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De vulgari eloquentia
Il De vulgari eloquentia, scritto in latino, riprende ed amplia il discorso sulla dignità del volgare.
Si tratta di un trattato di retorica che fissa le norme 121i84b per l'uso della lingua volgare, il cui obiettivo è la trattazione di una lingua letteraria, non solo di uso comune. Doveva comprendere 4 libri, ma fu interrotta a metà del 2°.
Il I libro imposta il problema di un volgare illustre, adatto ad argomenti elevati ed importanti. Questo "volgare" deve essere: cardinale, cioè far da cardine a tutti i dialetti municipali; aulico, cioè proprio del palazzo reale; curiale, cioè rispondere alle esigenze delle corti. Anche se non ci sono regge e corti, ne esistono molti esponenti, cioè letterati e dotti.
Nel II libro definisce gli argomenti per cui occorre uno stile tragico: le armi, l'amore e la virtù. La forma poetica in cui si deve concretare questo stile è la canzone.
Nel De vulgari eloquentia Dante allarga il campo poetico della nuova lingua letteraria, spostandolo dall'amore a tutti gli argomenti morali ed epici. Egli interrompe questo trattato per la Commedia, che parla in volgare non più tragico, ma comico.
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