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LA LETTERATURA NELL'ETA' NAPOLEONICA - GLI ESULI NAPOLETANI A MILANO

letteratura



LA LETTERATURA NELL'ETA' NAPOLEONICA


GLI ESULI NAPOLETANI A MILANO

Il fallimento della rivoluzione napoletana del 1799 comporta la fuoriuscita degli intellettuali che si erano apertamente schierati contro i Borboni, che una volta rifugiatisi  a Milano contribuiscono ad avviare un profondo rinnovamento cultura 313c24d le. Gli intellettuali lombardi erano caratterizzati da una cultura di stampo illuministico francese sulla quale si innestano precisi richiami alla cultura tipicamente nostrana dei tempi passati (Machiavelli e Vico).



L'opera più ricca di novità ideologiche è sicuramente quella di Vincenzo Cuoco (1770 - 1823). Durante il suo soggiorno milanese pubblica il Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 e dirige il "Giornale italiano". Sempre a Milano frequenta circoli intellettuali dove diventa amico del giovane Manzoni, e dà alle stampe il romanzo Platone in Italia in cui, per avvalorare l'ipotesi del primato italico immagina un viaggio del filosofo greco nell'Italia meridionale, durante il quale scopre che non i greci, ma gli italici antichi furono i veri fondatori delle filosofia.

L'opera sua più famosa rimane sicuramente il saggio, che non offre un resoconto descrittivo, ma un'interpretazione ideologica secondo la quale giunge alla conclusione che il fallimento è stato causato dal fatto che gli intellettuali hanno voluto applicare il modello della rivoluzione francese, nell'ideologia giacobina, senza ragionare che le cause dei due avvenimenti erano completamente differenti. Altro errore è stato che gli intellettuali non si sono avvicinati ai reali bisogni del popolo che non si muove secondo la ragione, ma secondo il bisogno. Testo pag. 16


IL PURISMO LINGUISTICO

Molte tendenze nazionalistiche si manifestano anche nelle teorie dei puristi, che hanno come obbiettivo quello di contrastare il diffondersi della lingua francese, sostenendo un italiano puro, vale a dire quello precedente a Boccaccio che accusano di aver rovinato quella semplice parlata toscana che si avvicinava molto alla perfezione delle prosa greca.

Il teorico più rigoroso è l'abate Antonio Cesari (1760 - 1828). Egli sostiene la necessità di un ritorno alla prosa letteraria degli scrittori toscani del Trecento. Ne fornisce un esempi nella composizione di scritti religiosi e nella riedizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca, arricchendolo con numerose voci attinte al lessico del periodo letterario da lui tanto amato.

Più complessa è la posizione di Pietro Giordani (1774 - 1848), l cui purismo s'inserice nell'estetica neoclassica come ricerca della prosa perfetta a imitazione di quella degli autori del Trecento e soprattutto a imitazione della prosa greca.









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