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La giustizia nei "Promessi Sposi"
Sin dalle prime pagine de "I promessi
sposi", il Manzoni ci presenta una società violenta, dove le questioni
(come dice lo stesso don Abbondio, durante il colloquio con Renzo) non si
discutono in termini di torto o di ragione, ma in termini di forza. I
principali responsabili di questa drammatica situazione, sono, sempre secondo
l'Autore, i vari signori e signorotti locali, i quali, disponendo di un'elevata
influenza sulle istituzioni giudiziarie e protetti da piccoli eserciti
personali di bravi, eludono 313i83d con facilità le gride ( leggi ) per far valere il
proprio potere d'oppressione sulla popolazione. Il clima d'ingiustizia e di
violenza è quindi determinato dall'ancora forte potere feudale, personificato nella
figura di don Rodrigo, e dalla totale inefficacia dell'apparato giudiziario
spagnolo, la cui organizzazione burocratica, lenta e macchinosa, non riesce a
garantire ai cittadini la protezione necessaria.
Così, l'unica "giustizia" rispettata è quella di don Rodrigo e di
quelli che, come lui, dispongono della violenza come strumento di dominio. Ma
non basta. Anche gli intellettuali, uomini di chiesa come no, sono asserviti
alla causa del potere, e sono costretti ad accettarne le logiche di
sfruttamento. Don Abbondio, l'Azzecca-garbugli, uomini comuni, persone di per
sé innocue, lontane dal sangue e dalla violenza, divengono, insieme alla stessa
cultura che possiedono, le vittime e gli strumenti dell'oppressione. Appare
quindi chiaro, a questo punto, il senso delle parole del Manzoni: gli
oppressori, non si limitano a esercitare la violenza sui deboli, ma coinvolgono
nelle loro logiche anche uomini prima estranei al terribile sistema
dell'"ingiustizia organizzata".
Oltre però agli intellettuali che diventano
uno strumento nelle mani del potere, macchiandosi di delitto, le parole
dell'Autore si riferiscono anche a un altro tipo di induzione alla violenza e
all'odio: quella che i quotidiani episodi d'oppressione suscitano nella povera
gente. Dalla base della piramide sociale, si vedono salire infatti, oltre alle
lacrime dei deboli sfruttati, anche le loro parole di rabbia, di odio, di
indignazione, di vendetta. Ed è a questo proposito che il Manzoni scrive la sua
massima: "I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque
modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del
pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi". Infatti, dopo
aver appreso la verità, e cioè che il suo matrimonio con Lucia è impedito dal volere
di don Rodrigo, la prima reazione di Renzo è quella di progettare tremendi
propositi di vendetta. Improvvisamente, la figura di Renzo si stravolge, e quel
giovane "pacifico e alieno dal sangue" che era, si trasforma in un
aspirante assassino. Avrebbe voglia di farla finita e, pur con i suoi
scarsissimi mezzi, di affogare nel sangue la boria di don Rodrigo. Nella sua
mente vorticano improvvisamente turpi progetti di morte: agguati, omicidi,
vendette. La sua metamorfosi, veloce e drammatica quanto disperata, colpisce il
lettore e lo spinge a riflettere sulle parole dell'autore. È il circolo vizioso
dell'odio e della violenza (il forte opprime il debole che impara ad odiare a
sua volta) che trasforma la storia umana, e non solo quella del Seicento, in una
immensa carneficina, in una grande valle di rabbia e oppressione. Ma a questo
punto interviene il tema della provvidenza divina, tanto caro al Manzoni, che
fornisce il modo per spezzare il circolo che aggiunge male al male
. Così come l'immagine di Lucia riporta la ragione nella mente di Renzo e lo
riconduce sulla sua strada, così come la sua ferma fiducia in Dio e nella
giustizia divina, riporteranno la luce nell'oscurità dei biechi pensieri di
Renzo, la provvidenza promette al debole la redenzione e il riscatto
dall'oppressione, a patto che sia lui, il primo a interrompere il circolo di
sangue, non rispondendo alla violenza con altra violenza (nel Vangelo, Cristo
stesso dice: "Se ti danno uno schiaffo, tu non rispondere, ma porgi
l'altra guancia"). Lucia stessa griderà all'armata a Renzo, sentiti i suoi
propositi: "No, no, per amor del cielo! Il Signore c'è anche per i poveri;
e come volete che ci aiuti, se facciam del male?".
In queste parole, il Manzoni ci lascia un profondo messaggio, la fiducia nella
giustizia divina come unico mezzo di ribellione alle logiche della violenza
che, in ogni minimo sopruso, alimentano lo spettro del male che aleggia su
tutta la storia umana.
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