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Il Novecento - La letteratura fra le due guerre

letteratura



Il Novecento


I temi decadenti aprono e contraddistinguono il fenomeno culturale del nostro secolo. Se l'ottocento è stato l'epoca della pienezza del sentimento e della realtà di una visione ordinata,compatta, ogget 323i87d tiva del mondo, dell'unità della coscienza, il Novecento appare caratterizzato dall'angoscioso smarrimento della coscienza di fronte al non-senso della vita,dalla frantumazione dell'io, oppure anche, all'estremo opposto, dall'idea esaltante di un modo rivoluzionario di essere (il superuomo).

La letteratura fra le due guerre

I letterati tendono ad occuparsi esclusivamente di letteratura, sia per scelta ideologica sia per non incappare nella censura fascista.  Tuttavia, nonostante la chiusura provinciale imposta alla cultura italiana dal regime fascista, il panorama italiano è abbastanza articolato. Le esperienze più significative sono:

le riviste italiane, alcune legate al fascismo, altre interessate al dibattito letterario. Tra queste la Ronda, che polemizza con tutta l'avanguardia del primo Novecento e propone il ritorno ai puri valori formali della tradizione letteraria. I rondisti propongono una prosa d'arte ispirata alla prosa dello Zibaldone e delle Operette morali di Leopardi ed estranea alla realtà sociale e politica.

la narrativa d'opposizione (Alvaro-Moravia-Bernari-Silone)

una nuova stagione della poesia lirica,libera da ogni intenzione oratoria, didascalica, discorsiva.


Poesia pura ed Ermetismo

Le grandi esperienze del secondo Ottocento erano state superate e stravolte dalla nuova civiltà industriale; l'esperienza della guerra aveva disintegrato il borghesismo crepuscolare e proiettato i nazional-futuristi sulla strada dell'avventura fascista.



L'artista, quindi, si era ritrovato solo con la sua angoscia esistenziale di uomo di pena e di naufrago senza domani e di conseguenza si affida alla poesia come all'illusione suprema capace di riscattare l'uomo dal male di vivere. La poesia così diventa mezzo di conoscenza, illuminazione che coglie il segreto delle cose.

In questa temperie culturale e politica si affermò la poesia pura o nuova (per l'esigenza di essenzialità della parola) che tentò di dare voce al sentimento di disperazione e di desolazione dell'uomo che aveva visto crollare le sue speranze ed illusioni.

Timorosi di compromettersi desiderosi di evitare qualsiasi confusione con i partiti e il potere, i letterati e i poeti in  particolare si chiudono aristocraticamente nel loro mondo a meditare sulla condizione esistenziale dell'individuo, tendendo l'orecchio verso le zone misteriose dell'inconscio e rinnovando il dramma già romantico dell'incomunicabilità. Questa tragica concezione dell'uomo e dell'esistenza chiedeva un linguaggio nuovo, una parola prosciugata dalle leggi della metrica e della sintassi.Questo linguaggio, che si avvaleva di un simbolismo chiuso, facendo violenza ad ogni forma di tradizione e ricreava il linguaggio poetico, fu definita da Francesco Flora "Ermetismo" (Ermete o Mercurio era il dio pagano delle scienze occulte e quindi poesia di difficile comprensione). Da allora (I936) si cominciò a parlare di poesia ermetica e di poeti ermetici, quasi che Ungaretti e gli altri poeti avessero dato vita ad una scuola poetica, il cui carattere specifico fosse l'incomprensibilità voluta, per escludere i non addetti ai lavori. L'aggettivo ermetico perdette,tuttavia, presto il significato negativo e fu assunto ad indicare un genere di poesia, che portava a conclusione tutte le più valide e più stimolanti esperienze culturali e artistiche italiane ed europee a partire dalla fine dell'Ottocento. Gli ermetici fecero tesoro dell'insegnamento dei simbolisti e degli impressionisti francesi, delle proposte innovatrici dei futuristi, dei Vociani (culto del frammento e del componimento breve) della lezione stilistica dei Rondisti.Rifiutarono la sintassi, la metrica tradizionale, mirarono all'essenzialità della parola impiegata in modo nuovo, considerarono la poesia come rivelazione della condizione esistenziale dell'uomo, concentrato nell'evocazione della propria interiorità smarrita e delusa. Da questo bisogno di caricare la parola di tutta la sua potenza e di usarla fuori di ogni intento oratorio, dal desiderio di purezza e di essenzialità, scaturiscono le caratteristiche di questa poesia che possono essere espresse nei seguenti termini:


a)  ripetizione del vocabolo che diviene, talvolta, ossessivo.

b)  contrazione della sintassi che produce varie interpretazioni di una stessa frase tutte accettabili.

c)  abolizione totale e parziale della punteggiatura.

d)  nuovo valore dato alle pause che si fanno grevi di significato.

e)  essenzialità dei vocaboli e della lingua. La nuova poesia rifiuta ogni abbellimento esteriore, mira all'essenziale delle cose, recupera la parola nella sua originale carica espressiva, elimina i caratteri comunicativi.Tale complessa operazione si affida all'analogia e alla rottura dei legami logici.

f)   analogia che può essere considerata una metafora abbreviata con la soppressione del come. Già usata dai simbolisti francesi, essa permette di concentrare impressioni e sensazioni in versi brevi, secondo il principio che "maggiore è la distanza, superiore è la poesia (Ungaretti).

g)  carattere evocativo. Liberata da ogni retorica eroica e da ogni motivo logico e narrativo, la parola si fa evocativa, riuscendo a creare illuminazioni liriche che stimolano la sensibilità del lettore, attingendo dalla sfera del profondo sensazioni e sentimenti misteriosi e inespressi.

h)  frammento, preferenza per i testi brevi che si pongono come schegge di un disegno poetico più vasto, ma sentito come irrealizzato e irrealizzabile. Si privilegiano le brevi illuminazioni. L'arte è il momento dell'intuizione, si svaluta il lavoro di sistemazione e strutturazione formale.

i)   l'atteggiamento introspettivo prevale sull'impegno evidenziando un rapporto molto labile con la realtà politica e sociale, dominata dal fascismo.


Infine va chiarito l'equivoco ermetico, secondo cui Saba, Montale e Ungaretti sono poeti puri, mentre Quasimodo, Sinisgalli, Luzi sono poeti ermetici, nel senso che i primi hanno utilizzato i principi della poesia pura (la purezza e l'essenzialità del linguaggio, l'analogia) in senso poetico e personale, senza troppi punti di contatto reciproco; i secondi, invece, li hanno applicati come canoni precettistici, creando così essi, e non Ungaretti e Montale, la scuola ermetica. Essa fiorirà negli anni '30-'40 avendo per epicentro Firenze e per giornale Campo di Marte.





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