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Marche - Territorio, Il clima, Economia

geografia






Marche Regione amministrativa dell'Italia centrale. Affacciata a est sul mare Adriatico, confina con l'Emilia-Romagna e con la Repubblica di San Marino a nord, con la Toscana e con l'Umbria a ovest, con l'Abruzzo e per un breve tratto con il Lazio a sud. È ripartita nelle province di Ancona Ascoli Piceno Macerata e Pesaro Urbino; il capoluogo regionale è Ancona.



Il nome della regione (usato ufficialmente nelle forma plurale di "Marche" solo a partire dal 1815), di origine storica, deriva dal tedesco Mark e indica un insieme di territori di frontiera, "di marca" appunto, istituiti nel Medioevo, rimasti a lungo divisi e col tempo aggregati in una sola unità amministrativa. Le Marche si estendono per 9694 km e hanno una popolazione di 1.441.589 abitanti (1995); sono quindi una regione medio-piccola quanto a superficie e con una densità inferiore a quella nazionale (149 abitanti per km contro 190). Il mare a est e l'Appennino a ovest delimitano nettamente su due lati il territorio marchigiano; il confine settentrionale non poggia su elementi fisici, quello 333h78d meridionale è segnato in parte dal tratto finale del fiume Tronto.

Territorio


Le Marche, la cui forma ricorda un rettangolo, comprendono l'intero versante adriatico dell'Appennino umbro-marchigiano; il territorio è costituito per due terzi da colline e per un terzo da montagne, mentre mancano delle vere e proprie pianure. Al pari dell'Umbria e della Toscana, le Marche sono dunque una tipica regione collinare: l'altitudine media è di 500 m di quota. La forma del territorio nelle sue linee generali è semplice: nella parte più interna si sviluppa, in direzione meridiana, l'Appennino umbro-marchigiano, formato da una serie di "quinte", in linea di massima sempre più elevate e compatte col procedere da nord (dove, con il monte Fumaiolo, di 1407 m, si saldano all'Appennino tosco-emiliano) verso il centro, dove si innalza l'aspro massiccio calcareo del Catria (1702 m), e ancor più verso sud, dove il sistema culmina, al confine con l'Abruzzo, nei monti Sibillini (monte Vettore, 2476 m), dai caratteri nettamente alpestri.

Quasi tutti i più agevoli valichi appenninici tra le Marche e l'Umbria si concentrano perciò nella sezione settentrionale (Bocca Trabaria, 1049 m; Bocca Serriola, 730 m; passo della Scheggia, 575 m). Dall'Appennino poi si dipartono, più o meno in senso opposto, perpendicolare alla dorsale principale e più elevata, le dorsali secondarie, definite anche come Subappennino, tra loro parallele, intercalate dalle valli in cui scorrono i fiumi diretti al mare. È questa la vasta fascia collinare, che giunge sino all'Adriatico con dossi tondeggianti, in genere via via meno elevati; ma proprio sulla costa si erge un promontorio dirupato, quello del Conero (572 m), che in effetti, anche per la sua natura rocciosa, viene ritenuto un'estrema propaggine dell'Appennino vero e proprio.

Il litorale, quasi ovunque diritto e non adatto ai porti, si sviluppa per 175 km, immediatamente ai piedi delle colline; in alcuni tratti la larghezza della fascia costiera si restringe addirittura a poche decine di metri. I fiumi sono numerosi; scendono ripidi all'Adriatico, pressoché paralleli l'uno all'altro, con andamento cioè a pettine, e a volte con gole incassate (ad esempio la Gola del Furlo, incisa dal torrente Candigliano, affluente del fiume Metauro). Hanno tutti un bacino idrografico esiguo, così come modesta è la lunghezza del loro corso, in genere inferiore ai 100 km; hanno regime torrentizio, con magre molto forti nei mesi estivi e due massimi, in primavera e in autunno. Si ricordano il Foglia (90 km), che sfocia presso la città di Pesaro, il Metauro (110 km), che raggiunge il mare all'altezza della cittadina di Fano, e il già ricordato Tronto (115 km), che segna per un certo tratto il confine con l'Abruzzo.

Clima e ambiente

Le condizioni climatiche sono influenzate da un lato soprattutto dal mare Adriatico, considerata la lunghezza della costa marchigiana in rapporto alla complessiva superficie della regione, dall'altro dal rilievo, appenninico e subappenninico. Così gli inverni, relativamente freddi nelle località costiere (le minime oscillano tra 0 e 3 °C: l'Adriatico è un mare chiuso, non molto profondo, che mitiga poco la temperatura), si fanno rigidi sulle alture più interne (dove le minime sono sempre inferiori agli 0 °C); sui monti Sibillini la copertura di neve dura a lungo. Le estati, non eccessivamente calde sulla costa (con medie sui 22-23 °C), lo sono di più nelle conche vallive interne, mentre sono naturalmente temperate sui rilievi. Le precipitazioni, ovunque non abbondanti, si accrescono con regolarità con l'aumentare dell'altitudine; sono perciò minime sulla costa, specie a sud di Ancona (600-700 mm annui), massime sulle cime più elevate dell'Appennino (1200 mm e più).

L'ambiente naturale, che un tempo poteva vantare belle distese forestali, è stato quasi ovunque trasformato dalle coltivazioni e dai pascoli; di recente, sulla costa, il turismo balneare di massa ha contornato il litorale di un'unico cordone edilizio, lasciando solo poche tracce del paesaggio originario. Tra le aree protette, si ricordano il parco naturale del monte Conero, il parco nazionale dei monti Sibillini, istituito nel 1994 (71.000 km , condiviso con l'Umbria), il parco nazionale dei monti della Laga (condiviso con l'Abruzzo) e la Riserva delle grotte di Frasassi, un complesso carsico dell'Appennino, situato poco a nord di Fabriano (in provincia di Ancona), con inghiottitoi, grandiose cavità a volta e laghi sotterranei.

Flora e fauna

Due sono le associazioni vegetali prevalenti: la macchia mediterranea sempreverde (con lecci, corbezzoli, lentischi, allori ecc.), che si estende dal litorale sino alle colline più basse dell'entrotrerra. A essa segue, nelle aree submontane, il bosco rado di querce. Il faggio è invece l'albero tipico della fascia di montagna. Complessivamente la superficie coperta da bosco, tra le più basse d'Italia, è pari appena al 15% del territorio; non a caso per la povertà del suo manto forestale la regione (che ha suoli oltretutto di materiali teneri, marnosi e argillosi) accusa una forte erosione dei pendii montani e collinari.

Infine, nelle poche zone che si trovano al di sopra dei 1900 m, crescono alcune specie simili a quelle alpine: per esempio la genziana e la cosiddetta "stella alpina" degli Appennini, più piccola di quella delle Alpi. Modesta presenza ha ormai anche la fauna naturale (volpi, lupi, gatti selvatici in numero molto ridotto). Relativamente numerosi sono invece gli uccelli, soprattutto quelli di passo: in particolare la macchia mediterranea, che ricopre il promontorio del Conero, è un'accogliente oasi e un'importante stazione di sosta per gli uccelli migratori, mentre il Parco dei Sibillini ospita l'aquila reale e altri rapaci.

Economia

Le Marche sono state interessate negli ultimi decenni da radicali cambiamenti economici. Ancora agli inizi degli anni Sessanta il 75% del reddito prodotto derivava dalle attività agricole, con un'agricoltura e un allevamento misti destinati perlopiù all'autoconsumo (frumento, vite; bovini, suini), che occupavano due terzi della popolazione e avevano basse redditività. Dominava la mezzadria. Nelle zone di montagna, per dare maggiori possibilità di sostentamento alla popolazione, era ancora diffusa la pratica della "comunanza del legnatico", cioè la possibilità di sfruttare i boschi in comune. Le produzioni agricole a loro volta alimentavano molini e piccole industrie alimentari. La presenza di un'argilla particolare forniva inoltre la materia prima per la produzione di ceramiche di alta qualità; dai boschi si ricavava legname, dal bestiame pelli per calzature. Ancona aveva un cantiere navale, mentre Castelfidardo (in provincia di Ancona) era la piccola "capitale" delle fisarmoniche. Il turismo era pressoché inesistente. Insomma, in termini complessivi, le Marche costituivano, agricoltura a parte, un'area depressa.

Nel giro di pochi decenni si sono verificate trasformazioni profonde nei modi di vivere e di produrre. Il reddito pro capite oggi si affianca a quello della Toscana: sono entrambi valori che si avvicinano ormai a quelli dell'Italia settentrionale e, Lazio a parte, si distaccano nettamente dal resto dell'Italia peninsulare. L'agricoltura marchigiana, che in vaste aree ha conosciuto estesi processi di razionalizzazione produttiva, ha ancora un ruolo importante. Ma è soprattutto l'industria, caratterizzata da una molteplicità di piccole e piccolissime aziende, spesso anche dal lavoro part-time (gli addetti uniscono l'attività in fabbrica a quella dei campi), a fornire oggi, insieme con il turismo, quasi unicamente balneare, la principale fonte di reddito della popolazione e a condizionare i modi di vita.

Agricoltura e pesca

Come in altre regioni dell'Italia centrale, e soprattutto in Toscana, anche nelle Marche la conduzione dei fondi agrari si è basata per secoli sulla mezzadria, organizzazione di origine medievale imposta dai proprietari borghesi nelle campagne: il mezzadro, coadiuvato nel lavoro dei campi dall'intera famiglia, cedeva al proprietario terriero metà del raccolto, e ne otteneva in cambio il diritto a vivere nella casa colonica e a essere rifornito di sementi e attrezzi. La scomparsa, a partire dalla metà degli anni Sessanta, della mezzadria ha innescato una serie di grandi mutamenti. Molti mezzadri hanno scelto di acquistare il podere che già lavoravano, divenendo così a loro volta proprietari e coltivatori diretti, e hanno cercato via via di accorpare i fondi, la cui superficie media si è andata così estendendo e la cui conduzione ha potuto divenire più produttiva, con l'aiuto della meccanizzazione. Ma in modo ancor più accentuato si è verificata la fuga dalle campagne, in specie da quelle a debole reddito (aree di montagna e di collina arida o franosa), con il conseguente incremento della popolazione urbana.

Gli agricoltori hanno puntato a migliorare le loro rese fondiarie e a volgere le produzioni dal consumo diretto alla commercializzazione. La tradizionale agricoltura mista permane ancora in varie zone, ma la specializzazione delle colture è ormai preponderante: sia nella cerealicoltura (la regione è la terza produttrice di frumento d'Italia) e nelle legnose (ulivi, viti), sia soprattutto nell'agricoltura intensiva della fascia costiera, in cui si pratica una ortofrutticoltura selezionata, in larga parte al servizio del turismo estivo. La pesca consolida l'importanza delle attività primarie: le Marche forniscono circa un decimo della produzione nazionale. Principale porto peschereccio è San Benedetto del Tronto (in provincia di Ascoli Piceno), uno dei meglio attrezzati dell'Adriatico anche sotto il profilo dell'industria conserviera.

Industria

Ancor più dell'industria di base (cantieri navali, stabilimenti chimici, raffinerie di petrolio a Falconara Marittima, in provincia di Ancona), che comunque ha pochi complessi, contano le industrie manifatturiere. È un settore che si è sviluppato tra gli anni Settanta e Ottanta e che produce ormai una gamma abbastanza vasta, e soprattutto in quantità rilevante, di beni di consumo: calzature, capi di vestiario, elettrodomestici, mobili. Basata sull'azienda piccola o media, la tipica e fiorente industria marchigiana si innesta in modo diretto sull'esperienza artigianale; utilizza capitali di provenienza locale e tende a formare delle aree in cui si concentra una sola produzione, cioè i distretti industriali (Pesaro per i mobili, Macerata per le calzature, la già ricordata Castelfidardo per gli strumenti musicali e in particolare, oggi, per le tastiere elettroniche ecc.). Hanno invece antica e gloriosa tradizione sia le cartiere di Fabriano, in provincia di Ancona (risalgono al XII secolo), sia le manifatture di ceramiche artistiche di Pesaro.

Attività terziarie




Il turismo balneare è il vero punto di forza dell'economia regionale, anche se necessita di un'adeguata protezione dal sovraffollamento estivo; a nord la Riviera delle Marche si salda ormai pressoché con quella romagnola. Località come Gabicce Mare e Fano (in provincia di Pesaro-Urbino) o Senigallia (in provincia di Ancona) sono oggi tra le più frequentate dell'Adriatico. Resta invece largamente da incentivare il turismo culturale; da questo punto di vista la regione è poco visitata se si esclude Urbino. Tuttavia si avvantaggia della presenza delle università di Ancona, Macerata, Camerino (in provincia di Macerata) e Urbino.

Le vie di comunicazione sono ancora insufficienti, rappresentando così un ostacolo anche per il turismo interno; il solo capoluogo ben servito è Ancona, nodo stradale e ferroviario, dotato di un buon porto e dell'aeroporto di Falconara Marittima. I collegamenti da nord a sud gravano interamente sulla fascia costiera, percorsa sia dalla principale linea ferroviaria, sia dall'autostrada Bologna-Ancona-Bari. Un'unica linea ferroviaria attraversa l'Appennino, partendo da Ancona e raccordandosi poi alla Firenze-Roma. Molte zone delle Marche sono tuttora isolate rispetto alle grandi direttrici del traffico.

Popolazione e città


Oltre che nell'economia, i cambiamenti nelle strutture produttive hanno avuto conseguenze di portata non meno vistosa per quanto riguarda la distribuzione della popolazione. Le zone di montagna e quelle collinari meno produttive sono state quasi del tutto abbandonate; all'esodo dalle campagne verso le città si è accompagnato un rilevante flusso migratorio dalle aree interne alla fascia costiera, il che costituisce un evento demografico senza precedenti nella storia marchigiana. Un altro fenomeno rilevante è l'abbandono dell'insediamento su dorsale e su altura a vantaggio dei fondivalle, dove si sono preferibilmente impiantate le nuove attività e dove le comunicazioni stradali sono più facili. Si è così spezzata la distribuzione territoriale dell'intera regione, piuttosto omogenea, che si era protratta per secoli; la provincia di Ancona ha oggi una densità di popolazione doppia rispetto a quelle di Macerata e di Pesaro-Urbino.

Gli spostamenti hanno ormai trovato un equilibrio, sia quelli interni sia quelli extraregionali, che avevano visto un tempo molti marchigiani emigrare, diretti a Roma ma anche alle grandi città del Nord; anzi, per le buone condizioni economiche raggiunte dalla regione nel suo complesso e per le nuove possibilità di posti di lavoro (il tasso di disoccupazione è circa la metà di quello medio nazionale) si verifica oggi un certo rientro degli emigrati, a seguito del quale il numero degli abitanti delle Marche sta registrando un leggero aumento. Ancona e Pesaro sono le due principali città, entrambe con circa 100.000 abitanti; Macerata e Ascoli Piceno ne hanno circa 50.000. Altri centri di un certo rilievo sono Jesi (in provincia di Ancona) e Civitanova Marche (in provincia di Macerata).

Storia




Nel territorio marchigiano è stata reperita una ricca documentazione preistorica e protostorica, che ha contribuito in gran misura a renderci note le linee fondamentali delle più antiche vicende umane di questa regione: si evidenziano la presenza di alcune necropoli dell'età del Ferro, gli influssi celtici e le ragguardevoli tracce lasciate dagli etruschi e dai greci (la fondazione di Ancona, per opera dei siracusani, risale al 390 a.C.). In età preromana l'area corrispondente all'odierna regione delle Marche era abitata nella fascia costiera dai galli senoni e a sud dell'Esino dai piceni, un importante nucleo di civiltà che mantenne una propria autonomia almeno fino al I secolo a.C., quando vennero anch'essi completamente romanizzati.

Divisa al tempo del riordinamento di Augusto tra l'Ager gallicus (Umbria) e l'Ager picenus (Piceno), l'area marchigiana acquisì una durevole organizzazione politica nel III secolo d.C., allorché vennero fissate due distinte province, la Flaminia et Picenum annonarium, con capoluogo Ravenna, a nord dell'Esino, e il Picenum suburbicarium, con epicentro a Spoleto. Le invasioni barbariche accentuarono il frazionamento della regione, la quale fu sottomessa al regno longobardo nell'area meridionale, mentre gli spazi settentrionali vennero integrati nelle pentapoli dipendenti dall'impero bizantino (esarcato di Ravenna).

Intanto si rafforzava la giurisdizione ecclesiastica, così che sotto il regno dei franchi si costituirono i primi nuclei del futuro Stato della Chiesa, definitivamente affermatosi con Innocenzo III. Fu allora che la regione acquisì una fisionomia simile a quella della regione attuale, se si esclude la presenza di forti signorie feudali, come i Malatesta a Rimini, Fano e Pesaro, e i Montefeltro a Urbino. Si instaurò allora un rapporto conflittuale tra papato e signorie locali, nel quale si inserì il movimento comunale, che accentuò ulteriormente il frazionamento politico. L'azione unificatrice della Chiesa poté dirsi completata all'inizio del XVI secolo, periodo in cui solo il ducato di Urbino rimaneva indipendente dallo Stato pontificio.

Le Marche pontificie non conobbero né contrasti né trasformazioni di rilievo durante i secoli XVII e XVIII, fino all'occupazione di Ancona (1796) da parte dei francesi e alla proclamazione, per iniziativa dei giacobini, della repubblica anconetana, che nel 1798 venne incorporata alla Repubblica Romana. Le Marche furono annesse nel 1808 al Regno d'Italia.

Con la Restaurazione venne ripristinato lo Stato della Chiesa, ma ciò non fu sufficiente a spegnere le aspirazioni di rinnovamento, fertile terreno per la diffusione delle società segrete e quindi delle organizzazioni democratiche promosse da Mazzini. Dopo l'occupazione militare austriaca (1849-1857), le Marche furono coinvolte nella seconda guerra d'indipendenza: la battaglia di Castelfidardo (1860), combattuta tra l'esercito piemontese e le truppe pontificie, aprì la strada all'annessione al Regno d'Italia, ratificata da un plebiscito. Nel periodo successivo all'unità d'Italia, rimase viva la tradizione repubblicana nel nord della regione, mentre in altre zone le correnti del cattolicesimo animavano nuove iniziative politiche e sindacali. Nel 1914, alla vigilia della prima guerra mondiale, Ancona fu al centro di un violento moto di protesta, chiamato la settimana rossa, di tono preinsurrezionale, guidato da socialisti, repubblicani e anarchici per protestare contro l'eccidio poliziesco compiuto durante una manifestazione antimilitarista. Nel corso della seconda guerra mondiale il movimento di Resistenza al nazifascismo operò nelle zone appenniniche e preappenniniche. Nel secondo dopoguerra le Marche hanno conosciuto un rapido sviluppo della piccola e media industria, accanto alla crescita di una moderna agricoltura.





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