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ODI DI PARTE E ATROCI VENDETTE NEI COMUNI : IL CONTE UGOLINO (Dante ALIGHIERI, Inferno, Canto XXXIII, vv. 1 - 78 )

dante



ODI DI PARTE E ATROCI VENDETTE NEI COMUNI : IL CONTE UGOLINO

(Dante ALIGHIERI, Inferno, Canto XXXIII, vv. 1 - 78 )


La bocca sollevò dal fiero pasto

quel peccator, forbendola a' capelli

del capo ch'elli avea di retro guasto.


Poi cominciò: "Tu vuoi ch'io rinovelli

disperato dolor che 'l cor mi preme

già pur pensando, pria ch'io ne favelli.




Ma se le mie parole esser dien seme

che frutti infamia al traditor ch'i' rodo,

parlare e lagrimar vedrai insieme.


Io non so chi tu se' né per che modo

venuto se' qua giù; ma fiorentino

mi sembri veramente quand'io t'odo.


Tu dèi saper ch' i' fui conte Ugolino,

e questi è l'arcivescovo Ruggieri:

or ti dirò perch'io son tal vicino.


Che per effetto de' suo' mai pensieri

fidandomi di lui, io fossi preso

e poscia morto, dir non è mestieri;


però quel che non puoi avere inteso,

cioè come la morte mia fu cruda,

udirai, e saprai s' e' m'ha offeso.


Breve pertugio dentro da la Muda,

la qual per me ha 'l tit 242e42c ol de la fame,

e 'n che convien ancor ch'altrui si chiuda,


m'avea mostrato per lo suo forame

più lune già, quand' io feci 'l mal sonno

che del futuro mi squarciò il velame.


Questi pareva a me maestro e donno,

cacciando il lupo e ' lupicini al monte

per che i Pisani veder Lucca non ponno.


Con cagne magre, studiose e conte

Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi

s'avea messi dinanzi da la fronte.


In picciol corso mi parieno stanchi

lo padre e ' figli, e con l'agute scane

mi parea lor veder fender li fianchi.


Quando fui desto innanzi la dimane,

pianger senti' fra 'l sonno i miei figliuoli

ch'eran con meco, e dimandar del pane.


Ben se' crudel, se tu già non ti duoli

pensando ciò che 'l mio cor s'annunziava

e se non piangi, di che pianger suoli?






Quel peccatore sollevò la bocca dal suo pasto degno di una belva, pulendola sui capelli del capo che egli aveva rovinato mordendolo nella parte posteriore.

Poi cominciò a dire così:" Tu mi spingi a rinnovare un dolore immenso che mi opprime il cuore solo a pensarci prima ancora che io ne parli.

Ma se le mie parole debbono essere come il seme che frutti eterna infamia a questo traditore che io rodo, mi vedrai insieme piangere e parlare.

Io non so chi tu sia né in quale maniera tu sia riuscito a giungere fin quaggiù, ma mi sembri proprio un fiorentino quando ti sento parlare.

Sappi dunque che io fui conte Ugolino e questi l'arcivescovo Ruggieri: ora ti spiegherò perché io sono un vicino tanto molesto.

Non c'è bisogno di dire che, come conseguenza delle sue malvagie macchinazioni io, poiché mi fidavo di lui, fui catturato e poi messo a morte; però ora ascolterai ciò che non puoi aver sentito raccontare, cioè quanto la mia morte fu disumana e crudele, e così saprai se costui mi ha offeso.

Una stretta feritoia dentro la torre detta della Muda, e che ora per la mia vicenda ha preso il nome di torre della fame, e nella quale saranno chiuse altre persone, mi aveva mostrato attraverso la sua apertura più volte la luna piena, quando feci un sogno spaventoso che mi svelò il mio atroce futuro.

Mi sembrava di vedere che questi fosse il capocaccia nel dare la caccia al lupo e ai suoi lupicini sulle balze del monte che impedisce ai Pisani di vedere Lucca.

Aveva schierato in prima fila con cagne affamate, ardenti ed esperte i Gualandi, i Sismondi e i Lanfranchi.

Dopo una breve corsa il lupo e i lupicini mi parevano stanchi e mi pareva di vedere che le cagne, con i loro denti aguzzi, facessero a brani i loro fianchi.

Quando fui svegliato prima che sorgesse il sole, sentii piangere ancora mezzo addormentati i miei figlioli che erano rinchiusi con me, e chiedere del pane.

Sei davvero crudele se non provi già dolore al pensiero dello strazio che già mi si annunciava; e se non piangi (per una tragedia così grande), per che cosa sei solito piangere?





Già eran desti, e l'ora s'appressava

che 'l cibo ne solea essere addotto,

e per suo sogno ciascun dubitava;


e io senti' chiavar l'uscio di sotto

a l'orribile torre; ond'io guardai

nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto.


Io non piangea, sì dentro impetrai:

piangevan elli; e Anselmuccio mio

disse: "Tu guardi sì, padre! che hai?".


Perciò non lagrimai né rispuos'io

tutto quel giorni né la notte appresso,

infin che l'altro sol nel mondo uscìo.


Come un poco di raggio si fu messo

nel doloroso carcere, e io scorsi

per quattro visi il mio aspetto stesso,


ambo le mani per lo dolor mi morsi;

ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia

di manicar, di sùbito levorsi


e disser: "Padre, assai ci fia men doglia

se tu mangi di noi: tu ne vestisti

queste misere carni, e tu le spoglia".


Queta'mi allor per non farli più tristi;

lo dì e l'altro stemmo tutti muti;

ahi dura terra, perché non t'apristi?


Poscia che fummo al quarto dì venuti,

Gaddo mi si gittò disteso ai piedi.

dicendo: "Padre mio, ché non m'aiuti?".


Quivi morì; e come tu mi vedi,

vid'io cascar li tre ad uno ad uno

tra 'l quinto d' e 'l sesto; ond'io mi diedi,


già cieco, a brancolar sopra ciascuno,

e due dì li chiamai, poi che fur morti.

Poscia più che 'l dolor, potè il digiuno".


Quand'ebbe detto ciò, con gli occhi torti

riprese 'l teschio misero co' denti,

che furo a l'osso, come can, forti


Ahi Pisa, vituperio delle genti

del bel paese dove 'l sì sona,

poi che i vicini a te punir son lenti,


movasi la Capraia e la Gorgona,

e faccian siepe ad Arano in su la foce,

sì ch'elli annieghi in te ogni persona!


Chè se 'l conte Ugolino aveva voce

d'aver tradita te delle castella,

non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.





Ormai si erano svegliati e si avvicinava l'ora in cui di solito ci veniva portato un po' di cibo, ma ciascuno di noi dubitava a causa dei sogni che avevamo fatto; e io sentii che sotto di noi veniva inchiodata la porta di quell'orrenda torre, sicché guardai negli occhi i miei figlioli senza poter parlare.

Io non piangevo, tanto ero diventato pietra dentro di me: essi piangevano e il mio Anselmuccio disse: "Tu ci guardi così, Padre! Che cosa ti succede?".

Perciò io non piansi e non risposi per tutto quel giorno e per la notte seguente, finché il sole non spuntò di nuovo.

Non appena un po' di luce penetrò in quel carcere di dolore e io vidi nei loro volti quale doveva essere il mio aspetto stesso, per il dolore mi morsi ambedue le mani; ed essi, pensando che lo facessi per voglia di mangiare, subito si alzarono in piedi e dissero: "Padre, per noi sarà un dolore assai minore s e tu ti cibi di noi; tu ci hai rivestito di questo corpo infelice, tu toglicelo!".

Allora controllai i miei gesti per non addolorarli ancora di più; e quel giorno e quello seguente restammo tutti muti: ahi, terra crudele, perché non ti spalancasti per inghiottirci?

Dopo che fummo giunti al quarto giorno , Gaddo si gettò disteso ai miei piedi dicendo:" Padre mio, perché non mi aiuti?".

E lì morì; e come ora tu mi vedi, così io vidi cadere i tre ragazzi uno dopo l'altro tra il quinto e il sesto giorno; perciò io, diventato cieco, mi misi a brancolare su di loro, (invocandoli, toccandoli e accarezzandoli) per due giorni dopo che furono morti. Poi il digiuno fu più forte del dolore".

Quando ebbe terminato di dire ciò, con gli occhi stravolti azzannò di nuovo quel teschio  con i suoi denti che stridettero con forza sull'osso come zanne di un cane affamati

Ah, Pisa, vergogna dei popoli italiani dove risuona il sì, poiché i tuoi implacabili vicini sono lenti a punirti, si muovano Capraia e Gorgona e facciano diga sulla foce dell'Arno, cosicché anneghi ogni tuo abitante!

Perché se il conte Ugolino aveva fama di aver tradito Pisa riguardo ai castelli, tu non dovevi sottoporre a tale martirio i suoi figlioli




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