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IL NATURALISMO FRANCESE E IL VERISMO ITALIANO: POETICHE E CONTENUTI

letteratura



IL NATURALISMO FRANCESE E IL VERISMO ITALIANO: POETICHE E CONTENUTI


La parola "Naturalismo" compare per la prima volta in un saggio del 1858 del critico positivista Hippolyte Taine su Balzac, indicato come maestro della narrativa moderna. D'altra parte Taine stesso darà, nel 1865, un contributo alla teoria del romanzo e allo studio dei temperamenti umani mostrando che gli individui sono sempre "determinati"da tre fattori: le leggi della razza e dell'eredità, l'ambiente sociale, il momento storico.

Il Naturalismo come movimento letterario nasce fra il 1865 e il 1870. ai suoi inizi si colloca il romanzo dei fratelli Jules 737h71h ed Edmond de Goncourt, Germinie Lacerteux, uscito nel 1865. Nella prefazione gli autori contrappongono ai romanzi <<falsi>> dei romantici questo <<romanzo vero>>, costruito con scrupolo scientifico volto a ricostruire un vero "caso clinico", e cioè la psicologia distorta di una serva che conduce una doppia vita, irreprensibile in casa dei padroni, degradata e corrotta fuori. Nella prefazione si sottolinea insomma il nesso fra scienza medica e arte letteraria. Inoltre si afferma con forza che anche il "quarto stato" (quello dei poveri e dei diseredati) ha diritto di divenire protagonista della narrativa moderna.

Si tratta di punti che tra poco saranno centrali nel programma del Naturalismo, anche se appaiono ancora accompagnati da un generico umanitarismo che potrebbe ancora far rientrare il romanzo nell'ambito della narrativa filantropico-sociale.

Tutti questi aspetti attirano l'attenzione di Zola, in una recensione che egli dedica al romanzo. E quando egli nel 1867 pubblica Thérèse Raquin si dichiara, per la prima volta, <<scrittore naturalista>>. Dopo un intenso ciclo di letture darwiniane e sotto l'impressione profonda del libro del fisiologo Claude Bernard Introdution à l'étude de la médicine expérimentale [Introduzione allo studio della medicina sperimentale], Zola elabora fra il 1868 e il 1870 il ciclo dei Rougon-Macquart, pubblicandone il primo romanzo La fortune des Rougon [La fortuna dei Rougon] nel 1871 con una prefazione che ha il valore storico di manifesto del Naturalismo.



Il gruppo di scrittori naturalisti (Zola, i fratelli de Goncourt, Alphonse Daudet) comincia a riunirsi periodicamente dapprima, nel 1874, con Flaubert, in una trattoria di Parigi, poi, a partire dal 1877, nella casa di campagna di Zola a Médan. Per ricordare queste serate si pubblicò nel 1880 Les soirées de Médan [Le serate di Médan], sei racconti, uno per autore, volti a fornire altrettanti "documenti umani". Con questa pubblicazione i naturalisti sono ormai un gruppo letterario riconosciuto, unito da una precisa poetica. Nello stesso anno Zola pubblica in volume i suoi saggi e i suoi interventi teorici, con il titolo programmatico Le roman expérimental [Il romanzo sperimentale]. I punti fondamentali del libro sono i seguenti: 1) rifiuto della letteratura romantica, perché idealisticamente basata sulla fantasia e sul sentimento invece che sull'analisi rigorosa della realtà oggettiva; 2) affermazione del metodo dell'impersonalità, che esclude l'intervento soggettivo dell'autore nella narrazione; 3) rifiuto dei canoni tradizionali del bello: anche se volgare, brutto e ributtante, il vero è sempre bello e morale; 4) impostazione scientifica della narrazione che deve essere basata sia sull'osservazione sia sulla sperimentazione; 5) primato del romanzo, che, unico fra i generi letterari, può seguire rigorosamente un metodo scientifico e dunque collaborare a creare la moderna sociologia.

Il gruppo dei naturalisti resterà compatto per poco. Già nel 1884 Huysmans ne uscirà dando inizio al romanzo decadente con A rebours [Controcorrente] e accusando Zola di rappresentare personaggi <<privi di anima, condotti alla buona da impulsi e da istinti>>.

Il Naturalismo pone l'accento sul metodo della rappresentazione e sui contenuti più che sulla forma. Per quanto riguarda i contenuti i naturalisti devono rappresentare tutti i gradini della scala sociale, muovendo dai più bassi per risalire ai più elevati e seguendo così il metodo stesso della scienza che procede dal semplice al complesso. Di qui i numerosi romanzi dedicati alla rappresentazione dei ceti popolari, soprattutto in Zola, ma anche del mondo contadino. Per quanto riguarda il linguaggio, è molto presente il parlato e non manca neppure, particolarmente in L'ammazzatoio di Zola, il ricorso al gergo popolare della plebe parigina. Il realismo dei contenuti diventa dunque anche realismo linguistico.

Il Italia l'influenza del Naturalismo comincia a farsi sentire fra alcuni degli Scapigliati ancora attivi negli anni Settanta e soprattutto in un critico, Felice Camerini, che fece conoscere Zola in Italia. Ma solo dopo l'uscita dell'Assommoir [L''ammazzatoio] nel 1877 e l'entusiastica recensione che ne fece, nello stesso anno, Luigi Capuana sul <<Corriere della Sera>>, alcuni romanzieri e critici italiani cominciano a progettare la nascita anche nel nostro paese del <<romanzo moderno>> ispirato agli stessi principi del Naturalismo francese. Questo gruppo di scrittori si riunisce a Milano fra la fine del 1877 e la primavera del 1878 e dà vita al movimento del Verismo, corrispondente al Naturalismo francese.

Contemporaneamente anche il maggior critico italiano, Francesco De Sanctis si avvicina al positivismo e si interessa a Zola, a cui dedica due saggi, uno del 1878, l'altro, sull'Assomoir, del 1879. De Sanctis, pur non accettando le formule scientifiche del Naturalismo francese, ritiene che la lezione zoliana possa liberare il letterato italiano dalla <<malattia dell'ideale>> e cioè da atteggiamenti sterilmente idealistici, sentimentali, lacrimosi e da una prosa retorica, per indurlo a un bagno salutare nella realtà. Anche Capuana tende a mettere in sordina l'aspetto scientifico della nuova poetica e a rivalutare il ruolo della fantasia nell'atto creativo. Per lui il Verismo non è tanto una teoria generale dell'arte, quanto un metodo di scrittura che si risolve soprattutto sul piano formale, nella scelta della <<perfetta impersonalità>> e nell'adeguamento dello stile al soggetto, cioè alla materia, all'ambiente e ai contenuti della narrazione. Già nella recensione all'Assommoir Capuana ne aveva esaltato <<l'eccellenza della forma>> e visto la novità  nell'invenzione di una forma adeguata al soggetto. Ne deriva una teoria della necessaria omologia fra livelli sociologici della materia narrata e livelli formali, che verrà subito ripresa da Verga e che costituisce al peculiarità del Verismo italiano.

Il Verismo italiano accetta pienamente la cultura positivistica ma sottolinea con assai minore energia il momento scientifico e l'impegno sociale nella rappresentazione. Fa quindi propria la concezione deterministica e la teoria della necessità di muovere dai livelli bassi della scala sociale per risalire a quelli più elevati; ma tende a rifiutare ogni teoria organica che faccia dell'arte una ancella della scienza.

In conclusione, pur condividendo in generale la battaglia del Naturalismo francese, il Verismo italiano se ne distingue per i seguenti punti: 1) riduce la teoria naturalistica a un metodo di scrittura, mettendo in secondo piano la componente scientifica; 2) sottolinea maggiormente l'aspetto tecnico-formale, concentrando l'attenzione sulle conseguenze stilistiche dell'impersonalità ed elaborando la teoria della omologia fra i livelli sociologici della materia narrativa e livelli formali; 3) attribuisce molto minore importanza all'impegno sociale implicito nella rappresentazione. A proposito di questo terzo punto, si consideri che i veristi italiani sono proprietari terrieri del Sud, legati a posizioni conservatrici o reazionarie: non vivono la realtà cittadina e operaia, come fanno i naturalisti francesi, che invece sono spesso democratici, radicali e filosocialisti.

I veristi più rigorosi sono tre siciliani, Giovanni Verga, Luigi Capuana e Federico De Roberto. Aderiscono al verismo, seppure con assai minore coscienza teorica, pure Matilde Serao, che rappresenta soprattutto la realtà napoletana, e i toscani Renato Fucini e Mario Pratesi, legati all'ambiente della <<Rassegna settimanale>> di Fianchetti e Sonnino.

Anche se uno dei capolavori del Verismo italiano esce nel 1894 ( si tratta di I Viceré di De Roberto), la parabola sul Verismo può dirsi conclusa fra il 1889, quando viene pubblicato Il piacere di d'Annunzio, e il 1891, anno in cui Pascoli stampa Myricae. Comincia la stagione del Decadentismo.  




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