprende il mito di Circe e si rifà ad Apuleio, narra in
prima persona su un processo di iniziazione che lo porta tra gli animali di
Circe rappresentanti i vari tipi di uomini. L'opera si collega al rovesciamento
paradossale celebrando la superiorità degli uomini. L'unico testo che ci è
giunto è Belfagor arcidiavolo, narrante di un diavolo che scende sulla terra
per verificare se le moglie siano peggiori delle pene infernali; si sposa e
viene rovinato dalla moglie, viene salvato da un contadino, che però inganna,
ma quello lo minaccia di farlo ritornare con la moglie e ha la meglio. Il testo
più importante è
T15 L'ESILIO
ALL'ALBERGACCIO E
Indirizzata all'amico Vettori, riprende punto per punto la lettera precedentemente inviata da Vettori e descrive il modo in cui trascorre la propria giornata. Inizialmente è preoccupato di non aver ricevuto più posta dall'amico, pensava che la causa fosse che faceva leggere le lettere ad altri. Decide di raccontargli la sua giornata: spesso caccia uccelli oppure taglia la legna, gli racconta di un litigio con un amico comune per la presa di qualche catasta di legna, o di altri litigi in un'osteria per dei giochi a carte. Verso sera si dedica ai suoi studi classici. Gli rivela la sua composizione del Principe inizialmente dedicata a Giuliano, figlio di Lorenzo. Vorrebbe tornare a Firenza ma ha paura di tornare in prigione e ha delle cose da fare prima. Non era sicuro di consegnare l'opera a Giuliano de'Medici, si reputa sempre fedele e prova di ciò, dice, è la sua povertà. INGAGLIOFFO =mi abbasso di livello. Egli vuole far vergognare la fortuna per averlo ridotto ad un simile stato.
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