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'Inferno' - CANTO VII - Il ruolo svolto da Virgilio e il rapporto di questi con Dante

dante




"Inferno" - CANTO VII

Epiteti e perifrasi che rimandano a Virgilio

".quel savio gentil, che tutto seppe,." - v. 3

"Maestro mio." - v. 37 e v. 67

"Maestro." - v. 49

"Lo buon mae 717g68h stro." - v. 115

Il ruolo svolto da Virgilio e il rapporto di questi con Dante

Nel VII canto dell'Inferno, Dante e Virgilio attraversano il IV cerchio e scendono al V, dove si trova la palude dello Stige.



All'inizio del canto i due poeti si trovano davanti ad un mostro infernale, Pluto, che minaccioso si rivolge con dure parole contro di loro, ma Virgilio gli risponde rammentandogli, come aveva fatto anche con i precedenti demoni, che il loro cammino è stato voluto da Dio e quindi non può essere messo in discussione. Pluto si fa da parte e i due proseguono il loro viaggio.

Nel IV cerchio Dante incontra gli avari e i prodighi, che procedono in due schiere opposte, spingendo col petto pesanti macigni, fino a ritrovarsi l'uno di fronte all'altro, per rinfacciarsi reciprocamente i peccati commessi. Una volta finito, riprendono il cammino per rincontrarsi di nuovo dalla parte opposta. Virgilio informa Dante circa il tipo di peccato qui punito e gli comunica che è impossibile riconoscere chi siano state queste anime in vita, in quanto il peccato le ha rese irriconoscibili.

Virgilio parla a Dante della Fortuna e il fiorentino chiede di sapere bene chi essa sia e da dove provenga. Virgilio gli spiega che Dio, così come ha creato le intelligenze angeliche cui ha affidato il moto dei cieli, ha ordinato un'altra intelligenza angelica che si occupasse dei beni terreni dell'uomo.

Attraversato il IV cerchio, i due poeti scendono nel V e giungono ad un ruscello dalle acque torbide, che sfocia nella palude Stigia. Dante qui scorge delle anime che, immerse nel fango, si percuotono e si mordono a vicenda. Virgilio spiega che sono gli iracondi, cioè coloro che in vita sono stati sopraffatti dall'ira, ed aggiunge che sotto di loro ci sono altre anime dannate, gli accidiosi, i quali hanno covato l'ira dentro di loro molto a lungo, vivendo in uno stato di infelicità, ma senza far nulla per migliorare la propria condizione.

Dante e Virgilio girano lungo la riva dello Stige, osservando i peccatori, finché non si trovano ai piedi di un'altissima torre.

Il ruolo di Virgilio all'interno di questo canto è lo stesso che il poeta dell'Eneide svolge in tutto l'Inferno, ossia quello di informare Dante su quanto accade intorno a loro. Dante rivolge a colui che chiama "Maestro mio" continue domande sui peccatori, sulle punizioni loro inflitte e su tutto ciò che riguarda il mondo terreno e quello ultraterreno. Più volte Virgilio si stupisce delle domande che Dante gli pone, sottolineando quante cose i vivi non possono arrivare a sapere, come succede ai versi 67-71, quando Dante gli chiede di parlargli della Fortuna, e lui risponde:

".Oh creature sciocche,

quanta ignoranza è quella che v'offende!."




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