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GENERI DI VITA E TIPI D'ABITAZIONE - L'ABITAZIONE RISPECCHIA L'AMBIENTE E IL GENERE DI VITA

geografia



generi di vita e tipi d'abitazione


l'abitazione rispecchia l'ambiente e il genere di vita

Cultura materiale e genere di vita

I gruppi umani si distinguono gli uni dagli altri in base ad elemen­ti biologici e ad elementi culturali. A differenza dei caratteri biologici, trasmissibili soltanto per via ereditaria, i caratteri culturali si formano e si evolvono per contatto e per imitazione.

Le manifestazioni della cultura spirituale sono state sempre fattori di coesione e di assimilazione attraverso un processo svincolato dall'ambiente. Invece la cultura materiale, che ogni società elabora insieme al pro­prio patrimonio spirituale, è caratterizzata da costumanze e tecniche rispondenti alle condizioni ambientali. In sede geografi­ca i fatti più espressivi sono l'occupazione prevalente per procurarsi i mezzi di sussistenza e il modo di soddisfare gli altri bisogni essenziali, come il vestiario e l'abitazione.



La più elementare attività per procurarsi il cibo è la raccolta dei prodotti spontanei, alla quale si alterna o si ac­compagna la caccia (o la pesca). A questa forma, considerata la più "primitiva", succedono l'agricoltura sedentaria e la pastorizia, attuate mediante la colti­vazione delle piante utili e l'addomesticamento degli animali.

Nelle società più semplici, la cultura materiale delinea uno specifi­co "genere di vita". Il genere di vita si può definire come l'insieme delle pratiche adottate da un gruppo umano per assicurare la propria sussistenza: esprime l'adattamento attivo alla natura, secondo l'evoluzione delle tecniche e le scelte economiche e sociali.

Ogni genere di vita è contraddistinto da alcuni tratti peculiari: strumenti, tecniche, dettami religiosi.

L'adattamento all'ambiente è più chiaro nel caso di una natura ostile, ma un determinato ambiente non impone per propria forza questo o quello tra i generi di vita possibili.

Un genere di vita può estendere la sua area mediante la dilatazione del gruppo che lo pratica o con la conquista di altri gruppi. Talvolta sono singole conoscenze a passare dall'uno all'altro gruppo. Un genere di vita non è mai fisso, definito una volta per tutte; si evolve attraverso l'acquisizione di nuove tecniche e le mo­dificazioni demografiche.

Ogni gruppo umano da una parte deve fare i conti col substrato naturale e dall'altra è legato al sistema socio-economico. Quando si tratta di una società "primitiva", le sue tecniche elementari riflettono l'adattamento all'ambiente ed esprimono un par­ticolare genere di vita. Le società complesse, fondate sulla divi­sione del lavoro, esprimono una molteplicità di modi di vita in rappor­to alla molteplicità delle categorie professionali e delle classi sociali: oltre al tipo di sfruttamento delle risorse, entrano in gioco le strutture socio-economiche, distinte per il diverso valore attribu­ito al capitale e al lavoro.

La geografia non può considerare l'ambiente come il principale fattore esplicativo ma deve riconoscere la forza di meccanismi e organismi invisibili nel quadro fisico. Ogni "modo di vita" è la risposta di un grup­po umano all'organizzazione economica e sociale che esso si è data o che gli è stata imposta.

La produzione industriale e l'organizzazione commerciale portano alla diffusione di uno stesso prodotto in angoli del mondo dalla natura la più diversa; ma una coltivazione non può reggere se non nelle condizioni competitive che l'ambiente permette. L'ambiente, a fronte della piani­ficazione politica o della domanda del mercato, è un punto di resistenza col quale ogni società deve fare i conti.

Un elemento distin­tivo della cultura materiale è la foggia del vestiario. L'abbigliamento prende inizio col coprire le parti più delicate del corpo, per un bisogno di protezione: il sentimento del pudore compare in una fase successiva.

La scelta delle fibre è legata da una parte alle pos­sibilità offerte dall'ambiente e dall'altra al tipo di cultura; culturale è la foggia del vestire.

Il più importante elemento espressivo della cultura materiale è l'abitazione, la quale rispecchia sia l'ambiente che il genere di vita.

Come momento del rapporto tra uomini e territorio, l'abitazione risente delle condizioni dell'ambiente, ma nello stesso tempo è un pro­dotto della cultura materiale delle società umane e rappresenta le diverse soluzioni che le società hanno adot­tato per soddisfare il bisogno di riparo e di difesa.

Ripari e abitazioni precarie dei popoli raccoglitori e cacciatori

La forma di dimora più elementare è la grotta o caverna naturale in cui i trogloditi cercavano riparo: non tanto un riparo con­tro le intemperie, ­quanto contro gli altri uomini e le belve. Per quanto riguarda i ristretti nuclei di trogloditi contemporanei, non vi sono più abitatori stabili di caverne naturali.

La dimora ipogea a camere multiple ripete un tipo presente nelle regioni mediterranee fin dall'età del bronzo, ma sempre limitato alle zone calde. Le dimore seminterrate sono diffuse sia negli am­bienti molto caldi e aridi, sia in quelli freddi.

L'abitazione seminterrata ha la base scavata nel suolo: essa rea­lizza un buon isolamento dall'ambiente, è difendibile e solida. Il materiale varia da zona a zona secondo le di­sponibilità. La parte emergente dal suolo è ricoperta da uno strato di terra e si presenta come un'abitazione a tumulo

Dimore del tutto artificiali sono quel­le ottenute con semplici ripari aperti, costruiti intreccian­do frasche, rami e scorze d'albero. Il tipo più elementare è un'intela­iatura di ramaglie disposte sul terreno a paravento. Talvolta un intreccio di frasche a forma di stuoia è fissato al suolo per un lato mentre l'altro lato è legato al sommo di due paletti che lo mantengono sollevato a leggio

Siffatti ripari di frasche o di cortecce sono in uso ancor oggi pres­so alcuni gruppi umani: si parla di culture "fossili" e di popoli "primitivi", non molto dissimili rispetto alla prima fase di sviluppo dell'umanità, quando il soddisfacimento dei bisogni alimentari era limita­to all'utilizzazione diretta dei "doni" della natura. Se sono "primitivi" in confronto alle civiltà tecniche, non sono incivili: posseggono una cultura adeguata all'ambiente in cui vivono e un grado di socialità.

Presso alcuni gruppi di Boscimani è in uso il riparo a pianta semicircolare: consiste di pochi rami, piantati a semi­cerchio e infittiti con erba, oppure di una struttura di canne incurvate ad archi con copertura di stuoie.

Un gradino più evolute dei ripari sono le tettoie a spioventi, sopraelevate su pali infissi nel terreno: ci sono, infine, i giacigli costruiti sugli alberi

Un carattere comune a tutti i popoli "fossili" è l'isolamento in terri­tori inospitali, unica difesa possibile di fronte agli attacchi di popola­zioni più forti e bellicose. L'isolamento aiuta a spiegare lo scarso progresso di queste culture: mancando il contatto con altri popoli, è venuta meno la possibilità di integrare il patrimonio culturale con idee nuove, cioè di progredire.

Le tecniche tradizionali sono estremamente semplici; ma certe in­venzioni esprimono una no­tevole ingegnosità in rapporto all'ambiente. Questi gruppi umani, che presentano una straordinaria capacità di adattamento all'ambiente, si vanno assottigliando sempre più.

Le tende dei pastori nomadi

L'economia pastorale come base di vita è una caratteristica del Mondo Antico; all'origine la pastorizia si è sviluppata in modo autonomo ai margini delle aree agricole.

I popoli pastori hanno esteso il loro dominio su tutta la fascia di steppe aride che va dalla Mauritania alla Mongolia; un'altra area pastorale occupa la tundra, dove è l'eccessivo freddo a impedire ogni coltivazione.

Si possono distinguere tre principali tipi di tenda in rapporto con l'ambiente e le tradizioni culturali di tre grandi regioni di nomadismo: la tenda turco-mongola dei pastori cavalieri dell'Asia Centrale, che allevano ovini; la tenda araba dei pastori semi­nomadi dell'Asia di sud-ovest e del Nordafrica, che in un clima caldo e arido allevano ovini, caprini, cammelli; la tenda conica dei seminomadi boreali, allevatori di renne.

Il nomadismo dei pastori dell'Asia Centrale è un fenomeno con radici preistoriche. Essi seguono il ritmo delle stagioni e, quando s'avvicina l'inverno, gli gelidi altipiani e scendono alle sotto­stanti pianure. Essi guidano greggi di pecore e mandrie di bovini su pascoli sufficienti grazie alla discreta umidità.

L'elemento più ostile è il rigore invernale, data la continentalità del clima: per questo gli uomini si costruiscono tende particolarmente robuste. La più comune è la tenda turco-mongola a base circolare. Al sommo della parete cilindrica, un cerchio di legno sostiene i raggi del telaio di copertura che si appoggia a un palo pian­tato al centro della tenda.

Nell'Asia sudoccidentale il nomadismo fu importato dai popoli cavalieri dell'Asia Centrale e poi esaltato dall'Islamismo e alimentato da popolazioni montanare che praticavano forme di transumanza a breve raggio. La pastorizia nomade ha ricevuto uniformità cultu­rale dalla diffusione dell'Islam. Si tratta di seminomadismo, poiché ogni tribù possiede delle oasi attorno a cui gravita: in esse una parte del gruppo risiede in dimore stabili per coltivare. Tipica di questi no­madi è la tenda araba a base quadrangolare col tetto a spioventi; le tende arabe si possono dividere in vani, necessità sentita dai maometta­ni soprattutto per tener separate le donne dagli uomini.

La tenda conica con copertura di pelli sopravvive in misura ridotta rispetto al passato: oggi la troviamo tra i pastori di renne dell'Eurasia artica e tra gli Atabaschi e gli Algonchini del Canada settentriona­le.

Dei popoli marginali, alcuni sono in via d'estinzione per la perdita delle risorse della caccia e per le malat­tie mutuate dal contatto con gli Europei, altri sembrano aver raggiunto un buon equilibrio. Oggi i contatti con gli uomini delle civiltà tecniche più avanzate stanno trasformando i generi di vita tradizionali dei popoli pastori.

Le capanne degli agricoltori sedentari

DaI riparo di frasche piantate a semicerchio è facile il passaggio alla capanna a contorno circolare; dalle tettoie a spioventi si passa alle capanne quadrangolari. Questo progresso, da un riparo precario ad una dimora stabile, espri­me la presa di possesso del suolo per mezzo della coltiva­zione, premessa del dominio sulla natura e del graduale incivi­limento. Il salto dalla raccolta di frutti spontanei all'attività agricola è una tappa fondamentale. Non solo la coltivazione delle piante alimen­tari ha significato la conquista della vita sedentaria, ma ha reso anche possibile l'accumulo di eccedenze per mantenere uomini non impe­gnati nella produzione di alimenti.

Come la capanna, anche la tenda risale ai primordi della civiltà. I due tipi di dimora corrispondono a due diversi generi di vita: se la tenda risponde alle esigenze di mobili­tà dei pastori nomadi, la capanna si accompagna alla fissazione degli uomini in un territorio con la pratica agricola.

Oggi la maggior parte degli studiosi è concorde nel ritenere che l'agricoltura abbia preceduto la pastorizia: dalla raccolta dei frutti spontanei l'uomo sarebbe passato alla caccia (e alla pesca), e poi all'agricoltura; infine sarebbe apparsa la pastorizia.

I pastori si sarebbero staccati da comunità di agricoltori sedentari per pressione demografica o per espulsione, dopo una prima fase di due o tre millenni nella quale dome­sticazione delle piante e domesticazione degli animali erano avanzate di pari passo. Attraverso succes­sivi distacchi nascevano le prime società pastorali, che assumevano un genere di vita diverso da quello dei cacciatori primitivi, pur avendo in comune la consuetudine dei lunghi spostamenti.

La genesi dell'agricoltura costituisce un problema non è stato ancora risolto con certezza. Circa 10.000 anni fa è comparsa la coltivazione delle piante e successivamente l'ad­domesticamento degli animali ad opera di popolazioni diverse in tre zone tra loro lontane e quindi in modo indipendente l'una dall'altra: la "Mezzaluna fertile", ossia l'arco di terre che si estende dal Mar di Levante alla Mesopotamia e al Golfo Persico; la Cina del Fiume Giallo e del Fiume Azzurro; l'America centrale e andina.

Per quanto riguarda la Mezzaluna fertile, l'ipotesi più ac­creditata sostiene che l'inizio si ebbe sugli alti piani ricoperti da una vegetazione naturale di tipo steppico, costituiti da terreni lavorabili sui quali crescevano spontaneamente numerose specie selvatiche di cereali. Le prime piante "addomesticate" furono varietà primitive di farro e di orzo, poi diversi tipi di legumi, in­fine il grano.

In campo agricolo il primo strumento fu la zappa; un decisivo progresso venne dall'aratro.

È ancora in discussione la forma originaria della prima dimora co­struita dall'uomo. Oggi si tende a distinguere, per l'Europa, un'area occidentale, dove si è mantenuta a lungo la capanna circolare, e un'area orientale dove ebbe un precoce sviluppo la capanna quadrangolare.

Esistono numerosi tipi di capanne in rapporto alla diversità dell'ambiente in cui sono inserite e alla "cultura" dei gruppi che le co­struiscono; una distinzione ulteriore riguarda le funzioni cui sono destinate.

Il tipo più semplice è la capanna conica, costituita da un'armatura di rami e paletti confitti a cerchio nel suolo e convergenti alla cima: lo scheletro è rivestito di ramaglie o di cortecce. Non è molto diffusa in quanto il restringimento sommitale la rende poco spaziosa.

Più comoda è la capanna ad alveare, a base rotonda, nella quale i paletti delle pareti vengono incurvati alla som­mità fino a incrociarsi formando una cupola emisferica: la copertura garantisce una buona impermeabilità contro la pioggia. Oggi è ancora molto dif­fusa, specialmente in Africa insieme alla capanna cilindro-conica.

Simile alla capanna ad alveare è la capanna a cupola: ma mentre nella prima i pali hanno una estremità infissa al suolo e l'altra incurvata alla cima, nella seconda i rami formano ciascuno un arco completo avendo le due estremità infisse nel terreno.

Tecnicamente più complessa è la ca­panna cilindro-conica, che ha il tetto conico distinto dalla parete peri­metrale cilindrica.

La capanna a pianta quadrangolare è ancora più complessa delle capanne cilindro-coniche ed offre il vantaggio di una facile suddivisione in vani. Il tipo più semplice è la capanna rettangolare a botte: i pali e i rami delle due pareti lunghe vengono piegati all'interno fino a formare una volta a botte; anche i lati brevi vengono coperti. Il tetto distinto, a spioventi sovrimposti alle pareti, caratterizza le capanne quadrangolari più evolute.

Le capanne su palafitte sono più arcaiche di quelle che poggiano sul suolo.


la casa, abitazione durevole

Materiali da costruzione

La casa deriva dalla capanna con l'introduzione di strutture mura­rie solide e durevoli, e dai diversi tipi di capanne ha mutuato le sue forme elementari. In origine la casa fu monocellulare e soltanto in seguito si prestò a suddivisioni interne.

La costruzione da parte del sedentario di una dimora stabile è di quei fatti che meglio esprimono il rapporta attivo tra l'uo­mo e il territorio: il materiale usato è quello disponibile sul posto e rispecchia il condizionamento esercitato dall'ambiente naturale; anche la forma dell'edificio esprime l'adattamento. Ma la struttura della casa risponde soprattutto alle funzioni cui è destinata ed ai caratteri cultu­rali degli uomini che l'abitano.

L'eccessiva aridità e l'eccessivo freddo, impedendo la vegetazione arborea, escludono il legname come materiale da costruzione; si può usare la pietra adottando una struttura a base circolare, con il tetto a cono o a falsa volta.

Nelle aree ricche di boschi, le case sono di legno, e ten­dono a distanziarsi l'una dall'altra per il pericolo d'incendio; talvolta il legno è usato anche per coprire i tetti.

Il connubio di legno e argilla appare diffuso soprattutto dove la disponibilità di legname è limitata: si tratta di costruzioni in "palanca­to", cioè di un'intelaiatura di legno riem­pita negli spazi vuoti con un impasto di ciottoli e argilla.

L'uomo ha sempre dimostrato la tendenza ad utilizzare, per la costruzione della sua dimora, i materiali più alla portata di mano; dove viene a mancare il legname, subentrano l'argilla e la pietra.

La casa d'argilla cruda, eretta con mattoni seccati o con un impasto d'argilla e paglia, è diffusissima nel mondo, sia perché è facile da costruire, sia perché non richiede legamento a base di calce. Case siffatte sono fresche d'estate e riparate dal fred­do in inverno, ma presentano numerosi inconvenienti: sono umide, i muri si sgretolano facilmente, specie con la pioggia, sono facilmente invase da insetti e da topi.

I mattoni d'argilla cotta furono inventati nelle regioni aride del Medio Oriente, dove non poterono prendere piede a causa della scarsità del legname necessario a cuocerli in fornace; si diffusero nelle regioni temperate e in Europa ad opera dei Romani.

La pietra è un'altra materia fondamentale per le costruzioni.

La casa esprime un'intima corrispondenza con l'ambiente perché viene costruita con quanto si trova disponibile sul posto, dato che i materiali da costruzione sono volumi­nosi, pesanti, difficili da trasportare. Di regola si tratta di un adattamento al minor prezzo. Il materiale più a buon mercato è quello più vicino; ma una certa orga­nizzazione commerciale può diffondere un materiale a distanza note­vole, specie col progredire delle tecniche di produzione e dei trasporti.

Gli aspetti formali della casa

La forma della casa è da mettere in rapporto più con le funzioni da svolgere che con le condizioni ambientali. La casa riflette l'influenza degli ele­menti fisici: protezione contro il caldo o il freddo con materiali e artifici idonei, adattamento del profilo per "tagliare" i venti dominanti, difesa dalle precipitazioni con spioventi del tetto molto inclinati, adeguamento della struttura alla morfologia del terreno con un piano seminterrato nel pendio. La casa materializza certe idee religiose per la planimetria e l'orientazio­ne, così come le tradizioni edilizie di un gruppo umano e i diversi livelli di vita.

I tipi di casa si moltiplicano all'infinito a seconda del mate­riale usato, della risposta al clima e alle condizioni ambien­tali, delle tradizioni culturali, del genere di vita, dell'econo­mia prevalente.

La casa deriva dalla capanna: fu in origine unicellulare (a un solo vano), a pianta circolare o a pianta quadrangolare. La pianta circolare è tipica delle costruzioni in pietra laddove fa difetto il legname. La casa con le pareti ad angolo retto ha soppiantato quella roton­da grazie al fatto che permette di costruire diversi vani giustapposti.

Presso gli Assiri-Babilonesi la casa aveva il solo pianterreno con vani rettangolari, muri molto spessi di mattoni crudi associati al cotto o alla pietra, piccole finestre e tetto a terraz­za di terra battuta. In altri paesi a clima caldo-arido, le case non differivano granché da quella babilonese.

Nel secondo strato di Troia si trova la casa a megaron, stretta e allungata, sfociata nella casa micenea. Nel periodo minoico compare il piano superiore, di materiale leggero, con copertura a terrazza. A partire dal V secolo a.C. i vani d'abitazione si dispongono intorno ad un cortile centrale, dando luogo al tipo architettonico della casa a peristilio: un colonnato gira attorno al cortile rettangolare e i vani risultano disposti con maggior ordine e simmetria.

Una struttura analoga è quella della domus romana. La domus a forma geometrica s'inseriva nell'insula quadrangolare, unità di base dell'articolazione urbana. Anche la villa rustica della grande proprietà agraria aveva gli edifici disposti a quadrilatero. In epoca romana molti degli edifici urbani e rustici avevano un piano superiore, costruito in mate­riale più leggero.

Tipi simili alla domus si moltiplicarono più tardi nel bacino del Mediterraneo, soprattutto in Spagna con la disposizione delle stanze intorno al patio. Questa struttura fu adottata e diffusa dagli Arabi con l'inserimento della segregazione di un settore, l'harem destinato alle donne e ai fanciulli.

A parte le aree di dominio arabo, per tutto l'Alto Medioevo la casa ripete i tipi tardo-romani in forme sempre più povere.

Dopo il Mille riprende consistenza la piccola proprietà in connes­sione col frazionamento dei latifondi, col dissodamento di spazi incol­ti, con l'applicazione del diritto romano per la divisione dell'eredità tra i figli. Accanto alle case della grande proprietà appaiono le "case unitarie" della piccola proprietà con abitazione e rustico sotto un unico tetto. La casa ad elementi so­frapposti presenta al pianterreno la stalla e al piano superiore la cucina.

La casa ad elementi giustapposti, con abitazione e rustico affiancati, può avere i vani in linea, tutti con ingres­so sulla facciata. I vani possono anche essere giustapposti in profondità, cioè l'uno dietro l'altro con l'asse della casa perpendicolare alla facciata.

Il tetto, elemento distintivo

Un elemento distintivo delle case è il tetto. Nelle regioni prive di pioggia si possono trovare case senza tetto

Dove piove poco, è diffuso il tetto piatto a terrazza che serve a raccogliere l'acqua piovana da convogliare nella cisterna ed è anche usato per dormire all'aperto.

Il tetto a spioventi è presente in tutta l'Europa da dove è penetrato nell'Asia russa; gli spioventi sono tanto più inclinati quanto più abbondanti sono le precipitazioni, specialmente quelle nevose.

Le due zone eurasiatiche di diffusione della casa qua­drangolare con tetto a spioventi (da una parte l'Europa, dall'altra l'Asia meridionale e orientale) sono separate da una fascia intermedia (dall'Anatolia al Tibet), dove l'aridità del clima, rendendo superflui gli spioventi, ha favorito la formazione della casa col tetto a terrazza. Il processo storico della diffusione di alcuni tipi di tetto è ca­denzato da fatti di diffusione delle culture. Fu la con­quista islamica ad estendere l'are a del tetto a terrazza.

Il tetto di coppi (tegole curve) sembra derivare dal tetto romano.

L'inclinazione del tetto può anche essere collegata al materiale di copertura.





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