Trama:
Una mattina all'inizio di marzo, nell'aula di un ginnasio di Budapest
regnava una certa agitazione. Parte dei ragazzi erano stanchi di star seduti
sui banchi con la primavera alle porte, ma oltre una dozzina di loro aveva
altri motivi di irrequietezza. Sottovoce un gruppo di ragazzi, i ragazzi di via
Paal si erano passati la notizia che quel giorno, alle tre, si sarebbero
riuniti al campo, per eleggere il nuovo capo gruppo. Il campo dove i ragazzi si
riunivano abitualmente era una grande estensione di terreno incolto, circondato
da una palizzata con due entrate: una sulla via Paal e l'altra su via Maria. In
fondo sorgeva una segheria con affianco lo sgabuzzino del custode e, ammassate
lì davanti, e 444b14e normi cataste di legna. I ragazzi avevano scoperto quel terreno
per caso, ci si erano insediati, ormai era come se fosse di loro proprietà e si
consideravano fortunatissimi, in una grande città affollata come Budapest, di
avere tanto spazio per giocare a pallone, riunirsi e discutere. La loro società
si chiamava "Società dello Stucco". Era stato scelto quel nome perché
ogni membro si era impegnato a portare un po' di stucco grattandolo dalle
finestre di casa o facendosi regalare qualche rimasuglio dai vetrai. Quel pezzo
di stucco era il simbolo della loro società. Periodicamente veniva eletto un
presidente ed erano in molti ad aspirare a quella carica, ma stavolta, colui
che aveva maggiori probabilità era Boka, un ragazzo alto, sui quattordici anni,
calmo, riflessivo ma anche coraggioso, che dava affidamento in ogni situazione.
Tra i membri della società c'erano Csonakos, specializzato nell'emettere fischi
laceranti; Gereb, ambizioso e testardo; Csele, considerato l'elegantone del
gruppo; Nemescek, un ragazzino biondo, magro e dall'aspetto fragile; Richter,
Kolnay, Barabas e tanti altri. Il gruppo era organi7~7~to militarmente, tutti
avevano un grado eccetto Nemescek, che era ancora soldato semplice e che tutti
si sentivano autorizzati a comandare a bacchetta. Il povero biondino ne soffiava,
ma continuava a sperare in una promozione. Quel giorno aveva qualcosa di
scottante da rivelare all' uscita della scuola, vincendo l'abituale timidezza,
corse da Boka che veniva avanti insieme a Gereb. Il ragazzo riferì che, ieri, i
fratelli Pasztor, che appartenevano a una banda, detta delle "Camicie
Rosse", poiché tutti i componenti indossavano sempre camicie di quel
colore, mentre lui era andato a giocare a palline davanti al muro dell'orto
botanico, insieme Csonakos, si erano appropriati delle loro palline con la forza. Il quartieri
generale delle "Camicie Rose" era l'Orto Botanico, erano acerrimi
nemici della "Società dello Stucco", erano contraddistinti dal colore
rosso, mentfe il colore dei ragazzi di via Pal era il verde e il rosso. I
ragazzi di via Pal decisero che era ora di cliÙ:gli una lezione e fare in modo
che non accadessero mai più simili prepotenze. Boka alla fin~'decise che si
sarebbero ritrovati il pomeriggio stesso, alle tre, per discutere sul da farsi.
Il p~o ad arrivare all'appuntamento, quel giorno, fu Nemescek. Gli piaceva
contemplare in pace quel grande campo che, pella sua fantasia, come del resto
in quella degli altri ragazzi, a volte era una grande prateria piena di indiani
in agguato, a volte una sterminata foresta, a volte un fortino da difendere a
costo della vita. Infatti, in cima alle cataste di legno, i ragazzi della via Paal
avevano costruito dei fortini rudimentali. Nemescek richiuse la porta
sbarrandola, si sedette su di una pietra ed intanto mangiava un pezzo di pane;
poi pensò di andare a fare un giretto intorno alle cataste di legna.
All'improvviso gli sbucò davanti Ettore, un grosso cane nero che apparteneva al
guardiano della segheria ed era amico dei ragazzi. Il cane iniziò a
scodinzolare e, abbaiando, sempre più forte, si diresse verso una delle
cataste. Sulla cima di quella catasta sventolava la bandiera rossa e verde dei
ragazzi della via Pal. Nemescek si avvicinò insospettito: Ettore non si era mai
comportato in quel modo. Con il cuore che gli batteva forte cominciò ad
arrampicarsi. Una volta giunto in cima alla catasta azzardò un' occhiata al
fortino e, proprio accanto alla bandiera, sul punto di afferrarla, vide con la
rossa camicia fiammeggiante, Franco Ats, il temutissimo capo della banda
dell'Orto Botanico. Spaventato ridiscese a gran velocità e quando osò volgersi
indietro, il nemico era scomparso e con lui era scomparsa anche la bandiera. Nemescek
non sapeva che fare, avvilito e infuriato stava riflettendo, quando udì battere
quattro colpi alla porta che dava su via Paal, il segnale di riconoscimento
degli appartenenti alla società. Corse ad aprire e si trovò davanti Boka, Csele
e Gereb. Nemescek annunciò il fatto accaduto. Visto che erano arrivati anche
gli altri, pensarono di rimandare il discorso a più tardi perché era giunto il momento
di eleggere il presidente. Vennero distribuiti dei foglietti su cui ciascun
ragazzo avrebbe dovuto scrivere il nome . del candidato preferito. Boka ottenne
undici voti, Gereb tre e dall'occhiata che lanciò il rivale vittorioso si
capiva bene che era arrabbiato e deluso. Boka decise di vendicare l'affronto
delle Camicie Rosse e dimostrare il loro coraggio, prima che il gruppo rivale
tornasse di nuovo allOro campo. Le sue parole suscitarono un uragano di
applausi e la riunione fu sciolta. n giorno seguente, all'uscita da una lezione
pomeridiana, Boka aveva pronto il suo piano e lo rivelò ai suoi compagni..l..
Il piano coinvolgeva Boka e due volontari; essi avrebbero dovuto raggiungere
l'isola in mezzo al laghetto dove le Camicie Rosse avevano il loro quartier
generale e appendere ad un albero un pezzo di carta rossa con scritto:
"qui ci sono stati i ragazzi di via Paal". Quel giorno Gereb non era
a scuola ma, secondo alcune testimonianze non era amma1ato e Boka era molto
sospettoso di questo comportamento. Egli era apparso deluso e rabbioso dopo la
mancata elezione a presidente; era ambizioso, non aveva un buon carattere e a
quella carica teneva molto. Per la spedizione si fecero avanti Nemescek che
all'idea di un'idea così temeraria era riuscito a superare la timidezza e
Csonakos, il fischiatore. Cominciò a farsi buio e Boka, N emescek e Csonakos si
avviarono verso l'Orto Botanico. Dopo mezz'ora di cammino si trovarono davanti
al muro alto e minaccioso dell'Orto Botanico. Ci girarono intorno alla ricerca
di un punto in cui fosse più basso, lo trovarono e scelsero di scavalcarlo là
dove si alzava, proprio a ridosso del muro, un grosso albero di acacia.
Csonakos rimase come vedetta sull' albero mentre gli altri due strisciando tra
l'erba raggiunsero la riva del laghetto. Trovarono una barchetta con la quale
avrebbero attraversato illaghetto. Boka e Nemescek si inoltrarono cautamente
sull'isola fino ai bordi di una radura illuminata da una lante~i intorno
c'erano Franco Ats, i ttatelli Pasztor e molti altri. Nemescek soffocò a fatica
un grido: tra le Camicie Rosse c'era Gereb! Gereb stava spiegando al capo delle
Camicie Rosse il modo migliore per invadere il campo di via Pal. I ragazzi
volevano, con una e vera e propria guerra impadronirsi del loro campo. Appena
se ne andarono Boka balzò fuori dai cespugli, attaccò il foglietto rosso ad un
albero e ritornarono velocemente alla barca. Csonakos li aspettava. Iniziarono
a remare ma la barca si era impantanata e non si muoveva. Nel frattempo, le
Camicie Rosse erano tornate alla radura e notarono il foglietto rosso.
Intuirono che i ragazzi di via Pal non potevano essere lontani e decisero di
cercarli. Nemescek, Boka e Csonakos si nascosero nella serra e un momento dopo
le Camicie Rosse irrompevano nella serra. Boka era ben nascosto dietro la
porta, Csonakos si era messo ~tto gli scaffali e Nemescek si era immerso nella
vasca delle ninfee. Gli inseguitori si aggirarono a lungo tra le piante ma non
riuscirono a trovarli. I tre ragazzi, riunendo tutti gli spiccioli che posse\ievano,
acquistarono il biglietto del tram a cavalli. Nemesceck non ce la faceva più
era tutto raffreddato così tornò a casa con quel mezzo mentre gli altri due
tornarono a casa a piedi. Il giorno seguente, i ragazzi di via Pal erano tutti
al campo tranne Boka. Csonakos stava raccontando l'impresa della sera prima
agli altri ragazzi, tutti l'ascoltavano con attenzione ad eccezione di
Nemescek, che conosceva già tutto. Nel ttattempo si guardava distrattamente
intorno e improvvisamente vide Gereb aggirarsi con aria furtiva vicino alle
cataste di legno. Raccogliendo le proprie forze, Nemescek si lanciò
all'inseguimento. Gereb era scomparso tra le cataste, si era avvicinato alla
casupola del guardiano e stava parlando con lui. Nemescek si avvicinò per sentire
meglio: Gereb aveva portato dei sigari al guardiano ed una piccola somma di
denaro ed in cambio gli aveva chiesto di cacciare i ragazzi della Società dello
Stucco ed alloro posto sarebbero venuti dei ragazzi più tranquilli cioè I
ragazzi delle Camicie Ros~Nemescek corse subito, a gambe levate, verso il
centro del campo. Boka non c'era e lui era agitatissimo, la sorte di tutti era
nelle sue mani. Andò a cercare Boka e gli raccontò ciò che aveva sentito. Due
giorni dopo le Camicie Rosse si riunirono di nuovo nel giardino botanico e si
accorsero che mancava la loro bandiera. Mentre discutevano un attimo dopo i
rami di un albero vicino scricchiolarono e un ragazzino biondo piombò nella
radura. Le Camicie Rosse rimasero sbalordite sopratutto Gereb che riconobbe Nemescek.
Nemescek calmo, disse che era stato lui a rubare la bandiera, aveva sentito
tutto quello che dicevano e, siccome Gereb aveva detto che i ragazzi di via Pal
non avevano coraggio, pensò di dimostrarglielo in questo modo. I fratelli
Pasztor si avvicinarono minacciosi a Nemescek e lo afferrarono per le spalle
pronti a picchiarlo. Franco Ats li fermò, riconobbe il suo coraggio e lo invitò
a diventare uno di loro ma Nemescek, deciso, affermò che non si sarebbe mai
alleato con loro. Per punizione non lo picchiarono ma lo immersero più volte
nell'acqua del laghetto e poi lo lasciarono andare. L'indomani, entrando nel
campo, i ragazzi videro, attaccato allo steccato,.1P.) foglio che Boka aveva
compilato. n messaggio invitava i ragazzi a stare allerta e di fare il loro
dovere: le Camicie Rosse li avrebbero attaccati da un momento all'altro. Ai
ragazzi passò subito la voglia di giocare e divertirsi e iniziarono a preparare
la battaglia.
Nemescek, quel ragazzino timido e insignificante, l'unico
soldato semplice dell'esercito di via Paal, era stato scelto come aiutante di
campo. Boka si dimostrò un grande generale e l'entusiasmo di tutti salì alle
stelle.
Quando era tutto pronto e i soldati erano ognuno al proprio
posto, si sentì bussare alla porticina. Boka apri e si trovò davanti Gereb,
pallido ed impacciato, voleva dire qualcosa ma non sapeva da che parte
cominciare. Gereb era pentito e voleva rimediare agli errori commessi
riportando la bandiera rubata da Franco Ats che Nemescek, dopo averla
coraggiosamente ripresa la notte scorsa, fu costretto a restituire. Boka cacciò
Gereb dicendogli che la bandiera l'avrebbero ripresa nel corso del
combattimento. In seguito, due colpi secchi bussati alla porta misero a tacere
i ragazzi entusiasti ed eccitati per l'avvicinarsi dello scontro. Era un
signore, con la barba, vestito di nero, con gli occhiali, era il padre di Gereb
e chiedeva ai ragazzi per quale motivo avessero espulso suo figlio. Il padre di
Gereb si rivolse a Nemescek, l'unico testimone del tradimento del figlio ma
egli stava malissimo, aveva la febbre alta, le tempie che martellavano e non
era nemmeno molto lucido. Rispose al padre di Gereb che suo figlio non era un
traditore e uscì barcollando mentre il padre di Gereb sghignazzava soddisfatto.
Gli altri ragazzi pensarono che Nemescek fosse un bugiardo di cui non ci si
potesse fidare e scrissero sul libro nero il suo nome. Il giorno dopo tutta la
scuola venne a sapere dei preparativi di guerra; Nemescek era rimasto a casa,
era assente, si era preso un brutto raffreddore, dopo aver fatto tre bagni
gelidi per onore e coraggio così i ragazzi di Via Paal si decisero a cancellare
il suo nome dal libro nero. Quel pomeriggio si presentò al campo una donna che,
con in mano una lettera chiedeva di entrare. Boka andò ad aprire la porta e la
donna, che era la domestica del signorino Gereb, consegnò a Boka la busta. Nella"
lettera, Gereb ringraziava Nemescek per aver detto a suo padre che egli non era
un traditore e per dire che le Camicie Rosse non avrebbero cambiato i loro piani,
che il suo cuore è sempre stato dalla loro parte, che avrebbe voluto combattere
alloro fianco e che aspettava una risposta. I ragazzi si radunarono per
discutere della lettera e decisero di riaccettarlo con loro. La domestica se ne
era andata da qualche minuto, era corsa a dirlo a Gereb. Gereb ora era
ritornato e un attimo dopo la sentinella urlava: "nemico in vista".
Boka pensò subito che Gereb li avesse ingannati di nuovo ma Gereb si difese
dicendo che forse le Camicie Rosse si erano accorte che era nascosto
sull'albero e hanno cercato di ingannarlo. Le Camicie Rosse avanzavano ma erano
solo in tre: i due Pasztor e un altro ragazzo. Agitavano uno straccio bianco,
venivano come ambasciatori. Volevano annunciare che li avrebbero attaccati
domani alle due e mezzo in punto e chiesero notizie sulla salute di Nemescek.
Poi andarono a trovarlo per augurargli una pronta guarigione e per farsi
perdonare del bagno.
Il giorno della battaglia era un bel giorno, limpido, tiepido,
primaverile. Tutto era al proprio posto, non restava che aspettare. Due squilli
di tromba annunciarono l'arrivo del nemico. L'esercito nemico irruppe nel campo
di combattimento, la battaglia era definitivamente aperta. Dalle trincee, posizionate
sulle cataste di legna balzavano fuori, a sorpresa, i battaglioni nascosti,
mentre pesantissime bombe di sabbia si rovesciavano dall'alto. Tutti
combattevano come leoni e già qualche Camicia Rossa era con le spalle a terra.
Il regolamento, infatti, prevedeva che chi veniva messo con entrambe le spalle
a terra doveva considerarsi morto e abbandonare il campo. Per le Camicie Rosse
sorsero numerose difficoltà ben più gravi del previsto. Franco Ats, il capo
della banda, venne a sapere che molti suoi compagni erano stati legati e
rinchiusi nella casetta, così corse per liberarli ma, all'improvviso gli piombò
addosso un ragazzino biondo, mingherlino. A questo punto le Camicie Rosse
sconvolte per la perdita del comandante presero precipitosamente la fuga. Quando Franco
Ats si rialzò, era rimasto solo e Nemescek giaceva per terra, ai suoi piedi,
svenuto. Boka ed i suoi accorsero ad aiutare il ragazzino esanime e gli
bagnarono la fronte. Dopo
un po' Nemescek aprì gli occhi e si assicurò sulla vittoria che era in gran
parte merito suo. Nemescek fu proclamato comandante e applaudito da tutti.
Mentre tutti festeggiavano la vittoria comparve una donna bionda, pallida come
un fantasma, avvolta in uno scialle. Piangendo prese il figlio malato e lo
portò a casa. Nemescek stava sempre peggio, non mangiava più, era sempre più
magro e non faceva che dormire. Un pomeriggio, venne a fargli visita Boka e un
attimo dopo arrivò il medico, lo visitò e constatò che ormai non c'era più
niente da fare. Poco dopo arrivarono tutti gli altri compagni per consegnargli
un diploma d'onore. Nemescek iniziò a delirare: urlò, si alzò in piedi sul
letto, chiese di passargli i vestiti, voleva andare al campo per l'ultima volta
e morire là. Poi si tranquillizzò, i ragazzi gli lessero il suo diploma, pian
piano gli occhi di Nemescek si chiusero e non dette più nessuna risposta. La
mamma di Nemescek si avvicinò, si chinò sul letto ma il figlio non respirava
più, aveva le mani gelide! I ragazzi di via Paal indietreggiarono, il silenzio
impressionante fu rotto dal pianto dei due genitori. Ora Nemescek era in
paradiso dove poteva vedere fina1mente il campo tanto amato e sorridere al
ricordo di tante grandi imprese.
Penso che sia un libro molto bello e avvincente che
rappresenta i valori dell'amicizia e del coraggio, la fantasia, la monelleria
ma anche la sconfitta eroica del più debole che con il suo sacrificio decide le
sorti dell'ultima battaglia ed insegna ai suoi compagni l'inutilità della
guerra.